Una vicenda che finora è passata inosservata nel nostro circuito informativo. Una vicenda che riguarda il legame cardine che ha reso l’Europa una fortezza, quello fra immigrazione e lavoro, quello per cui nell’intero continente, le normative vigenti che riguardino la presenza di uomini e donne provenienti da paesi non UE è concatenato alle esigenze del mercato del lavoro. Ovunque ormai – tranne che per i casi di rifugiati che hanno avuto riconosciuto il proprio status di protezione – restare in Europa è un privilegio che si paga con lo sfruttamento. Lo stanno dimostrando i sans papier che in Belgio hanno attuato una forma dura e forse irreversibile di protesta. Da oltre 50 giorni, circa 490 lavoratrici e lavoratori migranti, molti presenti da tanti anni nel paese, si sono asserragliati nella chiesa di Beguinage a Bruxelles in sciopero della fame totale. Chiedono semplicemente di veder regolarizzata la propria presenza nel paese, uno di loro vive in Belgio da 27 anni e ha figli che vanno regolarmente a scuola, molti da periodi superiori ai 10 anni ma ancora non hanno avuto modo di poter accedere al permesso di soggiorno. Dall’8 luglio, innalzando il livello della protesta hanno deciso di non far più entrare nella chiesa visitatori o medici. Il giorno precedente avevano incontrato Olivier De Schutter, relatore speciale delle Nazioni Unite sulla povertà estrema e i diritti umani che aveva provato a fare il punto della situazione alla ricerca di una soluzione. Ora le uniche persone autorizzate ad entrare sono i paramedici per chi sta troppo male. L’esempio è stato ripreso anche in altre località del Paese. Altre due occupazioni sono state messe in atto ai campus universitari dell’ULB e VUB (francofona e fiamminga) e oggi i migranti in sciopero sono più di 700.
Ma sono decine di migliaia le persone che vivono da tempo in questa condizione di assoluta precarietà. Le normative in materia sono gestite su base regionale e questo permette una discrezionalità pressoché totale nella concessione o meno dei permessi. A decidere tempi modi e numeri sono di fatto le associazioni di categoria dei datori di lavoro che affrontano la crisi dotandosi di manodopera a basso costo e senza diritti.
Secondo Olivier De Schutter l’attuale sistema di regolarizzazione: «lascia spazio all’arbitrio più completo, poiché non esistono criteri di regolarizzazione oggettivi, basati né sull’integrazione nella società ospitante né sul progetto di vita che le persone si pongono. Ciò rende loro impossibile pianificare la propria esistenza e di proiettarsi nel futuro… Inoltre, le espone a una notevole vulnerabilità: molte sono sfruttate in settori come l’agricoltura, l’edilizia, la ristorazione». Seguendo le procedure ufficiali, il relatore potrebbe presto condividere le sue preoccupazioni con il Belgio tramite una comunicazione al governo. Ma il governo è il giusto obiettivo?
Il tema è complesso: Il Belgio è una monarchia parlamentare in cui fortissimo è il peso delle 3 regioni (Vallonia, Fiandre e Bruxelles) e delle comunità linguistiche che, dopo 494 giorni senza governo, dal primo ottobre 2020 ha trovato come primo ministro Alexander De Croo, sostenuto instabilmente da 7 partiti. Le istituzioni di regioni e comunità si sovrappongono: nelle Fiandre, le istituzioni della regione e della comunità sono unificate; il Parlamento della comunità francofona è composto da rappresentanti eletti indirettamente, in quanto provengono dalla Camera della Vallonia e dagli eletti francofoni del Parlamento di Bruxelles; quest’ultima regione ha un Parlamento composto da rappresentanti di due lingue ufficiali, il fiammingo e il francese; infine, la comunità germanofona ha un proprio Parlamento.
