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Se una meganave in avaria va a sbattere contro un ponte si vede come funziona il capitalismo

di Alessandro
Scassellati

Poco sappiamo del trasporto marittimo globale, anche se tutti noi dipendiamo da esso per le nostre forniture quotidiane. Circa il 90% di tutte le merci scambiate che vengono spedite da una parte all’altra del mondo vengono trasportate via acqua. Tutto, dalle banane alla carta igienica, alle auto e agli iPhone, prima o poi viaggia via mare. Solo quando qualcosa va storto prestiamo attenzione, che ciò accada nel Mar Rosso, nel Canale di Suez o sotto quello che era il Francis Scott Key Bridge di Baltimora. L’incidente, avvenuto quando la nave portacontainer Dali ha perso potenza ed è andata dritta contro un pilastro di sostegno, ci ha consentito di dare un’occhiata ad alcune dimensioni trascurate del settore dei trasporti marittimi, il sistema nervoso del capitalismo delle merci, in particolare a quanto molti sistemi siano impreparati per gestirlo e alla fragilità e vulnerabilità del commercio mondiale. L’incidente di Baltimora ha reso evidente molto bene una cosa: quanto sia globalizzato il settore dei trasporti marittimi. La Dali era una nave costruita in Corea del Sud, di proprietà di una società con sede nelle Isole Vergini britanniche, battente bandiera di Singapore, con un equipaggio di nazionalità indiana, gestita dalla compagnia danese Maersk e in rotta dal porto statunitense di Baltimora verso lo Sri Lanka.

Sulla complessità dell’economia politica del sistema logistico marittimo globale si veda anche il nostro articolo, scritto a suo tempo per analizzare gli impatti dell’incidente occorso il 23-29 marzo 2021, allorquando una meganave portacontainer diretta a Rotterdam – la Ever Given, una nave da 220 mila tonnellate, larga 59 metri e con 400 metri di lunghezza (troppo grande per passare attraverso il Canale di Panama che collega gli oceani Pacifico e Atlantico), in grado di trasportare fino a 20 mila containers, varata in Giappone nel 2018 (dal principale costruttore di navi giapponese, Imabari Shipbuilding), gestita in leasing dalla compagnia taiwanese Evergreen Marine Corporation e gestita tecnicamente dal gruppo tedesco Schulte di Amburgo, con un equipaggio indiano, ma di proprietà giapponese e battente bandiera panamense – si è arenata come una “balena spiaggiata”, mettendosi di traverso, nel Canale di Suez (in direzione nord) dopo essere stata portata fuori rotta da una “folata di vento”, provocando un enorme ingorgo di navi – oltre 420 – alle due estremità della vitale arteria commerciale internazionale. 

Il disastro

Il 26 marzo intorno all’1.30 del mattino una grande nave portacontainer lunga 948 piedi (290 metri), la Dali, battente bandiera di Singapore, in partenza per Colombo nello Sri Lanka, è andata a sbattere contro un pilone del Francis Scott Key Bridge a Baltimora e, come mostra un video su X, nel giro di una manciata di secondi la sezione metallica del ponte di 2,6 km si è accartocciata nel fiume Patapsco. La nave aveva emesso un mayday perché era andata fuori rotta e aveva perso la funzionalità dei motori. Il traffico dei veicoli era stato bloccato dalla polizia, ma non sono stati avvertiti gli otto lavoratori impegnati a quell’ora della notte in lavori di manutenzione dell’asfalto nella parte centrale del ponte. Sono finiti in acqua, due sono stati salvati, mentre altri sei sono morti annegati. Erano lavoratori immigrati centroamericani a basso reddito di El Salvador, Guatemala, Honduras e Messico, tra i 30 e i 40 anni, con mogli e figli, che usavano i loro salari per sostenere le loro famiglie negli Stati Uniti e nei loro paesi. Solo di due di loro sono stati recuperati i corpi intrappolati dentro il pick-up nel quale erano in pausa quando il ponte è crollato. Una campagna di crowdfunding avviata dal Latino Racial Justice Circle, un’organizzazione senza scopo di lucro che serve l’area di Baltimora, ha raccolto in pochi giorni oltre 300mila dollari per le famiglie delle vittime. I fondi saranno distribuiti tra le famiglie e saranno destinati ai bisogni primari, tra cui affitto, generi alimentari e servizi pubblici, afferma la campagna.

