Ricorrendo il 12 luglio l’anniversario della scomparsa di Erasmo da Rotterdam nell’anno 1536, il “Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera” di Viterbo ricorda l’illustre umanista e costruttore di pace.
Una breve notizia biobibliografica su Erasmo
Nacque Erasmo tra il 1466 e il 1469 da genitori non uniti in matrimonio, fanciullo frequenta a Deventer una scuola dei Fratelli della Vita Comune; nel 1479 la peste uccide la madre, poi il padre; spinto dai tutori Erasmo entra nel convento di Steyn, presso Gouda, e abbraccia la vita religiosa. Negli anni di Steyn studia alacremente e si segnala come latinista. Nel 1492 è ordinato prete. Nel 1492 lascia Steyn per entrare al servizio di Enrico di Berghes, vescovo di Cambrai. Nel 1495 ottiene di andare a studiar teologia a Parigi, l’anno dopo lascia il collegio Montaigu e si guadagna da vivere facendo il precettore. La sua sarà una vita di andirivieni per l’Europa, con prevalente residenza nell’area tra Lovanio, Basilea e Friburgo, ma con fondamentali protratti soggiorni in Inghilterra, ed un operoso viaggio in Italia. Nel 1499 compie il suo primo soggiorno in Inghilterra, e vi conosce Thomas More e John Colet. Nel 1500 a Parigi pubblica la prima edizione degli Adagia; nel 1501 pubblica il De Officiis di Cicerone ed inizia così la sua fondamentale attività di editore di classici; nello stesso anno studia il greco. Nel 1502 muore Enrico di Berghes, Erasmo va a Lovanio. Nel 1503 pubblica l’Enchiridion militis christiani, nel 1504 il Panegyricus ad Philippum Austriae ducem (uno dei primi importanti testi pacifisti di Erasmo); nel 1505 edita le Annotazioni sul Nuovo Testamento di Lorenzo Valla, compie il suo secondo soggiorno in Inghilterra. Dal 1505 al 1509 è in Italia: a Venezia presso Aldo Manuzio svolge un’attività editoriale cospicua. Lasciando l’Italia medita l’Elogio della follia, che pubblicherà nel 1511 dedicandola a Thomas More. Dal 1509 al 1514 è perlopiù in Inghilterra. Nel 1513 muore Giulio II, e viene pubblicato il libello Julius exclusus e coelis, violento attacco alla figura del papa-guerriero: un testo attribuito ad Erasmo, sebbene egli sempre abbia negato di esserne autore. Nel 1514 è a Basilea ed inizia il sodalizio editoriale con lo stampatore ed amico Johann Froben. E presso Froben nel 1515 pubblica tra l’altro un’edizione di Seneca. Nel 1516 pubblica la prima edizione critica del Nuovo Testamento. Inizia anche a pubblicare raccolte del suo epistolario. Nel 1516 gli viene attribuita la carica onoraria di consigliere di Carlo d’Asburgo (il futuro imperatore Carlo V, che già nel corso dell’anno diverrà re di Spagna), e pubblica l’Institutio principis christiani. Sempre quest’anno pubblica la sua edizione dell’Opera omnia di Girolamo, e un’edizione della Grammatica institutio di Teodoro di Gaza. Pubblicazione dell’Utopia di Thomas More. Nel 1517 (che è anche l’anno delle novantacinque Tesi di Lutero) pubblica la Querela Pacis, Carlo si trasferisce in Spagna ma Erasmo non lo segue. Dal 1517 al 1522 sarà prevalentemente a Lovanio. Nel 1518 pubblica tra l’altro l’Encomium matrimonii. Nel 1519 pubblica la seconda edizione del Nuovo Testamento, un’edizione di Cipriano, ed esce un’edizione delle Familiarum colloquiorum formules, che diverranno i Colloquia; Carlo viene eletto imperatore. Muore John Colet. Nel 1520 pubblica gli Antibarbari. È l’anno della bolla papale Exurge Domine, che Lutero dà pubblicamente alle fiamme. Nel 1521 pubblica il De contemptu mundi. Nel 1522 si