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No future, future now

di Roberto
Rosso

Tra i summit che si sono intrecciano in queste giorni, la COP29 di Baku è indubbiamente l’evento che presenta la posta in gioco più rilevante, vale a dire il cambiamento climatico. Nello specifico il cuore della conferenza è di ordine finanziario, vale a  dire gli stanziamenti, i flussi di aiuti verso i paesi che sono contemporaneamente i più poveri ed i più colpiti1. Fu istituito alla COP27 in Egitto il Fund for Responding to Loss and Damage (FRLD), deciso e operativo alla COP28 a Dubai, dove gli impegni iniziali al fondo superavano i 700 milioni di dollari. In realtà le valutazioni dei bisogni parlano della necessità di un flusso di centinaia di miliardi di dollari, con un minimo di 100 miliardi per anno.

Le valutazioni dell’ordine delle centinaia di miliardi di dollari anno, possono variare a fronte della straordinaria complessità di una analisi del quadro globale e regionale degli andamenti e degli effetti del riscaldamento globale e del cambiamento climatico conseguente, l’ordine di grandezza comunque resta il medesimo. Il dato saliente tuttavia è che -a fronte della conclamata incapacità di rallentare se non bloccare la crescita della temperatura media globale- i danni e la quantità di risorse necessarie a farvi fronte non faranno altro che crescere e quindi lo scarto tra necessità e risorse disponibili non farà che crescere; ormai le COP stanno dimostrando tutta l’incapacità degli assetti politico-economici globali di far fronte ad un processo globale che trascende ormai le capacità di intervento dei singoli paesi o coalizioni presenti nello scenario geostrategico.

La dichiarazione finale del G20 a guida brasiliano ha lasciato in eredità alla COP un appello che testimonia della incapacità di queste assisi internazionali di giungere ad accordi globali. Nelle considerazioni finali si afferma “Rimaniamo risoluti nel nostro impegno a combattere la fame, la povertà e la disuguaglianza a promuovere lo sviluppo sostenibile nelle sue dimensioni economica, sociale e ambientale e a riformare la governance globale“, così come “Nel pieno rispetto della sovranità fiscale, cercheremo di impegnarci in modo cooperativo per garantire che gli individui con un patrimonio netto ultra elevato siano tassati in modo efficace”.  Sulla guerra ovviamente le dichiarazioni sono se possibile ancor più generiche, stante l’appartenenza a schieramenti contrapposti dei partecipanti alla conferenza.

Del resto la forza di qualsiasi decisione presa in questi summit, anche a prescindere da limiti e contraddizioni di lungo periodo, è ipotecata dal cambio alla guida degli Stati Uniti, dove gli orientamenti della nuova amministrazione del presidente Trump sono ben conosciuti e confermati dalle nomine in corso.

