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Regolamento Dublino III, tre volte vergogna

di Stefano
Galieni

di Stefano Galieni –

Il 20 febbraio scorso è stato reso pubblico dal Parlamento europeo, un lungo documento di valutazione del “Regolamento Dublino III” quello che di fatto regola la vita e il destino di coloro che chiedono asilo in Europa. Si tratta di un testo molto lungo, a cui si è cominciato a lavorare nel novembre scorso, 120 pagine contenenti grafici, mappe, infografiche, ma soprattutto una disamina completa del ruolo che gioca ancora tale dispositivo. Essendo – come si apprende da diverse fonti – venuta meno la possibilità che i miglioramenti proposti nella precedente legislatura vengano raccolti – il documento elaborato vuole probabilmente essere di spunto per un intervento di altro tipo, vista la composizione della Commissione europea.

Da tempo si accenna ad una nuova direttiva sui rimpatri peggiore della 115/2008 che venne chiamata “Direttiva della vergogna” e, per soddisfare i rigurgiti sovranisti, è probabile che le nuove proposte su Dublino abbiano lo stesso segno. Del resto va segnalato che anche le richieste di modifica, per quanto preziose e cariche di consigli per salvaguardare la vita e la dignità dei richiedenti asilo riducendo al minimo il rischio di rimpatrio forzato, avevano la pecca di basarsi su una redistribuzione definita in base alle disponibilità dei singoli paesi e non alle scelte dei richiedenti asilo.

Una proposta rassicurante per alcuni paesi ma profondamente miope: non considerare la volontà del richiedente, i legami parentali, la lingua conosciuta, le opportunità di inserimento lavorativo che hanno spesso determinato la migrazione, significa far ricadere sugli stati i costi, mantenere le persone accolte in condizione di subalternità, di fatto non favorire una sana circolazione delle persone in condizione di migrazione forzata. Detto questo proviamo ad analizzare brevemente il testo. In una prima parte – il testo è stato elaborato da esperti per supportare il lavoro della Commissione LIBE – si fa una disamina dell’intero Regolamento a fronte del fatto che dal 2015, a causa dei numerosi conflitti che si sono determinati o hanno avuto una fase di recrudescenza, ha avuto una impennata il numero di richieste di asilo o di forme di protezione in Europa che sono state affrontate, soprattutto in alcuni paesi con enorme difficoltà. Ci si immerge quindi nell’attuazione concreta del Regolamento.

Lo studio si concentra su aspetti selezionati del regolamento: la struttura organizzativa delle unità responsabili a livello nazionale delle procedure in relazione al regolamento di Dublino (le Unità di Dublino), la cooperazione tra queste unità e il sostegno fornito dall’UE, i diritti procedurali dei richiedenti asilo, il processo di registrazione nel database che memorizza ed elabora le impronte digitali, di richiedenti asilo che sono entrati nell’UE (ad es. EURODAC), il contesto specifico degli hotspot (ovvero le prime strutture di accoglienza per i migranti e / o rifugiati in Grecia e in Italia che ricevono il sostegno dell’UE), i criteri utilizzati per determinare la responsabilità per le domande di asilo e la discrezionalità che hanno permesso agli Stati membri di derogare a tali criteri (vale a dire le clausole discrezionali), la questione dei minori non accompagnati, le modalità di elaborazione e attuazione dei trasferimenti di richiedenti asilo, la durata delle diverse fasi delle procedure, le procedure di ricorso e la questione della detenzione. Sulla base dell’analisi di questi aspetti specifici, lo studio fornisce conclusioni “trasversali” in conformità con i principi di una migliore regolamentazione dell’UE.

Le fonti consultate includono: statistiche pertinenti al regolamento di Dublino rese disponibili da Eurostat e dal Database di informazioni sull’asilo (AIDA). Un documento quindi molto approfondito e passibile di diverse e alternative interpretazioni tranne che per alcuni capisaldi. Il primo di questi si basa sull’incongruenza dei dati forniti alle Unità Dublino dai singoli Stati Membri. Questo è determinato dal fatto che i diversi Stati Membri applicano in maniera diversa e appunto discrezionale molti articoli del Regolamento e che addirittura in alcuni non esista neanche una forma concreta di coordinamento nazionale. Un esempio? Termini come “il migliore interesse del minore” o lo stesso concetto di unità familiare da garantire, variano da Stato a Stato con conseguenti discrepanze di trattamento e di esito, soprattutto nei confronti dei soggetti più vulnerabili. Varia poi la lunghezza dei tempi delle procedure per accedere all’asilo, cambiano le condizioni di accoglienza che spesso determinano precarietà sociale.

In questo contesto, l’uso della detenzione, che è più comunemente usato nelle procedure di trasferimento in tutta l’UE è particolarmente preoccupante, sia dal punto di vista del rispetto dei diritti fondamentali che e nel garantire un approccio umano al trattamento dei richiedenti.

E in molti trovano come unica soluzione quella che viene ormai comunemente chiamato “movimento secondario”. Si cerca di passare in un altro Stato Membro dove si ritiene che le procedure vengano rispettate maggiormente col rischio per i richiedenti di vedersi rispediti forzosamente nel paese di arrivo, per gli Stati di non poter controllare il territorio. Il primo elemento di fallimento quindi di “Dublino” è nel non essere riuscito (ma era ad avviso di chi scrive impossibile) a realizzare una uniformità UE nell’accesso alle procedure. Di fatto un fallimento strutturale. Quello che non si riesce a creare è il CEAS (Sistema Comune Procedure di Asilo) in quanto i singoli Stati Membri non sono disponibili ad accettare regole condivise in pieno.