trasferisce da Lovanio a Basilea; viene pubblicata da Froben la prima edizione autorizzata dei Colloquia, la terza edizione del Nuovo Testamento, vari altri lavori (tra cui l’edizione di Arnobio). Nel 1523 alle edizioni e commenti di testi neotestamentari e patristici (Ilario) aggiunge anche le Tuscolane di Cicerone (e nel 1525 l’Historia Naturalis di Plinio il Vecchio). Declina l’invito di Francesco I a trasferirsi in Francia. Nel 1524 esce il Libero arbitrio cui Lutero replicherà col Servo arbitrio, al quale Erasmo risponderà con l’Hyperaspistes nel ’26. Sempre nel ’26 pubblica l’Institutio matrimonii christiani e l’edizione di Ireneo. Nel 1527 la quarta edizione del Nuovo Testamento e l’edizione delle opere di Ambrogio. È l’anno del sacco di Roma. Nel 1528 pubblica il Ciceronianus. Nel 1529 pubblica il De pueris statim ac liberaliter instituendis, e l’Opera omnia di Agostino. Dal 1529 al 1533 è prevalentemente a Friburgo. Nel ’30 cura l’edizione di Giovanni Crisostomo e pubblica la sua Consultatio de bello turcis inferendo. Nel ’31 edizione di Aristotele, Livio, Gregorio Nazianzeno, e Paraphrasis in Elegantias L. Vallae. Nel ’32 edizioni di Demostene e Terenzio. Nel ’33 pubblica la De sarcienda Ecclesiae concordia. Nel 1534 la Preparazione alla morte. Nel 1535 a Basilea, quinta edizione del Nuovo Testamento. Decapitazione di Thomas More, imprigionato l’anno prima. Erasmo rifiuta l’offerta del cappello cardinalizio. Nel 1536 cura l’edizione di Origene. Muore a Basilea tra l’11 e il 12 luglio.
Una bibliografia orientativa
I. Le opere di Erasmo. L’opera omnia di Erasmo si legge ancora nell’edizione di Leida (Lugduni Batavorum) del 1703-1706 a cura di Jean Leclerc (Joannes Clericus), ristampata nel 1961 a Hildsheim. Dal 1969 è in corso ad Amsterdam l’edizione critica, di cui sono già usciti vari volumi. Il monumentale e fondamentale epistolario di Erasmo è stato edito da P. S. Allen e collaboratori e prosecutori ad Oxford tra il 1906 e il 1958. II. Alcune opere di Erasmo disponibili in italiano. Per la Querela Pacis segnaliamo le edizioni curate da Luigi Firpo (Erasmo, Il lamento della pace, Utet, Torino 1967; poi Tea, Milano); da Franco Gaeta (Erasmo, Contro la guerra, Japadre, L’Aquila 1968, che reca anche il Dulce bellum inexpertis); da Eugenio Garin (nella sezione di testi erasmiani inclusa nella sua monografia Erasmo, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole 1988, di cui diremo più avanti). Ovviamente quasi non c’è casa editrice, grande o piccola, che non abbia pubblicato l’Elogio della follia, sovente arricchito da perspicue introduzioni e prefazioni di preclari studiosi. Dall’edizione a cura di Benedetto Croce per Laterza (Elogio della pazzia e Dialoghi, Laterza, Bari 1914), a quella a cura di Tommaso Fiore per Einaudi (Elogio della pazzia, Einaudi, Torino 1943), a quella a cura di Eugenio Garin (Erasmo da Rotterdam, Elogio della follia, Serra e Riva, Milano 1984, poi Mondadori, Milano 1992) ad innumerevoli altre: tra le recenti segnaliamo quella di Luca D’Ascia con un saggio di Bainton, per Rizzoli. Dei Colloquia dopo la traduzione parziale di Gian Piero Brega (Erasmo, I colloqui, Feltrinelli, Milano 1959, poi in edizione rivista 1967; e adesso Garzanti, Milano 2000) finalmente è stata pubblicata una traduzione integrale con testo a fronte: Erasmo da Rotterdam, Colloquia, Einaudi, Torino 2002 (progetto editoriale e introduzione di Adriano Prosperi, traduzione, cura e apparati di Cecilia Asso). Degli Adagia segnaliamo la