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Le prossime elezioni USA si vinceranno al centro? Chi sono i “moderati”?

di Alessandro
Scassellati

I cittadini statunitensi – un tempo noti per la loro assoluta fiducia e visione ottimistica della vita – stanno diventando ogni giorno più amareggiati e scontenti, sfiduciati riguardo alle modalità di funzionamento delle loro istituzioni, consumati dall’ansia economica e sociale e dalle crescenti divisioni politiche. La presidenza di Biden è stata segnata da un’elevata inflazione, da ingenti politiche industriali e da turbolenze all’estero, in Afghanistan, Ucraina e Medio Oriente. Sia Biden sia Trump sono impopolari. Le elezioni non saranno tanto una gara di popolarità quanto un referendum su chi gli americani pensano sia l’opzione meno negativa. Gli analisti sottolineano che la vittoria di Biden o di Trump, stante la forte polarizzazione politico-ideologica degli elettori registrati per i partiti Democratico e Repubblicano, dipenderà molto dalla loro rispettiva capacità di convincere gli elettori “moderati” a votare per loro il 5 novembre 2024.

Con l’avvio delle primarie per le elezioni presidenziali statunitensi, appare sempre più evidente che ci si avvia verso una ripetizione dello scontro del 2020 tra Joe Biden e Donald J. Trump, anche se diversi sondaggi mandano segnali che gli elettori non sono soddisfatti di entrambi i candidati. Joe Biden è un presidente in carica straordinariamente debole1. È da molto tempo che lotta per mantenere la testa fuori dall’acqua nei sondaggi degli Stati indecisi (Arizona, Georgia, Michigan, Nevada, Pennsylvania e Wisconsin, dove Trump è in vantaggio con una media di 3,8 punti), anche se Trump, il suo più probabile avversario alle elezioni generali, ha accumulato un numero impressionante di problemi giudiziari. L’età di Biden sembra rappresentare il più grande ostacolo alla sua rielezione: anche i Democratici temono che potrebbe essere troppo vecchio per ricoprire un secondo mandato, che lo vedrebbe lasciare la scrivania dello Studio Ovale all’età di 86 anni. L’inflazione lo ha danneggiato e un crescente numero di elettori accusa Biden del fatto che “il mondo è in fiamme” (come sostiene l’ultima sfidante di Trump rimasta, Nikki Haley). Vedono le guerre in Ucraina e a Gaza, sentono Trump vantarsi del fatto che non c’erano problemi del genere quando era al comando (con una nazione che avrebbe avuto confini sicuri, un’economia forte e la pace globale2) e incolpano Biden.

D’altra parte, Trump deve contemporaneamente fare fronte sia alla campagna elettorale sia a molteplici e continui casi giudiziari. Per la base repubblicana, i 91 capi di accusa per diversi crimini contro di lui sono un distintivo d’onore, la prova che è una vittima dello “Stato profondo”, il “deep State” che sarebbe orchestrato dalla sinistra liberale; ma tra l’elettorato americano più ampio, non vengono considerati così bene. I verdetti potrebbero non arrivare in tempo per il 5 novembre, ma è una prova della vulnerabilità di Trump3. Trump appare allo stesso tempo forte e debole come candidato alle elezioni generali. Per molti versi “si candida come un quasi presidente in carica alla ricerca di un altro mandato”, genera una forte lealtà nella sua base “Make America Great Again” e ha già schierato dietro di lui quasi l’intero establishment Repubblicano a Washington. Allo stesso tempo, una parte non trascurabile dell’elettorato Repubblicano è diffidente nei confronti di un’altra nomina di Trump. E molti elettori che si auto-identificano come “indipendenti” – che potrebbero decidere il vincitore a novembre – sono profondamente contrari alla sua candidatura.

La campagna per la rielezione di Biden insiste su almeno due temi che hanno una comprovata esperienza di vittoria elettorale per i democratici. Il primo è l’aborto, a seguito della decisione della Corte Suprema nel caso Dobbs del 2022 di porre fine alla protezione costituzionale del diritto all’aborto. Trump si vanta di essere “orgoglioso” di questo, perché è stato lui a nominare tre giudici di destra alla Corte. Ma non è una posizione popolare. Al contrario, i Repubblicani hanno ripetutamente perso alle urne dopo la sentenza della Corte, sia nelle elezioni che nei referendum a livello statale. “Dobbs potrebbe aver distrutto il Partito Repubblicano”, afferma lo stratega democratico Simon Rosenberg, che ha previsto con precisione il successo al Senato del suo partito alle elezioni di medio termine del 2022 ed è ottimista riguardo alle possibilità di Biden ora. Le donne elettrici suburbane sono viste come un campo demografico cruciale, come un gruppo che potrebbe influenzare le elezioni di novembre proprio sulla questione dell’aborto.

