Fuor dal paludato linguaggio tipico di dichiarazioni del genere, tutto questo significa: la comunità euro-atlantica si mette in posizione di confronto con la Cina, il perseguimento dei cui interessi rappresenta una minaccia per i nostri (cioè, ognuno persegue i propri interessi, ma anziché accordarsi, bisogna disconoscere quelli altrui e preconizzare un conflitto); che la difesa europea va bene, purché non si creino duplicazioni con la Nato (vale a dire che non crescerà mai, almeno in seno all’Alleanza, perché anche un solo fucile in comune fra paesi europei sarebbe una duplicazione); che la Nato, molto attenta ora, come da sempre, al fronte Est, considera il fronte Sud, pur avendone in altre parti della Dichiarazione evidenziato i pericoli, un mero “vicinato”, meritevole di un semplice coordinatore dei relativi “sforzi”; che oltre all’Ucraina potranno essere ipoteticamente invitati, in futuro, paesi come la Georgia e la Moldova, e – perché no, magari in prospettiva, dopo un possibile cambio di regime alla scomparsa di Lukashenko – anche la Bielorussia.

Si conferma quindi una Nato a sempre più evidente trazione americana e al servizio degli interessi del maggiore alleato; un alleanza dove le posizioni europee e mediterranee non avranno effettivo spazio rispetto alla proiezione verso l’Indo-Pacifico, area nella quale gli interessi “euro” vengono per decreto accomunati a quelli “atlantici”, e dove il ribadimento della politica delle porte aperte, giusto o sbagliato che sia, continua a esercitare una pesante pressione geostrategica sulla Russia, a ulteriore detrimento delle speranze di stabilità in Europa.

Mario Boffo