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Morire di carcere?

Mentre tiene banco la querelle tra il procuratore Di Matteo e il ministro Bonafede (che oggi alle 15 dovrà rispondere in Parlamento al question time sulla mancata nomina a capo del DAP del procuratore) per stabilire chi dei due sia più forcaiolo (poiché è di questo che si tratta), si perde di vista il vero punto della faccenda: inviare alla detenzione domiciliare un detenuto che non può essere curato in carcere non è una questione di opportunità, è giusto ed è obbligatorio. Il magistrato di sorveglianza (il titolare del potere di disporre questo tipo di provvedimento per un condannato con sentenza definitiva) che non decidesse in questo senso violerebbe diritti fondamentali, tutelati dalla nostra Costituzione ed esporrebbe l’Italia a un procedimento davanti alla Corte europea per i diritti dell’uomo per violazione di almeno un paio di articoli della Convenzione.

Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, interviene  – tra l’altro  – a precisare i termini del cosiddetto “casa Zagaria”, ricordando che il diritto alla salute non si perde quando si perde la libertà.

carcere, diritto alla salute
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