L’intervento di Giuseppe Aragno, almeno per me, segue una traccia lasciata da un cammino durato molti decenni, traccia sempre più labile archiviata dalla memoria collettiva; altre tracce sono state non solo archiviate ma addirittura coperte o nascoste, con giochi di prestigio ed effetti speciali.
Per smascherare questo tragico gioco politico regolato e diretto dal patriarcato, propongo di spostare più indietro di vent’anni la data, 1989, proposta da Adragna (anche se solo come esempio, perché si comprende che si tratta di una semplificazione dettata dal mezzo di comunicazione).
Arriviamo al 1969, in piena lotta studentesca e operaia… grandi speranze… le donne da Angelo del focolare ad Angelo del ciclostile, grandi delusioni. I fiumi di inchiostro spesi per analizzare, spiegare, motivare, il fallimento di quella stagione hanno dimenticato (omesso, non compreso?) che quella straordinaria stagione che ha visto le donne ancora una volta, come già per altre lotte e altre resistenze, in prima linea, ha fallito il suo obiettivo rivoluzionario perché era la rivoluzione degli uomini e non delle donne, la rivoluzione del “prima” e del “dopo”, in cui il “prima” era il maschile neutro universale e il “dopo” la liberazione delle donne, non dal patriarcato maschilista, ma come la “naturale conseguenza” della liberazione delle classi oppresse. Mi premetto di citare un passo straordinario scritto da una donna di Caltanissetta nel 1907:
“Ebbene, da tutte le conquiste della borghesia, la donna siciliana non ha ricavato che il magro conforto di servire un padrone più libero, più potente, più lieto di vivere.” (Elvira Mancuso, Sulla condizione della donna borghese in Sicilia, Tip. Dell’Omnibus- F.lli Arnone, Caltanissetta, 1907), basta sostituire a “della borghesia” “del proletariato”.
E vennero gli anni ’70. Scavalcato il decennio il femminismo scuote l’Italia dalle sue fondamenta (a proposito, mi ricordo le critiche alle loro forme di lotta e “i limiti che debbono essere posti alle forme esplicite del dissenso” “la sacralità di questo e di quello”, come adesso “ahi le sacre mura del tempio della democrazia imbrattate da giovinastri” e “le meravigliose opere dell’ingegno dell’Uomo dalle giovinastre”). A recepire lo scossone, e a trarne qualche conseguenza, ci fu certamente Enrico Berlinguer e nelle elezioni amministrative del 1975 impose ovunque al PC candidature femminili, a volte letteralmente inventate, ma che diedero vita ad una presenza di donne organizzata e a leadership femminili di grande spessore politico, che contribuirono “al femminile”, cioè immettendo nella “politica” l’altro punto di vista, ad una stagione felice della quale dico solo che la contaminazione delle donne dei partiti e dell’associazionismo femminile tradizionale con il femminismo, promosse e produsse le leggi più innovative e di promozione sociale e politica che il Paese avesse avuto dopo la breve stagione della fondazione della Repubblica e che non si riproporrà più.
Stagione felice e dolorosa, il patriarcato e il suo figlio prediletto il capitalismo, accortisi del pericolo, rinforzarono per bene il soffitto di cristallo, avendo l’accortezza di lasciare qui e là dei buchini attraverso i quali fare passare alcune donne, quasi tutte scelte per criteri e meriti naturalmente sempre definiti e decisi da uomini. Troppo poche le donne sfuggite al controllo per “infrangere il soffitto di cristallo”, così anche loro sono passate dai buchini senza poter fare la differenza.
Taccio sul dispiegamento del potere simbolico del patriarcato che ha contrabbandato lo sfruttamento del corpo delle donne come libera scelta delle donne stesse e imposto modelli estetici illusoriamente trasgressivi. Per evitare malintesi dico che “corpo e sfruttamento” sono da me usati in modo molto ampio e che le “questioni” G.p.a. e sex work, necessitano di approfondimento e attenzione, non di stigmatizzazioni ideologiche e mistiche.
Alla sinistra, qualunque siano i vostri margini identificativi, si deve dare la colpa, non solo la responsabilità di essere parte di quel patriarcato e in quanto tale, incapace di guardare la realtà con altri occhi che non siano maschili.
Come ben sapete maschilismo e femminismo non sono termini simili bensì antitetici, desidero però ricordare che il femminismo, in tutte le sue articolazioni, è un movimento politico universale e sovversivo, perché vuole andare “oltre canone”, cambiare le regole e le scelte, ma soprattutto vuole cambiare le relazioni, tra le persone, tra viventi umani e non umani, tra popoli e Stati.