pregevole edizione di un piccolo ma prezioso saggio di essi a cura di Silvana Seidel Menchi: Erasmo, Adagia. Sei saggi politici in forma di proverbi, Einaudi, Torino 1980. Una segnalazione particolare vogliamo fare anche per L’Institutio principis christiani, nella traduzione italiana a cura di Margherita Isnardi Parente: Erasmo da Rotterdam, L’educazione del principe cristiano, Morano, Napoli 1977. Va letto anche almeno il Libero arbitrio nell’utile edizione a cura di Roberto Jouvenal: Erasmo, Il libero arbitrio (testo integrale); Lutero, Il servo arbitrio (passi scelti), Claudiana, Torino 1969, seconda edizione del 1973. Una nuova edizione del solo testo erasmiano (ma con una prefazione di Sergio Quinzio) è nella traduzione di Italo Pin: Erasmo da Rotterdam, Sul libero arbitrio, Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1989. Ovviamente vari altri testi di Erasmo sono disponibili in traduzione italiana. È opportuno avvertire che sovente gli apparati critici e informativi che accompagnano le traduzioni italiane dei testi erasmiani sono assai approssimativi. III. Alcune opere su Erasmo. Chiunque si accosti alla letteratura critica novecentesca su Erasmo non può non notare la presenza tra i suoi studiosi di un elevato numero di persone che hanno dato buona prova di se’ nell’opporsi al fascismo: scorrendo i nomi dei traduttori, dei curatori, degli autori di studi e ricerche erasmiane trovi alcune delle figure più nitide ed alte dell’antifascismo e della Resistenza. Pensiamo che non avvenga per caso. Ed anche se in questa nota non citiamo che pochi autori di contributi maggiori, vorremmo qui idealmente ricordarli tutti, con ammirazione ed affetto. Tra le principali monografie disponibili in italiano che ricostruiscono vita, personalità, riflessione ed opera di Erasmo segnaliamo particolarmente le seguenti: Johan Huizinga, Erasmo, Einaudi, Torino 1941 (più volte ristampata); Roland H. Bainton, Erasmo della Cristianità, Sansoni, Firenze 1970; Pierre Mesnard, Erasmo, Accademia Sansoni, Milano 1971; Cornelis Augustijn, Erasmo da Rotterdam. La vita e l’opera, Morcelliana, Brescia 1989; Leon E. Halkin, Erasmo, Laterza, Roma-Bari 1989. Fondamentale è anche Hugh R. Trevor-Roper, Protestantesimo e trasformazione sociale, Laterza, Bari 1969 e più volte ristampato; il primo saggio del volume è specifico su Erasmo, ma – scrive l’autore nella prefazione all’edizione italiana, e dice bene – “la figura e le idee di Erasmo dominano il libro. Se questi saggi, come spero, hanno una loro unità, mi sembra che il filo conduttore sia appunto la sconfitta delle prospettive aperte da Erasmo”. Su Erasmo e la pace cfr. Eugenio Garin, Erasmo, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1988 (che reca anche i seguenti testi erasmiani: il Dulce bellum inexpertis, dagli Adagia; la Querela Pacis; e tre testi dai Colloquia: la Confessio militis, Militis et Cartusiani, il Charon). Per una puntuale collocazione di Erasmo nella tradizione (ed alle radici) del pensiero pacifista moderno si veda anche l’eccellente antologia a cura di Ernesto Balducci e Lodovico Grassi, La pace. Realismo di un’utopia, Principato, Milano 1983. Per la bibliografia cfr. (in francese) gli ottimi lavori specifici di Jean-Claude Margolin. Su Erasmo e l’erasmismo fondamentali sono gli studi di Augustin Renaudet, Marcel Bataillon, e per l’Italia Silvana Seidel Menchi, Erasmo in Italia. 