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Servono misure di sostegno al reddito

di SudLab, Campania per il reddito

Abbiamo pensato questo contributo per la rete del SudLab, una riflessione sulla lotta per il reddito e l’ipotesi da poter mettere in campo un’azione politica che possa partire dal Mezzogiorno, ma che possa allargarsi a quante regioni del Centro e del Nord  possano essere interessate, pertanto riteniamo opportuno condividere una riflessione  per un confronto di prospettiva. A tal proposito l’appuntamento/assemblea, in forma online è per venerdì 24 novembre ore 19.30  

Sulle mobilitazioni in difesa del reddito di cittadinanza

La lotta in difesa del reddito di cittadinanza che ha attraversato la città di Napoli, pur  non avendo assunto una effettiva forma di movimento, scandisce nei mesi un  susseguirsi di mobilitazione, attraverso comitati in difesa del reddito di quartieri, zone,  dei primi fermenti, per le vie e le piazze di Napoli, presidi sparsi di resistenza.
Le rivendicazioni di fondo ad oggi si articolano in:

  • difesa del reddito di cittadinanza;
  • un piano complessivo per il lavoro.

Ad oggi manca ancora una piattaforma organica, che precisi gli obiettivi e le modalità  di attuazione delle rivendicazioni di fondo, resterà comunque, il ritiro delle norme che  hanno abolito il Reddito di cittadinanza, a nostro parere occorrerà spingere perché le  mobilitazioni articolino sempre più esplicitamente due livelli di rivendicazioni, tra loro  strettamente intrecciati. Ci riferiamo, da un lato, alle richieste sui tempi brevi nelle  mobilitazioni, ovvero far fare marcia indietro al governo; e contemporaneamente, agli  elementi da far valere all’interno di una lotta più complessiva e con tempi più lunghi.

In relazione al primo livello, il tentativo fondamentale è di arrivare subito a un primo  risultato, col mantenimento, almeno fino al 31 dicembre, dell’erogazione del vecchio  importo per tutta l’attuale platea dei percettori, e cioè anche per i cosiddetti  “occupabili”, ovvero le famiglie povere composte da persone comprese tra i 18 e i 59  anni, senza disabili al loro interno. Costoro non ricevono alcun reddito da agosto a  dicembre 2023; e la richiesta di porre rimedio a un simile disastro sta prendendo forza,  perché viene ora avanzata anche dai Comuni, in Campania, ad esempio, c’è stata la  presa di posizione dell’ANCI, che ha chiesto di non modificare nulla fino a dicembre,  in quanto la distinzione operativa tra “occupabili” e “non occupabili” è ancora in alto  mare, e le misure sostitutive, sono nettamente peggiorative.

Immediatamente collegata a questa richiesta (che resta fondamentale non solo in sé,  ma proprio perché una vittoria su questo punto incoraggerebbe enormemente la spinta  a lottare), potrebbe prendere corpo una specifica pressione sugli Enti Territoriali  affinché attivino misure di sostegno al reddito di chi, con le nuove norme, dovessero perderlo. A questo proposito, può aiutare, in ogni regione a partire dalle regioni del  Sud, così come è avvenuto in Campania nei mesi scorsi, la raccolta di firme per  chiedere alla Regione di varare una M.I.R., una Misura Integrativa di sostegno ai  Redditi di disoccupati e persone in difficoltà economiche.

Sotto questo aspetto, l’esperienza campana ci sembra significativa anche per lo sbocco  organizzativo che ha avuto con la costituzione di un Comitato di scopo rappresentativo  di spezzoni di sinistra sociale, sindacale e politica che, oltre a realizzare la petizione  popolare regionale è oggi impegnato nell’elaborazione di una proposta di legge  regionale dal basso per l’istituzione attraverso la MIR del reddito di cittadinanza  regionale visto non come rinuncia ad una misura nazionale di contrasto alla povertà  ma, al contrario, come necessario momento di accumulazione di forze a livello  territoriale per riproporre una misura nazionale che ponga le basi per un reddito  universale di base.

La MIR, quindi, può diventare strumento di lotta, su cui promuovere e sollecitare  comitati di scopo o comitati di lotta per il reddito a seconda delle formulazioni che  si preferiscono nei vari territori locali e/o regionali. 

È chiaro a noi tutte e tutti che nelle dinamiche di lotta, oltre ad adoperarsi per le  rivendicazioni immediate, dovremmo provare a far avanzare, con intelligenza e nelle  forme opportune, un più compiuto livello di rivendicazioni, che miri a cambiamenti  sostanziali nell’attuale sistema economico-sociale.

