di Tommaso Chiti – Un’altra assoluzione per la causa curda
Dopo la rimozione da parte della Corte di Giustizia Europea del PKK dalla lista delle organizzazioni terroristiche dell’UE ad aprile 2018; un’altra sentenza di qualche giorno fa della Cassazione di Bruxelles ha riconsiderato le accuse contro 37 politici curdi, definendo che la loro attività come membri del partito dei lavoratori non possa essere definita “terroristica”.
Le indagini avevano portato a perquisizioni di abitazioni ed attività in diverse città del Belgio con conseguenti arresti per alcune decine di persone della diaspora curda, impegnate come rappresentanti del Congresso del Popolo del Kurdistan in esilio.
Il ricorso del procuratore federale, rispetto alla decisione di respingimento dell’accusa da parte del Tribunale di primo grado nel novembre 2016, ha in realtà permesso di ribadire per l’ennesima volta come anche le leggi del Belgio in materia di antiterrorismo non siano applicabili al caso in questione.
Oltre all’assenza di reati o minacce alla sicurezza nazionale infatti, l’aspetto rilevante riguarda il quadro di accordi europei sul terrorismo, che riconsidera l’azione di una parte organizzata nell’ambito di uno scontro armato, anche all’interno di uno Stato.
In particolare il conflitto di durata decennale fra la minoranza curda e lo stato turco è costato oltre quarantamila vite umane ed è stato ritenuto al pari di una guerra civile, nella quale un gruppo etnico ha deciso di organizzare la propria autodifesa dalle pratiche discriminatorie – legali e linguistiche ad esempio – e repressive, avviate dai governi di Ankara.
Non a caso la sentenza di qualche giorno fa ha registrato un’immediata condanna da parte del Ministero degli Esteri turco, che nel 2002 aveva preteso l’inserimento del PKK nella lista delle organizzazioni terroristiche dell’UE, fino alla sua successiva rimozione, decisa un anno fa dalla Corte di Giustizia Europea.
In questo caso una rivalutazione nel merito è stata possibile considerando il processo di pace, avviato dopo il cessate il fuoco proclamato dal partito curdo dei lavoratori nel 2009; e dal successivo appello alla riconciliazione del suo leader Abdullah Öcalan, sostenuto nel 2013 anche dall’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri, Catherine Ashton, e dal Commissario per l’Allargamento dell’UE, Stefan Füle, in una dichiarazione congiunta.
L’interpretazione più o meno restrittiva delle norme internazionali e gli sviluppi nei vari procedimenti legali sembrano seguire fasi altalenanti, risentendo non poco dei rapporti diplomatici fra i paesi dell’UE e la Turchia, come dimostra anche la stessa sorte del leader del PKK, che nel 1999 vide la propria richiesta di asilo negata da diversi paesi europei – fra i quali l’Italia governata dal premier socialdemocratico D’Alema –, fino al suo arresto nell’ambasciata greca in Kenya, e quindi la condanna a morte, poi però convertita in ergastolo nel carcere sull’isola di Imrali.
Con l’esplosione del conflitto in Siria, le complicità di Ankara con le milizie islamiste e la modifica in senso autoritario della Costituzione turca da parte del Presidente Erdogan, seguita da arresti di massa in un perdurante “stato di emergenza”; le divergenze fra la Turchia e l’UE si sono drasticamente acuite, tanto che lo stallo nei negoziati di adesione pare destinato a durare ancora a lungo.
A pochi giorni dal Newroz, il capodanno curdo festeggiato all’equinozio di primavera con falò in segno di libertà dall’oppressione, l’autodeterminazione della minoranza sembra però ancora lontana; così come la liberazione del leader Öcalan, richiesta a gran voce nelle manifestazioni di piazza lo scorso febbraio e rappresentata dallo sciopero della fame di molti parlamentari dell’HDP, come la portavoce Leila Guven.
Alla lezione ecologista, femminista e per la convivenza plurale proposta nel manifesto per il “Confederalismo Democratico”, l’Unione Europea è piuttosto orientata dai suoi interessi economici e frontalieri, finendo irrimediabilmente per rinnegare i tanti decantati valori di “potenza civilizzatrice” e di potenza “soft” nella politica internazionale e di vicinato.
Fonti:
https://www.jungewelt.de/artikel/350808.kurdistan-freispruch-f%C3%BCr-freiheitskampf.html
http://www.uikionlus.com/ocalan-ventanni-di-resistenza-in-carcere/
http://www.retekurdistan.it/2019/02/10/con-ocalan-e-il-popolo-kurdo-il-16-febbraio-corteo-a-roma/