Ora, l’attenzione si è spostata sulle indagini su cosa è andato storto, con una squadra di esperti di sicurezza dei trasporti che è salita a bordo della nave e ha recuperato il suo registratore di dati (la “scatola nera”). La causa esatta dell’incidente è ancora da stabilire, ma le autorità hanno affermato che la nave ha subito un “problema di perdita di propulsione” prima di colpire il ponte1.

L’Autorità Marittima e Portuale di Singapore, dove la Dali batte bandiera, ha affermato che i certificati della nave riguardanti la sua integrità strutturale e la funzionalità delle sue attrezzature erano validi al momento dell’incidente. Ha inoltre affermato che la nave ha superato due distinte ispezioni da parte dello Stato di approdo estero nel giugno e nel settembre 2023. Il fatto che la nave batte bandiera di Singapore significa, a tutti gli effetti, che la nave opera nel rispetto delle convenzioni internazionali, insieme alle leggi specifiche di Singapore, ove applicabili. Funzionari di Singapore hanno annunciato che condurranno le proprie indagini sul crollo del Key Bridge, mentre la Grace Ocean Private Ltd., la società con sede a Singapore proprietaria della Dali, e il gestore della nave, Synergy Marine Group, hanno presentato una petizione in un tribunale federale ai sensi della legge sulla limitazione della responsabilità del 1851 con l’obiettivo di evitare di pagare danni e risarcimenti, compreso il potenziale risarcimento alle famiglie dei sei lavoratori uccisi nel disastro. Le due società sostengono che i danni dovuti per l’incidente dovrebbero essere limitati a 43 milioni di dollari – il valore residuo della nave e del suo carico. La stessa legge del 1851 è stata invocata con successo per limitare la responsabilità dell’armatore dopo l’affondamento del Titanic nel 1912 in cui morirono 1.500 persone2.

In ogni caso, gli analisti ritengono che gli assicuratori potrebbero dover affrontare perdite fino a 4 miliardi di dollari per coprire il costo dei sinistri dopo la tragedia del ponte di Baltimora in diverse linee di prodotti tra cui proprietà, merci, servizi marittimi, responsabilità civile, credito commerciale e interruzione contingente delle attività3. Ciò supererebbe il record di perdite per il settore assicurativo sostenute per il disastro della nave da crociera di lusso Costa Concordia nel 2012.

Le navi mercantili che urtano un ponte e ne provocano il crollo non sono una cosa comune. Dal 1960, è successo solo 35 volte in tutto il mondo. Nel 2015, un totale di 342 persone sono morte a causa di cedimenti di ponti causati dalle navi. Per mettere il dato in prospettiva, secondo alcune stime, più di 40mila persone negli Stati Uniti sono morte in un incidente stradale nel 2020. Ma negli ultimi decenni, circa 100 grandi navi sono andate perse ogni anno. Ogni incidente marittimo ha i suoi specifici motivi tecnici e comporta una nave affonda o venga distrutta ogni con perdite di beni e di vite dei marinai.

La nave portacontainer

La compagnia di navigazione Maersk ha dichiarato di aver noleggiato la nave portacontainer di Baltimora dall’operatore Synergy Marine Group4. La Dali è stata costruita in Corea del Sud nel 2015 dalla Hyundai Heavy Industries. Maersk ha fatto sapere che l’equipaggio era composto da 22 marittimi, un srilankese e 21 indiani5. Tutti assunti da agenzie interinali del lavoro, per cui nessuno di loro era un membro dell’equipaggio o del personale della Maersk6. Vi erano poi due piloti del porto di Baltimora. A bordo c’erano 4.679 container, circa la metà della sua capacità di 10mila. Ma 56 container erano pieni di materiali pericolosi tra cui sostanze corrosive, infiammabili e batterie agli ioni di litio. Alcuni contenitori sono stati danneggiati e altri sono caduti in acqua in seguito allo schianto, mentre dalle prime ricognizioni tecniche la nave è totalmente devastata e ci sono danni strutturali dappertutto.

