Abbiamo pensato questo contributo per la rete del SudLab, una riflessione sulla lotta per il reddito e l’ipotesi da poter mettere in campo un’azione politica che possa partire dal Mezzogiorno, ma che possa allargarsi a quante regioni del Centro e del Nord possano essere interessate, pertanto riteniamo opportuno condividere una riflessione per un confronto di prospettiva. A tal proposito l’appuntamento/assemblea, in forma online è per venerdì 24 novembre ore 19.30
Sulle mobilitazioni in difesa del reddito di cittadinanza
La lotta in difesa del reddito di cittadinanza che ha attraversato la città di Napoli, pur non avendo assunto una effettiva forma di movimento, scandisce nei mesi un susseguirsi di mobilitazione, attraverso comitati in difesa del reddito di quartieri, zone, dei primi fermenti, per le vie e le piazze di Napoli, presidi sparsi di resistenza.
Le rivendicazioni di fondo ad oggi si articolano in:
- difesa del reddito di cittadinanza;
- un piano complessivo per il lavoro.
Ad oggi manca ancora una piattaforma organica, che precisi gli obiettivi e le modalità di attuazione delle rivendicazioni di fondo, resterà comunque, il ritiro delle norme che hanno abolito il Reddito di cittadinanza, a nostro parere occorrerà spingere perché le mobilitazioni articolino sempre più esplicitamente due livelli di rivendicazioni, tra loro strettamente intrecciati. Ci riferiamo, da un lato, alle richieste sui tempi brevi nelle mobilitazioni, ovvero far fare marcia indietro al governo; e contemporaneamente, agli elementi da far valere all’interno di una lotta più complessiva e con tempi più lunghi.
In relazione al primo livello, il tentativo fondamentale è di arrivare subito a un primo risultato, col mantenimento, almeno fino al 31 dicembre, dell’erogazione del vecchio importo per tutta l’attuale platea dei percettori, e cioè anche per i cosiddetti “occupabili”, ovvero le famiglie povere composte da persone comprese tra i 18 e i 59 anni, senza disabili al loro interno. Costoro non ricevono alcun reddito da agosto a dicembre 2023; e la richiesta di porre rimedio a un simile disastro sta prendendo forza, perché viene ora avanzata anche dai Comuni, in Campania, ad esempio, c’è stata la presa di posizione dell’ANCI, che ha chiesto di non modificare nulla fino a dicembre, in quanto la distinzione operativa tra “occupabili” e “non occupabili” è ancora in alto mare, e le misure sostitutive, sono nettamente peggiorative.
Immediatamente collegata a questa richiesta (che resta fondamentale non solo in sé, ma proprio perché una vittoria su questo punto incoraggerebbe enormemente la spinta a lottare), potrebbe prendere corpo una specifica pressione sugli Enti Territoriali affinché attivino misure di sostegno al reddito di chi, con le nuove norme, dovessero perderlo. A questo proposito, può aiutare, in ogni regione a partire dalle regioni del Sud, così come è avvenuto in Campania nei mesi scorsi, la raccolta di firme per chiedere alla Regione di varare una M.I.R., una Misura Integrativa di sostegno ai Redditi di disoccupati e persone in difficoltà economiche.
Sotto questo aspetto, l’esperienza campana ci sembra significativa anche per lo sbocco organizzativo che ha avuto con la costituzione di un Comitato di scopo rappresentativo di spezzoni di sinistra sociale, sindacale e politica che, oltre a realizzare la petizione popolare regionale è oggi impegnato nell’elaborazione di una proposta di legge regionale dal basso per l’istituzione attraverso la MIR del reddito di cittadinanza regionale visto non come rinuncia ad una misura nazionale di contrasto alla povertà ma, al contrario, come necessario momento di accumulazione di forze a livello territoriale per riproporre una misura nazionale che ponga le basi per un reddito universale di base.
La MIR, quindi, può diventare strumento di lotta, su cui promuovere e sollecitare comitati di scopo o comitati di lotta per il reddito a seconda delle formulazioni che si preferiscono nei vari territori locali e/o regionali.
È chiaro a noi tutte e tutti che nelle dinamiche di lotta, oltre ad adoperarsi per le rivendicazioni immediate, dovremmo provare a far avanzare, con intelligenza e nelle forme opportune, un più compiuto livello di rivendicazioni, che miri a cambiamenti sostanziali nell’attuale sistema economico-sociale.