Purtroppo sono lontani -benché cronologicamente vicini- nel tempo le manifestazioni straordinariamente partecipate dei Fridays for Future2, bruscamente interrotte dall’avvento della pandemia da Sars-Cov-2. Se un coordinamento globale delle strategie di contrasto al cambiamento climatico si rivela sempre più improbabile anche nel prossimo futuro -nulla si può dire di un futuro  lontano, ma non lontanissimo, in cui i disastri e catastrofi potranno ridurre a più miti consigli le potenze del mondo- non sembra che  la consapevolezza del procedere di questo cambiamento, la rilevanza per i destini comuni dell’umanità, la gravità dei suoi effetti già nel presente -Valencia docet- provochi una reazione proporzionata; la questione viene comunque derubricata ad uno dei capitoli del testo che descrive lo stato delle cose presenti, l’andamento del mondo. Che la questione ambientale -cosiddetta- non possa essere disgiunta dalla questione sociale, delle crescenti diseguaglianze, non implica la subordinazione di una questione all’altra quanto piuttosto l’intreccio inestricabile tra le due, entra il procedere delle transizioni gemelle che definiamo come energetico-climatico e tecnologico digitale. Il sistema capitalistico attuale, nelle sue varie declinazioni, da quello più liberista a quello più statalista nelle sue diverse declinazioni, è attraversato da un processo di trasformazione tecnologica straordinaria indotta dal procedere delle tecnologie digitali che operano pervasivamente entro il complesso delle filiere tecnologico-produttive, nel contempo affronta in vario modo, con alti e bassi la transizione energetica per ridurre le emissioni di gas climalteranti ed il consumo energetico per unità di prodotto. Nella realtà dopo quella che sembrava una corsa verso le fonti energetiche rinnovabili, siamo in presenza di un rallentamento, nel quale anche le grandi società petrolifere tornano indietro rispetto a precedenti impegni3; non può che essere così di fronte ad una incapacità di costruire una cooperazione globale finalizzata al contrasto del riscaldamento globale e alla riparazione dei suoi effetti già oggi presenti. Analogamente tutti nell’Unione Europea tutti i provvedimenti legati al Green Deal incontrano sempre maggiori difficoltà. La Nature Restoration Law, che mira al recupero degli ambienti naturali degradati ha incontrato grandi difficoltà prima di essere approvata, la Nature Restoration Law è stata approvata a sorpresa durante il Consiglio a Lussemburgo il 17 giugno 2024. Questo risultato, atteso da ambientalisti, scienziati e associazioni, è stato ostacolato per mesi da Paesi come Italia, Svezia, Finlandia, Ungheria e Olanda, preoccupati per le ripercussioni economiche sull’agricoltura. L’ultimo voto ha visto questi Paesi ancora contrari, ma grazie al cambiamento di posizione dell’Austria, che ha garantito il 66% dei consensi necessari, la legge è passata4. Possiamo immaginare come un provvedimento approvato da una maggioranza risicata e che vede l’opposizione di diversi paesi, potrà procedere nel contesto di una crisi economica che attraversa l’unione trainata, questa volta verso il basso, dall’economia tedesca. Non possiamo dimenticare il fallimento sostanziale della COP1 sulla biodiversità che si è chiusa da poco a Calì in Colombia.  Commento interlocutorio: l’analisi di questi fatti e le considerazioni conseguenti dovrebbero sollecitare un livello di mobilitazione conseguente, anche a sostegno di quel poco di positivo che viene messo in campo, ma non sembra che ciò accada anche nel campo degli interventi nell’ambito di una critica radicale agli attuali rapporti sociali di produzione.

Se ci spostiamo nell’ambito di quelli che vengono definiti come i padroni del mondo, i grandi fondi finanziari di cui ha scritto Alessandro Scassellati nel suo articolo ‘I padroni del mondo: il capitalismo controllato dai grandi gestori patrimoniali5 commentando il testo di  Alessandro Volpi, “I padroni del mondo. Come i fondi finanziari stanno distruggendo il mercato e la democrazia” (Laterza, Roma-Bari 2024), il riferimento è ai tre Vanguard, Black Rock, State Street e pochissimi altri fondi.

Andando a curiosare nelle pagine del sito di Black Rock (BR), troviamo una pagina dedicata alle ‘Mega forces6 vale adire ai cinque grandi processi di trasformazione che secondo BR stano plasmando le società attuali. Si dice infatti “Le mega forze sono grandi, cambiamenti strutturali che influenzano l’investimento ora – e in futuro. In quanto fattori chiave del nuovo regime di maggiore volatilità macroeconomica e dei mercati, essi modificano le prospettive di crescita a lungo termine e di inflazione e sono destinati a creare grandi cambiamenti nella redditività tra economie e settori. Ciò crea grandi opportunità – e rischi – per gli investitori.”