Come la maggior parte delle altre navi mercantili transatlantiche che trasportano merci negli Stati Uniti, la Dali aveva fatto tappa nei porti di New York e New Jersey la settimana precedente prima di proseguire in quella che i caricatori chiamano la sua “corsa al latte“, che includeva la sosta a Baltimora prima della sua partenza verso Colombo, nello Sri Lanka7.

Secondo Vessel Finder e l’archivio degli incidenti marittimi Shipwrecklog, la stessa nave è stata coinvolta anche in una collisione nel 2016 ad Anversa, in Belgio. Secondo quanto riferito, la sua prua ha raschiato il lato della banchina mentre lasciava il porto, danneggiando in modo significativo diversi metri dello scafo, e secondo quanto riferito è stata successivamente bloccata dalle autorità.

Una successiva ispezione della Dali, effettuata il 27 giugno a San Antonio, in Cile, ha rilevato che la nave presentava carenze di “propulsione e macchinari ausiliari”, secondo i dati pubblicati sul sito web pubblico Equasis, che fornisce informazioni sulle navi. L’ispezione ha precisato che c’era una carenza relativa a manometri e termometri.

Il ponte

Costruito nel 1977, il ponte Francis Scott Key (il nome dell’autore dell’inno nazionale americano, The star-spangled banner) attraversa il fiume Patapsco, ed è un’arteria vitale di traffico (utilizzato da 31mila veicoli ogni giorno, di cui quasi 4.900 camion, e merci per 28 miliardi di dollari trasportate all’anno), la cui distruzione potrebbe causare mesi di interruzione degli spostamenti in una città con più di 575mila residenti.

Biden ha dichiarato che avrebbe “spostato cielo e terra” per sostituire il ponte e che è sua intenzione che il governo federale paghi – e non la Grace Ocean Private Ltd., proprietaria della nave, che ha sede nelle Isole Vergini britanniche, un noto paradiso fiscale, e ha precedenti di violazioni dei diritti del lavoro8 – almeno inizialmente, l’intero costo della sua sostituzione (stimato in almeno 600milioni di dollari), e ha chiesto il sostegno del Congresso. Intanto, Biden ha già concesso 60milioni di dollari in finanziamenti federali allo Stato del  Maryland per la pulizia iniziale. La riapertura di un nuovo ponte richiederà probabilmente diversi anni, anche se il porto stesso potrà essere sgomberato per la navigazione nelle prossime settimane.

Il segretario ai trasporti, Pete Buttigieg, ha sollecitato il sostegno bipartisan ai finanziamenti federali per ricostruire il ponte e riaprire il porto. Ma trovare i fondi per ricostruire il ponte non sarà facile perché la questione è rapidamente diventata parte del gioco politico di Washington in un anno elettorale e sono emerse le “guerre culturali” di una società americana fortemente polarizzata. Sui social media, i commentatori di estrema destra hanno dichiarato il drammatico crollo del Key Bridge un “evento del cigno nero”, una frase di nicchia che ha recentemente catturato l’immaginazione dei teorici della cospirazione dello “Stato profondo9. Brandon M. Scott, il sindaco democratico di Baltimora, che è nero, ha affrontato la brutta ondata di attacchi conservatori sui social media contro di lui da quando è scoppiato il disastro del ponte. È stato trollato da un utente su X come “sindaco del DEI di Baltimora” (DEI è l’abbreviazione di diversità, equità e inclusione). Alla domanda sugli abusi a Face the Nation della CBS News, Scott ha detto che la reazione negativa proveniva da coloro che erano “troppo spaventati per usare la parola N“. Ha aggiunto: “Sono un giovane uomo nero, un giovane sindaco nero. So come va il razzismo in questo paese”. Anche Wes Moore, il governatore democratico nero dello Stato, è stato coinvolto nella reazione di destra e suprematista bianca che ha cercato di collegare il crollo del ponte alla politica progressista e alle iniziative che promuovono il concetto di DEI, soprattutto dopo l’omicidio di George Floyd a Minneapolis da parte della polizia nel 2020.