In questo senso un importante obiettivo di fase è il salario orario minimo per legge,  per il quale è in corso la raccolta di firme su una Legge di iniziativa popolare che lo  fissa a 10 euro l’ora, con aumenti automatici legati al costo della vita. Inoltre, oggi  come oggi, sarebbe anche possibile, ed economicamente reggibile, una secca riduzione  dell’orario di lavoro a parità di salario, e ciò non solo secondo il principio del “lavorare  meno per lavorare tutti”; ma anche per far valere il contrario: “lavorare tutti per  lavorare meno e vivere di più”.

Il carattere generale dello scontro sul reddito

Il fatto che il reddito di cittadinanza sia stato tolto, e comunque sterilizzato e  depotenziato, nel suo valore di universalità e cittadinanza nonché di  autodeterminazione, fa scendere ruvidamente la posizione del lavoro in tutte le  relazioni tra offerta e domanda di lavoro. Quando non c’è uno scudo che almeno  parzialmente ti difende, tu non puoi permetterti di dire no allo sfruttamento; e sei  costretto ad accettare anche la più miserabile delle paghe pur di mettere qualcosa in  tavola. Si abbassa cosi drasticamente il tuo reddito e contemporaneamente anche il  valore medio dei salari, quello che fa da concreto riferimento nella contrattazione  sindacale del lavoro agricolo, industriale e terziario, si abbassa la qualità della vita e il  benessere psicofisico. Un indebolimento che colpisce il disoccupato, il lavoratore precario; come anche i lavoratori stabilizzati e sindacalizzati, perché è proprio il lavoro  complessivamente inteso che perde forza nella contrattazione col capitale.  Sarebbe nostro compito rovesciare la narrazione tossica e stereotipata del percettore di  reddito, il cosiddetto fannullone incline al non voler far nulla, dal dialetto napoletano,  brutto nei tratti e nei modi perché imbruttito dalla povertà. Si tratta, invece, di una lotta  che obiettivamente si carica di significazioni complessive, nella stratificazione sociale  di quanti: studenti, precari, inoccupati e disoccupati in questo paese hanno fatto  richiesta di RdC, sia come entrata ad integrazione che come unica fonte di reddito, a  causa di stipendi sotto soglia minima di sopravvivenza e per carenza di offerta di lavoro  C’è dunque un tema “classista” e, nell’area vasta del Mezzogiorno, il bisogno di  avanzare lungo le coordinate di un meridionalismo classista nell’ intreccio tra la  difesa del RdC e il no all’ AD, nella più complessiva dicotomia K/V, dal valore del  lavoro nei rapporti contrattuali, il tema della dignità di vita delle persone, come anche  il tema della oggettiva vivibilità dei territori, la salvaguardia degli stessi e della  efficacia dei servizi sociali e persino l’esistenza stessa di tutto ciò che noi siamo abituati  a pensare come elementi di civiltà dentro la costruzione dello Stato sociale. È proprio in questo citato intreccio che rivive e si rafforza la nostra parola d’ordine  sulle Piazze del Sud che lanciammo proprio all’interno questa impostazione nella  nostra Assemblea di Salerno del dicembre dello scorso anno.

Dunque abbiamo di fronte a noi una questione complessiva, che concerne il  proletariato in tutta l’enorme varietà della sua odierna composizione. Comprendere la potenzialità dello scontro in Italia sul Reddito di cittadinanza significa  aver contemporaneamente chiara anche l’importanza e l’urgenza del nostro impegno  al riguardo; significa vivere le attuali difficoltà della lotta come problema non solo dei  percettori, ma anche nostro. Significa, in sostanza, attivarci, nei limiti delle nostre  forze, dai limiti territoriali e perseguire una lotta comune che si allarga a macchia  d’olio, che riconosca nei percettori il soggetto reale della lotta con cui condividere e  costruire, e che consegni a noi un agire articolato che vada dalla mobilitazione alla  sfida con le istituzioni.

Pertanto riteniamo che sia giunto il momento di rilanciare la nostra azione anche  proponendo azioni concrete su cui confrontarci e perciò alleghiamo a questa nota dei  materiali d’iniziativa politico-sociale provenienti dall’esperienza campana come la  richiamata bozza di proposta di legge regionale dal basso (con relativa scheda  illustrativa sulla copertura finanziaria) su cui è stata aperta una consultazione ampia  mirante a giungere in tempi brevi ad un testo che non sia soltanto strumento politico istituzionale ma anche un passo concreto verso piattaforme regionali di lotta da  costruire nei nostri territori e la petizione popolare.
Naturalmente, qualora si propenda per l’uso di questi strumenti di partecipazione  popolare, occorrerà adattarli alle singole realtà regionali.

