Se è vero che talvolta il diavolo fa le pentole e pure i coperchi (se ne sa poco o niente) ma a Ostia un’area retrodunale pubblico-privata preziosa (inserita all’interno del quadrante di Levante, zona di Stella Polare, dopo tentativi di edificazione che datano addirittura dal Ventennio, ovvero a partire dal 1933) viaggia spedita, con il placet dell’amministrazione di centrosinistra in Campidoglio, verso un imponente percorso edificatorio denominato ATO-I-12 (Ambito di Trasformazione Ordinaria) con accelerazioni e scorciatoie. Sembrerebbe che di Antonio Cederna non sia rimasta traccia, ed è importante ricordare che si vuole costruire ex novo un quartiere residenziale su un’area dunale e verde, in barba ai proclami del no al consumo di suolo, ai rischi idrogeologici, laddove insiste il cuneo salino del mare vicinissimo, così come le falde di acqua dolce superficiali. Una vischiosa/rischiosa operazione che aveva avuto inizialmente diversi pareri negativi da parte degli Enti preposti ai permessi e ha visto un coinvolgimento tardivo e residuale della cittadinanza a cui si vuole sottrarre l’ultimo pezzo di duna fondamentale per l’assorbimento e drenaggio delle acque meteoriche in un quadrante dove si è costruito ovunque e perciò rappresenta un’oasi preziosa. Improbabili incontri “partecipativi” si sono tenuti il 22 e il 31 luglio scorsi alle 16 del pomeriggio, con i pochissimi che hanno ricevuto la convocazione con un preavviso di qualche giorno, con la fretta di chiudere la partita e incardinare il percorso per l’edificazione di palazzine di 6 piani, Centro Commerciale, Hotel, un impianto di pirogassificazione e molto altro non ancora specificato.
Si tratta di un contesto dunale raro e di gran pregio naturalistico, ad altissima biodiversità sinora lasciato a sé stesso, con zone misto sabbiose con macchia mediterranea e diffusa presenza di arbusti, piante e alcuni alberi d’alto fusto che ospitano innumerevoli specie di uccelli stanziali e di passo. Un’area per la quale la recente approvazione della Nature Restoration Law in sede Comunitaria UE del 17 giugno, la legge per il ripristino degli habitat naturalistici a rischio nei paesi europei, prevederebbe senz’altro la tutela.
In un quadrante di territorio in cui si è già costruito tanto (Nuove cubature al Borghetto dei Pescatori e soprattutto il Polo Natatorio nazionale della FIN con piscine, palestre, uffici ed annessa foresteria) sacrificando in deroga l’area pubblica demaniale-comunale per il grande evento nazionale rappresentato dai Mondiali di Nuoto 2008, quella in questione rimane l’ultima area verde disponibile per compensare e riequilibrare la densità di cubature del territorio, non solo per il quartiere in questione (Stella Polare) ma di tutto il lungomare della Capitale, per il quale rappresenta l’ultimo contesto dunale, interno all’area abitata, non edificato.
Il cambiamento climatico e gli eventi estremi, ormai frequenti ovunque (alluvioni, trombe d’aria, inondazioni, maremoti) e che in questo territorio, per le sue peculiarità di fragilità ed esposizione a rischi idrogeologici, hanno già prodotto notevoli danni, sarebbero aspetti da tenere in gran conto dalle Amministrazioni locali, che invece sembrano voler assecondare gli appetiti speculativi dei costruttori privati. Le parti Comunali che rappresentano poco meno della metà dei terreni in questione, dovrebbero essere “alienate” a favore del privato, in cambio di una contropartita economica non necessaria, in tempi di finanziamenti a pioggia previsti dai fondi PNNR, Giubileo e Restyling del lungomare (ex Waterfront).
L’area in questione deve invece restare un patrimonio ambientale a disposizione di tutti come “monumento naturale”, diventando uno dei simboli di un’Ostia che interpreta nel migliore modo gli imperativi della transizione ecologica. Così chiedono a gran voce i comitati civici, intellettuali e professionisti non allineati e le associazioni di tutela ambientale nazionali e locali.
End part one…To be continued
Leonardo Ragozzino
1 Commento. Nuovo commento
Ottima conoscenza del luogo e delle relative criticità.
Sembrano completamente dimenticate le vittime causate oltre che alla mancanza di un piano regolatore anche appunto dalla incapacità di fare defluire le acque meteoriche che si abbattono su tutta la valle del Tevere.
Chi ignora le tragedie ambientali passate non puo essere in grado di attuare piani regolatori degni