1520-1580, Bollati Boringhieri, Torino 1987. Su Erasmo e l’Italia cfr. anche i classici studi (che non ci risulta siano stati tradotti in italiano) di P. De Nolhac, Erasme en Italie. Etude sur un episode de la Renaissance, Paris 1888; ed Augustin Renaudet, Erasme et l’Italie, Geneve 1954, nuova ed. 1998. Vari studiosi italiani nel corso degli ultimi decenni hanno dedicato ad Erasmo studi talvolta perspicui, rinunciamo a darne qui un elenco rinviando alle bibliografie contenute nei volumi sopra segnalati. Degli autori già citati vorremmo ricordare altri libri a nostro parere utili a lumeggiare le premesse, il contesto o l’eredità erasmiana: di Johan Huzinga cfr. anche L’autunno del Medioevo (Sansoni) e La civiltà olandese del Seicento (Einaudi); di Pierre Mesnard si veda anche almeno l’eccellente Il pensiero politico rinascimentale, 2 voll., Laterza, Bari 1963-1964; di Eugenio Garin e di Ernesto Balducci si dovrebbero ricordare qui innumerevoli opere, basti aver reso omaggio ai loro nomi di maestri. (Una minima nota di aggiornamento bibliografico del 2005: Questa notizia biobibliografica su Erasmo integrava l’introduzione di Peppe Sini a una traduzione italiana della Querela Pacis pubblicata dalla casa editrice Multimage a Firenze nel 2002. Ovviamente la bibliografia dovrebbe essere aggiornata; tra vari altri utili volumi apparsi negli ultimi anni in Italia ricordiamo almeno: Erasmo da Rotterdam, Pace e guerra, Salerno Editrice, Roma 2004, a cura di Italo Francesco Baldo – quattro classici testi erasmiani: la Oratio de pace, la Querela Pacis, il De bello Turcis inferendo, la Precatio pro pace Ecclesiae -; Erasmo da Rotterdam, Per una libera educazione, Rizzoli, Milano 2004, a cura di Luca D’Ascia; Erasmo da Rotterdam, Il lamento della pace, Rizzoli, Milano 2005, a cura di Federico Cinti, e con un saggio di Jean-Claude Margolin).
Anche nel ricordo di Erasmo da Rotterdam riproponiamo quattro cose da fare subito contro il razzismo, la schiavitù, l’apartheid:
1. far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro;
2. abolire la schiavitù in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio “una persona, un voto”; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti è privato di fondamentali diritti non è più una democrazia;
3. abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalità costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani;
4. formare tutti gli appartenenti alle forze dell’ordine alla conoscenza e all’uso delle risorse della nonviolenza: poiche’ compito delle forze dell’ordine è proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza è la più importante risorsa di cui hanno bisogno.
Chiediamo ad ogni persona di volontà buona, ad ogni associazione ed istituzione democratica di premere nonviolentemente affinchè finalmente almeno nel nostro paese siano riconosciuti tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani.
Chiediamo ad ogni persona di volontà buona, ad ogni associazione ed istituzione democratica di insorgere nonviolentemente in difesa della legalità che salva le vite; in difesa della democrazia che ogni essere umano riconosce e rispetta e conforta e sostiene; in difesa della Costituzione antifascista che nessun essere umano abbandona tra gli artigli della violenza, dell’ingiustizia, della sofferenza e della morte; in difesa di ogni essere umano e dell’umanità tutta.
Tutte e tutti siamo esseri umani in cammino. Tutte e tutti abbiamo bisogno di aiuto. Tutte e tutti siamo esposti al male e alla morte. Tutte e tutti possiamo e dobbiamo recarci reciproco aiuto.
Sconfiggere il male facendo il bene.