In questo senso un importante obiettivo di fase è il salario orario minimo per legge, per il quale è in corso la raccolta di firme su una Legge di iniziativa popolare che lo fissa a 10 euro l’ora, con aumenti automatici legati al costo della vita. Inoltre, oggi come oggi, sarebbe anche possibile, ed economicamente reggibile, una secca riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, e ciò non solo secondo il principio del “lavorare meno per lavorare tutti”; ma anche per far valere il contrario: “lavorare tutti per lavorare meno e vivere di più”.
Il carattere generale dello scontro sul reddito
Il fatto che il reddito di cittadinanza sia stato tolto, e comunque sterilizzato e depotenziato, nel suo valore di universalità e cittadinanza nonché di autodeterminazione, fa scendere ruvidamente la posizione del lavoro in tutte le relazioni tra offerta e domanda di lavoro. Quando non c’è uno scudo che almeno parzialmente ti difende, tu non puoi permetterti di dire no allo sfruttamento; e sei costretto ad accettare anche la più miserabile delle paghe pur di mettere qualcosa in tavola. Si abbassa cosi drasticamente il tuo reddito e contemporaneamente anche il valore medio dei salari, quello che fa da concreto riferimento nella contrattazione sindacale del lavoro agricolo, industriale e terziario, si abbassa la qualità della vita e il benessere psicofisico. Un indebolimento che colpisce il disoccupato, il lavoratore precario; come anche i lavoratori stabilizzati e sindacalizzati, perché è proprio il lavoro complessivamente inteso che perde forza nella contrattazione col capitale. Sarebbe nostro compito rovesciare la narrazione tossica e stereotipata del percettore di reddito, il cosiddetto fannullone incline al non voler far nulla, dal dialetto napoletano, brutto nei tratti e nei modi perché imbruttito dalla povertà. Si tratta, invece, di una lotta che obiettivamente si carica di significazioni complessive, nella stratificazione sociale di quanti: studenti, precari, inoccupati e disoccupati in questo paese hanno fatto richiesta di RdC, sia come entrata ad integrazione che come unica fonte di reddito, a causa di stipendi sotto soglia minima di sopravvivenza e per carenza di offerta di lavoro C’è dunque un tema “classista” e, nell’area vasta del Mezzogiorno, il bisogno di avanzare lungo le coordinate di un meridionalismo classista nell’ intreccio tra la difesa del RdC e il no all’ AD, nella più complessiva dicotomia K/V, dal valore del lavoro nei rapporti contrattuali, il tema della dignità di vita delle persone, come anche il tema della oggettiva vivibilità dei territori, la salvaguardia degli stessi e della efficacia dei servizi sociali e persino l’esistenza stessa di tutto ciò che noi siamo abituati a pensare come elementi di civiltà dentro la costruzione dello Stato sociale. È proprio in questo citato intreccio che rivive e si rafforza la nostra parola d’ordine sulle Piazze del Sud che lanciammo proprio all’interno questa impostazione nella nostra Assemblea di Salerno del dicembre dello scorso anno.
Dunque abbiamo di fronte a noi una questione complessiva, che concerne il proletariato in tutta l’enorme varietà della sua odierna composizione. Comprendere la potenzialità dello scontro in Italia sul Reddito di cittadinanza significa aver contemporaneamente chiara anche l’importanza e l’urgenza del nostro impegno al riguardo; significa vivere le attuali difficoltà della lotta come problema non solo dei percettori, ma anche nostro. Significa, in sostanza, attivarci, nei limiti delle nostre forze, dai limiti territoriali e perseguire una lotta comune che si allarga a macchia d’olio, che riconosca nei percettori il soggetto reale della lotta con cui condividere e costruire, e che consegni a noi un agire articolato che vada dalla mobilitazione alla sfida con le istituzioni.
Pertanto riteniamo che sia giunto il momento di rilanciare la nostra azione anche proponendo azioni concrete su cui confrontarci e perciò alleghiamo a questa nota dei materiali d’iniziativa politico-sociale provenienti dall’esperienza campana come la richiamata bozza di proposta di legge regionale dal basso (con relativa scheda illustrativa sulla copertura finanziaria) su cui è stata aperta una consultazione ampia mirante a giungere in tempi brevi ad un testo che non sia soltanto strumento politico istituzionale ma anche un passo concreto verso piattaforme regionali di lotta da costruire nei nostri territori e la petizione popolare.