Istituzione della Misura Integrativa Regionale di sostegno al reddito e politiche per  l’inclusione sociale attiva

Relazione  

Con la presente proposta di legge, si vuole introdurre una Misura Integrativa di sostegno  al reddito di particolare urgenza in Regioni come la nostra che è stata costantemente la  prima del Paese per numero di percettori del reddito di cittadinanza sin dall’inizio con  una media – ricavabile dai dati INPS – dal 2019 al giugno 2023 al disopra del 19% dei  nuclei beneficiari.
In particolare – e sempre da dati INPS – nel corso del 2023, nel periodo gennaio giugno, i nuclei che l’hanno percepito sono stati 100.419, di essi a luglio quasi 37.000  hanno avuto il drammatico SMS dello stop all’erogazione da parte dell’INPS a cui se  ne sono aggiunti più di 8.000 ad agosto portando il totale dei nuclei sospesi a oltre  45.000 di cui più di 26.000 a Napoli e Provincia.
In realtà, considerando che fino a novembre/dicembre ci saranno mensilmente altre  sospensioni si va verso un blocco delle erogazioni a circa il 50% dei nuclei familiari.
Si tratta di numeri e percentuali che nella loro rilevanza non hanno bisogno di  commenti e ciò ci ha spinto a trasformare la petizione popolare – che come Comitato  di scopo per la Misura Integrativa Regionale (M.I.R.) abbiamo portato avanti tra aprile  e luglio – in una proposta di legge regionale.

Per noi questa proposta – di cui a breve illustriamo il contenuto – ha senso se si  accompagna alla costruzione di un percorso dal basso, se serve a trovare soluzioni che  mitighino o annullino il grave e negativo impatto socioeconomico che le disposizioni  della legge di bilancio 2023 e, successivamente, il “decreto-lavoro” hanno avuto e  continueranno ad avere sul tessuto sociale della Regione con un calo dei consumi  accompagnato da un livello inflattivo particolarmente elevato per il “carrello della  spesa”.

La M.I.R., pur collegandosi alle attuali disposizioni statali per la lotta alla povertà, ha  lo scopo di allargarne la platea di riferimento analogamente a quanto avvenuto con  interventi regionali molto simili a quelli che qui proponiamo (si veda, ad esempio, il  Reddito di dignità della Regione Puglia in vigore dal 2016), naturalmente con essa non  si intende rinunciare alla battaglia per una dignitosa misura nazionale di sostegno al  reddito ma ha il valore di una sorta di accumulazione di forze a livello territoriale e  regionale per meglio rilanciare in momenti più favorevoli la battaglia nazionale. Con  questa proposta, vogliamo fare anche un’operazione politico-culturale mirando ad  aumentare il “tasso di universalismo” delle prestazioni sociali campane attraverso un filo che percorre vari punti dell’articolato mirando ad evitare il più possibile la  frammentazione del quadro normativo di riferimento che è afflitto da una sorta di  “doppiopesismo”: in alcuni campi, come quello degli incentivi alle imprese e della  tutela dei beni culturali e paesaggistici, si invoca e si attua la semplificazione, in quello  delle prestazioni sociali e delle politiche attive del lavoro si applica una politica di  complicazione e farraginosità delle procedure al solo scopo di aumentarne il tasso di  selettività e di taglio alla spesa.

Esempi di questo nostro criterio ispiratore si trovano sia nel riferimento ad alcune  categorie particolarmente fragili, sia nell’unificazione del tetto ISEE, sia nella  progressiva concentrazione di risorse nel fondo per la MIR che nell’esplicita previsione  di un disegno di legge di attuazione di alcune disposizioni statutarie, ad iniziativa della  giunta, per il riordino e la semplificazione della legislazione regionale sulle politiche  sociali e su quelle delle politiche attive del lavoro ricorrendo allo strumento dei Testi  unici. Il nostro auspicio è che questa proposta serva ad attuare delle convergenze le più  ampie possibili da strutture di Movimento alla campagna nazionale “Ci vuole un  reddito”, ad aggregazioni come l’Alleanza contro la povertà che, di recente, ha  formalizzato 8 proposte per il dopo-reddito di cittadinanza di cui alcune di sicuro  interesse come il ripristino del tetto ISEE ad euro 9.360, l’allentamento del vincolo di  residenza per gli stranieri, l’indicizzazione della soglia reddituale per l’accesso alle  misure di sostegno al reddito, tutte proposte che si trovano in “versione regionale”  anche nella presente proposta che, ovviamente, è anche a disposizione di quei  consiglieri regionali che volessero aprire un confronto sincero su di essa.

