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Moldavia: i socialisti sconfitti nelle elezioni presidenziali

di Franco
Ferrari

Maia Sansu leader del Partito Azione e Solidarietà, di centro-destra, affiliato al Partito Popolare Europeo, ha vinto, al secondo turno che si è tenuto il 15 novembre, le elezioni presidenziali in Moldavia. Ha sconfitto il Presidente uscente, Igor Dodon, leader di fatto del Partito Socialista della Repubblica di Moldavia (PSRM).

Se la sconfitta di Dodon non era del tutto inaspettata, due elementi del voto hanno invece sorpreso. La Sandu ha battuto il rivale ottenendo il 57,75% dei voti, contro il 42,25%, uno scarto molto maggiore di quanto ci si attendesse. Clamoroso è stato poi il livello di partecipazione dei moldavi emigrati in Europa e negli Stati Uniti. 258.000, tra il milione di emigrati che sono fuggiti da questo paese dell’ex Unione Sovietica che resta tra i più poveri del continente, hanno espresso il loro voto, assembrandosi in lunghe code nei seggi installati dalle ambasciate nei diversi paesi. Con una partecipazione complessiva al voto pari al 52,78% ben un 15% era rappresentato da elettori che si trovano all’estero. Sono propri questi elettori che hanno contribuito in misura significativa al successo di Maia Sandu, che ha raccolto tra loro il 93% dei consensi. Un quarto di tutti i voti dell’esponente di centro-destra sono venuti dall’estero. Anche se la Sandu avrebbe comunque vinto le elezioni ma con un vantaggio su Dodon di soli 30.000 voti.

La comunità moldava che ha espresso più voti è quella presente in Italia con 83.000 suffragi espressi. Di questi, 80.000 sono andati alla candidata dell’opposizione. Dodon non è invece riuscito a mobilitare la comunità moldava emigrata in Russia. Del mezzo milioni di elettori potenziali ne ha raccolti solo 10.000. Il Presidente sconfitto ha accusato i leader occidentali di interferenze nel voto ma ha accettato il risultato.

Maia Sandu è riuscita anche ad avvantaggiarsi dell’aumento della partecipazione nei seggi in Moldavia, cresciuta tra il primo e il secondo turno del 10%. Inoltre ha avuto il sostegno di un terzo candidato, presente al primo turno ma escluso dal ballottaggio, il populista e carismatico Renato Unatii, che guida il “Nostro Partito”, popolare tra l’elettorato di lingua russa che costituisce la principale base di consensi di Igor Dodon. Al primo turno aveva raccolto il 17% dei voti, in gran parte sottratti al Presidente uscente, che ha perso una percentuale equivalente rispetto alle elezioni del 2016, quando era riuscito a sconfiggere proprio Maia Sandu.

Secondo gli analisti il tema principale che ha mobilitato gli elettori è stata la stanchezza per la corruzione politica. Anche il Presidente uscente è stato coinvolto in vicende poco chiare con accuse di aver ricevuto bustarelle dall’oligarca Vlad Plahotniuc che per diversi anni ha dominato la vita politica del Paese, prima di essere costretto a rifugiarsi all’estero. Anche la cattiva gestione dell’epidemia di Covid19, che ha messo in evidenza il peggioramento delle condizioni del sistema sanitario, ha quasi certamente contribuito alla sconfitta di Dodon.

La Moldavia non è una repubblica presidenziale pertanto i poteri di cui disporrà Maia Sandu non sono decisivi, tanto più che il governo resterà nelle mani del Partito Socialista e del Partito Democratico, la formazione guidata da Plahotniuc e ora in forte crisi per la fuga del suo “uomo forte”. L’attuale coalizione si è formata dopo che era entrata in crisi la precedente alleanza che vedeva insieme proprio i due partiti che si sono combattuti per la carica presidenziale. La Sandu era primo ministro, ma ha perso il consenso parlamentare necessario quando ha cercato di modificare le modalità di selezione del Procuratore Generale, massima autorità giudiziaria del Paese. In questo modo ha potuto presentarsi agli elettori come portabandiera della lotta alla corruzione e agli intrecci affaristici che condizionano da sempre il sistema politico.

La nuova Presidente è certamente favorevole a rapporti più amichevoli con l’Unione Europea ed è stata accolta favorevolmente dai Presidenti di Ucraina e Romania che si erano invece scontrati con Igor Dodon. Ha evitato però di impostare la campagna elettorale come uno scontro tra filo-occidentali e filo-russi, che ha dilaniato il paese in precedenti occasioni. Anche il Presidente russo Putin che aveva fortemente sostenuto il Presidente moldavo uscente, ha mantenuto da almeno un anno un atteggiamento molto distaccato e ha immediatamente inviato i propri auguri di buon lavoro alla neo-eletta. Le rete televisive russe, molto seguite in Moldavia non hanno fatto campagna per Dodon e la stessa scarsa partecipazione al voto degli emigrati moldavi in Russia sono alcune delle prove del basso profilo che Putin ha scelto di mantenere in questa scadenza elettorale.

Maia Sandu, economista, ha lavorato per la Banca Mondiale a Chisinau, capitale della Moldavia, dal 1998 al 2005, poi a Washington dal 2010 al 2012. Dopo la vittoria ha dichiarato di voler “costruire un vero equilibrio in politica estera”, auspicando un dialogo ”pragmatico” con tutti i paesi ed in particolare Unione Europea, Stati Uniti e Russia.

Il Partito Comunista della Repubblica di Moldavia, che aveva vinto le elezioni nel 2001 ed era poi stato confermato alla guida del paese nel 2005, con il suo leader Vladimir Voronin nel ruolo di Presidente della Repubblica, ha deciso di boicottare le elezioni. I comunisti ritengono che l’elezione diretta del Presidente della Repubblica sia incostituzionale e frutto delle manovre politiche dell’oligarca Plahotniuc. Hanno espresso un giudizio molto negativo su entrambi i candidati. Dodon, che è stato un esponente del Partito Comunista prima di aderire ai socialisti consentendo a questo partito di sottrarre buona parte del consenso tradizionale del PCRM, viene considerato “corrotto” e “traditore”, interessato solo all’arricchimento personale. Alla vincente Maia Sandu si rimprovera di avere distrutto il sistema educativo moldavo nel periodo in cui è stata Ministro dell’educazione e di essere un’ammiratrice di Ion Antonescu, il dittatore romeno che durante la seconda guerra mondiale fu alleato dei nazisti e considerato un criminale di guerra.

La Sandu ha dichiarato nel corso di un’intervista televisiva del 2018 che Antonescu è una figura storica “di cui si può parlare bene o male”. Affermazione che ha suscitato una decisa protesta da parte della Comunità ebraica moldava, dato che il dittatore romeno ha collaborato allo sterminio degli ebrei e di altre minoranze etniche. I comunisti contestano anche una precedente dichiarazione della Sandu in favore di una ipotetica unificazione della Moldavia con la Romania.

Nelle elezioni politiche del 2019, il Partito Comunista ha ottenuto solo il 3,75% dei voti, perdendo interamente la propria rappresentanza parlamentare, dato che la soglia minima prevista dalla legge elettorale moldava è del 5%.

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