La seconda questione è l’argomento centrale anti-Trump: che l’uomo che ha cercato di ribaltare le elezioni del 2020 è un potenziale dittatore che rappresenta una minaccia per la democrazia4, sviluppando una narrativa retorica basata sul tema del “questo non è quello che siamo” come Stati Uniti (una battaglia per «l’anima della nazione» e i “valori americani”), trasformando Trump e i «Repubblicani MAGA» in un’etichetta per tutto ciò che gli elettori mainstream trovano politicamente tossico sul Partito Repubblicano. Biden e i Democratici sono convinti che se gli americani vedranno le prossime elezioni come una scelta tra estremisti che minacciano i loro diritti fondamentali e coloro che cercano di proteggere quelle libertà vulnerabili, allora il partito sarebbe in grado di prendere il controllo della presidenza e del Congresso.

A ciò si aggiungono alcuni dati economici positivi e una crescente fiducia dei consumatori e si può intravedere il profilo di un possibile messaggio vincente5. Il sentimento anti-Trump ha aiutato Biden a sconfiggere Trump nelle elezioni del 2020, quando una percentuale record di elettori aventi diritto ha votato.

L’affluenza alle urne potrebbe essere elevata anche alle elezioni generali di novembre, in parte perché gli elettori di entrambi i partiti sono fortemente motivati a battere l’altra parte. Nei sondaggi, la maggioranza di coloro che dichiarano di voler votare per Biden afferma di essere motivato principalmente dall’opposizione a Trump, mentre gli elettori di Trump sono più positivi riguardo al proprio candidato e alle sue politiche, con una percentuale minore che descrive il proprio voto come un voto contro Biden.

I cittadini statunitensi – un tempo noti per la loro assoluta fiducia e visione ottimistica della vita – stanno diventando ogni giorno più amareggiati e scontenti, sfiduciati riguardo alle modalità di funzionamento delle loro istituzioni, consumati dall’ansia economica e sociale e dalle crescenti divisioni economiche, sociali e politiche. Il successo di Trump si basa sul concreto malessere e malcontento di milioni di americani che hanno perso i loro posti di lavoro da “colletti blu” (non solo nella “cintura della ruggine”) o che hanno salari bassi e lavori precari (working poor), perché si è ristretta la classe media di un tempo che era il motore dell’economia e l’architrave del “sogno americano” degli anni ’50 e ’60, quando i compensi degli amministratori delegati erano 20 volte quello del dipendente medio (mentre ora sono superiori di 400 volte). L’1% controlla più ricchezza dei ceti medi, mentre i poveri sono 40 milioni (il 13%), i senza casa 650mila e la speranza di vita è scesa a 76,6 anni (con oltre 110mila persone che sono morte per overdose da oppioidi, eroina, cocaina e metanfetamine nel 2023). Gli Stati Uniti spendono solo 252 miliardi di dollari per l’istruzione, secondo il Center on Budget and Policies Priorities, ma 1,537 trilioni di dollari per le forze armate, parte dei quali vanno a pagare le loro circa 902 basi militari in tutto il mondo6.

Gli analisti sottolineano che la vittoria di Biden o di Trump, stante la forte polarizzazione politico-ideologica degli elettori registrati per i partiti Democratico e Repubblicano7, dipenderà molto dalla loro rispettiva capacità di convincere gli elettori “moderati” (soprattutto gli «elettori suburbani oscillanti» bianchi) a votare per loro il 5 novembre 2024.

Le diverse tipologie di “moderati”

La parte più mitizzata e forse più trascurata ed incompresa dell’elettorato americano è quella dei cosiddetti “moderati”. Sono un gruppo complicato. Spesso descritti come elettori indecisi, creature ideologiche volubili che esistono al centro dello spettro politico. Vengono confusi con gli elettori “indipendenti” (non registrati formalmente né come Democratici né come Repubblicani) e “indecisi”, ma non sono esattamente la stessa cosa. Tendono ad essere meno impegnati politicamente rispetto ai loro compatrioti militanti di destra e di sinistra. Sono sia accusati di non esistere realmente sia accreditati di aver vinto le elezioni per i principali partiti. E recentemente, sono considerati sia la ragione per cui il Partito Repubblicano si è comportato così male nell’era di Donald Trump, sia la ragione per cui i Democratici dovrebbero stare attenti che la loro coalizione vincente non crolli.

Ma come possono esserci i “moderati” dietro tutti questi fenomeni confusi e apparentemente contraddittori? Si scopre che non sono un monolite. Invece di pensarli come un singolo gruppo di elettori che hanno opinioni politiche che si collocano mediamente al centro dello spettro ideologico, è utile guardare cosa hanno scoperto gli accademici e i ricercatori studiandoli. E questo significa, fondamentalmente, che bisognerebbe dividere gli americani “moderati” in tre blocchi distinti:

  • ci sono dei “veri moderati”, le cui opinioni si orientano costantemente attorno al centro dello spettro politico-ideologico;
  • ci sono i “moderati” che sono in gran parte “disimpegnati” dalla politica e hanno opinioni incoerenti – a volte, un mix di opinioni estreme di entrambe le parti che, se trasformate in valori medi, spesso danno di loro la falsa apparenza di centrismo;
  • c’è, infine, una sorta di unicorno, la persona impegnata in politica ma che allo stesso tempo ha un mix di opinioni politiche che non la collocano in maniera netta nello spettro ideologico o in nessuno dei principali partiti politici statunitensi.