Il ponte di Baltimora era “a norma”, ma le regole sono antecedenti all’era delle navi di grandi dimensioni10. I piloni non avevano infrastrutture protettive aggiuntive per proteggerli dalle collisioni delle navi (i “parabordi”, diventati una dotazione standard sui nuovi ponti sin dagli anni ’90), che sono diventati più rischiosi poiché le dimensioni e il design delle navi mercantili sono cambiati nel corso degli anni. Solo nell’ultimo decennio, la capacità media delle navi portacontainer è aumentata di circa il 50%. Un economista ha detto al New York Times che le compagnie di navigazione “hanno fatto quello che ritenevano fosse più efficiente per sé stesse – rendere le navi più grandi – e non hanno prestato molta attenzione al resto del mondo”. Ciò a sua volta ha costretto i governi ad allargare le vie d’acqua (da Suez a Panama) e adeguare le strutture portuali e interportuali per accogliere i colossi con la loro miriade di container, tutto a spese delle risorse pubbliche11.

Il crollo spettacolare del Francis Scott Key Bridge a Baltimora ha rilanciato l’attenzione non solo su questa specifica struttura ma anche sullo stato generale dei ponti negli Stati Uniti, molti dei quali sono considerati in cattive condizioni. Più di un terzo di essi sono bisognosi di riparazioni (manutenzione straordinaria), secondo l’American Road & Transportation Builders Association. Lo stato dei ponti statunitensi è lentamente migliorato negli ultimi anni, ha affermato l’associazione, ma più di 43mila sono ancora considerati in cattive condizioni e classificati come “strutturalmente carenti”, a rischio di un potenziale crollo in futuro. Si stima che ogni giorno negli Stati Uniti vengono effettuati circa 167 milioni di passaggi attraverso ponti strutturalmente carenti.

Il disastro di Baltimora rivela quanto le infrastrutture critiche dell’America siano esposte a incidenti improvvisi e devastanti, nonché alla distruzione intenzionale. Da questo punto di vista, il disastro di Baltimora dovrebbe essere visto come un’opportunità per ricostruire le infrastrutture americane in modo intelligente, che includa nuovi materiali e progetti per ridurre il rischio di incidenti futuri, compresi i sensori incorporati nel ponte che comunicano in tempo reale con le navi in avvicinamento.

Lo stato precario dei ponti americani è stato individuato dall’amministrazione Biden come uno dei motivi per la legge bipartisan sulle infrastrutture da 1,2 trilioni di dollari firmata dal presidente degli Stati Uniti nel 2021. La legge include 110 miliardi di dollari per ammodernare strade e ponti, con Biden che ha visitato in gennaio un ponte in deterioramento in Wisconsin per promuoverne la riparazione tramite il finanziamento. Le stime indicano che gli Stati Uniti devono aumentare la spesa per il ripristino dei ponti da 14,4 miliardi di dollari all’anno a 22,7 miliardi di dollari all’anno per migliorare le condizioni dei ponti a livello nazionale.

Il porto di Baltimora e le preoccupazioni per l’interruzione delle supply chains globali

Il porto di Baltimora costituisce un hub per la navigazione sulla costa orientale degli Stati Uniti. È direttamente responsabile di circa 15mila posti di lavoro e ne sostiene circa 140mila in più. I legislatori del Maryland hanno redatto un disegno di legge di emergenza per coprire gli stipendi degli 8mila lavoratori direttamente colpiti dalla chiusura del porto.