Naturalmente, qualora si propenda per l’uso di questi strumenti di partecipazione popolare, occorrerà adattarli alle singole realtà regionali.
Istituzione della Misura Integrativa Regionale di sostegno al reddito e politiche per l’inclusione sociale attiva
Relazione
Con la presente proposta di legge, si vuole introdurre una Misura Integrativa di sostegno al reddito di particolare urgenza in Regioni come la nostra che è stata costantemente la prima del Paese per numero di percettori del reddito di cittadinanza sin dall’inizio con una media – ricavabile dai dati INPS – dal 2019 al giugno 2023 al disopra del 19% dei nuclei beneficiari.
In particolare – e sempre da dati INPS – nel corso del 2023, nel periodo gennaio giugno, i nuclei che l’hanno percepito sono stati 100.419, di essi a luglio quasi 37.000 hanno avuto il drammatico SMS dello stop all’erogazione da parte dell’INPS a cui se ne sono aggiunti più di 8.000 ad agosto portando il totale dei nuclei sospesi a oltre 45.000 di cui più di 26.000 a Napoli e Provincia.
In realtà, considerando che fino a novembre/dicembre ci saranno mensilmente altre sospensioni si va verso un blocco delle erogazioni a circa il 50% dei nuclei familiari.
Si tratta di numeri e percentuali che nella loro rilevanza non hanno bisogno di commenti e ciò ci ha spinto a trasformare la petizione popolare – che come Comitato di scopo per la Misura Integrativa Regionale (M.I.R.) abbiamo portato avanti tra aprile e luglio – in una proposta di legge regionale.
Per noi questa proposta – di cui a breve illustriamo il contenuto – ha senso se si accompagna alla costruzione di un percorso dal basso, se serve a trovare soluzioni che mitighino o annullino il grave e negativo impatto socioeconomico che le disposizioni della legge di bilancio 2023 e, successivamente, il “decreto-lavoro” hanno avuto e continueranno ad avere sul tessuto sociale della Regione con un calo dei consumi accompagnato da un livello inflattivo particolarmente elevato per il “carrello della spesa”.
La M.I.R., pur collegandosi alle attuali disposizioni statali per la lotta alla povertà, ha lo scopo di allargarne la platea di riferimento analogamente a quanto avvenuto con interventi regionali molto simili a quelli che qui proponiamo (si veda, ad esempio, il Reddito di dignità della Regione Puglia in vigore dal 2016), naturalmente con essa non si intende rinunciare alla battaglia per una dignitosa misura nazionale di sostegno al reddito ma ha il valore di una sorta di accumulazione di forze a livello territoriale e regionale per meglio rilanciare in momenti più favorevoli la battaglia nazionale. Con questa proposta, vogliamo fare anche un’operazione politico-culturale mirando ad aumentare il “tasso di universalismo” delle prestazioni sociali campane attraverso un filo che percorre vari punti dell’articolato mirando ad evitare il più possibile la frammentazione del quadro normativo di riferimento che è afflitto da una sorta di “doppiopesismo”: in alcuni campi, come quello degli incentivi alle imprese e della tutela dei beni culturali e paesaggistici, si invoca e si attua la semplificazione, in quello delle prestazioni sociali e delle politiche attive del lavoro si applica una politica di complicazione e farraginosità delle procedure al solo scopo di aumentarne il tasso di selettività e di taglio alla spesa.
Esempi di questo nostro criterio ispiratore si trovano sia nel riferimento ad alcune categorie particolarmente fragili, sia nell’unificazione del tetto ISEE, sia nella progressiva concentrazione di risorse nel fondo per la MIR che nell’esplicita previsione di un disegno di legge di attuazione di alcune disposizioni statutarie, ad iniziativa della giunta, per il riordino e la semplificazione della legislazione regionale sulle politiche sociali e su quelle delle politiche attive del lavoro ricorrendo allo strumento dei Testi unici. Il nostro auspicio è che questa proposta serva ad attuare delle convergenze le più ampie possibili da strutture di Movimento alla campagna nazionale “Ci vuole un reddito”, ad aggregazioni come l’Alleanza contro la povertà che, di recente, ha formalizzato 8 proposte per il dopo-reddito di cittadinanza di cui alcune di sicuro interesse come il ripristino del tetto ISEE ad euro 9.360, l’allentamento del vincolo di residenza per gli stranieri, l’indicizzazione della soglia reddituale per l’accesso alle misure di sostegno al reddito, tutte proposte che si trovano in “versione regionale” anche nella presente proposta che, ovviamente, è anche a disposizione di quei consiglieri regionali che volessero aprire un confronto sincero su di essa.
