Faremo crollare l’economia russa, proclamavano i governi occidentali nel marzo 2022. Quattordici pacchetti di sanzioni più tardi la Russia registra per il secondo anno consecutivo una crescita economica superiore a quella dell’Unione Europea e degli Stati Uniti, con un aumento del PIL del 3.6% nel 2023.
Questo dato è positivo, ma generico perché tace due informazioni indispensabili a capire se le condizioni e la qualità della vita della popolazione e in particolare dei lavoratori siano migliorate, stabili o peggiorate. Per saperlo bisognerebbe conoscere l’andamento dei prezzi e dei salari, la capacità d’acquisto, la disponibilità delle merci e, soprattutto, l’andamento delle diseguaglianze.
C’è però un altro elemento importante che è andato all’opposto delle previsioni di ieri: la posizione internazionale della Russia si è rafforzata e con essa la coesione del fronte antimperialista; e non è un caso che alla riunione della Russia con i paesi africani del luglio 2023 abbiano partecipato 25 capi di stato africani contro i due capi di stato africani che nonostante i ripetuti solleciti hanno partecipato al G7 tenuto in Italia, peraltro relegati in un imbarazzante giro di strette di mano senza diritto di parola; e mentre il fronte antirusso è isolato, i BRICS – solidali con la Russia – si sono allargati a gennaio a Iran, Etiopia, Egitto ed Emirati Arabi Uniti, mentre paesi importanti come Algeria, Indonesia, Nigeria, Bangladesh, Bahrein, Bielorussia, Bolivia, Cuba, Honduras, Kazakistan, Kuwait, Palestina, Senegal, Thailandia, Venezuela, Vietnam hanno richiesto l’adesione il 23 agosto 2023 al XV Vertice dei BRICS a Johannesburg.
Successivamente a quella data, l’Argentina del presidente Milei e l’Arabia Saudita hanno ritirato la richiesta. Milei, in alternativa ai BRICS, ha scelto l’adesione all’OCSE che è poco più di un istituto d’informazione e di standardizzazione e ha giustificato la scelta dichiarando che non vuole stare nella stessa organizzazione dove siedono i comunisti, che non sembra esattamente la ragione propagandistica agitata dagli Stati Uniti contro la Cina. Che sia alle viste un cambio di propaganda degli stessi Stati Uniti?
Trump, se dovesse diventare lui presidente ha già detto di considerare la NATO non un’alleanza securitaria tra pari, ma un’agenzia di protezione degli Stati Uniti che deve fare i loro interessi e pagare la loro protezione.
Rapidi ed efficaci sul piano economico finanziario, i BRICS non intendono premere l’acceleratore della sfida militare e la SCO1, pur muovendo dei passi in avanti, non intende contrapporsi frontalmente alla NATO assecondandone una bellicosità che è stata confermata alla riunione dei 34 per il 75° anniversario dalla fondazione.
Tornando alla Russia, è possibile che la militarizzazione dell’economia così come la carenza persistente di mano d’opera e il mancato accesso alle tecnologie occidentali potrebbero avere un effetto negativo nel medio termine.
L’andamento dell’economia russa è però una sgradita sorpresa per avversari che hanno ottenuto meno di quanto speravano: Joe Biden, Ursula von der Leyen, Joseph Borrell, Jens Stoltenberg e tanti altri.
L’esercito russo sarebbe stato rapidamente sconfitto per mancanza d’armi, a sua volta conseguenza di mancata disponibilità di componenti elettronici; per non dire che il crollo di afflusso di petrodollari l’avrebbe ulteriormente indebolito.
Nel 2022 di sentiva dire: “La Russia ha il PIL della Spagna”, anche se allora, secondo la Banca Mondiale, la Russia era all’ottavo posto su scala mondiale e la Spagna al 15°. Se poi si considerava il PIL-PPA (PIL a parità di potere d’acquisto) la Russia saliva al 5° posto, subito dopo la Germania.
Inoltre, la dimensione dell’economia riflette in modo imperfetto la potenza di un paese. Nonostante alcune debolezze incontestabili tra le quali il fatto di essere a tutt’oggi un’economia estrattiva dipendente fortemente dall’esportazione di gas e idrocarburi e di altri minerali (tra cui oro, diamanti e terre rare) la Russia occupa una posizione di primo piano in molti settori strategici, in primo luogo – oltre alle esportazioni di cui si è detto – la produzione di cereali per la quale, tra i pochi effetti positivi del cambiamento climatico, c’è lo spostamento a Nord della linea del frumento che per la Russia vorrà dire centinaia di migliaia di km2 di terre coltivabili in più.