Abolire la violenza con la forza della nonviolenza.
Salvare le vite è il primo dovere.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi.
Sii tu l’umanità come dovrebbe essere.
Allegata in calce riproponiamo una introduzione che fu pubblicata in Erasmo da Rotterdam, Il lamento della pace, Multimage, Firenze 2002.
Il “Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera” di Viterbo
Il “Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera” di Viterbo è una struttura nonviolenta attiva dagli anni ’70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. È la struttura nonviolenta che oltre trent’anni fa ha coordinato per l’Italia la più ampia campagna di solidarietà con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano “La nonviolenza è in cammino” che è possibile ricevere gratuitamente abbonandosi attraverso il sito www.peacelink.it
Allegato: Una introduzione al “Lamento della pace” di Erasmo da Rotterdam (2002)
Questo sapeva Erasmo: che la guerra è sempre un male e il più grande dei mali: uccisione di esseri umani, che l’attività dei soldati è l’assassinio, che chi giustifica la guerra è complice degli assassini, e chi la organizza e promuove è il primo e il principe degli assassini. E che bisogna scegliere tra omicidio e civiltà, tra la morte e la vita degli esseri umani.
Così leggere Erasmo è gettarsi nella lotta, nella lotta contro la violenza e per l’umanità. Non si può leggere questo sorridente umanista senza sentirsi toccati nel profondo: poiche’ in tutta l’opera sua incessante ti rivolge un appello a un’impresa comune: l’affermazione della dignità umana e dell’umana solidarietà, l’opposizione alla violenza e alla menzogna.
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Dopo Auschwitz
Diciamolo subito: c’è un passo nella Querela Pacis che è di un razzismo ripugnante: è un passo minuscolo, ma una caduta rovinosa; che deturpa questo per il resto splendido testo, e ci addolora e ferisce vieppiù proprio per l’ammirazione che per Erasmo abbiamo e proprio perche’ lo troviamo in flagrante contraddizione con quanto di buono e di vero Erasmo ci ha insegnato. Ma c’è, e ci rende avvertiti di quanto questa indimenticabile esortazione alla pace e alla solidarietà tra gli esseri umani sia tuttavia un testo lontano da noi non solo nel tempo; ci rende avvertiti di come l’orizzonte culturale dell’autore del Lamento della pace e dell’Elogio della follia non sia il nostro, gli interlocutori cui esso direttamente si rivolgeva non siamo noi, e solo andando oltre i limiti storici e culturali di Erasmo si può ereditare e inverare il messaggio di Erasmo più autentico e fecondo.
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Del buon uso della Querela Pacis
La Querela Pacis può essere letta in molti modi diversi.
Si può leggere come un repertorio di argomenti contro la guerra (ma non è mai una buona lettura quella che sbrana l’altrui discorso per rivenderne le spoglie); come un classico (col rischio inerente ad ogni lettura di classici fatta per dovere di studio o di informazione: il rischio della mummificazione che ne annienta il valore dialogico); e si può leggere come un appello, che ci riguarda e ci convoca a una discussione franca, ed ai compiti nostri: ed è questa la nostra lettura.
Ma proprio per questo occorre che leggiamo questo testo con coscienza storica, collocandolo nel suo preciso contesto, l’Europa del primo Cinquecento.
Apparso nel 1517, testo d’occasione, come pressoche’ tutta l’opera in proprio di Erasmo, scritto su sollecitazione della cancelleria di quel Carlo che diverrà l’imperatore Carlo V (e per il quale Erasmo aveva già scritto l’Institutio principis christiani), la Querela Pacis ha un preciso destinatario immediato: si parla per essere ascoltati dai principi, dai principi cristiani, e dalla loro azione, dal loro potere ci si attende la pace, loro si cerca di convincere. Sappiamo come andrà a finire.