Il Parlamento federale è bicamerale. I poteri legislativi risiedono fondamentalmente nella Camera bassa. I partiti eletti sono tutti partiti regionali, che spesso hanno lo stesso orientamento politico, come nel caso del partito liberale fiammingo e quello francofono. Le differenze tra le diverse forze politiche sono perlopiù legate al loro supporto al federalismo o meno. I partiti fiamminghi sostengono ulteriore autonomia per le regioni e le comunità, mentre quelli francesi appoggiano un maggiore accentramento. Tale complessità determina il fatto che non esistono in Belgio formazioni politiche nazionali e che la frammentazione fa si che il governo si regga spesso su maggioranze molto eterogenee. Non solo, in molti casi, le leggi votate nei due rami del parlamento federale debbono, per entrare in vigore, essere approvate da una maggioranza delle due comunità linguistiche (fiamminga e francofona), il tutto si combina con una scarsa chiarezza nella definizione delle prerogative fra autorità locali e nazionali. La coalizione che si è formata per realizzare l’attuale governo è stata ribattezzata come “Vivaldi” per la presenza di quattro diversi orientamenti politici, sul modello delle Quattro stagioni del musicista veneziano. Ci sono i liberali fiamminghi e quelli francofoni, i socialisti di entrambe le comunità, i verdi fiamminghi e francofoni e, per finire, i cristiani democratici fiamminghi. La minaccia della destra, soprattutto fiamminga, antifederalista e xenofoba, ha portato il governo e le singole regioni, su alcuni temi, in una profonda fase di stallo. Ma se si parla di immigrazione lo stallo in realtà dura da decenni. È insostenibile! Philippe Vansnick del sindacato CSC di Bruxelles ha ricordato che le persone prive di documenti nel nostro territorio sono soprattutto lavoratori vittime di capi abusivi e di dumping sociale. “Quando un lavoratore in regola ad esempio mette pannelli di cartongesso, viene pagato tra i 12 ei 15 euro l’ora, il salario negoziato nei settori. Il lavoratore irregolare lavora tra i 2 ei 5 euro l’ora. I sindacati non possono che essere dietro questa lotta. Sammy Mahdi, (il segretario di Stato per immigrazione e asilo Ndr) deve lavorare su criteri di regolarizzazione chiari e trasparenti con una commissione di regolarizzazione indipendente”. Duri i racconti di Eva Maria Jimenez, responsabile dei lavoratori migranti con e senza documenti presso il CSC Bruxelles secondo cui molti diritti non sono rispettati. “Una donna senza documenti che viene violentata o abusata non può sporgere denuncia contro il suo stupratore o il suo capo violento. Quando l’Ispezione Sociale trova persone senza documenti, attacca il lavoratore, non il capo sfruttatore. Se il Belgio è uno stato di diritto, deve includere le persone senza documenti”. Entrambi dicono che “Se il governo Vivaldi non vuole avere le mani sporche di sangue, deve agire con urgenza”. Mahdi (cristiano democratico) ha subito molti attacchi perché sembra voler mantenere una posizione di estrema rigidità verso i dimostranti. Nel frattempo per uscire dalla crisi economica post pandemica c’è da risolvere un problema serio di carenza di manodopera in diversi settori (edilizia, logistica, sanità eccetera) questo perché molti lavoratori dell’Est Europa sono tornati al proprio paese.
Su Le Soir del 30 giugno, la giornalista Lorraine Kihl ha suggerito un percorso: “ da una parte abbiamo un numero potenziale di persone che chiedono solo di lavorare. , e dall’altra, una richiesta insoddisfatta di manodopera”. Il 2 luglio c’è stata una manifestazione sindacale indetta da CSC e ACV davanti all’ufficio regionale per l’impiego, che hanno chiesto alla Regione di offrire ai migranti irregolari la possibilità di ottenere un permesso di lavoro. Il potere del Segretario di Stato è infatti limitato.
Il governo federale, non può più nemmeno pronunciarsi su misure generali in materia, poiché dall’ultima riforma statale del 2014, la migrazione economica è diventata una materia regionalizzata (e molto parzialmente comunitarizzata), ad eccezione delle “norme relative alla permesso di lavoro rilasciato in funzione della particolare situazione di residenza degli interessati”.
La legge del 30 aprile 1999 relativa all’occupazione degli stranieri e il suo regio decreto di esecuzione sono ancora alla base di tutta l’immigrazione per lavoro, ma sono diventati quasi “illeggibili” perché per la maggior parte degli articoli esiste una versione diversa per ogni Regione così come per la comunità di lingua tedesca. Le Regioni non chiedevano realmente di assumere tutta questa competenza, ed esitano a farne uso. Dovendo legiferare per conformare la legislazione belga alla direttiva europea sul permesso unico, il 2 febbraio 2018 hanno firmato un accordo di cooperazione con lo Stato federale. Un accordo che invece di semplificare ha aumentato la complessità ed è spesso impossibile capire chi possa decidere su cosa.