La Russia è e resta una delle tre principali potenze spaziali, posizione che l’Unione Europea, col suo PIL collettivo pari a dieci volte a quello russo, ha tentato di strapparle senza riuscirci: nel 2023 la Russia ha effettuato 19 lanci spaziali rispetto ai 3 dell’intera Europa.
La sua produzione di elettricità, indicatore molto importante della produzione industriale colloca la Russia al 4° posto nel mondo, dopo USA, RPC e India: questi ultimi due paesi con una popolazione pari a 10 volte quella russa. E dunque, tendendo conto di questi dati, si è meno sorpresi che la Russia possa produrre da sola più proiettili dell’intero mondo occidentale.
Le élite russe sono percepite come corrotte, incompetenti e ignoranti. A rendersi conto che questa percezione non era totalmente infondata fu lo stesso Putin che da una decina d’anni in qua ha avviato un rinnovamento delle élite politiche e amministrative, sia a livello esecutivo regionale che a livello federale: operazione non nuova in Russia fin dai tempi del primo e secondo piano quinquennale e della collettivizzazione degli anni trenta, quando si procedette a un cambiamento, anche violento, di quadri amministrativi, tecnici e politici. operazione allora largamente vituperata dagli occidentali e anche da quella parte dei sovietici che ne furono vittime, spesso innocenti: ma è evidente, alla luce della storia successiva, ed in particolare alla tenuta dell’URSS nella seconda guerra mondiale, che quell’operazione per quanto violenta ed eccessiva, era un’operazione politica, lucida e preveggente e non una paranoica operazione gangsteristica e che, come operazione politica diede i suoi risultati: 110.000 aerei, 100.000 carri armati e 400.000 cannoni costruiti in URSS durante la guerra.
Al posto degli scadenti, ladri e incompetenti sono stati promossi tecnocrati che avevano dato buona prova nel settore privato e nelle amministrazioni pubbliche in un sistema economico che sta passando dal sistema semifeudale dell’epoca di Eltsin a un vero capitalismo di stato: che non è più uno stato socialista e tuttavia ha dimostrato in più occasioni che le regole del gioco non sono più dettate dal solo profitto.
Ad attuare la politica di rinnovamento dei quadri è stato Sergej Kirienko che prima ha trasformato Rosatom nel colosso nucleare mondiale e dal 2016 è vice-capo di gabinetto della potente amministrazione presidenziale.
Alexandra Prokopenko, ricercatrice di origini ucraine che scrive per la rivista governativa USA “Foreign Affairs” ed è in genere pregiudizialmente critica su tutto ciò che è russo, ha scritto “L’economia russa è gestita da tecnocrati e Putin ascolta la loro opinione”2.
La resilienza economica russa di fronte alle sanzioni occidentali è cominciata nel 2014. La politica di sostituzione delle importazioni ha garantito al paese in pochi anni l’autosufficienza alimentare, anche se sono passati gli anni in cui il contadino georgiano partiva in aereo da Tbilisi per Mosca e tornava a casa la sera dopo avendo venduto due valigie di limoni: operazione possibile perché in base al principio sovietico del diritto allo spostamento a pari condizione per tutti i cittadini i prezzi dei trasporti, compresi quelli aerei, erano bassissimi.
In campo finanziario la Russia avrebbe dovuto essere soffocata dall’assoluto strapotere occidentale sulle organizzazioni finanziarie e bancarie mondiali. Un esempio di quello che sarebbe dovuto succedere in Russia ce lo ha dato il Mali nella primavera di quest’anno quando un grave disservizio dell’azienda elettrica di stato ha provocato un malfunzionamento delle banche che si è riversato sulle imprese bloccando tutte le transazioni bancarie, i prelievi, il pagamento dei salari, le consegne di merci mentre la mancanza di liquidità ha determinato un colossale aumento dei prezzi: tutto il paese è andato in tilt nel giro di pochi giorni. Su questo contavano i nemici della Russia, ma non è successo.
Nel 2015 la Russia aveva lanciato il suo Snpc (Sistema nazionale di pagamento delle carte) che garantisce il pagamento di tutte le carte emesse dalle banche russe sul territorio nazionale. Contestualmente la Banca Centrale ha creato l’Spfs (Sistema per la trasmissione dei messaggi finanziari) che rimpiazza efficacemente l’occidentale Swift.