Nello specifico la proposta di legge si compone di 9 articoli.  L’articolo 1 (“Principi e finalità”) richiama principi europei, della nostra Costituzione,  dello statuto campano e, quindi, si va dall’art. 34 della Carta dei diritti fondamentali  dell’Unione europea riguardante Sicurezza sociale e assistenza sociale a recenti  provvedimenti sul reddito minimo del Consiglio europeo e del Parlamento europeo, ad  alcune disposizioni della Costituzione collocate soprattutto nei primi articoli sui  “Principi fondamentali” oltre all’articolo 38 sulle tutele per i cittadini inabili, fino a tre  articoli dello Statuto campano facenti parte delle “Dichiarazioni identitarie”.

Nel primo articolo, oltre ai principi di riferimento, si chiarisce subito la finalità della  proposta di legge che, come accennato in precedenza, è quella di allargare la platea dei  potenziali beneficiari dell’Assegno di Inclusione e, soprattutto, del Supporto per la  Formazione e il Lavoro.L’ articolo 2 (“Definizione e obiettivo della M.I.R.”) attraverso  la definizione della MIR ne illustra i tre contenuti:

  1. forme reddituali dirette (di tipo monetario);
  2. forme reddituali indirette (erogazione di beni e servizi in forma gratuita o agevolata);
  3. patto individuale di inclusione sociale attiva analogo al “patto di servizio  personalizzato” di cui al d-l n. 48/2023 convertito con modifiche nella legge n.  85/2023.

In quest’articolo, tra gli obiettivi della MIR c’è il riferimento ad alcune particolari  categorie:

  1. di particolare importanza quanto contenuto al co. 4 dove, coerentemente con quanto  affermato all’articolo 27 della Costituzione, nelle finalità rieducative della pena si  prevede la possibilità dell’accesso alla MIR anche per adulti e minori in esecuzione  penale;
  2. all’interno di un’opera di concentrazione delle prestazioni sociali si prevede un  accesso agevolato alla MIR per le donne vittime oggetto di violenza e in grave  situazione di fragilità economica le cui modalità attuative sono demandate ad un’intesa  con i Centri antiviolenza e al regolamento attuativo della presente legge dove si dovrà  prevedere anche un collegamento con quanto disposto dall’articolo 105-bis del d-l 19-05-2020 n. 34 (“Fondo per il reddito di libertà per le donne vittime di violenza”)  inserito dalla legge di conversione 17/7/2020 n. 77. In coerenza con i principi di cui  all’art. 1 della presente proposta di legge, nell’ultimo comma dell’articolo, si richiama  l’effettiva attuazione in Campania dei Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali  (LEPS) citando gli articoli 5 (valutazione multidimensionale) e 6 (progetto  personalizzato) del decreto legislativo n. 147 del 2017 emanato ai tempi del REI e  l’allegato B del DM Lavoro contenente la “Specificazione dei Livelli Essenziali delle  prestazioni da erogare su tutto il territorio nazionale”.

L’ articolo 3 sulla “Definizione e contenuti del patto individuale di inclusione sociale  attiva” ha sia un rinvio al programma G.O.L. che a disposizioni nazionali (art. 12 d-l  n. 48/2023 convertito con modifiche nella L. n. 85/2023) e alla legislazione regionale  con particolare riferimento all’articolo 26-ter (indennità di partecipazione per i  tirocinanti) del regolamento 2 aprile 2010 n. 9 e successive modifiche e integrazioni  emanato in attuazione dell’articolo 54, co, 1, lett. b) della legge regionale n. 14 del  18/11/2009 contenente disposizioni per la formazione professionale: si tratta di una forma di collegamento tra disposizioni nazionali e regionali che per i  potenziali percettori del Supporto Formazione e Lavoro può significare l’integrazione  degli attuali 350 euro mensili fino al tetto dei 500 euro, inoltre l’ulteriore  coordinamento tra le disposizioni nazionali e regionali, prevista nel regolamento di cui  all’articolo 7 della presente legge, può dar luogo anche alla possibilità di poter accedere  alle azioni di sostegno alla formazione che il citato regolamento regionale n. 9/2010  prevede all’articolo 23 (contributi per le spese di viaggio e vitto).