Le Regioni hanno fino ad oggi mantenuto la maggior parte delle disposizioni di legge che rendono difficile la concessione di permessi di lavoro ai migranti irregolari, ad eccezione della Vallonia e di Bruxelles per il quasi monopolio concesso ai cittadini dei Paesi con cui è stato stipulato un accordo bilaterale di cooperazione e riammissione. Pertanto, la legge prevedeva che, al di là di una situazione di emergenza, qualsiasi modifica della normativa sui permessi di lavoro dovesse essere preventivamente sottoposta al parere del Consiglio consultivo per l’occupazione dei lavoratori stranieri, composto dalle parti sociali. Considerata la difficoltà e la lentezza con cui questi si accordano si determina una vera stasi. Tuttavia, le Regioni hanno tutte sostituito a tale obbligo quello di sentire il Consiglio Economico e Sociale della regione interessata, composto dalle stesse parti sociali. Solo la comunità di lingua tedesca prevede saggiamente che un’opinione sia solo facoltativa. Nessuna Regione ha soppresso l’articolo 4 § 2 della Legge 30 aprile 1999, che prevede che ogni permesso di occupazione deve essere rifiutato “quando lo straniero è entrato in Belgio per essere ivi occupato prima che il “datore di lavoro abbia ottenuto il permesso di occupazione”, e da cui solo un decreto reale o governativo può derogare in determinati casi. L’articolo 34 del decreto 9 giugno 1999 contiene dal 2003 una disposizione ancora più restrittiva che prevede che “il permesso di lavoro e il permesso di lavoro sono rifiutati quando al momento della presentazione della domanda, il lavoratore straniero interessato è oggetto di un diniego rispetto alla sua autorizzazione al soggiorno che non sia oggetto di ricorso sospensivo o non sia stata sospesa dal giudice”. Secondo alcune interpretazioni restrittive questo colpirebbe anche chi non ha ottemperato all’ordine di lasciare il territorio. Alcune regioni intervengono: il governo di Bruxelles Capitale o quello della Vallonia possono decidere eccezioni temporanee per determinati settori al divieto di concedere permesso di soggiorno a chi è presente irregolarmente. Possono anche rimuovere il diniego, generalizzare l’esenzione da un esame selettivo del mercato del lavoro per i mestieri in cui si determina carenza, espandere l’elenco di tali mestieri. Si potrebbe fare con urgenza facendo a meno del parere delle parti sociali o della procedura di consultazione con le altre regioni e con la Confederazione.
La Regione potrebbe anche accompagnare queste misure con una campagna di informazione, sia tra i datori di lavoro dei settori interessati sia tra i migranti irregolari, autorizzando questi ultimi a registrarsi come disoccupati ea fornire loro formazione professionale. La Federazione Vallonia-Bruxelles potrebbe dal canto suo semplificare e accelerare la procedura per il riconoscimento della validità dei diplomi ottenuti nel paese di provenienza o in altro paese. La componente fiamminga potrebbe, in quanto più orientata a destra, porre problemi ma è anche possibile che le ragioni economiche prevalgano su quelle politiche e convenga anche a fiamminghi e governo federale favorire meccanismi, selettivi of course, di regolarizzazione.
In ogni caso, tali iniziative avrebbero maggiori probabilità di sbloccare la situazione attuale rispetto alle dichiarazioni dei media. Misure ben ponderate potrebbero cambiare la vita di alcune migliaia di migranti privi di documenti e delle loro famiglie, risolvendo anche le difficoltà di molte imprese, riducendo il lavoro sommerso e aumentando le entrate fiscali e previdenziali.
Non sarebbe una soluzione miracolosa per le decine di migliaia di migranti privi di documenti, né per tutti gli scioperanti della fame. Ma questo potrebbe almeno dare una prospettiva. Il Partito Socialista e Défi affermano di lavorare per una soluzione alla crisi attuale, ma cosa stanno facendo i loro ministri Christie Morreale e Bernard Clerfayt, che hanno l’immigrazione economica di loro competenza a livello vallone e di Bruxelles? Non è un po’ facile affermare che sono i partiti fiamminghi a bloccare qualsiasi iniziativa, su pressione di Vlaams Belang e della presunta opinione pubblica xenofoba nelle Fiandre.