Dopo un anno di pandemia, la crisi sanitaria e le restrizioni alla circolazione come misure anticontagio, hanno inevitabilmente portato a ricadute socio-economiche pesanti, anche in molti paesi europei.
Mentre nell’UE il numero di persone disoccupate è cresciuto di 2 milioni rispetto ai 14 del 2019 (dati Eurostat, dicembre); in Italia lo scorso anno si è chiuso con un tasso di disoccupazione del 9%, che colpisce particolarmente le donne, addetti dipendenti o autonomi e ancora di più i giovani (31%), fra cui aumentano anche gli inattivi.
Dopo l’approvazione del quadro economico pluriennale 2021-2027 da parte del Consiglio Europeo lo scorso luglio, è stato fissato lo stanziamento di 101,2 mld.€ (prezzi correnti) per il nuovo Fondo Sociale (FSE+), più articolato del precedente, per aver inglobato anche l’Iniziativa di Occupazione Giovanile (YEI), il Fondo Europeo di Aiuti agli Emarginati (FEAD), il Programma di Impiego ed Innovazione Sociale (EaSI , finanziato con 676mln.€) e quello della Salute (EUHP con 413mln.€ di dotazione), puntando all’implementazione dei principi del pilastro europeo sui diritti sociali.
Tre le principali aree di investimento, legate a formazione, occupazione ed inclusione sociale,ripartiti in altrettante categorie – come pari opportunità di accesso al lavoro, condizioni dignitose e protezione sociale – articolate in 20 principi chiave. Questi sono a loro volta classificati con 11 obiettivi specifici, come il miglior accesso all’impiego, pari opportunità, bilanciamento fra vita privata e professionale, servizi per l’infanzia, inclusione di migranti e minoranze come i Rom, assistenza di base contro l’emarginazione.
Alcune novità del nuovo FSE+ riguardano, insieme con l’aggregazione di altri programmi, anche l’incremento di obiettivi – aggiungendo fra questi anche: impoverimento dei lavoratori, iniquità sanitarie, accesso all’alloggio, competenze digitali – oltre alla definizione di soglie minime di contributi, fino al 27% per l’inclusione sociale e la definizione di una Garanzia Minori.
Un quarto dell’intera somma del fondo è destinato all’inclusione sociale quindi, con particolare riguardo al contrasto della povertà, mediante allocazioni minime del 3% per assistenza in vivande e generi di prima necessità.
Altre soglie predefinite di stanziamenti riguardano i minori, con una quota minima del 5% da spendere in accesso a sanità, istruzione, nutrimento ed alloggio decente nei paesi con elevato numero di bambini a rischio povertà. L’attenzione ai giovani riguarda anche i NEET, ai quali va destinato il 12,5% del fondo in formazione, tirocini e transizione scuola-lavoro nei paesi in cui il numero di inattivi è superiore alla media UE.
Nonostante il ridimensionamento delle risorse per la politica di coesione (intorno a -7%), il bilancio del FSE+ conta su un incremento di fondi pari al 21% rispetto a quello 2014-2020. A far discutere però è anche la riduzione del pilastro Sanità di circa l’8%, davvero incomprensibile di fronte alle criticità poste dalla pandemia in corso.
Nel frattempo, sempre sul fronte della protezione sociale, lo strumento di finanziamento condiviso nell’ambito del nuovo progetto SURE – con dotazione fino a 90mld.€ per diciotto paesi europei, di cui quasi 40mld.€ erogati solo nel 2020 –, come ha ricorda pedissequamente la Presidentessa della Commissione, Von der Leyen, ha piazzato sul mercato il primo bond del 2021, per un ammontare pari a 14 mld.€, per il sostegno agli ammortizzatori sociali di paesi come: Belgio, Cipro, Ungheria, Lituania, Grecia, Polonia, Italia, Slovenia e Spagna.
Ancora da capire se le innovazioni apportate ed i nuovi strumenti per il finanziamento europeo degli ammortizzatori sociali siano all’altezza della sfida epocale della pandemia e della retorica trionfale di lancio del FSE+.
Per quanto riguarda il lavoro, i sindacati europei si stanno infatti confrontando sulla fase di profonda transizione economica richiesta dai cambiamenti climatici, partendo dal dossier dell’OIL sul “Lavoro in un pianeta più caldo”. Secondo questo studio infatti dal 2030 si stima la perdita del 2% di ore lavorate in media all’anno per le ricadute dell’aumento di temperature sull’organizzazione del lavoro e sulla sua produttività. Questo fenomeno congiunturale pone ancor più della stessa pandemia l’accento sul dialogo sociale per la contrattazione di impieghi dignitosi e sicuri, specialmente per i gruppi più vulnerabili – in un quadro di pensionamento sempre più posticipato – in settori particolarmente esposti o usuranti, come l’agricoltura, l’edilizia, l’estrattivo, i trasporti ed il turismo.
Le ricadute di temperature elevate ad oltre 33° in certe stagioni pregiudicano infatti funzioni e capacità lavorative, esponendo a rischi ingenti per la salute, oltre alla stima sulla riduzione della produttività, pari alla perdita di circa 80 milioni di posti a tempo pieno, prevalentemente localizzata in paesi a reddito medio-basso, come quelli nell’area dell’Africa occidentale o dell’Asia meridionale.
Sistemi economici e modelli sociali sempre più insostenibili contribuiscono a determinare una massiccia pressione in molti settori, a fronte della quale investimenti pubblici possono risultare particolarmente strategici. A questo proposito il dialogo sociale sulla contrattazione collettiva deve tenere necessariamente conto degli effetti dei cambiamenti climatici; così come la dovuta attenzione alla responsabilità sociale ed ambientale per gli appalti pubblici.
Secondo i sindacati europei (ETUC) l’economia UE è incentrata su salari e sulla domanda, da privilegiare quindi come oggetto di interventi rispetto a quelli dal lato dell’offerta, come avvenuto invece con i provvedimenti di austerità. Pertanto le proposte emerse riguardano la contrattazione collettiva più forte, specialmente a livello settoriale, oltre all’istituzione di un salario minimo europeo, mediante una direttiva apposita.
Le politiche di adattamento e le azioni di protezione dei lavoratori richiedono una strategia anticiclica complessiva, rispetto alla mitigazione del riscaldamento globale con riforme strutturali per la transizione di impieghi obsoleti. Questo approccio è apparentemente carente nell’impostazione del FSE+, che si focalizza invece sull’efficacia degli interventi di risanamento del disagio sociale.
Approfondimenti:
https://ec.europa.eu/esf/main.jsp?catId=62&langId=en
http://nws.eurocities.eu/MediaShell/media/Policy_brief_on_the_ESF_.pdf
https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/BRIE/2018/625154/EPRS_BRI(2018)625154_EN.pdf
https://www.ilo.org/global/publications/books/WCMS_712011/lang–en/index.htm