Nello specifico la proposta di legge si compone di 9 articoli. L’articolo 1 (“Principi e finalità”) richiama principi europei, della nostra Costituzione, dello statuto campano e, quindi, si va dall’art. 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea riguardante Sicurezza sociale e assistenza sociale a recenti provvedimenti sul reddito minimo del Consiglio europeo e del Parlamento europeo, ad alcune disposizioni della Costituzione collocate soprattutto nei primi articoli sui “Principi fondamentali” oltre all’articolo 38 sulle tutele per i cittadini inabili, fino a tre articoli dello Statuto campano facenti parte delle “Dichiarazioni identitarie”.
Nel primo articolo, oltre ai principi di riferimento, si chiarisce subito la finalità della proposta di legge che, come accennato in precedenza, è quella di allargare la platea dei potenziali beneficiari dell’Assegno di Inclusione e, soprattutto, del Supporto per la Formazione e il Lavoro.L’ articolo 2 (“Definizione e obiettivo della M.I.R.”) attraverso la definizione della MIR ne illustra i tre contenuti:
- forme reddituali dirette (di tipo monetario);
- forme reddituali indirette (erogazione di beni e servizi in forma gratuita o agevolata);
- patto individuale di inclusione sociale attiva analogo al “patto di servizio personalizzato” di cui al d-l n. 48/2023 convertito con modifiche nella legge n. 85/2023.
In quest’articolo, tra gli obiettivi della MIR c’è il riferimento ad alcune particolari categorie:
- di particolare importanza quanto contenuto al co. 4 dove, coerentemente con quanto affermato all’articolo 27 della Costituzione, nelle finalità rieducative della pena si prevede la possibilità dell’accesso alla MIR anche per adulti e minori in esecuzione penale;
- all’interno di un’opera di concentrazione delle prestazioni sociali si prevede un accesso agevolato alla MIR per le donne vittime oggetto di violenza e in grave situazione di fragilità economica le cui modalità attuative sono demandate ad un’intesa con i Centri antiviolenza e al regolamento attuativo della presente legge dove si dovrà prevedere anche un collegamento con quanto disposto dall’articolo 105-bis del d-l 19-05-2020 n. 34 (“Fondo per il reddito di libertà per le donne vittime di violenza”) inserito dalla legge di conversione 17/7/2020 n. 77. In coerenza con i principi di cui all’art. 1 della presente proposta di legge, nell’ultimo comma dell’articolo, si richiama l’effettiva attuazione in Campania dei Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali (LEPS) citando gli articoli 5 (valutazione multidimensionale) e 6 (progetto personalizzato) del decreto legislativo n. 147 del 2017 emanato ai tempi del REI e l’allegato B del DM Lavoro contenente la “Specificazione dei Livelli Essenziali delle prestazioni da erogare su tutto il territorio nazionale”.
L’ articolo 3 sulla “Definizione e contenuti del patto individuale di inclusione sociale attiva” ha sia un rinvio al programma G.O.L. che a disposizioni nazionali (art. 12 d-l n. 48/2023 convertito con modifiche nella L. n. 85/2023) e alla legislazione regionale con particolare riferimento all’articolo 26-ter (indennità di partecipazione per i tirocinanti) del regolamento 2 aprile 2010 n. 9 e successive modifiche e integrazioni emanato in attuazione dell’articolo 54, co, 1, lett. b) della legge regionale n. 14 del 18/11/2009 contenente disposizioni per la formazione professionale: si tratta di una forma di collegamento tra disposizioni nazionali e regionali che per i potenziali percettori del Supporto Formazione e Lavoro può significare l’integrazione degli attuali 350 euro mensili fino al tetto dei 500 euro, inoltre l’ulteriore coordinamento tra le disposizioni nazionali e regionali, prevista nel regolamento di cui all’articolo 7 della presente legge, può dar luogo anche alla possibilità di poter accedere alle azioni di sostegno alla formazione che il citato regolamento regionale n. 9/2010 prevede all’articolo 23 (contributi per le spese di viaggio e vitto).
