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L’Europa esanime sul tavolo del Consiglio

di Paola
Boffo

di Paola Boffo –

Nessun accordo si è raggiunto sul contrasto alle conseguenze economiche della pandemia nella riunione in videoconferenza dei Leader giovedì 26 marzo 2020. Solo in tarda ora sono state pubblicate le conclusioni, o meglio la dichiarazione comune dei membri del Consiglio europeo che tiene conto anche degli altri punti all’ordine del giorno, relativi alla politica di allargamento dell’UE e al processo di stabilizzazione e di associazione UE-Balcani occidentali – Albania e Repubblica di Macedonia del Nord, dove il Consiglio ha deciso di avviare negoziati di adesione.

Il progetto di conclusioni che stava circolando fino a poco prima della riunione faceva riferimento anche all’uso del MES, di cui si era ampiamente discusso nella riunione dell’Eurogruppo, come abbiamo riportato due giorni fa, ma i negoziatori italiani avevano poi ottenuto che nella bozza presentata ai Leader il MES non fosse neanche menzionato. Come pure non era menzionata l’ipotesi dei coronabond, già proposta dall’Italia e caldeggiata nella lettera inviata alla vigilia del vertice al Presidente del Consiglio Michel, sottoscritta da Belgio, Francia, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Portogallo, Slovenia e Spagna, su impulso di Conte.

Questi Paesi affermano che “In particolare, dobbiamo lavorare su uno strumento di debito comune emesso da una Istituzione dell’UE per raccogliere risorse sul mercato sulle stesse basi e a beneficio di tutti gli Stati Membri, garantendo in questo modo il finanziamento stabile e a lungo termine delle politiche utili a contrastare i danni causati da questa pandemia.

Vi sono valide ragioni per sostenere tale strumento comune, poiché stiamo tutti affrontando uno shock simmetrico esogeno, di cui non è responsabile alcun Paese, ma le cui conseguenze negative gravano su tutti. E dobbiamo rendere conto collettivamente di una risposta europea efficace ed unita. Questo strumento di debito comune dovrà essere di dimensioni sufficienti e a lunga scadenza, per essere pienamente efficace e per evitare rischi di rifinanziamento ora come nel futuro.”

Nella lettera era già chiaro che lo strumento di debito comune richiesto dovrà essere emesso da una istituzione europea, e il MES non è una istituzione europea, ma una organizzazione creata da un trattato intergovernativo. Vale la pena di sottolineare che la lettera è stata sottoscritta da paesi che rappresentano il 48% della popolazione.

Lo ha reso più chiaro Conte durante la videoconferenza, come riporta l’Ansa, quando ha detto “Come si può pensare che siano adeguati a questo shock simmetrico strumenti elaborati in passato, costruiti per intervenire in caso di shock asimmetrici e tensioni finanziarie riguardanti singoli Paesi? … Se qualcuno dovesse pensare a meccanismi di protezione personalizzati elaborati in passato allora voglio dirlo chiaro: non disturbatevi, ve lo potete tenere, perché l’Italia non ne ha bisogno“, e aveva chiarito che nessuno pensa a “una mutualizzazione del debito pubblico. Ciascun Paese risponde per il proprio debito pubblico e continuerà a risponderne. … L’Italia ha le carte in regola con la finanza pubblica: il 2019 l’abbiamo chiuso con un rapporto deficit/Pil di 1,6 anziché 2,2 come programmato. Le conseguenze del dopo covid-19 vanno affrontate non nei prossimi mesi ma domani mattina“.

E dunque il presidente del Consiglio Conte e il premier spagnolo Pedro Sanchez hanno bloccato la bozza di conclusioni, proponendo invece di affidare il compito di fare una proposta entro dieci giorni ai cinque presidenti delle istituzioni europee, e cioè a David Sassoli, Presidente del Parlamento Europeo, Charles Michel, Presidente del Consiglio europeo, Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea, Christine Lagarde, Presidente della Banca Centrale Europea, Mário Centeno, Presidente dell’Eurogruppo, cercando di elevare il livello della risposta all’altezza della sfida.

Durante la discussione, peraltro, il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis, che ha co-firmato la lettera in cui si chiedono i coronabond, ha ammonito che senza una reazione comune, la BCE potrebbe essere spinta verso un programma ancora più ampio che rischierebbe l’instabilità finanziaria.

La proposta non è stata accolta, visto che la dichiarazione recita: “14. Prendiamo atto dei progressi compiuti dall’Eurogruppo. In questa fase, lo invitiamo a presentarci proposte entro due settimane. Tali proposte dovrebbero tener conto del carattere senza precedenti dello shock causato dalla Covid-19 in tutti i nostri paesi e la nostra risposta sarà intensificata, ove necessario, intraprendendo ulteriori azioni in modo inclusivo, alla luce degli sviluppi, al fine di dare una risposta globale.

