La chiusura della sessione dell’Assemblea nazionale francese consente di stilare un primo bilancio del nuovo assetto politico determinato dalla perdita della maggioranza assoluta sofferta dal raggruppamento che sostiene il Presidente Macron.
Nelle scorse settimane sono stati portati al voto tre provvedimenti importanti: le norme sull’emergenza sanitaria, la difesa del potere d’acquisto dagli effetti dell’inflazione, il progetto di legge sulla finanza rettificativa, necessaria per adeguare il bilancio dello stato ai nuovi impegni.
Il governo, che ha evitato di doversi misurarsi realmente con un voto di fiducia alla nomina di Elisabeth Borne, voluto dalla Nupes ma al quale si sono sottratti sia neo-gollisti (Republicains) che il Rassemblement National della Le Pen, non ha incontrato ostacoli insormontabili. Solo su una misura relativa al pass sanitario si è registrata una convergenza di tutte le opposizioni che hanno messo in minoranza la maggioranza macroniana. Con la consueta arroganza, Macron, ha definito questa sconfitta parlamentare un “colpo di calore notturno”.
Ma in generale la coalizione che sostiene il Presidente della Repubblica (formata da Renaissance ex La Republique en Marche, i centristi tradizionali di Modem e gli ex neo-gollisti di Horizons) ha potuto superare indenne tutte le proprie difficoltà trattando con i Republicains. Macron, come ha chiarito nella sua lunga intervista rilasciata il 14 luglio dai giardini dell’Eliseo a due giornaliste di France24, punta al fatto che le diverse opposizioni non si possano e vogliano coalizzare rappresentando posizioni politiche profondamente diverse.
La sintonia con la destra neo-gollista è risultata evidente da una serie di emendamenti concordati tra le due parti come quello estendere la defiscalizzazione sul pagamento delle ore di straordinario . D’altronde il ministro delle finanze Bruno Le Maire proviene da quelle stesse fila e non ha certo avuto bisogno di effettuare una mutazione ideologica per potersi mettere al servizio della politica macroniana.
All’interno del gruppo parlamentare che sostiene il Presidente rimangono alcune figure di provenienza socialista che si propongono come la “sinistra” della “Macronie”, ma il loro peso è sempre più irrilevante e ogni volta si piegano al sostegno di una politica sempre più orientata a destra. Lo stesso Macron dietro al linguaggio della concretezza “post-ideologica” assume sempre più formule che guardano alla tradizione culturale non solo della destra ma anche dell’estrema destra.
Ha sollevato più di un commento critico l’affermazione, contenuta nella già citata intervista del 14 luglio, dell’idea della nazione “come un tutto organico”. Questa visione ha una forte impronta lasciata dalla destra ultra-nazionalista e reazionaria, che si è andata definendo in Francia tra fine ‘800 e inizio ‘900, a partire dall’Action française di Maurras. La visione organicista della nazione tende ad escludere il conflitto sociale e mira a riaffermare il potere incontrastato delle élites. Nell’intervista concessa nel giorno della festa nazionale francese, Macron ha sempre parlato della Francia e quasi mai, se non per riferimenti marginali, dell’Europa, vista al più come strumento di compensazione e di coordinamento tra Stati nazionali difensori dei propri interessi che come vero soggetto d’azione sovranazionale.
Macron ha anche confermato che intende procedere nelle sue politiche di revisione del sistema pensionistico, finalizzato ad aumentare l’età per poter lasciare al lavoro, a rivedere le politiche di assistenza sociale rivolte ai disoccupati e altre “riforme” che aveva dovuto accantonare nel primo mandato. Ha difeso la sua politica di apertura a Uber e ad altri grandi imprese multinazionali o francesi in settori che finora erano rimasti in mano a piccole attività commerciali o di servizio.
Sostanzialmente la sua visione non è modificata da quella espressa nel precedente mandato presidenziale anche se ha affermato la necessità di raggiungere dei “compromessi”. La sponda destra dell’Assemblea Nazionale gli deve consentire di far sì che questi “compromessi” non lo deviino dalla sua direzione di marcia fondamentale.
Le forze di opposizione in queste settimane hanno confermato di muoversi diversamente nella loro azione parlamentare. La Nupes ha tenuto una linea di opposizione frontale nei confronti del governo. Questa impostazione, determinata soprattutto dalla forte presenza degli eletti de La France Insoumise, ha finora mantenuto l’unità delle varie componenti, nonostante le altre forze di sinistra non siano sempre in totale sintonia con la modalità fortemente polemica impressa alla battaglia parlamentare dai seguaci di Melenchon.
Della destra tradizionale abbiamo detto come sia sostanzialmente disponibile a farsi stampella della maggioranza, nonostante qualche mal di pancia interno della componente che vorrebbe una linea più aggressiva per riprendere i voti finiti alla Le Pen.
Quest’ultima ha scelto invece la linea della “notabilizzazione” della sua presenze parlamentare al fine di essere considerata sempre meno forza anti-sistema. Grazie ad accordi con i parlamentari macroniani ha potuto far entrare propri rappresentanti anche in strutture parlamentari ritenute sensibili.
La France Insoumise sta sottolineando con forza, nelle sue campagne informative, come l’estrema destra si sia schierata contro le proposte della sinistra e, in pratica, sulla stessa linea dei macroniani, su questioni di grande rilevanza sociale come l’aumento dello SMIC (una forma di salario minimo) a 1.500 euro mensili. Indispensabile per fronteggiare realmente la fiammata inflazionistica.
Un effetto della nuova composizione dell’Assemblea Nazionale, priva di una maggioranza assoluta presidenziale e con una configurazione più vicina ai reali orientamenti dell’opinione pubblica, è di averla riportata al centro del conflitto politico. I suoi dibattiti sono stati in una certa misura, come sostengono alcuni politologi, “re-ideologizzati” e sottratti al mero tecnicismo legislativo.
Siccome lo scenario economico e sociale dei prossimi mesi sarà tutt’altro che semplice (la crisi energetica ha portato lo stesso Macron a fare ripetuti appelli alla “sobrietà”, senza contare l’impatto del cambiamento climatico e l’incerta prospettiva economica), questo ritorno di un dibattito politico a tutto campo che trova nel parlamento una sua dimensione importante non può che essere un bene per la democrazia francese. Un antidoto alla natura tendenzialmente autoritaria rappresentata dal presidenzialismo e dal maggioritario.
Franco Ferrari