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Elezioni politiche e Costituzione

di Franco
Russo

In democrazia la Costituzione dovrebbe essere al di fuori dell’agone elettorale, perché è fonte di legittimazione delle forze in competizione, di garanzia dei procedimenti elettorali e della formazione di una maggioranza parlamentare,  inoltre i suoi valori e principi, insieme con le istituzioni volte a realizzarli, sono al di fuori della contesa politica. La contesa politica dovrebbe solo riguardare il modo in cui le diverse forze vogliono dare attuazione alle disposizioni della Carta fondamentale. Tuttavia in Italia si è vissuto dapprima negli anni ’50 una fase di congelamento della Costituzione voluto dalla DC, poi grazie alle lotte popolari degli anni ’60 e ’70 si è avuta una rivitalizzazione dei suoi principi egualitari  e garantistici con la realizzazione di riforme nei campi del diritto del lavoro, dei diritti sociali e civili, delle istituzioni. Il PCI è stato il punto di riferimento di questa lotta per l’attuazione della Costituzione, sotto l’impulso di movimenti della società civile che scossero il potere della  DC, arroccata in una visione riduttiva e conservatrice quando non reazionaria del dettato costituzionale. Insieme però a questa capacità di canalizzare la protesta popolare per attuare principi e valori costituzionali, il PCI usava la Costituzione come un’arma politica, per un verso, per indebolire la DC, per l’altro per ergersi a  suo ‘custode’. Il PCI si presentava come il ‘partito della Costituzione’ anche per reagire alla conventio ad escludendum, praticata dalla DC e dai suoi diversi alleati, che a loro volta accusavano il PCI  di essere antioccidentale e anticostituzionale per i suoi legami con l’URSS. Dunque per decenni lo scontro politico è stato condotto sulla una base di una reciproca delegittimazione, accusandosi  – DC e PCI – di essere un pericolo per la Costituzione. Solo però nel ‘ventennio Berlusconi’ si è giunti ad iniziative di revisione di intere Parti della Carta, ma, attenzione, non solo la destra di Berlusconi ha intrapreso la via della controriforma costituzionale, inaugurata da Craxi con il supporto intellettuale di G. Amato, perché su di essa si incamminarono gli eredi del PCI con le varie Commissioni per le riforme costituzionali istituite con leggi speciali perfino contro il dettato dell’articolo 138 – si ricordi che la vicenda più grave fu di sicuro la ‘Commissione D’Alema’ che cercò di modificare la Costituzione in accordo con Berlusconi, tentativo fallito all’ultimo momento. Poi si sono avuti altri due progetti di revisione, uno targato Berlusconi e uno targato Renzi, ambedue falliti grazie al voto referendario, che vide  tutt’e due le volte una mobilitazione vasta e capillare in grado di sconfiggere disegni portati avanti direttamente dai governi dell’epoca.

Una prima conclusione da questo rapido sommario delle vicende delle ‘riforme’: l’attacco alla Costituzione non è venuto solo dalle destre ma anche dai partiti di centrosinistra, non è più vero che da una parte, cioè nel centrosinistra, ci sono i difensori della Costituzione e dall’altra, nelle destre, i suoi distruttori. La vicenda storica ci dice che centrosinistra e centrodestra sono state protagonisti di tentativi falliti di modificare in pejus la Carta costituzionale del 1948.

C’è però un’altra storia di tentativi riusciti di modificare in pejus la Carta costituzionale del 1948, e queste controriforme, tranne quella della circoscrizione estero, portano tutte la firma o la co-firma del ‘centrosinistra’,  e in primis degli eredi del PCI. Le elenco: revisione del Titolo V, con la nuova ripartizione delle competenze legislative tra Stato e Regioni, con l’introduzione di vincoli dei Trattati europei, dell’autonomia differenziata; la revisione dell’articolo 81 con l’introduzione del pareggio di bilancio per vincolare le politiche pubbliche alle decisioni dell’UE, all’epoca del governo Monti e votata dal PD guidato da Bersani; la revisione degli articoli 56 e 57 per la riduzione del numero dei parlamentari voluta dai 5S e votata dal PD. Sono stati poi modificati gli articoli 9 e 41, per introdurre i vincoli ambientali, su cui occorrerebbe una riflessione a parte, perché se comprensibile è l’intento di inserire nella Carta il principio della salvaguardia dell’ambiente, perplessità sorgono per avere modificato un articolo dei Principi fondamentali, che potrebbe fungere da precedente per intervenire anche su altri articoli che sono alla base dell’edificio costituzionale.

Questa seconda storia ci dice che chi ha voluto e perseguito le revisioni in pejus della Costituzione è il PD, che dunque non può essere il punto di riferimento per la ‘difesa e l’attuazione’ della Costituzione come si afferma, invece, nel recente appello Coalizione di emergenza contro le destre, pubblicato su il manifesto del 3 agosto. Sulla base dell’attuale legge elettorale, un misto di uninominale maggioritario e proporzionale di liste (bloccate), l’appello chiede a tutte le forze politiche di coalizzarsi intorno al PD per la ‘difesa e l’attuazione’ della Costituzione. Insomma ci si chiede di unirci con chi ha ‘assassinato’ disposizioni costituzionali fondamentali – forma di Stato, politiche di bilancio, rappresentanza parlamentare – per difendere le numerose disposizioni ancora intatte.