Comprendere queste categorie è importante per chiunque speri di capire cosa siano gli elettori “moderati” – ed è fondamentale per chiunque speri di conquistarli nel 2024.

Molti osservatori concordano sul fatto che ci sono molti voti “moderati” là fuori da convincere. Secondo i sondaggi sulle convinzioni ideologiche degli americani, coloro che si definiscono “moderati” tendono a costituire una pluralità della popolazione americana almeno dal 1992. Nel 2022, avevano all’incirca le stesse dimensioni del segmento di americani che si definiscono “conservatori” – dal 35% “moderato” al 36% conservatore, secondo i sondaggi Gallup. I cosiddetti “liberali” (i liberals, persone che si considerano appartenenti alla sinistra progressista e sono generalmente favorevoli a cambiamenti di vasta portata per affrontare l’ingiustizia razziale ed espandere la rete di sicurezza sociale) nel frattempo, si attestano al 26% degli adulti americani, anche se tale numero ha registrato una tendenza al rialzo negli ultimi 30 anni. Questa ripartizione corrisponde a una dinamica delle elezioni americane: almeno dal 2000, gli elettori liberal sono stati in inferiorità numerica rispetto ai conservatori, ed entrambi sono stati superati in numero dagli elettori “moderati”.

Se le tendenze degli ultimi decenni continueranno nel 2024, gli elettori “moderati” giocheranno un ruolo fondamentale in quella che probabilmente sarà un’altra elezione serrata decisa con margini ristretti. Saranno elettori chiave per i Democratici, che dipendono da un ampio sostegno di elettori “moderati” per vincere la presidenza e le competizioni elettorali chiave negli Stati teatro di accesa battaglia (i sei Stati “pendolo”). E richiederanno messaggi e sensibilizzazione molto diversi, a seconda del tipo di “moderato” che sono.

I “veri moderati

Un “vero moderato” esiste vicino al centro dello spettro politico. Questo americano è la prima persona che si potrebbe immaginare quando si pensa a un moderato, qualcuno che ha opinioni a sinistra della maggior parte dei Repubblicani eletti e a destra della maggior parte dei Democratici eletti. Questo è l’elettore “di mezzo”, probabilmente un autodefinito indipendente oppure un Democratico o Repubblicano con deboli inclinazioni ideologiche. Se si chiedesse la loro opinione sull’aumento del salario minimo, probabilmente darebbero una risposta vicina alla cifra media tra ciò che un tipico conservatore e un tipico liberal preferirebbero. Ci sono molti americani che si adatterebbero a questa descrizione. Se si chiede loro un’opinione su qualsiasi questione, dicono: “Vedo le argomentazioni di entrambe le parti e la mia politica preferita sarebbe da qualche parte nel mezzo”. Non sono molti i politici che offrono queste posizioni, ma molti elettori esprimono questo tipo di posizione.

Un gruppo di analisti ricercatori ha effettivamente studiato la frequenza con cui questo tipo di persone compare nei dati dei sondaggi, e ha scoperto che la maggior parte dei “moderati” rientra in questa descrizione sia all’interno che all’esterno dei partiti. Sono più aperti al compromesso rispetto ai liberal e ai conservatori e quindi hanno anche una sorta di “indole moderata”, nel senso che potrebbero identificarsi con un partito politico ma essere comunque ricettivi alla tesi dell’altra parte. Ciò li rende anche più propensi ad essere elettori indecisi, persuadibili nelle competizioni politiche e ricettivi alle argomentazioni specifiche avanzate da specifici candidati.

E questa categoria è un campo piuttosto largo: comprende una serie di elettori disposti a rompere con le coalizioni tradizionali, anche disertando da Donald J. Trump o da Joe Biden. Cattura democratici leali, indipendenti stressati e repubblicani anti-Trump disamorati. Molti dei cambiamenti dell’era Trump tra gli elettori suburbani, più ricchi e più istruiti (laureati) sono alimentati da questo tipo di moderati che sono più scettici nei confronti di un perno di estrema destra e pro-Trump nel Partito Repubblicano8. Sono anche elettori che potrebbero disapprovare Biden in questo momento.

Il “moderato disimpegnato

Questi “moderati” si distinguono per la loro indifferenza e il disimpegno dalla politica. I “moderati disimpegnati” sono il tipo di persona che semplicemente non ha forti opinioni ideologiche o consapevolezza della politica e delle differenze politiche tra i partiti. Tendono ad essere il tipo di persona che non vota, che non tiene il passo con le elezioni e che potrebbe non consumare molti mezzi di informazione. Nei sondaggi vengono spesso conteggiati nella categoria degli “indecisi” o dei “non sicuri” e non sono l’obiettivo principale delle campagne politiche.