Esse sono Demographic divergence7, Digital disruption and A.I.8, A fragmenting world9, Future of Finance10, Low carbon transition11. Tra le conseguenze del Fragmentig World sicuramente BR prende in considerazione l’apparato militare industriale, di questo siamo certi. Per quanto riguarda la ‘Low carbon transition’ leggiamo che a questo si applicano un gruppo di esperti nel numero di 600, in quel contesto che abbiamo appena descritto è ovvio che essi si applichino a seguire i processi di ristrutturazione connessi alla transizione energetica, con una attenzione privilegiata ai -come si leggeva- cambiamenti nella redditività tra economie e settori. Cosiddetti padroni del mondo cavalcano quindi i grandi processi di trasformazione non ne definiscono le strategie, nello specifico il contrasto al cambiamento climatico, se non scegliendo le occasioni di maggior redditività, nell’ottica di breve periodo dei dividendi di fine anno, certo nel contesto di una valutazione strategica dei processi in corso e del ruolo in essi dei soggetti economici. Definirli come padroni del mondo nel contesto delle mega transizioni in corso è letteralmente errato, essi giocano un ruolo fondamentale nel governo della rete globale delle grandi società, ma certo non viene da loro in gran parte la capacità di produrre il processo di innovazione che traina il sistema economico globale. La nascita e la crescita esponenziale delle Big Tech che ha caratterizzato e caratterizza la finanza e l’economia globale è frutto di un sistema tecnologico-finanziario e produttivo che ha orientato flussi di risorse finanziarie garantendo la sopravvivenza e la crescita di quelle società che oggi dominano il mercato digitale, con la selezione operata dalla crisi delle Dotcom di inizio secolo. Se vediamo il ruolo giocato dai grandi fondi, la percentuale di capitale azionario posseduto ci rendiamo conto di come entrano nel processo di affermazione delle Big Tech, oggi la disruption operata dalle tecnologie digitali è un campo di investimento fondamentale, compreso quello dell’Intelligenza Artificiale, nel quale si sta configurando probabilmente una vera e propria bolla con una gara tra investimenti per decine e centinaia di miliardi di dollari e crescita dei valori di borsa come nel caso di OpenAI. In questo momento nessuno governa i processi di transizione globalmente intesi, peraltro caratterizzati da un contesto sempre ricco di conflitti, corsa agli armamenti e guerra aperta. Lo scoppio di bolle finanziarie accompagna la finanziarizzazione di processi di innovazione e trasformazione, tanto radicali quanto veloci e pervasivi. Se guardiamo i comportamenti di protagonisti dei mercati finanziari come Buffet, che muovono decine di miliardi di dollari in un brevissimo lasso di tempo, possiamo rendercene conto e coglierne qualche avvisaglia.

Se i grandi fondi in un certo senso cavalcano i cambiamenti e gli andamenti globali dell’economia globale, si afferma invece una tendenza a governare il cambiamento nel senso di considerare l’attuale stato delle cose come una condizione di agonia che necessità una rottura radicale, un doppio salto verso il futuro, laddove l’attuale configurazione delle società è considerata a perdere e chi ha nelle proprie mani -o pensa di avere- il controllo delle risorse necessarie a questo salto in termini tanto tecnologici che finanziari pensa di prendere la guida, accelerare la realizzazione di quel salto operando una rottura delle forme di governo delle società, del cambiamento stesso. Ciò si esprime attraverso varie visioni o ideologie, come le vogliamo chiamare, che si proiettano su cambiamenti assieme radicali secondo tendenze di lungo periodo, laddove nell’oggi avviene il salto e l’affermarsi di queste tendenze, che puntano ad accelerare il cambiamento accorciando drasticamente la fase di transizione ed infine predicando un cambiamento della stessa natura umana attraverso il connubio con la tecnologia, con la trasformazione in Cyborg.

Complessivamente queste tendenze prendono atto della crisi radicale in cui si trovano complessivamente le società umane, dove la crisi climatico-ecologica rappresenta la rottura di ogni equilibrio possibile nella dinamica del cosiddetto ricambio organico, nel rapporto uomo-natura per cui si opera una rottura irrimediabile nei processi di riproduzione ed evoluzione della vita sul nostro pianeta, per cui ciò che si riprodurrà si baserà sulla riproduzione delle forme di vita attraverso l’innesto pervasivo dei dispositivi e delle reti tecnologiche. Si tratta quindi di un transumanesimo che si invera in una sort di trans-naturalismo, superamento della natura in quanto tale, nella sua autonoma riproduzione.