L’incidente ha interrotto l’accesso a gran parte del porto di Baltimora, pertanto immediatamente dopo il disastro, sono state sollevate preoccupazioni per un “effetto a catena” sulle catene di approvvigionamento globali12. D’altra parte, l’incidente è avvenuto mentre l’industria marittima globale si trova ad affrontare diverse altre sfide, tra cui una siccità record a Panama che ha fortemente limitato il numero di navi che possono utilizzare il canale ogni giorno (dalle normali 38 a sole 24), rallentando i tempi di transito e aumentando i costi, e gli attacchi Houthi contro le navi nel Mar Rosso, per cui alcune compagnie di navigazione globali hanno scelto di prendere la rotta di navigazione più lunga attorno al Corno d’Africa, che può aggiungere fino a due settimane a un viaggio e comporta costi di carburante e salariali per le compagnie. A seguito di questi due fenomeni, i prezzi del trasporto dei container dall’Asia agli Stati Uniti sono raddoppiati negli ultimi sei mesi13.

Il ponte attraversava l’ingresso del porto di Baltimora, solo il diciassettesimo del paese per quantità di merci trasportate, ma quello più trafficato per le importazioni ed esportazioni di automobili e il nono per le merci straniere. Le autorità hanno affermato che il traffico marittimo attraverso il porto sarebbe stato sospeso “fino a nuovo avviso“. L’anno scorso, il porto di Baltimora ha registrato un anno da record, movimentando 52 milioni di tonnellate di merci straniere per un valore di 80 miliardi di dollari: quasi 8 milioni di tonnellate e 6 miliardi di dollari in più di quanto avesse mai movimentato prima.

Baltimora è il porto statunitense più trafficato per le spedizioni di automobili e camion, e anche il porto più grande in termini di volumi per la movimentazione di macchine agricole e edili. Più di 750mila auto e altri veicoli sono passati per Baltimora nell’ultimo anno. Questi includono marchi statunitensi, britannici e europei come General Motors, Ford, Jaguar Land Rover, Nissan, Stellantis-Fiat e Audi.

È anche il secondo porto più grande per le esportazioni di carbone degli Stati Uniti, responsabile della spedizione del 23% di tutte le esportazioni di carbone nel 2022 (inviato soprattutto in India, Cina e alcuni paesi europei). Anche lo zucchero passa per il porto, grazie al fatto che uno dei principali impianti di raffinazione dello zucchero negli Stati Uniti si trova in città.

Tuttavia, Baltimora è anche uno dei porti per container più piccoli nel nord-est degli Stati Uniti, con la movimentazione di 265mila container nel quarto trimestre dello scorso anno. A confronto, il porto di New York e del New Jersey ha movimentato circa 2milioni di container nello stesso periodo, e il porto di Norfolk in Virginia ne ha movimentati 850mila. Pertanto, il flusso di container verso Baltimora può probabilmente essere ridistribuito in modo relativamente indolore verso porti più grandi. Alcune aziende potrebbero scegliere di inviare le loro merci ai porti della costa occidentale e poi spedirle verso est, piuttosto che rischiare colli di bottiglia mentre i porti orientali riorientano le loro operazioni. Ciò stava avvenendo già prima dell’incidente, dal momento che 45mila lavoratori portuali dell’International Longshoremen’s Association sulle coste orientali e del Golfo minacciano di scioperare se il sindacato non raggiungerà un contratto equo con i porti e le compagnie di navigazione entro il 1° ottobre.

Il porto di Baltimora è fondamentale anche per i viaggi marittimi. Secondo i dati statali, nel 2023 444mila passeggeri sono arrivati o partiti da Baltimora.

Inizialmente si temeva che le esportazioni di gas naturale liquefatto (GNL) potessero essere influenzate, ma il terminale GNL di Cove Point nella baia di Chesapeake, che in genere esporta circa 500mila tonnellate di GNL al mese verso mercati tra cui il Regno Unito e l’UE, ha affermato che le sue operazioni non erano state colpite dal crollo del ponte.