Quando si impegnano in politica, tende a esserci una grande differenza rispetto ai “veri moderati”. Mentre questi ultimi tendono ad avere opinioni concentrate nel punto medio dello spettro politico, questi americani disimpegnati e con poche informazioni spesso traggono le loro opinioni dagli estremi di sinistra e di destra. Ciò significa che, sebbene le loro opinioni possano tendere verso una posizione centrista, dando loro l’apparenza di moderazione, non sono necessariamente moderati su singole questioni. Inoltre, tendono a non appartenere a nessuno dei principali partiti politici (il che significa che potrebbero anche definirsi “indipendenti”). Come scrisse Ezra Klein nel 2015, quando guardi le risposte individuali di questi elettori alle domande dei sondaggi, “trovi molte opinioni che sono ben al di fuori del mainstream politico… Elettori che non sono così interessati alla politica e che non sono attaccati ad un partito promuovono le idee che realmente piacciono a loro, indipendentemente dal fatto che siano popolari o possano ottenere 60 voti al Senato o possano essere derise dagli esperti di politica”.

Fare una media tra una visione di estrema destra sull’immigrazione (con Trump che afferma che gli immigrati che arrivano negli Stati Uniti – 6,3 milioni in tre anni – “stanno avvelenando il sangue del nostro Paese” e deputati repubblicani che ora parlano di lanciare i migranti dagli elicotteri) e una visione di estrema sinistra sul diritto all’aborto porta questi “moderati” verso il centro politico – ma una persona con queste posizioni non è lo stesso tipo di “moderato” del tipo “vero moderato”.

Lo “strano moderato

Un’ultima fetta di americani “moderati” è un gruppo particolare nei partiti politici americani. Non si adattano perfettamente allo spettro ideologico; nello spettro partitico, tendono a trovarsi al di fuori dei partiti politici. Alcuni accademici li chiamano “moderati idiosincratici”, ma forse “strani” è un termine più semplice poiché descrive quanto siano difficili da leggere.

A differenza dei “moderati disimpegnati”, i “moderati strani” sono impegnati – consapevoli delle notizie politiche, delle politiche e dei dibattiti – ma come i “moderati disimpegnati”, hanno un mix di opinioni. In realtà, non prendono queste posizioni dagli estremi ideologici, quindi tendono alla moderazione su una varietà di questioni. A causa dello strano mix di idee che hanno, potrebbero non sentirsi rappresentati da nessuno dei due partiti o da una specifica ideologia conservatrice o liberal. Includono anche i classici tipi “socialmente liberal ma fiscalmente conservatori” che avrebbero potuto essere più predominanti nei partiti Democratico e Repubblicano in tempi meno polarizzati sul piano politico-ideologico. Non sono costantemente liberal o conservatori su tutti gli argomenti e quindi sono aperti alla persuasione. Mantengono fermamente le proprie opinioni, a differenza dei “veri moderati”, ma sentono pressioni sovrapposte quando prendono una decisione di voto nella cabina elettorale.

A livello di “élite”, gli esempi comprendono gli eletti democratici conservatori della vecchia scuola e anche i repubblicani liberal potrebbero rientrare in questa categoria, disposti a votare su politiche in modi che ora sembrerebbero irriconoscibili ai partigiani più fedeli. Un caso emblematico è quello del senatore Joe Manchin: un democratico moderato che a volte si schiera con i Repubblicani e che avrebbe voluto promuovere un terzo partito “no labels” (senza etichette). Sono una parte in diminuzione di entrambi i partiti politici, ma possono essere importanti elettori indecisi.

Nei partiti esistono sempre meno di tutti questi tipi di “moderati” – e questa è la vera sfida delle elezioni del 2024.

Che impatto avranno i “moderati” nelle elezioni del 2024?

Come la maggior parte delle elezioni, l’esito nel 2024 sarà probabilmente deciso da quale partito e quale candidato sarà in grado di mantenere i propri elettori liberal e conservatori conquistando il maggior numero possibile di “moderati”.

Secondo le analisi dei ricercatori, sono stati i “moderati veri” e “strani” ad avere avuto un ruolo significativo nell’altalena delle elezioni dell’ultimo decennio: i “veri moderati” sono stati quelli che con maggiore probabilità hanno cambiato i loro voti tra partiti nelle elezioni del 2012 e in quelle del 2016, contribuendo alla vittoria di Donald J. Trump. Sono quelli più aperti a cambiare partito se l’altro partito presenta un candidato particolarmente convincente. Le persone che hanno votato per Obama nel 2012 e per Trump nel 2016, sono persone che probabilmente sono vicine ideologicamente al centro, e forse gli piaceva davvero Obama, forse non gli piaceva altrettanto Hillary Clinton (che comunque prese 2,9 milioni di voti popolari in più di Trump), e Trump ha fatto uno sforzo per cercare di attirarli in qualche modo (a Trump bastarono 78mila voti strategici in Michigan, Pennsylvania e Wisconsin per avere la maggioranza di delegati al Collegio Elettorale Nazionale ed essere eletto presidente).

