editoriali
Sinistra dammi il sole: l'urlo di Munch

Sinistra dammi il sole

di Roberto
Musacchio

di Roberto Musacchio

Non era un voto qualunque quello della Svezia che, dopo le compromissioni con il nazismo, è stata quasi il simbolo del modello sociale europeo. il welfare, l’emancipazione, Bergman e Palme. Olaf Palme fu probabilmente il punto più avanzato toccato dalla socialdemocrazia europea quando, insieme a Brandt, buttò l’occhio verso quel Mondo che stava arrivando, quello della globalizzazione e provò a immaginarlo diverso, temendo, a ragione, che altrimenti la nuova “morte nera” avrebbe spazzato via quella idea di gioia che l’Europa uscita dall’olocausto aveva provato a regalarsi.

“Mamma, dammi il sole” ripeteva Osvald alla madre in “Spettri”, il dramma del norvegese Ibsen. In quelle parole l’angoscia del buio borghese (dopo poco arriverà il fascismo) che inghiotte le vite, come fa la lunga notte scandinava, prima che la breve estate porti tutte e tutti a cercare di godere ogni scintilla di luce. La luce è ciò che Palme cercava. Fu ucciso. Morte che appare premonitrice della durata breve del “giorno europeo” prima del ritorno di un nuovo grande buio. Le destre estreme che hanno vinto anche in Svezia vivono del buio. Vogliono fare dell’Europa una terra della notte. Il loro dato dominante è la paura e l’odio.

Ma questi non nascono dal nulla. Il sole, caldo di desiderio, dell’estate scandinava era tramontato da tempo. Il thatcherismo e l’ordoliberalismo avevano avvelenato e già trasformato il sorriso in ghigno, il desiderio nel demone dell’accaparramento, l’essere in avere, la sicurezza in merce, il vivere in colpa. Assai diverse tra loro, Thatcher e Merkel, diversi i loro credi. “Tutto è individuo, niente è comune” per Thatcher. “L’individuo pecca, lo Stato raddrizza le colpe” per Merkel. Entrambe hanno detto no ai figli che chiedevano sole, alle donne che ballavano ai suoi raggi. E nella penombra sempre più accentuata, donne e uomini hanno visto gli altri trasformarsi da desiderio in oggetti di paura, da “compagni” a rivali. La paura è il tratto distintivo di questa “nascita di una Nazione” che rovescia le speranze di Griffith e fa del nero di “guerre stellari” il colore dell'”Europa Nazione” con cui le destre radicali vogliono dare un’anima prendendosi quella “Europa reale” che aveva già spento il sole. Cosa sia una Nazione oggi è domanda che torna, paradossalmente. Paradossalmente perché siamo nell’epoca del gigantesco ossimoro della “globalizzazione nazionalistica”. Cosa sono la Russia di Putin, gli USA di Trump, la Cina nata da Deng, la Turchia di Erdogan, i piccoli Stati etnici “nati” dalla dissoluzione del sogno Yugoslavia, l’Isis?

Il sociologo giapponese Kenichi Ohmae parlava di fine degli stati nazionali e di realizzazione di nuove entità territoriali omogenee selezionate dalla e per la competizione. Il processo storico gli sta dando torto e ragione insieme. La competizione domina i processi. Il capitalismo finanziario globalizzato occupa tutta la dimensione spazio temporale. Donne, uomini e i “luoghi” in cui vivono modificano il loro senso. Addirittura possono farsi “no luoghi” e, aggiungo “no persone”. Le Nazioni cambiano di senso e si riarticolano intorno alla paura, al nemico, al “prima io”. Cose illusorie in un mondo globalizzato in cui il solo in grado di dire “prima io” è il capitale. Tant’è, ma i comandanti delle “morti nere” che attraversano la galassia che si chiamò Europa, per un mito d’avventura, vanno oscurando i cieli. Le loro astronavi però sono forgiate dalla sola officina dell’impero.

Fuor di metafora torniamo al voto svedese che illustra bene lo stato dell’Europa. Le destre radicali chiedono ai piloti automatici di trattare. Uno di questi, Juncker, mostra di aver capito. se una “nazione” o “superstato” è confini e nemici eccoci pronti. E presenta un “piano” per migliaia di guardie europee a difesa dei confini europei. E cose da trattare ce ne sono tante. Chi succederà a Juncker? Merkel manda avanti il capogruppo del PPE al Parlamento Europeo, Weber, che è della Csu, partito bavarese con cui ha problemi e che viene dalla regione che sarà uno degli ultimi voti prima delle elezioni europee del 23/26 maggio. Si voterà in Baviera il 14 ottobre e in Assia il 28. 18 milioni di tedeschi lanceranno lo sprint per l’ultimo giro. Weber fu anche il relatore della cosiddetta direttiva della vergogna, quella dei rimpatri forzati dei migranti. Un segnale.

E le sinistre? In Svezia il Partito della Sinistra, lunga storia da Partito comunista a forza alternativa, ambientalista, antirazzista, cresce bene e arriva al 7,9%. Ma nella ristrutturazione dei sistemi politici di questa fase di cambio totale solo Syriza è riuscita a far saltare il banco e a “prendersi” la Grecia con l’odissea che ne è conseguita. Podemos e Melenchon ci hanno provato, ma non ci sono riusciti. Molte veleggiano intorno al 10%. Ma ora si trovano al nodo della presa di potere delle destre e della crisi socialista. Non a caso dal Portogallo, alla Spagna, alla Slovenia scelgono di far vivere governi socialisti, con tutti i problemi che ne possono derivare.

Per cercare di essere protagoniste devono provare a fare due cose. Una non dividersi. Due affrontare i problemi. Alcuni ripropongono nazioni di sinistra.  Con argomentazioni che non mi convincono. Lasciare il Mondo al capitale globale non pare una buona idea e neanche pensare che le nazioni funzionino oggi in modo “fochista ghevariano”. Per non parlare del “socialismo in un solo Paese”. Il punto é che questo capitalismo si è preso spazio, tempo e corpi. Per altro alcune cose colpiscono perché parlano proprio delle ragioni della sconfitta, almeno per me.

Prendo ad esempio il nuovo movimento tedesco di Sahara Wagenknecht che evidenzia il tema dei migranti. Ebbene a me colpisce. Perché il tema a cui lo connette e cioè l’indebolimento della forza lavoro, non riguarda i migranti ma, da un lato, il mercato del lavoro globalizzato e dall’altro una specificità storica tedesca che è l’unificazione. È con l’unificazione che si fanno i doppi regimi contrattuali e di regole. E questi permangono anche dopo l’unificazione. Per altro questo è uno dei focus su cui nasce la Linke e cioè come reinterpretazione della unificazione.

Che c’entrano i migranti? È come se ai tempi dalle migrazioni dal Sud al Nord in Italia invece che fare l’operaio massa avessimo detto ci indebolite o “aiutiamoli a casa loro”. Attenzione, cose che hanno tutte e due elementi di verità ma che il movimento operaio seppe affrontare diventando fondante del trentennio del sole. Per altro quel doppio regime tedesco riguarda tutta L’Europa, con l’Est spopolato verso l’Ovest e alla fine da un lato Orban e dall’altro l’Afd. Ma il punto é che tu o unifichi la classe o non esisti. E qui c’è l’altro tema. La classe si unifica se i soggetti sono in condizione di autodeterminarsi. Per questo serve l’autodeterminazione dei lavoratori, anche migranti, e non la truffa dei flussi. Marx l’aveva capito. Noi lo abbiamo disimparato.