In seguito all’incidente, General Motors e Ford hanno annunciato che avrebbero reindirizzato le loro spedizioni. Il gigante marittimo danese Maersk, il cui carico trasportava la Dali, ha dichiarato che avrebbe “omesso Baltimora su tutti i nostri servizi per il prossimo futuro“. Un certo numero di compagnie ferroviarie e carbonifere hanno avvertito i propri clienti dell’interruzione delle esportazioni di carbone dato che il crollo del ponte ha tagliato fuori due terminal gestiti dal fornitore di carbone CONSOL Energy e dalla società ferroviaria merci CSX. Ma non è chiaro se quantità significative di carbone possano essere deviate attraverso altri porti. Norfolk in Virginia, è il più grande esportatore del paese, mentre altri porti vicini – Filadelfia, Buffalo e Savannah – gestiscono solo una piccola parte delle esportazioni di carbone rispetto a Baltimora.

Nel porto si trovano magazzini di distribuzione di proprietà di Amazon e FedEx e gli esperti affermano che è probabile che alcune operazioni verranno interrotte. Un portavoce di Amazon ha detto a Newsweek che la società stava valutando gli “impatti immediati e futuri” dell’incidente.

Intanto, la dozzina di navi che sono all’interno del porto sono intrappolate. Dovranno aspettare che i resti del metallo contorto del ponte vengano eliminati e probabilmente sarà un’attesa lunga. D’altra parte, anche un certo numero di navi sono in attesa di accedere al porto.

Una gigantesca gru montata su una chiatta è stata posizionata venerdì scorso nelle acque del porto mentre le autorità si preparavano a iniziare sabato il lungo lavoro di recupero dei rottami del ponte caduto in pezzi in pochi secondi. Altre sei gru più piccole contribuiscono al lavoro di bonifica e la squadra di pulizia ora comprende anche 10 rimorchiatori, nove chiatte e otto navi di salvataggio.