I “moderati strani” probabilmente costituiscono una quota minore di coloro che cambiano voto, ma poiché non si sentono rappresentati da nessuno dei due lati dello spettro ideologico o partitico, sono particolarmente attenti ai messaggi specifici dei candidati e disposti a guardare oltre l’identificazione del partito. Si tratta ancora di una porzione relativamente piccola dell’elettorato: la maggior parte delle persone tende a non cambiare partito negli anni delle elezioni presidenziali. Ma, ancora una volta, gli spostamenti ai margini possono fare la differenza in contesti serrati in bilico. E qui entra in gioco un problema per entrambe le parti.

L’imperativo di persuadere i “moderati veri” e “strani” va contro la tendenza dei partiti politici americani, che negli ultimi anni si sono spostati sempre più verso la sinistra (di orientamento socialdemocratico) e la nuova destra politica (reazionaria, post-liberale, autoritaria, razzista, protezionista e nazionalista), diventando allo stesso tempo più ideologicamente coerenti al loro interno, spingendo fuori i “moderati” di ogni tipo. I leader di partito hanno guidato questa spinta, ma la base ha seguito l’esempio negli ultimi due decenni, poiché i tassi di coloro che si auto-identificano come “moderati” sono in declino in entrambi i partiti.

Le recenti tendenze elettorali non sono troppo positive per i Repubblicani. Hanno regolarmente perso elettori “moderati” alle elezioni dall’ascesa di Trump nel 2016 – da 15 a 30 punti nelle elezioni del 2018, 2020 e 2022, secondo gli exit poll. E il tipo di conservatorismo di Trump sembra anche essere meno attraente per i Repubblicani “moderati” nei primi due Stati che hanno tenuto le primarie finora: in Iowa, ha ottenuto il sostegno di circa il 20% degli elettori moderati del GOP, in calo rispetto al 34% che aveva ottenuto nel 2016 (l’ultima volta che ci sono state primarie competitive del GOP). E nel New Hampshire ha vinto circa il 25% dei moderati, in calo rispetto al 32% del 2016.

Anche i Democratici si trovano di fronte ad una sfida: la loro coalizione vincente conta su una fetta più grande di elettori “moderati” di vario tipo che si rivolgono a loro rispetto a quelli Repubblicani. Considerata l’impopolarità di Biden e il continuo sentimento contrastante degli elettori nei confronti dell’economia (che secondo i dati e gli indicatori ufficiali è in ripresa, ma secondo i parametri socialdemocratici convenzionali, come la densità sindacale, la generosità del welfare e i livelli di proprietà pubblica, non è in buona forma e le tendenze recenti sono state, nella migliore delle ipotesi, contrastanti), intensificare gli sforzi per persuadere questi elettori sarà fondamentale per mantenere unita quell’alleanza politica – e tenere Trump fuori dalla Casa Bianca.

Rispetto alle elezioni del 2020, Biden sembra aver perso terreno tra gli elettori afroamericani: il suo indice di approvazione tra gli adulti neri è del 42% nell’ultimo sondaggio dell’Associated Press-Norc Center for Public Affairs Research, un calo sostanziale rispetto al primo anno della sua presidenza9. La campagna di Biden spera che i recenti forti indicatori economici rafforzeranno il basso indice di approvazione del presidente, alimentato dalle esitazioni degli elettori sulla sua gestione della guerra Israele-Gaza, dell’immigrazione e di altre questioni interne. Un recente sondaggio AP/Norc rivela che il 50% degli adulti statunitensi pensa che la risposta militare di Israele a Gaza sia “andata troppo oltre”, rispetto al 40% a novembre, indicando un cambiamento nell’opinione pubblica americana. I giovani elettori, gli arabi e musulmani americani (gruppi importanti di elettori, tradizionalmente democratici, in uno Stato chiave come il Michigan e nel New Jersey), gli afroamericani e anche gli ebrei progressisti, gruppi chiave per la vittoria elettorale di Biden nel 2020, sono inorriditi dalla sua gestione della guerra. Potrebbero non votare per lui il prossimo novembre10.

