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Ritorno al futuro

di Redazione

Con questo articolo* transform! italia ha intenzione di aprire un dibattito sulle ragioni e le radici di una sinistra nel nostro paese. Una discussione che vorremmo uscisse dalla banale contrapposizione tra lotta e governo ed entrasse di più sulla natura della scomposizione sociale in sui siamo immersi e sulla cultura politica che servirebbe esprimere per far crescere anche qui una sinistra di alternativa.

A più di trent’anni dallo scioglimento del PCI il tema di una forza di sinistra di massa nel nostro Paese è tuttora irrisolto.
Naturalmente per chi pensa ad una forza dichiaratamente alternativa al sistema capitalistico, nella rappresentanza e nella prospettiva.
Può sembrare che tutto sia stato già detto sul nesso tra storia del PCI e situazione irrisolta in cui ci troviamo.
Eppure a noi sembra che si tratti di cercare ancora.
Per varie ragioni.
Ri/costruire una forza politica richiede materiali che devono trovarsi nella composizione profonda del Paese.
Una sollecitazione viene anche dal fatto che contemporaneamente a destra, la principale formazione di governo rivendica apertamente la continuità simbolica con il neofascismo, con i suoi simboli e con i suoi leader. Senza che questa sia tradotta in una semplice riproposizione del passato ma affermata orgogliosamente come difesa della propria storia della propria identità e come indicazione di coerenza.
Quale rapporto si può e si deve invece costruire a sinistra con la propria storia, di cui il PCI, in termini di massa, è stato grande parte, anche se non esclusiva? Quale indicazioni di metodo, più che in senso stretto di specifiche scelte politiche se ne possono trarre in termini di ricostruzione di un radicamento sociale, pur in un contesto che è evidentemente diverso da quello del passato?
Naturalmente questo è solo parte del ragionamento. occorre confrontare anche opzioni teoriche (soggetto di classe, “populista”, “movimentista” ecc). Ma il confronto tra opzioni non si fa in astratto ma su ciò che si trova nella realtà.
C’è tuttora una “banalizzazione” per cui si può “fare finta” di operare “in continuità” col PCI quando si operano scelte esattamente contrarie. Questa banalizzazione è “collettiva” e “individuale”, frutto di “rimozioni” o di “mistificazioni”.
La tenuta sociale e culturale del Paese è ai minimi, o, meglio, anzi peggio, sembra ricongiungersi con una storica tendenza delle classi dirigenti al particulare, al trasformismo, al sovversivismo dall’alto. Caratteristiche non a caso individuate da Gramsci.
Più che arretratezza queste peculiarità appaiono ancora una volta una moderna anticipazione della crisi democratica che percorre le società neoliberali in connessione con i neo autoritarismi nell’alimentare la nuova torsione bellica. Che però non mette in discussione il portato più significativo della restaurazione neoliberale e cioè la lotta di classe rovesciata dei dominanti contro i dominati.
In questo quadro il passaggio di campo fatto dalla maggioranza dei materiali provenienti dal PCI non può non alimentare l’esigenza di scavare più a fondo.
Per capire come sia stato possibile, se ciò ineriva già, come sostengono alcuni, alla natura di quel soggetto o se, come sostengono altri, nonostante tutto ancora quella Storia può darci qualcosa per il futuro.
Tenendo conto che anche ciò di altro ha caratterizzato il Paese e il movimento operaio, il socialismo operaista e/o libertario, il lungo ’68, i movimenti sociali, non appare certo come immune dalla crisi, anzi.

A questa ricerca, nel nostro piccolo, transform! italia vuole contribuire chiedendo di partecipare alla discussione. Per questo potete mandare i vostri contributi a transform.italia@gmail.com.

 

*pubblicato il 1 aprile 2023

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