Tutto questo ci porta al ruolo di Elon Musk dei cuoi compagni di avventura ed epigoni che certo lo seguiranno, il quale paradossalmente ma non tanto, opererà entro l’amministrazione Trump ovvero nel contesto di una accelerazione di tutti i processi che contribuiscono al riscaldamento globale, all’acuirsi delle diseguaglianze sociali attraverso la distruzione delle istituzioni pubbliche destinate almeno in parte a governarle e a ridurre l’instabilità dei cicli economici. In buona sostanza Musk collabora a creare quelle condizioni che possono arrivare sino a minacciare di estinzione l’umanità, prospettiva a cui risponde con l’orizzonte dell’espansione della civiltà umana nello spazio, In quella prospettiva c’è non solo la prima creazione di colonie su Marte entro un breve periodo, ma in prospettiva la terraformazione di quel pianeta, per la creazione di condizioni adatte alla vita come noi la conosciamo.

Alla base di queste visioni e progetti su futuro dell’umanità ci sta una visione elitaria, che esalta – come abbiamo detto più volte- una sorta di darwinismo sociale, col quale si concentrano le risorse per garantire oggi la ricchezza di pochi e domani la sopravvivenza. UN  orizzonte nel quale gran parte dell’umanità non ha un futuro, o quanto meno un futuro degno di essere vissuto ed una minoranza si proietta già  in un futuro che solo li riguarda.

Che queste visioni operino, abbiano la necessità di regimi autoritari non v’è dubbio, nasce legittimamente la domanda di quali forme di governo delle società, regimi politico-sociali siano possibili, possano garantirsi una certa stabilità nel tempo nel contesto della policrisi in cui viviamo, di transizioni globali non governate. Una domanda quindi sulle forme della politica che nasce però dalla necessaria considerazione dei caratteri profondi delle trasformazioni in atto che nessuno governa, in assenza in buona sostanza di padroni del mondo, ma in presenza di bande di compagnie di ventura che contendono le risorse del mondo, ma forse le scialuppe del Titanic.

Roberto Rosso

  1. https://www.nytimes.com/2024/11/17/climate/loss-damage-fund-cop29-baku.html      https://iiasa.ac.at/blog/nov-2024/cop29-loss-ailnd-damage-funding-has-to-be-at-core-of-new-climate-finance-regime https://iiasa.ac.at/news/nov-2024/understanding-and-quantifying-loss-and-damage-policy-space  []
  2. https://fridaysforfutureitalia.it/  []
  3. https://www.hdblog.it/green/articoli/n599762/europa-rinnovabili-dietrofront-big-oil/   []
  4. https://www.eticasgr.com/storie/news-eventi/nature-restoration-law-biodiversita?gad_source=1&gclid=CjwKCAiArva5BhBiEiwA-oTnXdMo9ZomcEn5ek902M7c4fdoKsALFCZC6zEphukt4HHkrZs9C3Wa8hoCIXUQAvD_BwE []
  5.   https://transform-italia.it/i-padroni-del-mondo-il-capitalismo-controllato-dai-grandi-gestori-patrimoniali/   []
  6. https://www.blackrock.com/corporate/insights/blackrock-investment-institute/publications/mega-forces  []
  7. https://www.blackrock.com/corporate/insights/blackrock-investment-institute/publications/mega-forces/demographic-divergence []
  8. https://www.blackrock.com/corporate/insights/blackrock-investment-institute/publications/mega-forces/artificial-intelligence   []
  9. https://www.blackrock.com/corporate/insights/blackrock-investment-institute/publications/mega-forces/geopolitical-fragmentation    []
  10. https://www.blackrock.com/corporate/insights/blackrock-investment-institute/publications/mega-forces/future-of-finance []
  11. https://www.blackrock.com/corporate/insights/blackrock-investment-institute/publications/mega-forces/low-carbon-transition  []
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