Alessandro Scassellati

  1. Avendo i Democratici perso il controllo della Camera alle elezioni di midterm del 2022, i Repubblicani hanno potuto bloccare qualsiasi legge approvata dalla maggioranza democratica al Senato e hanno utilizzato i negoziati sul tetto del debito per cercare di tagliare drasticamente la spesa federale e paralizzare il governo. Negli ultimi due anni, Biden non è riuscito a far approvare alcuna nuova legge e ha dovuto governare attraverso degli ordini esecutivi, vanificando le ambizioni politiche dei Democratici su aborto, controllo delle armi, diritto di voto e riforma sanitaria. Negli ultimi mesi, anche i programmi di aiuto finanziario e di approvvigionamento di armi destinati all’Ucraina e a Israele sono andati in stallo.[]
  2. Trump continua a dipingere un cupo ritratto degli Stati Uniti, con «le strade intrise di sangue delle nostre grandi città» sotto il controllo della criminalità e una «invasione» da parte di «milioni e milioni di alieni illegali» e di tonnellate di droghe che entrano dal confine meridionale. Accusa Biden di infliggere «dolore, difficoltà, ansia e disperazione« con le sue politiche economiche e interne. Definisce Biden «il volto del fallimento della sinistra e della corruzione del governo» e lo accusa di peggiorare l’inflazione e di «rinunciare» all’indipendenza energetica dell’America. Trump si ricandida «per cercare di salvare il nostro paese», offrendo la sua visione alternativa, che ha chiamato «l’agenda della grandezza nazionale», che comprende la pena di morte per gli spacciatori, la messa al bando della teoria critica della razza e della «follia di genere» dalle scuole, la protezione dei «diritti paterni», l’indebolimento o l’abolizione dei diritti transgender – che ha ritratto come «uomini che praticano sport da donne», l’imposizione di limiti di mandato per i membri del Congresso, una tassa del 10% su tutte le importazioni dall’estero, la promozione della produzione di combustibili fossili, la messa da parte degli scienziati governativi e la bandiera americana che sventola su Marte. Si pone a capo del movimento MAGA che riconosce lui come leader supremo. Trump martella con insistenza sul «fatto» che l’America è stata quasi irreparabilmente distrutta dalla «sinistra radicale che cerca di distruggere il nostro paese dall’interno» (i «radical left lunatics running our country right into the ground»), per cui il paese è diventato uno «zimbello», una nazione in «disordine» e in «rovina» – una catastrofe storica da cui solo lui è in grado di salvarlo.[]
  3. Il 55% dei Repubblicani afferma nei sondaggi che dovrebbe essere giudicato colpevole e condannato al carcere se avesse infranto la legge. Trump, che attualmente sta affrontando quattro procedimenti penali, ha sostenuto in tribunale che dovrebbe essere immune da procedimenti giudiziari per le azioni intraprese mentre era presidente. A dire il vero, la maggior parte dei Repubblicani non pensa che sia colpevole: solo un intervistato Repubblicano su cinque afferma che è credibile che Trump abbia istigato la frode elettorale, una delle principali accuse contro di lui, e quattro su cinque affermano che i suoi avversari politici stanno abusando del sistema legale per far fallire la sua candidatura presidenziale.[]
  4. Nel terzo anniversario del 6 gennaio 2021, in un discorso vicino a Valley Forge, in Pennsylvania, Biden ha pronunciato il nome “Trump” più di 40 volte in meno di un’ora, avvertendo che il suo probabile avversario nel 2024 avrebbe sacrificato la democrazia americana per mettersi al potere. Biden ha ricordato come Trump abbia chiamato gli insurrezionalisti “patrioti” e abbia affermato che c’era “molto amore” il 6 gennaio. Ha affermato che “il resto della nazione, comprese le forze dell’ordine, ha visto molto odio e violenza”. Biden ha continuato: “Colui che rivendica la legge e l’ordine semina illegalità e disordine”. Biden ha sottolineato che Trump sta pianificando una campagna su vasta scala di vendetta e punizione, e ha promesso di essere un dittatore fin dal primo giorno. Trump ha anche minacciato di abolire la costituzione americana, di imporre la pena di morte ai leader militari che lo hanno sfidato e ha definito i soldati morti “femminucce” e “perdenti”. Biden non ha equiparato Trump a Hitler, ma ha osservato: “Parla dell’avvelenamento del sangue degli americani, riecheggiando lo stesso identico linguaggio usato nella Germania nazista”.[]
  5. Biden è in grado di raccogliere un maggiore sostegno finanziario da parte dei ricchi donatori e delle grandi corporations rispetto a Trump. Ha anche ottenuto il sostegno formale dei sindacati: dall’AFL-CIO (la più grande federazione di sindacati negli Stati Uniti), alla National Education Association (che rappresenta circa 3 milioni di insegnanti, il più grande sindacato degli Stati Uniti) e alla United Auto Workers (UAW – che ha 400 mila iscritti). Sia Biden che Donald Trump avevano corteggiato l’UAW durante i 46 giorni di scioperi della seconda metà del 2023 (si vedano i nostri articoli qui e qui) e Biden è diventato il primo presidente a partecipare a un picchetto a sostegno del sindacato. “Joe Biden ha scommesso sul lavoratore americano mentre Donald Trump ha incolpato il lavoratore americano. Se il nostro appoggio deve essere guadagnato, Joe Biden se lo è guadagnato. Donald Trump è un crumiro. Donald Trump è un miliardario ed è quello che rappresenta. Queste elezioni riguardano chi si schiererà con noi e chi si metterà contro di noi sulla nostra strada”, ha detto davanti a Biden in una conferenza sindacale il presidente della UAW, Shawn Fain.[]
