Sullo schermo compare la scritta “La società della cura” e su questa frase scorre un cardiogramma stilizzato. Stiamo descrivendo il sottotitolo e la intenzionalità de “Non ci vede nessuno” di Officina Multimediale per la regia di Maurizio “Gibo” Gibertini, liberamente fruibile sulla piattaforma Distribuzioni dal Basso a questo indirizzo.
Il film è stato girato durante il primo lockdown ma rappresenta un documento perfettamente valido oggi. Raccoglie le testimonianze di coloro che dietro il pietismo della (scarsa) comunicazione mainstream stanno pagando alla crisi della pandemia un prezzo sproporzionato. Parlano le prostitute, gli immigrati irregolari, i detenuti e le loro famiglie, i senza tetto, i disagiati psichici, le donne -e sopratutto le donne maltrattate. Un mondo di “utenza marginale” che i ristori -se e quando la comprendono tra gli aventi diritto- spesso non riescono a raggungere.
Accanto alle loro voci stanno quelle di associazioni, onlus, Servizi dei Comuni, brigate e volontari che anch’essi sono i soggetti del lungometraggio. E certo, vista la pluralità di queste voci, il documento militante di cui stiamo parlando ha da durare un’ora e mezzo di un girato nitido, senza sbavature nè incespicature: articola testimonianze da Palermo a Bergamo interagendo con realtà distribuite in quattrodici città e paesi di Italia. Viene data voce alle soggettività che della solidarietà hanno fatto la loro pratica fondativa e che hanno rappresentato il meglio della nostra società distribuendo cibo, medicinali, generi di prima necessità, servizi di riparazione, personal computer per la DAD… -e sì, anche fiori e uova di pasqua- con rispetto e considerazione per l’altro, che si sono mobilitati e che denunciano la negazione dei diritti, le ingiustizie, le opacità e i black out nelle carceri.
Il centro della lettura che viene proposta sta nello spirito comunitario definito come la “forza del ‘noi’ che vince sulle solitudini imposte”: si tratta di una constatazione e non di una frase a effetto. Il piano del facile lirismo il lavoro di Gibertimi non lo vede proprio: usa uno sguardo asciutto per la concretezza dei meccanismi di esclusione. Così restituisce ai non visti voce, realtà, spessore e dignità. Grazie a questa attenzione e rispetto la trasparenza di tanti e tante si materializza attraverso i loro corpi, le loro voci, la loro presenza vera e prossima.
L’emergenza non può essere uguale per tutti perché la valorizzazione capitalistica trae forza e perpetuazione dal crescere del differenziale tra chi ha troppo e chi niente nella ricchezza, nei diritti e nella sofferenza. Così, Andrea Colombo su il manifesto conclude la sua recensione: ”L’epidemia non è la grande livellatrice. In compenso è la grande rivelatrice di dislivelli sociali mai prima così numerosi e così squilibrati. Il film di Officina Multimediale li ha fatti vedere”
Il manifesto per la Società della cura a cui transform!italia ha aderito si chiude con questo appello:
“Vogliamo una società che metta al centro la vita e la sua dignità, che sappia di essere interdipendente con la natura, che costruisca sul valore d’uso le sue produzioni, sul mutualismo i suoi scambi, sull’uguaglianza le sue relazioni, sulla partecipazione le sue decisioni. Lotteremo tutte e tutti assieme per renderla realtà.”
Il film non si limita in realtà a “far vedere”; ma si schiera con questo manifesto perché diventa strumento di comunicazione e condivisione della dimensione della lotta, informando e gettando più di una luce sui percorsi del possibile presente di una società umana giusta e solidale. Concreti, veri, saldi, esemplari… così ci vengono mostrati e vengono messi in rete i volontari e le volontarie che contribuiscono a tessere il progetto e anche le vite di chi entra in relazione con loro e dice e interroga e risponde. Sta a noi, e Officina Multimediale certo continuerà a dare il suo contributo, a trasformare questa emergenza in una occasione di riconoscimento reciproco, di affermazione, di liberazione da una invisibilità che non ci fa vedere la nostra forza.