Nella parte finale del documento poi si legge “Attualmente l’urgenza è quella di combattere la pandemia di coronavirus e le sue conseguenze immediate. Dovremmo tuttavia iniziare a preparare le misure necessarie per tornare al normale funzionamento delle nostre società ed economie e a una crescita sostenibile, integrando, tra l’altro, la transizione verde e la trasformazione digitale e traendo dalla crisi tutti gli insegnamenti possibili. Ciò richiederà una strategia di uscita coordinata, un piano di rilancio globale e investimenti senza precedenti. Invitiamo la presidente della Commissione e il presidente del Consiglio europeo, in consultazione con le altre istituzioni e segnatamente la BCE, ad avviare i lavori su una tabella di marcia accompagnata da un piano d’azione a tal fine. Dobbiamo altresì trarre tutti gli insegnamenti offerti dalla crisi attuale e iniziare a riflettere sulla resilienza delle nostre società quando si trovano confrontate a questo genere di eventi. A tale proposito, è giunto il momento di istituire un sistema di gestione delle crisi più ambizioso e di più ampia portata all’interno dell’UE. Invitiamo la Commissione a presentare proposte in tal senso.”

Se un intento di questo genere poteva avere senso nel 2015, quando i Leader del tempo (Jean-Claude Juncker – Commissione, Donald Tusk – Consiglio, Jeroen Dijsselbloem – Eurogruppo, Mario Draghi – BCE e Martin Schulz – Parlamento) avviarono i lavori per l’approfondimento dell’Unione Economica e Monetaria, affermando nella loro Relazione che “L’Europa sta uscendo dalla peggiore crisi economica e finanziaria degli ultimi settant’anni. Le sfide degli ultimi anni hanno costretto i governi nazionali e le istituzioni dell’UE ad agire rapidamente adottando misure straordinarie. Essi devono stabilizzare le loro economie e proteggere tutti i risultati conseguiti grazie al graduale e, a volte, difficile processo dell’integrazione europea. È stato così possibile preservare l’integrità dell’intera zona euro e il mercato interno è rimasto forte.”, è evidente che in questo caso non si possono attendere anni, mesi, settimane perché l’Europa “batta un colpo”, e che la riunione di ieri ha dato il primo colpo di vanga per la fossa.

Nella stessa giornata della videoconferenza del Consiglio europeo aveva avuto pure luogo l’incontro del G20, dove la UE ha detto che “è necessaria un’azione veloce, massiva e coordinata a livello globale sui fronti della sanità e dell’economia per salvare vite ed evitare ulteriori crisi economiche … coordinando le proprie politiche macroeconomiche, mobilitando tutti gli strumenti disponibili, per mitigare la recessione economica, sostenere i lavoratori e le aziende più colpite”. Michel e von der Leyen hanno anche sottolineato che … “è imperativo che si mantengano aperti i flussi commerciali e le catene di rifornimento, e si evitino nuove restrizioni”.

Nel corso della videoconferenza, il presidente cinese Xi Jinping si è dichiarato pronto ricerche congiunte e allo sviluppo di medicine e vaccini per vincere la battaglia contro la Covid-19, confermando che la Repubblica Popolare è disponibile a fornire assistenza ai Paesi colpiti dalla pandemia, nel contesto di una cooperazione internazionale e promuovere una maggiore sinergia “affinché l’umanità intera possa vincere la battaglia contro una malattia”. Xi Jinping ha chiesto quindi al G20 “azioni collettive” per mandare un “segnale forte” e ripristinare la fiducia per la ripresa dell’economia globale, sollecitando un coordinamento rafforzato sulle politiche macroeconomiche a livello internazionale per evitare gravi ripercussioni dell’emergenza sull’economia mondiale. E chiede di tagliare i dazi per consentire la ripresa dell’economia e facilitare gli scambi commerciali.

Putin, per parte sua, oltre a affermare la necessità di Introdurre una moratoria sulle limitazioni al commercio dei beni essenziali e alle transazioni finanziarie, ha condiviso che la spesa pubblica dei vari Stati dovrebbe svolgere un ruolo importante nell’aumento della domanda globale, tenendo conto della limitata capacità di molti Paesi di indebitarsi a seguito dell’alta volatilità dei mercati finanziari globali e ha proposto la creazione di un fondo globale sotto l’egida del Fondo monetario internazionale (FMI) per consentire ai paesi maggiormente colpiti dal Covid-19 di richiedere prestiti a tasso zero. “Si potrebbe creare un fondo globale per consentire ai paesi colpiti dall’epidemia di ottenere prestiti a tasso zero sulla base della quota da loro detenuta nell’economia globale”, ha detto, sottolineando che “i paesi del G20 devono sviluppare una strategia comune per superare la crisi”.

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