editoriali

Le ombre di Draghi

di Roberto
Musacchio

A doverla immaginare oggi, la fantapolitica potrebbe regalarci tra pochi mesi Draghi candidato a Presidente della Repubblica da Salvini mentre Letta gli chiede invece di fare il Presidente del Consiglio più o meno a vita. Salvini volendo andare alle elezioni per incassare e sentendosi tranquillo con Draghi al Quirinale per come sta ben convivendo con lui a Palazzo Chigi. Letta sperando che Salvini scuffi e Draghi divenga l’ombrello di un centrosinistra che annaspa nei sondaggi, nella politica e nella realtà.

Per come stanno messe le cose, dovessi scommettere lo farei sul fatto che a decidere sarà Draghi e, dovendo scommettere anche su cosa, penso che andrà avanti a fare il Presidente del Consiglio, magari con una donna al Quirinale così Letta è contento. E sarebbe anche giusto che il Colle avesse finalmente un’inquilina.

Per il resto le cronache ci dicono di un grande lavorio a ridisegnare un quadro politico adeguato all’imperium draghiano. Sono tante le terre di mezzo che cercano di emergere. I due continenti bipolari appaiono pieni di faglie potenzialmente telluriche. A destra almeno hanno due grandi feudi come Lega e Fratelli d’Italia. Il centrosinistra a confronto appare destinato a perdere con la sua alleanza di PD e Cinquestelle, soggetti più fragili e sovrapposti precisamente sulle fragilità, laddove il lato più “forte” del PD, quello “padano”, combacia assai più con la Lega.

Ma, dicevo, molto si muove. Dal centrosinistra, i Renzi e i Calenda. Dai Cinquestelle, varie opzioni parlamentari, elettorali e politiche degli ex grillini. Da Forza Italia, la nuova aggressione di Toti e Brugnano, presidente della Liguria e sindaco di Venezia, che in un amen ha raccolto una trentina di adepti di provenienze miste compresi uomini storicamente capaci di trasversalismo.

L’immagine feudale tipica della costruzione europea per aggregazioni tecno-intergovernative è da sempre rappresentata nelle forme più esplicite nell’Italia della Seconda Repubblica. Quella del trentennio dei governi di centrosinistradestra intervallati dal bipolarismo farlocco. Governi vassalli, come ricorda la lettera di Draghi, allora in versione Bce, a Monti nel 2011, recentemente ripubblicata. Tutti aderenti, come ai tempi del sacro romano impero d’Occidente, al trattato di Maastricht e suddivisi in valvassori e valvassini, per pezzi di Paese, di interessi o di partiti e gruppi parlamentari.

D’altronde le manovre politiche assomigliano precisamente a guerre minori laddove l’imperio è garantito dalla grande missione, la nuova ristrutturazione capitalistica che la pandemia, dopo la crisi finanziaria, ha reso necessaria.

Giorno per giorno essa si precisa. Il governo di tutti quelli che hanno potere si dedica a ristrutturare questo potere. E lo fa secondo la logica fondativa di Maastricht e cioè l’economia sociale di mercato. Dove non è il mercato ad essere sociale ma la società ad essere di mercato. Come confermato dagli idola che la UE continua ad adorare in piena pandemia, le multinazionali, la competizione, il commercio. Finendo a destra degli USA di Biden dove il capitalismo appare addirittura meno ideologico. E come confermato da ciò che fa il governo Draghi e cioè soldi, libertà di licenziamento e di appalto, tutto per le imprese. Poi l’Italia ci mette del suo. Lo fa Draghi sdoganando la Lega in prossimità con la fine di Merkel e delle incertezze elettorali tedesche. Lo fa il sistema Italia che dalla UE prende le liberalizzazioni e ci mette sopra le deroghe alle regole ambientali o sulla concorrenza. Se mi si chiede se questo sia in contrasto con la UE o anticipi tendenze che “correggono” col “reale” l'”idealismo” del mercato direi la seconda. Lo conferma il fatto che la subordinazione della UE al capitalismo reale è talmente evidente, a partire dalla vicenda vaccini ma confermata da tutto, compresa la riduzione di 11 punti e mezzo (dal 32 al 20,5%) di tassazione media sulle imprese in Europa; con le tecnologiche, quelle del Next Generation UE, che stanno al 9,5%! Questa realtà non può essere nascosta dai vaniloqui ipocriti dei potenti come al Global Healt Summit.

Che facciamo, stiamo a guardare? In un Paese dove si trova la morte su una funivia a cui sono stati bloccati i freni. Dove le morti sul e da lavoro sono record (in una UE che però non ha neanche previsto un’uniformità del loro conteggio per non parlare di una politica per evitarle). Dove perdita di lavoro, di salario, di servizi sono ai livelli peggiori. In un Paese così la cosa più triste è la fine della speranza, lo smantellamento della politica. Ecco, questa cosa qui deve finire.

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