editoriali

Spaesati, uniamoci contro la guerra

di Roberto
Musacchio

Chi legge, bontà sua, transform!italia, probabilmente non sa che quanto si trova sul sito ogni mercoledì è frutto di un gruppo, ormai di amici, che si incontra online due volte a settimana.
Uno di noi nell’ultima riunione ha detto: “In realtà mi sento veramente spaesato, meno male che ci si incontra noi”.
Ora, questo noi è fatto di storie le più diverse e le idee anche sono diciamo plurali, libere.

C’è da dire che il contesto che ce lo consente è un pezzo di politica organizzata. Il nodo italiano di una fondazione che è poi quella del Partito della Sinistra Europea. Quindi qualcosa che esiste perché vent’anni fa ci si inventò quel partito, Rifondazione comunista ne fu fondatrice, le intellettualità che le si muovevano intorno si ritrovarono in questo contesto. Questa è una parte della storia. Poi c’è la cocciutaggine di chi si è caricato l’impresa, il “nostro direttore”, anche in un’attenzione fattasi rarefatta del corpo politico di riferimento peraltro sfibrato da tante vicissitudini.
Oltre alla cocciutaggine c’è stata la convinzione che a sfibrare i nostri sforzi politici organizzati fosse la difficoltà a misurarsi col nuovo contesto del potere e cioè la dimensione europea, la UE.

A partito europeo non era seguita una vera pratica politica europea. Per quanto il movimento dei movimenti indicasse la globalizzazione come “quistione” (per dirla gramscianamente). E il social forum europeo si misurasse con la sua articolazione continentale.
Una serie di brutte sconfitte ci ha spaesato.
Poi tu provi a “leggerle”. Il governo “progressista” in Italia che va a sbattere contro Maastricht. Quello greco, affondato dall’austerità contro la quale era nato. La pandemia che ci chiude a casa e celebra il metodo Ursula Von Der Leyen, soldi alle multinazionali. Ora la guerra che mette insieme revisionismo storico, neo imperialismo suprematista UE, riarmo come opzione centrale, divisioni a sinistra. Spaesamento. Eh sì, perché per quanto noi di transform! si sia uniti contro la guerra poi non è che uno non si accorge che anche il gruppo parlamentare e le sinistre europee si dividono. E anche tra gli amici c’è confusione, con quelli che pensano di combattere l’imperialismo di Putin. E a noi Putin non piace.

Scrivendo, uno “razionalizza”.
Spaesamento è qualcosa di grande, umano e politico.
Se vado avanti a “razionalizzare” dico che mai nella mia politicamente lunga vita mi ero trovato così spaesato. E mai nella mia vita umanamente lunga.
Se parto da questa seconda, e provo appunto a razionalizzare, direi che stiamo tornando a quando sulle cose del Mondo non c’era niente da fare. Guerre e decisioni erano nelle mani dei dominanti. Ci poteva essere qualche élite intellettuale che provava a organizzare un pensiero. Ma le “ragioni”, i “perché”, le “convenienze” appartenevano ai dominanti, ai loro interessi ed ai loro scontri. La gestione delle guerre in corso è “antica”. Solo il pensiero organizzato che esprime il pontificato di Francesco pare in grado di reggere l’urto.

Noi no. Dico “noi”. Ma quel noi non esiste. Se la metto in riflessione semi-strutturata dico che la crisi del grande pensiero organizzato del socialismo, movimento reale che abbatte lo stato di cose presente, ci ha spaesati. Che non c’è intersezionalismo senza di esso perché altri pensieri, compresi femminismo ed ambientalismo, “non ce la fanno”. Mi fermo qui perché su questo non posso andare avanti da solo. Aggiungo che è proprio la razionalità che va in crisi. Democrazia e pensiero liberale inclusi.

Se torno più vicino, lo spaesamento da persona che ha vissuto nel collettivo della politica mi si fa angoscia nel vedere le mille diaspore, gli spezzettamenti, i rancori. La non volontà di stare insieme. I settarismi e gli opportunismi, fino ai solipsismi, al posto di ogni ricerca di egemonia. Che poi egemonia sarebbe ridare peso alla propria, di Storia. Ancora oggi di fronte alla guerra non solo c’è chi si fa “sinistra dell’Occidente” o “sinistra del putinismo”; addirittura sembra ci sia chi guarda al rischio guerra nucleare tra Oriente e Occidente e chi alla “rivolta palestinese come nuovo ’68”. Non insieme, ma divisi. Seguendo cioè i pezzi e non la guerra mondiale intera. Che poi è del capitalismo, come un tempo. Ma è diventata dell’Impero finanziario e degli Imperialismi insieme.

Ma qui sono tornato a ciò che fa transform! e cioè provare a riflettere.
E magari a fare qualcosa. Abbiamo parlato nella prima uscita di qualche anno fa della “guerra dei trent’anni”. Di questa Europa del dopo ‘89 che in realtà andava perdendo la propria Storia.
Personalmente volevo tanto fare una campagna elettorale contro la guerra. Mi pareva una cosa utile contro lo spaesamento. Speravo la si potesse fare tutti insieme, “i pacifisti”. Ci provo ancora a farlo. C’è una lista in campo che fa una campagna contro la guerra e dice che è quello, e non identità per altro approssimate come si vede dalla crisi grande delle sinistre e da quella un po’ miserabile del centrosinistra italiano, il punto su cui convogliare l’attenzione. Quando in televisione, dove ancora si parla ai milioni, si fa ragionare contro la guerra io “sono contento”. Al punto della mia vita ormai so che si è soli ma che non ci si salva da soli. Penso che di noi resta la Storia e che agire insieme in costruzioni storiche ci rende migliori. Non sempre, ma a volte sì.

Roberto Musacchio

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