Nel 2020 quando Visa e Mastercard a seguito delle sanzioni hanno bloccato tutte le carte emesse in Russia, è subentrato il sistema nazionale che ha consentito alle carte occidentali emesse dalle banche locali di continuare a operare nel paese senza interruzione.
Il fatto che la Russia abbia dimostrato concretamente di saper proteggere il proprio sistema finanziario e i propri operatori, dal più modesto al più grande, ha incoraggiato a manifestarsi molti amici della Russia che potevano temere prima poi di essere sottoposti allo stesso trattamento iugulatorio.
Le prime dieci banche russe escluse dallo Swift hanno continuato a comunicare e operare attraverso Spfs. Chi aveva parlato di arma nucleare finanziaria come Bruno Le Maire su Le Monde evidentemente si sbagliava. Allo stesso modo comunicazioni e informazioni hanno continuato a fluire attraverso i canali di Internet (Facebook, Telegram, X e TikTok).
Dopo iniziali turbolenze il sistema bancario russo ha generato profitti per 33 miliardi di euro nel 2023.
Nonostante il congelamento di 300 miliardi di dollari nelle banche occidentali la Banca Centrale Russa mantiene una riserva in oro e yuan pari a trecento miliardi di dollari, cifra che corrisponde al totale delle riserve della Bundesbank tedesca. Ha anche convinto diversi stati a diversificare le loro riserve in valuta puntando su yuan e rublo e a effettuare scambi in valute diverse dal dollaro e dall’euro.
Le autorità finanziarie russe sono intervenute anche a protezione del corso del rublo – rimasto pressoché invariato rispetto a febbraio 202 – col controllo parziale dei flussi di capitali e hanno proceduto alla parziale liberalizzazione del commercio estero, legalizzando le “importazioni parallele” di tecnologie occidentali. Queste misure difensive sono state sostenute da un sostanziale riorientamento del commercio estero verso Paesi amici. Si parla spesso della Cina, ma è stato il presidente indiano Modi che ha fatto in Russia il suo primo viaggio dopo la rielezione del 2024, ringraziando “l’amico Putin” per aver salvato l’India che rischiava di restare senza benzina, carburanti e gas. Con questo significava che l’India non aveva intenzione di accettare l’embargo sul petrolio russo e tanto meno il tetto massimo del petrolio russo a 60 dollari al barile né altre sanzioni che nuocessero alla sua economia.
Attualmente (agosto 2024) il petrolio russo ha toccato sui mercati gli 80 dollari al barile, dimostrando l’inefficacia della misura sanzionatoria. Già dai primi di dicembre 2023 Bloomberg rilevava che, con 11 miliardi di dollari al mese, i proventi russi da petrolio erano tornati ai livelli pre-invasione. Per conseguire il risultato la Russia ha anche acquisito una flotta di petroliere di seconda mano con cui esporta petrolio verso i Brics+3.
Come è possibile che un grande paese, in gran parte tagliato fuori dal sistema finanziario internazionale, il cui commercio con l’occidente ha subito un drastico calo, possa registrare una crescita e non l’atteso crollo economico? Certo, in Russia è in corso un forte keynesismo militare e il governo ha provveduto a sostanziosi incrementi di bilancio in due direzioni: da una parte un forte aumento di ordinazioni al complesso militare industriale, con massicce assunzioni e aumenti di salari a favore di operai e tecnici in passato penalizzati dalle terziarizzazioni degli anni novanta.
In secondo luogo le centinaia di migliaia di soldati impiegati in Ucraina godono di salari, bonus e benefit e altri vantaggi pari a tre volte lo stipendio medio russo. Sono, come raccontano tutte le guerre e come dicono gli stessi avversari, prevalentemente figli di famiglie povere. E i ragazzi poveri non sprecano soldi in amenità o articoli di lusso: coi loro stipendi di soldati si rifa’ o si aggiusta la casa, si fa sposare la sorella, si cura il nonno e si rifanno i denti alla zia. Si manda a studiare il fratello piccolo, perché è questo che fanno i figli di famiglie povere e di questo benessere pagato a caro prezzo beneficiano territori, popolazioni e ceti che di solito beneficiano poco delle creazioni di ricchezza.
Nel 2023, in un contesto di piena occupazione che l’Europa da tempo non conosce, in Russia i salari medi sono aumentati del 4.8%, una crescita che ha riportato il tasso di povertà al di sotto dei livelli più bassi dalla caduta dell’URSS.