Ma la Querela Pacis è anche il compendio di una costante riflessione ed azione di Erasmo: il suo irenismo è premessa ed esito del suo progetto culturale, esistenziale, politico: promuovere l’umana dignità e fratellanza in un orizzonte di cristianesimo e cristianità rinnovati dal ritorno all’autentico messaggio di Cristo, quello dei Vangeli; rinnovamento cristiano (rigenerazione, riforma; movimento di rivolgimento al passato in funzione di apertura al futuro) reso possibile dall’uso critico della strumentazione tecnica e morale messa a disposizione dalle “bonae litterae”, il recupero filologicamente adeguato della cultura classica e delle fonti evangeliche e patristiche del cristianesimo, ed avvalendosi della stampa, la grande rivoluzione tecnologica che rende possibile una diffusione della cultura senza precedenti per estensione e profondità, che permette di costruire una sempre più vasta comunità di intellettuali, e che consente un condiviso agire ermeneutico che prosegue ed invera il modello di Girolamo e adotta il metodo di Valla.
Sappiamo che nell’impegno per la pace, e non solo, Erasmo fu sconfitto. Ma è dalla storia dei vinti che traiamo le nostre ragioni, non da quella dei vincitori.
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Dall’irenismo alla nonviolenza
È facile individuare i limiti del pacifismo erasmiano e più in generale del pacifismo umanistico e cristiano del XVI secolo: ed è facile dire della sua insufficienza per l’oggi, che occorre passare dal pacifismo alla nonviolenza. È facile dirlo, eppur va detto.
Ma attenzione a non semplificare e banalizzare oltre il lecito.
La sua azione pacifista non è circoscritta ad alcuni testi ma anima e si invera nella sua stupefacente attività filologica ed editoriale, nel suo epistolario che costruisce una comunità di studiosi che attraverso le bonae litterae combattono il fanatismo ed affratellano i popoli.
Che la pace sia stata una delle preoccupazioni centrali del pensare ed agire di Erasmo è notissimo, e quasi non c’è pagina di Erasmo che non sia invocazione alla pace; ha scritto giustamente Eugenio Garin che “per Erasmo la pace, l’ideale della pace come concordia umana, era lo stesso ritorno al Vangelo”.
Di cosa stiamo parlando quando parliamo dell’azione e dell’opera di Erasmo?
Cosa ci dice l’attività editoriale di Erasmo? Quel restituire la parola ai defunti ed aprire con loro un dialogo nuovo; quel ritorno al semplice e all’autentico; quella lezione di metodo fondata sul non fraintendere, non deformare, non mentire: non è una prassi di pace e di nonviolenza?
Cosa ci dice l’epistolario di Erasmo? Non è costruzione di umanità, sostituzione della comprensione e del rispetto reciproco alla sopraffazione e all’inganno? Non è lotta incessante contro la chiusura e contro l’esclusione, contro l’ignoranza e contro l’avvilimento? Questa lotta contro il fanatismo e la repressione non è anch’essa ipso facto prassi di pace e di nonviolenza?
E il suo costante tornare al cristianesimo di Cristo, al cristianesimo il cui monumento teorico è il discorso della montagna? Non è forse un invito incessante a passare dall’irenismo predicato alla nonviolenza praticata? Non vi è già qui, in questa persona così sensibile alla vita concreta, alla felicità terrestre e condivisa, propugnatore di un retto e nobile epicureismo che si connette e non si oppone alla lezione del cristianesimo come umanesimo, non vi è qui il presagire e il suggerire che occorre un salto, dall’irenismo alla nonviolenza?
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Dire di no
Quest’uomo che fu il principe della cultura europea nei primi decenni del XVI secolo, che fu ascoltato e ammirato da re e papi e imperatori, che le parti in conflitto cercavano di accaparrare alla propria causa, fu e sarà sempre un tipo sospetto per gli autoritari di ogni schieramento.
Un tipo sospetto perché non si prestava alla propaganda, cui è consustanziale l’uso del travisamento delle opinioni altrui e della menzogna come primo strumento d’offesa (e quando si comincia con l’accoppare la verità poi si accoppano le persone); un tipo sospetto perche’ detestava i fanatismi e le irragionevolezze e la mancanza di misericordia; un tipo sospetto perche’ sapeva dire di no.