Del resto, il riconoscimento di un sostegno regionale ai beneficiari del programma GOL in formazione lunga o inseriti in percorsi di lavoro e inclusione è già previsto nella delibera regionale di attuazione del programma GOL, si tratta di comprendere come e quando attuarla, la MIR può e ne deve essere uno strumento di accelerazione come una delle forme di compatibilità tra programmi nazionali e regionali. Altro collegamento con la legislazione regionale all’interno dell’articolo 3 è quello presente al comma 2 dove, riconoscendo il ruolo del caregiver familiare, la M.I.R. si avvicina ad una forma di “reddito di cura” (si veda, in particolare, l’articolo 4, co. 1, lett. b) della legge regionale 20/11/2017 n. 33 dove, nelle forme di sostegno regionale al caregiver, sono previsti anche “assegni di cura” per le patologie croniche).
L’articolo 4 è sui “Beneficiari, requisiti, condizioni di accesso” dove si può notare che la MIR ha un’unica fascia d’età (dai 18 ai 59 anni) e un unico tetto ISEE (€ 9.360) mentre per il requisito di residenza nei Comuni campani richiede un anno e non cinque; identico requisito temporale per la residenza riguarda anche i cittadini comunitari ovvero i cittadini stranieri in possesso di regolare permesso di soggiorno.
Il requisito di un anno di residenza ha un suo precedente nell’articolo 5, commi 1 e 2, della legge regionale pugliese 14 marzo 2016 n. 3 (Reddito di dignità regionale e politiche per l’inclusione sociale attiva) e si tratta di un requisito importante per una Regione come la nostra che è anche terra di emigrazione e dove, quindi, una soglia di cinque anni di residenza, come quella prevista a livello nazionale, può essere oltremodo selettiva.
È ovvio che elementari principi di non discriminazione impongono la medesima soglia anche per gli stranieri non solo per il rispetto della nostra Costituzione ma anche perché, com’è noto, la Commissione europea nel 2022 ha avviato una procedura d’infrazione con una lettera di costituzione in mora dell’Italia perché la normativa “sul reddito minimo non è in linea col diritto dell’UE in materia di libera circolazione dei lavoratori, diritti dei cittadini, soggiornanti di lungo periodo e protezione internazionale”. In realtà anche il passaggio dai precedenti 10 anni di residenza in Italia ai 5 attuali è solo un parziale adempimento alle disposizioni europee che, ad esempio per “i cittadini dell’UE non impegnati in un’attività lavorativa per altri motivi dovrebbero poter beneficiare della prestazione alla sola condizione di essere legalmente residenti in Italia da almeno tre mesi”; quindi, anche la previsione di 5 anni di residenza è una soglia elevata sia per i cittadini italiani che per quelli europei e per quelli di paesi terzi che, ai sensi della direttiva 2003/109/CE relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, godono “dello stesso trattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda le prestazioni sociali, l’assistenza sociale e la protezione sociale”.
L’ articolo 5 è su “Ammontare e durata” della MIR dove stabiliamo un tetto massimo di 500 euro mensili per un nucleo familiare con cinque componenti che verrà rimodulato applicando la scala di equivalenza prevista dalla vigente normativa nazionale, prevista la rinnovabilità della MIR purchè restino i requisiti con una sospensione di un mese tra un periodo e l’altro di 12 mesi.
Prevediamo l’adeguamento annuale della MIR alle variazioni del costo della vita perché occorre risolvere l’anomalia che per alcune misure di welfare, come pensione e assegno unico, è consentito l’adeguamento annuale al costo della vita mentre per le misure di sostegno al reddito non lo è.
L’articolo 6 contiene una “Clausola valutativa” in attuazione dell’articolo 89 del nostro regolamento consiliare che prevede la verifica degli effetti di una disposizione normativa regionale col relativo esame delle commissioni competenti per materia.