  6. Gli USA costruiscono il loro massiccio apparato militare aumentando il proprio debito pubblico (gli interessi sul debito militare statunitense rappresentano circa il 70% dei pagamenti netti di interessi del governo federale statunitense). Poiché c’è poco consenso interno per utilizzare quell’indebitamento per (ri)costruire le infrastrutture, il sistema dei servizi pubblici e la base produttiva del paese, fanno affidamento sulla combinazione dell’aggressione esterna con un’agenda interna sempre più repressiva (con un nuovo McCarthyismo, il trumpismo del partito Repubblicano e un rinnovato razzismo spinto dallo sdoganamento del suprematismo bianco da parte dei politici conservatori).[]
  7. È ormai evidente che negli Stati Uniti, come in tutti gli Stati nazionali occidentali, si sta vivendo una deriva verso una crescente polarizzazione politica lungo linee partigiane – verso una «guerra civile politica» tra il populismo nazionalista, autoritario ed estremista della destra reazionaria che cavalca e «normalizza» una furia anti-establishment contro un «sistema truccato» e il populismo progressista delle forze di centro-sinistra – dovuta ad un declino economico e sociale dei ceti medi, delle classi lavoratrici e una perdita di appeal, credibilità e consenso elettorale di politici e forze politiche autenticamente di centro e socialdemocratiche. Un’evoluzione che si intreccia con una verticalizzazione sempre più spinta della leadership politica come conseguenza della crisi sempre più grave della capacità dei corpi sociali intermedi (di quelle che Wolfgang Streeck chiama le «istituzioni keynesiane») e dei partiti politici di fare mediazione e sintesi sul piano politico-culturale. Per questo l’intreccio tra iper-polarizzazione, verticalizzazione e personalizzazione della politica va considerato con grande preoccupazione, foriero di «democrature», ossia di regimi politici improntati alle regole formali della democrazia, ma orientati nei comportamenti a un sostanziale autoritarismo.[]
  8. Trump ha i suoi ferventi devoti, ma molti americani non lo sopportano – e questo dà a Joe Biden un modo per vincere, anche se gli ultimi sondaggi mostrano l’attuale presidente sei punti indietro rispetto a Trump (34% contro 40%). Gli analisti segnalano che nelle primarie repubblicane del New Hampshire, la vittoria di Trump su Nikki Haley è stata assicurata dal suo vantaggio di tre a uno tra i Repubblicani registrati (soprattutto di quelli più conservatori, ormai conquistati all’ideologia MAGA di “rendere l’America di nuovo grande”), ma il suo margine complessivo si è ridotto perché lei lo ha battuto in modo convincente tra gli elettori non dichiarati o “indipendenti” (al 58% per Haley), che secondo le regole del New Hampshire sono autorizzati a prendere parte alle primarie del partito. Il loro scopo principale dichiarato era fermare “quell’uomo”, molti dei quali hanno espresso palese disgusto per Trump. Per quanto tempo la signora Haley riuscirà a mantenere viva la sua campagna è una questione aperta. È probabile che la risposta sia incentrata su quanto tempo dureranno i suoi soldi, sia nelle casse della sua campagna elettorale che nel super comitato di azione politica che la sostiene. Uno dei motivi per rimanere il più a lungo possibile, dicono i sostenitori, è che potrebbe intervenire se un evento inaspettato (una condanna o una dichiarazione di non idoneità alla candidatura da parte della Corte Suprema) dovesse far deragliare la candidatura di Trump in una fase avanzata del ciclo della campagna elettorale. Intanto, alle primarie repubblicane del Nevada Haley ha perso contro l’opzione “nessuno di questi candidati” al ballottaggio (Trump non era candidato).[]
  9. C’è un contrasto tra la retorica di Biden e la realtà vissuta da molti elettori afroamericani che lo hanno portato alla Casa Bianca quattro anni fa. Molti di loro, nonostante alcuni segnali di miglioramento, sono profondamente consapevoli di quanto sia lontana l’uguaglianza e di quanto facilmente questi progressi possano essere invertiti. C’è una disuguaglianza economica profondamente radicata, che spesso, anche se non sempre, corre lungo linee razziali, e che si accompagna all’enorme concentrazione della ricchezza e del potere monopolistico acquisito da gigantesche corporations. Durante le primarie di quattro anni fa, Biden si riprese dai deludenti risultati in Iowa e New Hampshire per ottenere una clamorosa vittoria in South Carolina (la sua prima vittoria alle primarie nella sua corsa per la Casa Bianca). Fondamentale fu il sostegno da parte di James Clyburn, decano del caucus congressuale nero e unico deputato democratico dello Stato, che galvanizzò il voto nero per Biden, che vinse quasi la metà degli elettori