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Nei giorni scorsi il governo spagnolo guidato da Sanchez ha proposto e fatto approvare al Parlamento una legge che introduce multe salatissime per negozi e ristoranti responsabili di sprecare cibo. La norma appena approvata in Spagna prevede prima di tutto una campagna informativa per i cittadini. Ma non solo: molti i soggetti che dovranno fare attenzione per non ricevere multe che potrebbero arrivare fino a 60mila euro (in casi molto gravi anche 500mila euro): bar, ristoranti, supermercati e negozi di generi alimentari spagnoli. I primi dovranno essere pronti a fornire doggy bag ai propri clienti per portare a casa il cibo avanzato. Sia i ristoranti che i negozi di alimentari inoltre dovranno collaborare con le organizzazioni che si occupano della raccolta e della donazione del cibo invenduto o comunque non consumato ma ancora in buono stato di conservazione. La legge prevede anche la realizzazione di corsi di formazione per il personale in modo che i processi di movimentazione, stoccaggio e trasporto siano gestiti per ridurre al minimo le perdite, e sistemi che garantiscano il mantenimento della catena del freddo. I prodotti che superano la data di scadenza dovranno essere presentati al consumatore separatamente e chiaramente differenziati dal resto, con prezzi più bassi, o essere utilizzati per la donazione. Al tempo stesso i centri come ospedali, scuole e residenze che offrono servizi di ristorazione dovranno mettere a punto programmi per la prevenzione e la riduzione delle perdite e degli sprechi alimentari che rispettino anche la gerarchia delle priorità stabilita dalla legge.
Si tratta di norme che fanno riferimento agli obiettivi per lo sviluppo sostenibile che fanno parte di Agenda 2030. Misure che altri paesi europei (come Italia e Francia) hanno già recepito da anni, ma senza ottenere i risultati sperati. In Italia, nel 2018, la ministra per la Salute Giulia Grillo, alla presentazione del Rapporto sulla Ristorazione della Fipe, aveva ammesso che “c’è ancora molto da fare per la prevenzione degli sprechi alimentari, anche nel settore della ristorazione: sarebbe infatti auspicabile che i pubblici esercizi fossero ancora più attivi sul fronte della lotta agli sprechi alimentari in quanto, ad oggi, solo il 20% degli italiani, ad esempio, riporta a casa il cibo non consumato al ristorante, ma è anche vero che non tutti gli esercizi commerciali lo permettono, così come non sempre forniscono su richiesta le mezze porzioni”. Per questo ad aprile 2018 il ministero aveva definito le linee di indirizzo rivolte agli enti gestori di mense scolastiche, aziendali, ospedaliere, sociali e di comunità, al fine di prevenire e ridurre lo spreco connesso alla somministrazione degli alimenti. A questo erano state aggiunte azioni di advocacy destinate ai consumatori ma anche alle pubbliche amministrazioni e la costituzione di una Piattaforma “Sustainability in Health: knowledge junction”. I risultati? Pochi. A confermarlo diversi studi e ricerche: secondo un’indagine Coldiretti del 2020, il 54% della popolazione italiana (più di 1 italiano su 2) ha ridotto o eliminato gli sprechi. Ma lo spreco alimentare nelle case degli italiani rimane comunque impressionante: circa 36 kg all’anno pro capite.
Secondo il Waste Watcher International Observatory on Food and Sustainability, in Italia il cibo gettato nella pattumiera di casa nel 2021 sarebbe addirittura aumentato. con costi che fanno spavento: ben 7.37 miliardi di euro. Una cifra che vale il doppio di quanto ha stanziato il governo italiano per sostenere il contrasto al caro energia, e che “pesa” 1.866.000 tonnellate. Ma non basta. A questi sprechi si devono aggiungere quelli al momento della produzione dei generi agricoli: qui le perdite ammonterebbero a 1.23 miliardi di euro ogni anno. E poi c’è lo spreco alimentare nella grande distribuzione (poco più di 1 miliardo) e quello nell’industria, poco meno di un altro miliardo (985.268.663 euro). In totale nel 2021 in Italia il valore del cibo sprecato ammonterebbe a oltre 10 miliardi di euro.
Leggendo queste cifre Antonio Parenti, capo della rappresentanza in Italia della Commissione europea, ha dichiarato che “Dopo un trend pluriennale di riduzione dello spreco alimentare, l’ultimo report di Waste Watcher purtroppo registra un “ritorno alla normalità” sul fronte degli sprechi”. Nonostante questi numeri impressionanti, “l’Italia rimane comunque un Paese virtuoso se comparato alle cifre del mondo sviluppato”, ha aggiunto Parenti.
La situazione nel resto dell’Europa, e ancora di più nel mondo, non è meno preoccupante. Secondo Maurizio Martina, vice direttore generale FAO, “ogni anno nel mondo si sprecano mediamente quasi 74 chili di cibo a testa, più del peso medio di una persona. A livello mondiale, il totale degli sprechi alimentari è uguale a quello di 23 milioni di camion da 40 tonnellate a pieno carico che, allineati insieme, possono fare il giro della terra per ben sette volte. Quasi 1.4 miliardi di ettari di superficie agricola mondiale vengono usati per produrre cibo che poi non viene utilizzato. Tutto questo mentre oltre 800 milioni di persone vivono nell’emergenza alimentare”.
Numeri impressionanti, e per molti motivi. A cominciare dalla lotta alla fame nel mondo: parlare di miliardi di chili di cibo sprecato ogni anno mentre il numero delle persone che muore di fame sta aumentando è un controsenso che un mondo “sviluppato” dovrebbe ritenere inaccettabile. Una situazione che comprende anche responsabilità da parte di chi governa nella gestione del problema. Perchè invece di pensare a combattere guerre inutili, i leader mondiali non provvedono a debellare la fame e contemporaneamente a ridurre gli sprechi di cibo?
Eppure non sarebbe troppo difficile. Anzi avrebbe molti altri aspetti positivi. Produrre così tanto cibo che poi non viene utilizzato comporta un danno spaventoso per l’ambiente. Significa destinare alla produzione di generi alimentari che non verranno mai consumati “quasi 1,4 miliardi di ettari” di terreni fertili. Vale a dire, giusto per comprendere le dimensioni del problema, dieci volte la quantità di foresta amazzonica distrutta dagli incendi negli ultimi 35 anni (75 milioni di ettari)! Vuol dire perdere dieci volte le foreste di tutta l’Europa (140 milioni di ettari)! Risolvere questo problema comporterebbe benefici che è facile immaginare. In termini di riduzione delle emissioni di CO2, lo spreco alimentare è responsabile di circa 4,4 miliardi di tonnellate di gas serra, e di un consumo di acqua pari a 170 miliardi di metri cubi. Di produzione di ossigeno. Di sfruttamento del suolo con il rischio che diventi sterile. Di riduzione delle temperature medie al suolo. Di riduzione del rischio di frane e smottamenti e molto, molto altro ancora.
Ora forse qualcosa potrebbe cambiare (e non solo in Spagna). Entro il 30 giugno 2022 tutti i paesi dell’Unione Europea dovranno comunicare i dati sulla produzione di rifiuti e scarti durante la produzione e nelle altre fasi della filiera come quello del trasporto. Ed entro l’estate prossima, verranno pubblicati i dati certi e verificati riguardanti lo spreco alimentare nell’UE. A partire da questi dati la Commissione Europea fisserà i nuovi obiettivi 2023 per ridurre gli sprechi, come previsto dal programma Farm to Fork.