Infatti il contenuto dell’articolo in commento prevede due strumenti di verifica:
- l’elaborazione di uno schema di relazione annuale, adottato in seguito a consultazione delle Associazioni rappresentative degli EE.LL., da redigere a cura dei Comuni capofila d’ambito come strumento di monitoraggio e da inviare all’assessorato regionale competente entro il 31 gennaio dell’anno successivo a quello cui si riferisce il monitoraggio;
- l’altro strumento di verifica/monitoraggio è costituito da rilevazioni sull’efficacia dei tirocini per l’inclusione sociale e l’inserimento lavorativo oggetto della MIR sintetizzate anch’esse in una relazione annuale fatta dalla direzione regionale competente e da inviare all’Assessorato di riferimento entro il 31 gennaio dell’anno successivo cui si riferisce il monitoraggio.
Lo schema di questa relazione è demandato al regolamento d’attuazione della presente legge di cui all’art. 7.
Entrambe le relazioni annuali – quelle dei Comuni capofila e quella della direzione regionale competente – vengono successivamente inviate, nello spirito del citato art. 89 del regolamento consiliare, all’esame delle Commissioni competenti che entro 60 gg. dalla ricezione delle stesse esprimono il proprio parere.
Gli esiti del monitoraggio annuale costituiscono la base per valutazioni di merito e verifiche da parte degli Assessorati competenti.
L’art. 7, su “Regolamento d’attuazione, ddl di semplificazione normativa e avviso pubblico”, contiene tempi stretti per l’emanazione delle disposizioni regolamentari data l’urgenza sociale da cui deriva la presente proposta di legge, in esso si richiede la definizione di vari aspetti, dalla modalità di presentazione della domanda di accesso alla MIR, alla disciplina delle condizioni di sospensione e revoca, ai criteri di coordinamento tra le misure della presente proposta di legge, la legislazione regionale di settore e le misure nazionali di contrasto alla povertà compreso il reddito di libertà per le donne vittime di violenza e in difficili condizioni economiche, agli strumenti di pubblicità delle informazioni riguardanti la MIR.
È chiaro che l’istituzione della misura in commento richiede anche un intervento di riordino e semplificazione degli interventi regionali in materia di politiche sociali e politiche attive, pertanto, al comma 2 dell’articolo, si stabilisce che la Giunta, entro 120 gg. dall’entrata in vigore della presente legge, presenti al Consiglio un ddl ai sensi degli articoli 29, co.1 e 64, co. 2, ultimo periodo attraverso una consultazione per arrivare ad assolvere al compito di semplificazione e chiarezza della normativa di settore, ciò al fine di evitare un quadro frammentato delle politiche regionali.
L’art. 8, sulle “Disposizioni finanziarie”, collega la MIR, come uno degli interventi di politica sociale e occupazionale, alla Missione di riferimento nel bilancio regionale che è la numero 12 (Diritti sociali, politiche sociali e famiglia) nel Programma 04 (Interventi per i soggetti a rischio di esclusione) e titolo I (Spese correnti).
Si propone, all’interno di detta appostazione contabile, l’istituzione di un “Fondo per la Misura Integrativa Regionale di sostegno al reddito (MIR)” con autorizzazione di spesa, nell’arco della programmazione triennale di bilancio, di € 15.000.000, in termini di competenza e cassa, per il 2023 ed € 35.000.000 per ciascuno degli anni 2024 e 2025 derivanti da corrispondenti riduzioni delle risorse iscritte a bilancio per le medesime annualità nei fondi speciali di cui al Programma 03 (Altri fondi) della Missione 20 (Fondi e accantonamenti), titolo I (Spese correnti).
Il nuovo fondo ha lo scopo di concentrare progressivamente le risorse finanziarie per le prestazioni sociali e le politiche attive, in questa direzione va anche la previsione di far confluire in esso almeno il 50% dei residui dei precedenti piani di zona e del gettito derivante dalla lotta all’evasione dei tributi regionali. In coerenza con quanto previsto nell’articolo 3, co. 1, della presente pdl si prevede, al comma 3, come una delle possibili fonti di copertura il ricorso a parte delle risorse provenienti dal percorso 3 (riqualificazione) e 4 (lavoro e inclusione) del programma GOL, del resto i percettori del reddito di cittadinanza erano già stati inseriti tra i potenziali beneficiari del citato programma.
Infine, l’articolo 9 sull’“Entrata in vigore”, dove, data la richiamata situazione sociale d’urgenza, si propone che la legge entri in vigore il giorno successivo alla pubblicazione sul BURC.
Loredana Marino, Natale Cuccurese – SudLab
Rosario Marra – Campania per il reddito