democratici della South Carolina e ottenne il primo posto in ogni contea dello Stato. Secondo gli exit poll del 2020, circa il 60% degli elettori democratici nella South Carolina erano afroamericani e circa il 90% degli elettori afroamericani hanno poi votato per i democratici. Biden ha riconosciuto il suo debito verso gli elettori afroamericani democratici della South Carolina: “Non sarei qui senza gli elettori democratici del South Carolina, e questo è un dato di fatto. Siete il motivo per cui sono presidente“. Mentre Biden ha iniziato formalmente la sua campagna per la rielezione, il suo messaggio agli elettori afroamericani è stato quello di guardare alle promesse che ha fatto e mantenuto alle comunità di colore. Biden ha elevato donne nere a posizioni di autorità, scegliendo Kamala Harris come suo vicepresidente, nominando Ketanji Brown Jackson alla Corte Suprema degli Stati Uniti e un numero record di donne nere ai tribunali federali. Limitare i costi dell’insulina per i consumatori e includere la medicina tra quelle pagate dal Medicaid sono stati tra quei risultati distintivi. Secondo l’American Diabetes Association, circa l’11,6% degli americani è diabetico, con un carico della malattia che colpisce in modo sproporzionato gli afroamericani. Secondo i dati della Medical University of South Carolina, un abitante della South Carolina su otto è diabetico. Per i neri della South Carolina, è uno su sei. Per gli over 65, è uno su quattro. In quattro anni di presidenza, però, Biden ha lasciato cadere la proposta di Bernie Sanders di sostituire il sistema di assicurazione sanitaria privata con un sistema Medicare for All a contribuente unico, ossia quella che era stata la questione di politica interna dominante nelle primarie del 2020. Negli ultimi due anni, il problema principale per Biden è stato l’inflazione. Sebbene il tasso di inflazione negli Stati Uniti sia stato inferiore a quello di altri paesi industrializzati e stia attualmente scendendo, i prezzi sono ancora molto più alti rispetto a prima della pandemia. Il tasso di disoccupazione degli afroamericani in aprile 2023 è sceso brevemente sotto il 5% per la prima volta nella storia e rimane più basso nell’ultimo anno rispetto a qualsiasi periodo precedente nella storia americana. Con notevole coerenza storica, il tasso di disoccupazione degli afroamericani si è solitamente attestato al doppio del tasso di disoccupazione dei bianchi. I dati sull’occupazione dell’ultimo anno suggeriscono che questo fenomeno sta iniziando a disaccoppiarsi: i tassi di disoccupazione dei bianchi e dei neri si stanno avvicinando sempre di più. In termini assoluti, i risultati economici per gli elettori afroamericani stanno migliorando. In termini relativi, tuttavia, sono in ritardo. Il divario di ricchezza tra le famiglie bianche e nere è aumentato durante il mandato di Biden. Le famiglie nere hanno circa il 30% in meno di probabilità di possedere una casa rispetto alle famiglie bianche, aumentando questo divario. Il lavoratore afroamericano medio guadagna 76¢ per un dollaro guadagnato dal lavoratore bianco medio. Anche la riduzione dei prestiti studenteschi – 130 miliardi di dollari e oltre – è stata un elemento distintivo della campagna per la rielezione di Biden. Gli studenti afroamericani hanno sopportato un onere maggiore da tali prestiti. Sebbene l’agevolazione sui prestiti studenteschi alleggerisca le persone che hanno precedentemente contratto prestiti, non sta facendo molto per le persone che frequentano le scuole oggi.[]
  10. Un tale indebolimento della coalizione di Biden è proprio ciò di cui i Repubblicani, sostenuti dai sondaggi che mostrano Donald J. Trump in testa negli Stati chiave, hanno bisogno per mettere il loro candidato impopolare oltre l’arrivo finale. Durante la sua campagna presidenziale del 2020, Biden aveva promesso di invertire la rotta rispetto alla politica marcatamente filo-israeliana del suo predecessore, in particolare riaprendo l’ambasciata americana a Tel Aviv e l’ufficio dell’Autorità Palestinese a Washington – non ha fatto nulla di tutto ciò. Invece, ha seguito le orme di Trump, prima concentrandosi sull’incoraggiare l’Arabia Saudita ad unirsi agli Stati arabi che avevano stabilito relazioni diplomatiche con Israele sotto l’egida di Trump, poi dando sostegno incondizionato a Israele nella sua invasione di Gaza. Così facendo, è riuscito a far arrabbiare il suo stesso Partito Democratico che oggi è più solidale con i palestinesi che con gli israeliani (dal 34% al 31%), senza soddisfare nemmeno i Repubblicani. La valutazione dell’approvazione di Biden sulla gestione della guerra è scesa al 31%, con una diminuzione significativa tra i Democratici, passando dal 59% al 46%. Biden deve affrontare continue sfide anche con l’ala sinistra del suo partito. Nei giorni scorsi, durante un evento nella periferia della Virginia incentrato sui diritti riproduttivi – una questione importante per i Democratici – i manifestanti contrari al sostegno degli Stati Uniti a Israele nella guerra a Gaza hanno interrotto il presidente più di una dozzina di volte, gridando “genocidio Joe”.[]
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