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Resistenza nonviolenta in Ucraina

Ripubblichiamo, con lo stesso titolo, l’articolo che Bruna Bianchi ha scritto per comune.info –

All’inizio del conflitto in Ucraina, com’è noto, gruppi di cittadini-e scesero spontaneamente per le vie fermando gli automezzi militari russi a mani nude, spostando i cartelli stradali per confondere i soldati, parlando con loro, protestando nelle piazze. Queste azioni posero in primo piano la questione dell’efficacia della resistenza nonviolenta nel fermare l’invasione e avviare un processo di pace, ma non furono sostenute dal governo del paese che, al contrario, ha risposto all’invasione con la resistenza armata, la coscrizione obbligatoria e gli insistenti appelli per l’invio di volontari e di armi.

Dopo quattordici mesi di un conflitto che ha causato centinaia di migliaia di morti da entrambe le parti e danni ambientali irreparabili, che ha distrutto intere città e regioni, costretto alla fuga milioni di persone, e di cui non si vede la fine, la questione dell’efficacia della resistenza civile nonviolenta, della sua capacità arrestare la spirale della violenza è tornata al centro dell’attenzione. Ne sono un esempio l’interesse per le opere di Erica Chenoweth, una delle maggiori esperte di resistenza civile, di cui è recentemente apparso in italiano il volume Come risolvere i conflitti. Senza armi, senza odio con la resistenza civile (Sonda, Milano 2023) e la pubblicazione nell’ottobre del 2022 del rapporto Ukrainian Nonviolent Resistance in the Face of War a cura di Felip Daza Sierra dell’International Catalan Institute for Peace. Recentemente tradotto in italiano a cura di Movimento Internazionale della Riconciliazione, il rapporto è già stato illustrato a grandi linee, e tuttavia vale la pena di analizzarlo un po’ più nel dettaglio per comprendere i caratteri, l’estensione e le criticità delle azioni di resistenza civile nonviolenta nei primi cinque mesi di guerra.

La prima parte il rapporto è dedicata al quadro concettuale di riferimento, alla definizione della nonviolenza come visione alternativa dell’etica, della politica, della sicurezza e delle relazioni sociali, un pensiero che individua nell’obbedienza il fondamento del potere e nella disobbedienza la forza capace di sovvertire le strutture oppressive, come già avevano teorizzato Étienne De La Boétie nel Discorso sulla servitù volontaria (1576) e Henry David Thoreau in La disobbedienza civile (1848). I metodi della resistenza nonviolenta, si ribadisce in più passi del rapporto, sono inconciliabili con quelli della resistenza armata.

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