Del resto, il riconoscimento di un sostegno regionale ai beneficiari del programma  GOL in formazione lunga o inseriti in percorsi di lavoro e inclusione è già previsto nella delibera regionale di attuazione del programma GOL, si tratta di comprendere  come e quando attuarla, la MIR può e ne deve essere uno strumento di accelerazione  come una delle forme di compatibilità tra programmi nazionali e regionali. Altro  collegamento con la legislazione regionale all’interno dell’articolo 3 è quello presente  al comma 2 dove, riconoscendo il ruolo del caregiver familiare, la M.I.R. si avvicina  ad una forma di “reddito di cura” (si veda, in particolare, l’articolo 4, co. 1, lett. b) della  legge regionale 20/11/2017 n. 33 dove, nelle forme di sostegno regionale al caregiver, sono previsti anche “assegni di cura” per le patologie croniche).

L’articolo 4 è sui “Beneficiari, requisiti, condizioni di accesso” dove si può notare  che la MIR ha un’unica fascia d’età (dai 18 ai 59 anni) e un unico tetto ISEE (€ 9.360)  mentre per il requisito di residenza nei Comuni campani richiede un anno e non cinque; identico requisito temporale per la residenza riguarda anche i cittadini comunitari  ovvero i cittadini stranieri in possesso di regolare permesso di soggiorno.

Il requisito di un anno di residenza ha un suo precedente nell’articolo 5, commi 1 e 2,  della legge regionale pugliese 14 marzo 2016 n. 3 (Reddito di dignità regionale e  politiche per l’inclusione sociale attiva) e si tratta di un requisito importante per una  Regione come la nostra che è anche terra di emigrazione e dove, quindi, una soglia di  cinque anni di residenza, come quella prevista a livello nazionale, può essere oltremodo  selettiva.

È ovvio che elementari principi di non discriminazione impongono la medesima soglia  anche per gli stranieri non solo per il rispetto della nostra Costituzione ma anche  perché, com’è noto, la Commissione europea nel 2022 ha avviato una procedura  d’infrazione con una lettera di costituzione in mora dell’Italia perché la normativa “sul  reddito minimo non è in linea col diritto dell’UE in materia di libera circolazione dei  lavoratori, diritti dei cittadini, soggiornanti di lungo periodo e protezione  internazionale”. In realtà anche il passaggio dai precedenti 10 anni di residenza in Italia  ai 5 attuali è solo un parziale adempimento alle disposizioni europee che, ad esempio  per “i cittadini dell’UE non impegnati in un’attività lavorativa per altri motivi  dovrebbero poter beneficiare della prestazione alla sola condizione di essere  legalmente residenti in Italia da almeno tre mesi”; quindi, anche la previsione di 5 anni di residenza è una soglia elevata sia per i cittadini  italiani che per quelli europei e per quelli di paesi terzi che, ai sensi della direttiva  2003/109/CE relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di  lungo periodo, godono “dello stesso trattamento dei cittadini nazionali per quanto  riguarda le prestazioni sociali, l’assistenza sociale e la protezione sociale”.

L’ articolo 5 è su “Ammontare e durata” della MIR dove stabiliamo un tetto massimo  di 500 euro mensili per un nucleo familiare con cinque componenti che verrà  rimodulato applicando la scala di equivalenza prevista dalla vigente normativa nazionale, prevista la rinnovabilità della MIR purchè restino i requisiti con una  sospensione di un mese tra un periodo e l’altro di 12 mesi.

Prevediamo l’adeguamento annuale della MIR alle variazioni del costo della vita  perché occorre risolvere l’anomalia che per alcune misure di welfare, come pensione e  assegno unico, è consentito l’adeguamento annuale al costo della vita mentre per le  misure di sostegno al reddito non lo è.

L’articolo 6 contiene una “Clausola valutativa” in attuazione dell’articolo 89 del  nostro regolamento consiliare che prevede la verifica degli effetti di una disposizione  normativa regionale col relativo esame delle commissioni competenti per materia.