Alessandro Scassellati

  1. Il Wall Street Journal ha riferito fonti che affermano che l’indagine esplorerà se del carburante contaminato (“dirty fuel”) abbia avuto un ruolo nell’incidente, anche se nessuna prova è stata ancora citata per suggerirlo.[]
  2. La legge fu promulgata dal Congresso nel 1851 per stimolare gli investimenti nella nascente industria marittima del paese, in un momento in cui molti rischi marittimi, come la pirateria e condizioni meteorologiche estreme sconosciute, erano fuori dal controllo degli armatori. Per tenere conto dell’incertezza, la legge limitava le richieste di risarcimento per danni marittimi al valore della nave più il suo carico, se il proprietario poteva dimostrare di non essere stato a conoscenza di eventuali negligenze correlate. Per decenni, i difensori dei diritti hanno chiesto di riformare la legge sulla limitazione della responsabilità, sostenendo che la legge è obsoleta e protegge le aziende potenti dall’affrontare la responsabilità per incidenti devastanti (come quelli relativi all’inquinamento da petrolio e altri agenti chimici), derubando quindi le vittime marittime dei danni che le persone ferite in incidenti terrestri possono solitamente lottare per vedere riconosciuti.[]
  3. L’assicurazione per la responsabilità civile della nave, che copre i danni e le lesioni ambientali marittime, viene fornita tramite assicuratori di protezione e indennizzo noti come P&I Clubs. Il Gruppo Internazionale dei club P&I assicura collettivamente circa il 90% del tonnellaggio oceanico mondiale e i membri dei club P&I si riassicurano reciprocamente condividendo sinistri superiori a 10 milioni di dollari.[]
  4. Maersk, con sede a Copenaghen, è una delle compagnie di navigazione più grandi del mondo, con un fatturato di oltre 51 miliardi di dollari nel 2023. La società opera in 130 paesi e impiega centomila lavoratori, secondo il suo rapporto annuale. A dicembre 2023, Maersk possedeva 310 navi e ne noleggiava 362, rendendola una delle flotte di spedizioni di container più grandi del mondo. Le compagnie di navigazione sono ormai diventate un oligopolio globale dominato da dieci giganti – la danese AP Moller-Maersk, la (italo-)svizzera Mediterranean Shipping Company (MSC), la cinese China Ocean Shipping Company (COSCO), la francese CMA-CGM, la tedesca Hapag-Lloyd, la nippo-singaporiana Ocean Network Express (ONE), la taiwanese Evergreen Marine Corporation, la taiwanese Yang Ming Marine Transport, la sudcoreana Hyundai Merchant Marine (HMM) e la singaporiana Pacific International Line. Da notare che buona parte delle flotte di queste global corporations sono registrate in paradisi fiscali come Panama e Liberia, in modo da evitare di pagare le tasse.[]
  5. Le statistiche governative indiane mostrano che 315mila indiani sono impiegati nell’industria marittima globale, circa il 20% del totale dei circa 1,6 milioni di lavoratori marittimi ormai trasformati in veri e propri “forzati del mare”. Gli indiani sono secondi solo ai filippini nel settore, seguiti da cinesi, indonesiani, russi e ucraini. La continua corsa ai noleggi al ribasso (al limite delle spese di esercizio) degli ultimi decenni ha promosso lo sfruttamento intensivo della forza lavoro marittimo-portuale. Durante la pandemia di CoVid-19, oltre 200 mila marittimi sono rimasti bloccati sulle loro navi oltre la scadenza dei loro contratti e oltre i requisiti di standard di sicurezza accettati a livello globale. Alcuni marittimi hanno lavorato senza stipendio o senza avere un piano sicuro di rimpatrio, e molti hanno adottato misure disperate: in un caso, un capitano ha dirottato la sua nave in mezzo all’oceano e si è rifiutato di tornare in rotta senza una garanzia di sbarco.[]
  6. Documenti pubblicati da The Lever hanno rivelato Maersk è stata sanzionata l’anno scorso dal Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti per aver presumibilmente impedito ai dipendenti di segnalare problemi di sicurezza. Secondo una lettera del Dipartimento del Lavoro del 14 luglio 2023 indirizzata a Maersk in merito a un’indagine dell’Amministrazione per la sicurezza e la salute sul lavoro, la società danese “ha sospeso e poi licenziato” un lavoratore “come ritorsione per aver segnalato condizioni non sicure e aver contattato la Guardia costiera degli Stati Uniti“. Il dipendente licenziato “è stato impegnato in numerose attività protette“, tra cui la segnalazione di una perdita e la necessità di riparazioni al sistema di sentina della stiva di una nave, l’uso di alcol a bordo della nave da parte dei membri dell’equipaggio e attrezzature non funzionanti tra cui una pompa antincendio di emergenza, un blocco della scialuppa di salvataggio e dispositivi di rilascio.[]
  7. In genere, le navi mercantili si fermano nei porti di New York e New Jersey, i più grandi della costa orientale, prima di spostarsi lungo la costa orientale fino a Baltimora o nei porti della Virginia, della Carolina del Sud, della Georgia e della Florida.[]
  8. L’armatore della nave, Grace Ocean Private Ltd., e l’operatore, Synergy Marine, “sono stati citati in giudizio almeno quattro volte presso un tribunale federale degli Stati Uniti per accuse di negligenza e altre cause legate a infortuni dei lavoratori su altre navi possedute e gestite dalla compagnia con sede a Singapore“, secondo l’Associated Press.[]