Si potrebbe capire un appello a tutte le forze che sono contro le destre di impegnarsi, con i loro programmi elettorali, a ritornare, ripristinandone le disposizioni revisionate, alla Carta del 1948, di difenderla e di attuarla, di certo non si può sostenere ragionevolmente che sia il PD a garantire la Costituzione, visto che è stato lui a manometterla.

Si potrebbe allora affermare che, sì il PD è reo di controriforme costituzionali, oggi tuttavia è il baluardo di quel che resta, ed è molto, della Carta del ’48. Regge questa argomentazione, cioè che il PD difende contro le destre la Costituzione, che il PD è il baluardo contro i barbari che vogliono demolirla? Esaminiamo fatti e documenti. La barbara Meloni si fa garante della scelta atlantica soprattutto per quanto riguarda il sostegno armato all’Ucraina, ma anche i progressisti e democratici Calenda e Letta scrivono nel loro documento elettorale che ‘in questa cornice le parti riconoscono l’importanza di proseguire nelle linee guida di politica estera e di difesa del governo Draghi con riferimento in particolare alla crisi ucraina e al contrasto al regime di Putin’. Dunque la lesione dell’articolo 11, che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, è compiuta sia dalla barbara Meloni sia dai progressisti e democraticiCalenda e Letta. E sappiamo bene che è difficile da argomentare la compatibilità della NATO con l’articolo 11 Cost.. che peraltro è divenuta sempre più un’alleanza offensiva presente in scacchieri lontani dalla sfera euroatlantica.  E il PD ha in mano la società di produzione di armamenti Leonardo, guidata da Alessandro Profumo e da altri suoi iscritti, che propongono politiche aggressive di difesa e di potenziamento dello strumento militare.

I firmatari dell’appello potrebbero però aggiungere che la barbara Meloni vuole il semipresidenzialismo alla francese, tanto è vero che ha presentato e portato fino nell’Aula della Camera il suo disegno di legge, ma la mia obiezione è piuttosto semplice: si prenda la proposta di legge costituzionale  AC 224 della XVIII legislatura, quella che si sta chiudendo, iniziativa parlamentare dell’On. Stefano Ceccanti (PD), cofirmatari Marco Di Maio (PD), Lia Quartapelle Procopio (PD), Andrea Romano (PD), On. Massimo Ungaro (PD), Stefania Pezzopane (PD), Alessia Morani (PD), Lisa Noja (PD), Patrizia Prestipino (PD), e si troverà scritto che ‘la presente proposta di legge costituzionale, sulla base di quanto esposto alla XVII assemblea dell’associazione « Libertà eguale » svoltasi a Orvieto il 2 e il 3 dicembre 2017, si prefigge di superare il previsto stallo del sistema dei partiti chiudendo la transizione italiana e prendendo come riferimento il modello francese nella sua integralità (sistema elettorale e forma di governo)’. Dunque la barbara Meloni vuole il semipresidenzialismo alla francese  che anche il democratico e progressista Ceccanti, con altri del PD, vuole …

Ancora. I costituzionalisti mi hanno insegnato che vanno tenuti distinti i piani della contingenza politica da quello ‘senza tempo’ della Costituzione, a significare che non si risolvono problemi politici con interventi sulla Costituzione, anzi è segno di opportunismo compiere scelte di natura costituzionale per convenienza politica.

Infatti, come si usa dire, le Costituzioni sono scritte da persone quando sono sobrie per impedire loro quando sono ubriache di compiere ‘follie’ (Jon Elster): il PD questa lezione non l’ha appresa. Si dà il caso che due manomissioni della Costituzione sono state compiute dagli eredi del PCI nel 2001 e dal PD, ormai piuttosto erede della DC, nell’ottobre del 2020 per pura convenienza politica. Nel 2001 per inseguire la Lega e i suoi disegni di differenziazione-secessione territoriale ha varato la controriforma del Titolo V, e nel 2020 ha votato la riduzione del numero dei parlamentari, avversata fino ad allora, per consentire la nascita del Conte II, consentendo al PD di tornare al governo (pur avendo perso le elezioni nel 2018). La Wille zur Macht, la volontà di potere del PD è irrefrenabile e disposta a qualsiasi cosa pur di affermarsi.

Per concludere: avrei capito un appello a tutte le forze politiche chiedendo loro un impegno per ripristinare la Carta del 1948, di difenderla nella sua forma originale e di attuarla, e chiedendo in particolare al PD di dismettere ogni progetto di revisione della Carta. L’appello ‘Coalizione di emergenza contro le destre’ confonde la contingenza politica con i tempi costituzionali, che sono di lunga durata, rinunciando a rivolgersi a tutte/i i/le cittadine/i per rilanciare la lotta per la Costituzione che va oltre i partiti e le contingenze elettorali, perché è un impegno permanente contro tutte le forze che hanno manomesso o hanno intenzione di mutilare la Costituzione.

Franco Russo

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