Infatti il contenuto dell’articolo in commento prevede due strumenti di verifica:

  1. l’elaborazione di uno schema di relazione annuale, adottato in seguito a  consultazione delle Associazioni rappresentative degli EE.LL., da redigere a cura dei  Comuni capofila d’ambito come strumento di monitoraggio e da inviare all’assessorato  regionale competente entro il 31 gennaio dell’anno successivo a quello cui si riferisce  il monitoraggio;
  2. l’altro strumento di verifica/monitoraggio è costituito da rilevazioni sull’efficacia dei  tirocini per l’inclusione sociale e l’inserimento lavorativo oggetto della MIR sintetizzate  anch’esse in una relazione annuale fatta dalla direzione regionale competente e da  inviare all’Assessorato di riferimento entro il 31 gennaio dell’anno successivo cui si  riferisce il monitoraggio.

Lo schema di questa relazione è demandato al regolamento d’attuazione della presente  legge di cui all’art. 7.

Entrambe le relazioni annuali – quelle dei Comuni capofila e quella della direzione  regionale competente – vengono successivamente inviate, nello spirito del citato art.  89 del regolamento consiliare, all’esame delle Commissioni competenti che entro 60  gg. dalla ricezione delle stesse esprimono il proprio parere.

Gli esiti del monitoraggio annuale costituiscono la base per valutazioni di merito e  verifiche da parte degli Assessorati competenti.

L’art. 7, su “Regolamento d’attuazione, ddl di semplificazione normativa e avviso  pubblico”, contiene tempi stretti per l’emanazione delle disposizioni regolamentari data  l’urgenza sociale da cui deriva la presente proposta di legge, in esso si richiede la  definizione di vari aspetti, dalla modalità di presentazione della domanda di accesso  alla MIR, alla disciplina delle condizioni di sospensione e revoca, ai criteri di  coordinamento tra le misure della presente proposta di legge, la legislazione regionale  di settore e le misure nazionali di contrasto alla povertà compreso il reddito di libertà per le donne vittime di violenza e in difficili condizioni economiche, agli strumenti di  pubblicità delle informazioni riguardanti la MIR.

È chiaro che l’istituzione della misura in commento richiede anche un intervento di  riordino e semplificazione degli interventi regionali in materia di politiche sociali e  politiche attive, pertanto, al comma 2 dell’articolo, si stabilisce che la Giunta, entro 120  gg. dall’entrata in vigore della presente legge, presenti al Consiglio un ddl ai sensi degli  articoli 29, co.1 e 64, co. 2, ultimo periodo attraverso una consultazione per arrivare ad  assolvere al compito di semplificazione e chiarezza della normativa di settore, ciò al  fine di evitare un quadro frammentato delle politiche regionali.

L’art. 8, sulle “Disposizioni finanziarie”, collega la MIR, come uno degli interventi di  politica sociale e occupazionale, alla Missione di riferimento nel bilancio regionale che  è la numero 12 (Diritti sociali, politiche sociali e famiglia) nel Programma 04  (Interventi per i soggetti a rischio di esclusione) e titolo I (Spese correnti).

Si propone, all’interno di detta appostazione contabile, l’istituzione di un “Fondo per la  Misura Integrativa Regionale di sostegno al reddito (MIR)” con autorizzazione di  spesa, nell’arco della programmazione triennale di bilancio, di € 15.000.000, in termini  di competenza e cassa, per il 2023 ed € 35.000.000 per ciascuno degli anni 2024 e  2025 derivanti da corrispondenti riduzioni delle risorse iscritte a bilancio per le  medesime annualità nei fondi speciali di cui al Programma 03 (Altri fondi) della  Missione 20 (Fondi e accantonamenti), titolo I (Spese correnti).

Il nuovo fondo ha lo scopo di concentrare progressivamente le risorse finanziarie per  le prestazioni sociali e le politiche attive, in questa direzione va anche la previsione di  far confluire in esso almeno il 50% dei residui dei precedenti piani di zona e del gettito  derivante dalla lotta all’evasione dei tributi regionali. In coerenza con quanto previsto  nell’articolo 3, co. 1, della presente pdl si prevede, al comma 3, come una delle possibili  fonti di copertura il ricorso a parte delle risorse provenienti dal percorso 3  (riqualificazione) e 4 (lavoro e inclusione) del programma GOL, del resto i percettori  del reddito di cittadinanza erano già stati inseriti tra i potenziali beneficiari del citato  programma.

Infine, l’articolo 9 sull’“Entrata in vigore”, dove, data la richiamata situazione sociale  d’urgenza, si propone che la legge entri in vigore il giorno successivo alla pubblicazione  sul BURC.

Loredana Marino, Natale Cuccurese – SudLab
Rosario Marra – Campania per il reddito

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