  9. L’espressione “evento del cigno nero” è stata resa popolare nel 2001 da Nassim Nicholas Taleb, uno statistico e saggista libanese-americano, per descrivere avvenimenti imprevisti nel mondo finanziario con conseguenze a cascata, come il crollo delle dotcom del 2000. Successivamente ha esteso la sua metafora al contesto di eventi storici o significativi per la sicurezza nazionale. Negli ultimi mesi, i teorici della cospirazione hanno preso il controllo del concetto e lo hanno inserito nella narrativa dello “Stato profondo” (deep State), tanto cara al trumpiano Steve Bannon e ai seguaci di Qanon, che presuppone che una rete clandestina di potenti individui gestisca segretamente il governo degli Stati Uniti.[]
  10. Negli anni ’70, quando fu progettato il Key Bridge, le navi erano notevolmente più piccole e gli ingegneri non avrebbero potuto prevedere le gigantesche navi portacontainer di oggi. La nave più grande del mondo a quel tempo era grande circa un quarto della Dali, ovvero la lunghezza di un grattacielo. La nave media nel 2024 sarà sei volte più grande di quella della fine degli anni ’70.[]
  11. La corsa al gigantismo navale ha un crescente impatto ambientale in termini di emissioni di CO2 e ha comportato una corsa ad enormi investimenti pubblici per adeguare porti europei ed americani in modo che possano accogliere le meganavi provenienti dall’Asia. Navi giganti costringono le rotte marittime a concentrarsi su pochi enormi porti e portano a concentrare gli investimenti solo in un numero esiguo di nodi strategici. Ciò ha dato il via a una competizione tra i porti, ad esempio, lungo la costa orientale degli Stati Uniti per attirare le navi più grandi. Diversi porti, compresi quelli di Baltimora, Miami e Norfolk hanno attuato costosi progetti di dragaggio per aumentare la profondità delle loro acque. L’Autorità Portuale di New York e New Jersey ha messo in atto un progetto da 1,7 miliardi di dollari per innalzare il ponte di Bayonne in modo da poter ospitare gigantesche navi cariche di merci dall’Asia e altrove. Genova ha in programma di costruire una nuova diga foranea per permettere alle grandi navi di entrare nel porto. Autorità portuali e operatori terminalisti hanno dovuto acquistare nuove attrezzature, come gru e rimorchiatori, sempre più grandi, senza però ottenere una parte maggiore dei ricavi del business marittimo.[]
  12. Negli ultimi quattro decenni, la riorganizzazione del sistema produttivo su scala globale nella forma di un “global supply chain capitalism”, ossia di un capitalismo globale delle catene di approvvigionamento e del valore basato sulla frammentazione internazionale della produzione di beni finiti in un numero elevato di beni intermedi prodotti e scambiati in diversi Paesi del mondo prima di arrivare al loro mercato di consumo finale, è stata resa possibile da una radicale rivoluzione del settore della logistica, ossia dell’insieme delle attività organizzative, gestionali e strategiche che governano nelle aziende i flussi di materiali, componenti e beni e delle relative informazioni, dalle origini presso i fornitori fino alla consegna dei prodotti finiti ai clienti e al servizio post-vendita. La grande riorganizzazione del movimento delle merci ha consentito quella che David Harvey chiama una “compressione spazio-temporale” che è diventata necessaria in quanto il modello just-in-time (che comporta la riduzione al minimo degli inventari) si è diffuso attraverso le catene transnazionali di approvvigionamento – quasi due terzi dei beni scambiati hanno componenti realizzati in almeno due Paesi diversi – e la velocità di consegna è diventata intensamente competitiva nell’era del capitalismo delle piattaforme digitali.[]
  13. I canali di Panama e di Suez sono due dei ”colli di bottigllia” (chokepoints), stretti o canali artificiali che sono dei passaggi obbligati lungo le rotte commerciali internazionali, da dove transita l’80% delle merci del pianeta e il 54% del grano e dei fertilizzanti. Oltre a Panama e Suez ci sono lo Stretto di Hormuz (dal Golfo Persico al Golfo di Oman), quello di Malacca, quello di Bab al-Mandeb che separa il Mar Rosso dal Golfo di Aden (attraverso il quale transitano le petroliere dirette verso il Canale di Suez), il Canale della Manica, gli stretti danesi (Öresund) e turchi (Bosforo e Dardanelli), Gibilterra e il Capo di Buona Speranza. Tutti questi passaggi possono essere considerati degli snodi strategici fondamentali nello scacchiere globale della geopolitica e geoeconomia. Nessuno di questi “colli di bottiglia” può dirsi immune dai rischi collegati al ruolo che sono chiamati a ricoprire (furti ad opera di pirati, attacchi terroristici, ostilità belliche, incidenti navali). Il blocco anche temporaneo di uno di questi passaggi, con conseguente collasso delle relative forniture, può generare uno shock sui mercati energetici e produttivi globali, spingendo in alto i prezzi e bloccando processi produttivi.[]
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