Vi è un luogo comune, alimentato da una propaganda accanita: che Erasmo fosse un tiepido, un pusillanime, che non sapesse prendere posizione, che si ritraesse dinanzi agli sviluppi di quanto aveva pur seminato, e così via.
E si dimentica che invece Erasmo non volle mai essere il servo della violenza (quali che fossero le ragioni di cui essa si ammantava: e nella sartoria presso cui la violenza si abbiglia si trovano sempre abiti di gran classe): e questo è il nostro Erasmo: che la storia lo abbia sconfitto, ahime’, che disastro per la storia, e quante sofferenze per l’umanità.
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L’opera dimenticata
Fatta eccezione per una ristretta cerchia di studiosi, Erasmo è oggi uno sconosciuto: della sua opera e della sua figura ci si sbarazza in fretta attraverso la ripetizione di pochi luoghi comuni.
Eppure la sua opera è immensa. Ma in cosa consiste?
In primo luogo: l’opera di Erasmo è innanzitutto quella di un grande editore e commentatore di opere fondamentali della cultura cristiana e classica. Erasmo fu il principe degli umanisti innanzitutto con la sua infaticabile attività di editore. Dalle sue cure uscì la prima edizione critica del Nuovo Testamento.
In secondo luogo: fu un epistolografo infaticabile: è attraverso le lettere (e la pubblicazione di raccolte di esse, con cui si allargava straordinariamente l’area degli interlocutori) che Erasmo guida e quasi crea quella vera e propria aggregazione delle persone colte che diviene la base relativamente di massa del movimento per la renovatio cristiana fondata sulla ripresa delle bonae litterae.
In terzo luogo: fu autore di opere in proprio, naturalmente, ma sebbene esse nascano da istanze sovente occasionali (divulgazione, polemiche) tutte si rivelano solidamente collegate a un progetto di intervento culturale che prolunga e precisa l’attività editoriale: il progetto erasmiano della promozione della cultura come lotta contro il fanatismo e la violenza, di promovimento dell’umanesimo cristiano come rigorizzazione morale e benevolenza ad un tempo.
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Così lontano, così vicino
Erasmo è lontano da noi.
Non ingannino alcune analogie tra l’epoca che fu sua e quella che in sorte ci è toccata. È lontano da noi.
Ed insieme è così vicino: nel suo scacco, nella sua illusione. Ma quella illusione, di istituire una società civile che ogni essere umano raggiunga, e fondata sul diritto e la pace, è ancora la nostra.
Ed è nostro il suo scacco. Ed è nostro il medesimo compito: che quello scacco diventi coscienza, che quella illusione divenga realtà, che la figura di Erasmo si adempia nell’umanità cosciente e liberata che videro Giacomo Leopardi e Franco Fortini (non solo presagirono, non solo sperarono: videro, poiche’ ne furono in strazio e in isforzo prefigurazione).
E dell’opera tutta di Erasmo la Querela Pacis talora ci accade di intendere come il cuore segreto: ancor più dell’Elogio della follia, ancor più dei Colloquia e degli Adagia, ancor più dell’opera grandiosa del filologo e dell’editore. Il cuore segreto e pulsante.
Veramente il programma e l’appello di Erasmo è il nostro ancora: si potrebbero aggiungere infinite glosse e distinguo infiniti, ma il succo prezioso ci pare sia qui: solo la pace promuove la dignità umana, solo la dignità umana costruisce la pace, solo la consapevolezza che l’io nel tu si specchia, e la consapevolezza ad un tempo che il tu resta irriducibilmente altro dall’io e questa diversità va rispettata e difesa poiche’ è la pupilla del mondo; ed in questo processo di riconoscimento e di rispetto per la vita dell’altro è il sale della terra e l’identità tua profonda: “esser uomo tra gli umani / io non so più dolce cosa” (Saba).