Quanto al Partito Comunista e al suo dissolvimento, scusandomi per l’autoreferenzialità, vi dirò come mi sono sentita le poche volte in cui ho partecipato alle prime assemblee del Partito Democratico della Sinistra prima di andarmene, eravamo esattamente uguali a quando ancora ci chiamavamo comunisti, lo stesso dire, gli stessi riti, la stessa stanchezza, per di più riflessi in uno specchio deformante che nel breve volgere di un decennio avrebbe riportato indietro il Paese per di più facendolo sotto l’egida della modernità. Dal proporzionale al maggioritario, dalla governabilità alla stabilità, dalla partecipazione ai tecnici… e ancora non basta, rispunta il Sindaco d’Italia e il Titolo V continua la sua e nostra rovina con l’Autonomia differenziata.
Se avete avuto la forza di arrivare sino a qui, ecco il mio primo contributo a Unione Popolare.
- Un Partito non è nuovo perché dice di esserlo, è nuovo se cambia il paradigma imperante.
- Il cammino è parte della meta.
- La meta non è il punto d’arrivo ma di “ripartenza”.
- Non la “stabilità” ma l’equilibrio è la condizione per esserci.
- Ho accolto il vostro invito al cammino perché ho ancora speranza, ma non mi sono sentita a “mio agio” nei due incontri cui ho partecipato; il contenuto intellettuale è certo di grande spessore, non potrebbe essere diverso data la “qualità” delle persone che compongono il Coordinamento, ma “lo stesso dire, gli stessi riti, la stessa stanchezza”. Credevo di assistere in modo attivo e partecipato, alla fondazione di un nuovo soggetto politico e da quello che ho visto non mi sembra. Unione Popolare è nata dall’insieme di 4 parti molto diverse tra loro per “forma”, consistenza, radicamento, organizzazione; UP è nata dalla necessità e dall’urgenza elettorale, con l’ambizione di essere più di un cartello elettorale. È andata come è andata, ma la volontà di fondazione di un nuovo soggetto politico, “partito” come dice la Costituzione, è stata riaffermata. Io ho capito “fondazione”, non rifondazione, nessuna ironia o insinuazione, mi riferisco al “nuovo”. Un organismo complesso non è solo la somma degli organi che lo compongono, è “altro” da ciascuno di essi, non “più” e nemmeno “meno”, solo “altro”. Ciascuna parte resterà sé stessa? A questo non so rispondere ma affermo con certezza che la funzione di ciascuna componente non può più essere quella precedente, dunque una riflessione su questo è assolutamente necessaria, altrimenti non ci sarà un nuovo soggetto politico ma una “polpetta” poco consistente, insieme di tanti ingredienti di prima qualità, ma non un piatto appetibile.
- Se il nuovo soggetto politico è la meta, il cammino è il Coordinamento provvisorio. Credo che ad esso sia affidato il compito di aprire la via, non di essere già la meta. Credo che debba avere una funzione costituente mentre la gestione politica di Unione Popolare, deve essere ancora quella che è stata nel “cartello” delle 4 organizzatrici. Non posso dire per altre e altri, ma chi sono “io”, per esprimermi sulla politica corrente, sulle scelte quotidiane che UP deve compiere? non ne so abbastanza e non mi sento abbastanza “collettivo” per compierle. Non è falsa modestia la mia, è una considerazione politica, basta pensare alla gestione delle “consistenze”, come si esercita la rappresentanza delle persone se ci sono le singole e le “associate”? Uno vale uno è una sciocchezza se ci sono anche gli “uni”.
- So quanto è difficile anche solo pensare, figuriamoci generare, un nuovo soggetto politico, non solo perché ci penso ormai da un po’ e non da sola. Non apro tutta la questione del difficile e ancora irrisolto rapporto delle donne con il potere, mi limito a dire che la difficoltà di vedere donne con eccellenti qualità politiche non essere ancora riuscite a fondare un partito femminista non è certo la “litigiosità”, ne ho vista moltissima tra maschi, ma di rapporto con il potere appunto. Ora il potere, definiamolo “chi decide, cosa, come e quando”, così come è strutturato e organizzato dal maschile, alle donne non piace e non lo vogliono perché per averlo debbono diventare uomini. Ed eccomi al punto, la meta che si prefigge UP, deve essere necessariamente una meta in fieri, deve avere la capacità di ripensarsi, confrontandosi con la realtà e i cambiamenti per governarli, deve essere al maschile, al femminile e oltre, deve essere nel mondo e del mondo.
- Imparare a “essere” in equilibrio non a “stare” in equilibrio. Essere in relazione equilibrata, di accoglienza, condivisione, compassione, ascolto e dialogo, in un continuo adattarsi e riadattarsi, ha assoluta necessità di forza e solidità tali da spaventare e fermare, e così si “sta” a ondeggiare tra i marosi aggrappati a questa o quella boa, mentre bisogna avere il coraggio di lasciarla e andare verso la spiaggia…
So che siete addestratә a ben altra complessità di scritti e letture, ciononostante vi chiedo scusa e mi appello alla vostra generosità e benevolenza se ho recato fastidio.
Caltanissetta 16 gennaio 2023.
Loredana Rosa
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Brava Loredana sono d’accordo. Maria