Una delle principali passività dell’economia post-sovietica è stata determinata dall’esportazione illegale di capitali all’estero, capitali che sottraevano all’economia russa migliaia di miliardi di rubli. Il deflusso di capitali era generato in particolare dall’esportazione di materie prime, ma da quando i governi occidentali hanno cominciato a confiscare i beni nascosti all’estero dai magnati russi (così come sono stati sequestrati i depositi della Banca Centrale russa), la fuga dei capitali è diminuita al punto che le loro fortune in Russia sono passate da 217 a 537 miliardi di dollari3, in parte considerevole reinvestite nell’economia russa.
L’embargo sulle merci occidentali ha portato alla Russia due vantaggi; quello di offrire nuove opportunità agli imprenditori locali che non soffrono più la concorrenza estera per una sorta di protezionismo dall’esterno, oltre al fatto di migliorare una bilancia dei pagamenti già in surplus strutturale per cui la Russia non ha bisogno di investimenti di capitali dall’estero. Insomma in Russia i soldi abbondano, in qualsiasi valuta. Tra i nuovi miliardari non ci sono solo magnati del petrolio e trafficanti di armi, ma ogni tipo di imprenditori, dall’agricoltura alla distribuzione, al settore edilizio, al trasporto aereo, al settore alberghiero fino all’industria automobilistica dove i russi hanno preso il posto degli imprenditori occidentali.
La Russia ha una spesa militare che vale il 7% del PIL lontana da quel 50% toccato durante la guerra antifascista. Il suo debito pubblico (17%) è uno dei più bassi del mondo e per la maggior parte in mano a investitori russi e dunque non aggredibile dall’estero. Il deficit di bilancio non supera il 2%.
Le sanzioni sono state uno shock che è stato rapidamente superato e le stesse ricette economiche che hanno permesso quel superamento sono state recentemente applicate al ministero della difesa, dove c’erano sacche di corruzione tra le quali rientrava tutta la vicenda dell’organizzazione Wagner.
Non a caso il ministro russo della difesa, Shoigu, è stato sostituito da Andrej Beluzov, uno dei protagonisti della politica economica, ex ricercatore economico, poi consigliere del Cremlino e vice ministro incaricato dell’economia e delle nuove tecnologie che ha l’obiettivo di aumentare l’efficienza delle forze armate, accelerare l’impiego di nuove tecnologie e favorirne il passaggio dal settore militare a quello civile, a testimoniare che i russi hanno imparato la lezione tanto spesso impartitagli in passato.
Gli occidentali contavano sulla centralità delle loro economie per abbattere quella russa, ma si sono scontrati con il rifiuto della maggioranza dei paesi di sanzionare la Russia che gode oggi di un peso internazionale che non ha avuto l’eguale negli ultimi venti anni.
Per i paesi che hanno sofferto i diktat e le intromissioni degli occidentali e dei loro istituti – FMI, Banca Mondiale, WTO- la Russia è un amico affidabile e forte, che ha resistito all’assalto a mano armata dei trentadue paesi della supremazia bianca coalizzati nella Nato e disposto di scendere in campo a fianco dei propri alleati. E’ una cosa di rilievo che gli occidentali non avevano previsto. Come non avevano previsto che la sola minaccia di confiscare i beni russi all’estero ha spaventato i paesi del Sud del mondo che si sentono esposti a un trattamento analogo e che qualora fosse attuata produrrebbe un terremoto finanziario dagli effetti imprevedibile.
Luciano Beolchi
- L’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO) è un’organizzazione politica, economica, di sicurezza internazionale e di difesa eurasiatica istituita da Cina e Russia nel 2001. È la più grande organizzazione regionale del mondo in termini di estensione geografica e popolazione, coprendo circa l’80% dell’area dell’Eurasia e il 40% della popolazione mondiale. Nel 2023, il suo PIL combinato basato sulle PPA era circa il 32% del totale mondiale.[↩]
- Alexandra Prokopenko, Putin insustainable spending spree, 8 gennaio 2024, Foreingaffairs.com.[↩]
- The countries with the most billionaires 2024. https://www.forbes.com/billionaires, 2 April 2024.[↩]
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Temo che questa guerra, alla fine finirà come l’avventura occidentale in Afganistan.
Gli americani che non hanno fatto niente per evitare che scoppiasse questa guerra, ma che invece quando è deflagrata, hanno soffiato sul fuoco, vedendo che si protrae senza i risultati che loro si proponevano, si stancheranno, lasciando questa patata bollente nelle mani degli europei. Solo allora si vedrà se i nostri governanti rinsaviranno e capiranno l’inganno nel quale sono caduti. Di sicuro l’Europa ne uscirà comunque con le ossa rotte, sia sul piano economico, strategico e di credibilità.