E non esistono vincoli legislativi che obblighino gli Stati ad adeguarsi tanto che è consuetudine – e in Italia ne sappiamo qualcosa – poter considerare i richiedenti come “immigrati irregolari” con tutte le distorsioni che questo comporta. Nelle intenzioni dei legislatori – almeno di quelli illuminati – Dublino nelle sue diverse versioni – doveva costituire l’ossatura per la realizzazione del CEAS, nei fatti si è rivelata quando non inutile totalmente dannoso e limitante, privo di prospettive. Nel corso dell’ottava legislatura, la riforma del regolamento di Dublino (vale a dire, per una Dublino IV) è stata il file più controverso nelle discussioni relative alla riforma del CEAS. La posizione del Parlamento sulla proposta di riforma della Commissione era stata adottata nel novembre 2017.

Nella sua posizione negoziale relativa al regolamento di Dublino, il Parlamento ha ribadito la sua richiesta di un meccanismo vincolante per un’equa distribuzione dei richiedenti asilo tra tutti gli Stati membri dell’UE Inoltre, il Parlamento ha suggerito le seguenti proposte per un nuovo regolamento di Dublino: i richiedenti asilo che hanno un legame reale con un determinato Stato membro dovrebbero essere trasferiti in quel paese (e questo dovrebbe diventare il primo criterio di ricollocazione); i richiedenti asilo che non hanno alcun legame reale con un determinato Stato Membro verrebbero assegnati automaticamente a uno Stato membro secondo una distribuzione predefinita.

Lo Stato membro sarà quindi responsabile del trattamento della domanda di asilo; i richiedenti asilo sarebbero in grado di scegliere tra i quattro paesi che in quel momento hanno ricevuto il minor numero di richiedenti asilo; il paese di primo arrivo deve registrare tutti i candidati e controllare anche le loro impronte digitali come la probabilità che un richiedente sia ammissibile alla protezione internazionale. In caso di richieste da persone con scarse possibilità di ricevere protezione, la domanda sarebbe esaminata nel paese di arrivo. In questo progetto erano previste garanzie individuali per i richiedenti asilo minori e una valutazione sulla base del loro migliore interesse. Il progetto prevede anche l’introduzione di procedure per i nuclei familiari più rapide e in base alla quale tutto il nucleo dovrebbe essere trasferito in un unico paese, soprattutto in quello in cui hanno un parente.

Le domande di protezione internazionale di una famiglia dovrebbero essere trattate insieme, fatto salvo il diritto del richiedente di presentare una domanda individualmente; dovrebbe essere introdotto un sistema chiaro di incentivi e disincentivi per richiedenti asilo atti a evitare movimenti di fuga e secondari. Inoltre, il termine stesso di “fuga” deve essere chiaramente definito.

Gli Stati Membri in prima linea che non registrano i richiedenti vedrebbero bloccata la ricollocazione dai loro il territorio, quelli che rifiutano di accettare la ricollocazione dei richiedenti dovrebbero veder limitato il loro accessi ai fondi UE. Nonostante questa chiara posizione negoziale da parte del Parlamento, la mancanza di accordo in seno al Consiglio ha impedito l’avvio di negoziati interistituzionali e l’adozione della riforma durante l’ultima legislatura. Come notato sopra, la riforma del regolamento di Dublino è stata uno dei principali ostacoli riforma del CEAS, insieme al proposto regolamento sulle procedure di asilo. I punti principali di il disaccordo riguardano le specificità del meccanismo di assegnazione delle responsabilità, la durata di responsabilità, controlli pre-Dublino e inclusione dei beneficiari di protezione internazionale nel campo di applicazione del regolamento.

Di conseguenza, la mancanza di un accordo sulla riforma di Dublino III in modo efficace bloccato qualsiasi progresso nella negoziazione e qualsiasi conclusione di tutti gli altri aspetti relativi all’asilo proposte. Con l’inizio di una nuova legislatura, la nomina di un nuovo collegio di commissari e alla luce del summenzionato stallo a livello del Consiglio, il mandato del Parlamento per i negoziati con il Consiglio sulla riforma di Dublino è stato confermato dal nuovo Parlamento, come annunciato dal Presidente del Parlamento alla sessione plenaria del 2 ottobre 2019. Il 4 settembre 2019, la LIBE Il comitato nomina un nuovo relatore, Fabienne Keller (Renew, Francia). Nella sua relazione sullo stato di avanzamento di marzo 2019 sull’attuazione dell’agenda europea sulla migrazione.

La Commissione europea ha osservato che per tre anni consecutivi, le cifre sugli arrivi di migranti erano diminuite costantemente (i livelli attuali sono solo il 10% del loro picco nel 2015). Tuttavia, anche la Commissione sottolinea che è probabile che la pressione migratoria continui e che una lezione chiave sia stata appresa la crisi umanitaria è stata la necessità di rivedere le norme dell’UE in materia di asilo e istituire un sistema che è giusto e adatto allo scopo e in grado di gestire qualsiasi aumento futuro della pressione migratoria. A novembre Nel 2019, il presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato un nuovo inizio dell’asilo e migrazione. Il resto del testo, a cui si rimanda per una lettura accurata, è una disamina del funzionamento di Dublino III in questi ultimi anni, in cui vengono evidenziate tutte le criticità e gli elementi che hanno portato, al di là di alcune piccole buone pratiche, ad un suo sostanziale fallimento nell’applicazione.

Manca, ad avviso di chi scrive la consapevolezza politica che uno strumento di questo tipo, per quanto implementato economicamente, per quanto dotato di strumenti per armonizzarne a livello continentale il funzionamento anche trattando in maniera “premiale” Stati virtuosi e richiedenti asilo docili, non potrà mai permettere di affrontare seriamente le crisi umanitarie in corso e quelle che, a causa dei disastri ambientali ed economici si vanno preparando per il futuro

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