Riflessioni sull’importanza del tornare al cuore delle cose attraverso il valore del dissenso e della protesta in un’intervista a Laura Paracini, attivista di Ultima Generazione.
Dall’atto compiuto da UG al Senato è passato ormai diverso tempo e Laura Paracini, attivista e studentessa di psicologia, racconta di quanto siano stati intensi questi mesi durante i quali il movimento è cresciuto in numero e si sono intensificate le proteste sia in Italia che in Europa. Molti avvenimenti climatici di grave impatto hanno segnato il passo, il territorio italiano è colpito da siccità e danni permanenti. È montata al contempo anche la criminalizzazione del dissenso e degli attivisti, che rischiano oggi fino a sei anni di carcere per danneggiamento aggravato. Rimangono inascoltate le richieste del movimento e imperversa il negazionismo propagato da politici e presuntuosi opinionisti. Non si lascia spazio ad un dibattito serio ed oggettivo, criticando i metodi di protesta, nonviolenti ancorché disturbanti, con accuse fallaci che non permettono all’opinione pubblica di comprendere al meglio i termini del discorso relativi alla crisi ambientale e sociale della nostra era e di quanto sia fondamentale agire immediatamente per contrastarla. Mentre tutto rimane invariato nei modi di vita e di convivenza e si amplifica l’alienazione dei singoli, la crisi ambientale si specchia ed intreccia alla salute della nostra democrazia e al sempre più attenuato livello di partecipazione dei cittadini. Siamo divenuti incapaci di indignarci e lottare insieme per i diritti e i beni comuni e soprattutto contro chi li minaccia?
Il 2 gennaio 2023 con altri due tuoi compagni di resistenza civile, Davide e Alessandro, avete compiuto un’azione al Senato imbrattando con della vernice lavabile il palazzo per chiedere che si rispettassero gli accordi presi dall’Italia a Glasgow in occasione della COP261 e rendere palese l’urgenza imposta dal cambiamento climatico. Quindi, ad esempio, rispetto alla decarbonizzazione, all’implemento dei gigawatt da eolico e solare. Oltre che la dismissione delle centrali a carbone. Cosa è cambiato da allora, dopo il vostro atto, e quali sono gli obiettivi raggiunti sul piano delle istituzioni e sul piano sociale e civile?
Sì, in effetti è passato quasi un anno e sono stati mesi molto pieni. Sicuramente è cresciuto ancora di più il movimento. Il nostro obiettivo è quello di riportare una mobilitazione di massa in Italia, che è quello che poi sta avvenendo con tutti gli altri movimenti gemelli… perché, ricordiamolo, Ultima Generazione fa parte di una rete internazionale, la rete A22. Non so quanto si segua del nostro progetto politico gemello, però ad esempio abbiamo visto delle grandissime vittorie sia nel Regno Unito, nei Paesi Bassi e in Olanda. Proprio in questi giorni ci sono state delle dimostrazioni numerosissime e veramente partecipate nelle quali il cuore delle città è stato bloccato per diversi giorni da centinaia e migliaia di persone. E parliamo di persone comuni. Non parliamo di eletti, di soli attivisti e persone politicizzate. Insomma, sono persone comuni che hanno risposto alla chiamata. E ovviamente noi abbiamo lo stesso obiettivo.
Posso dire che mobilitare in Italia è difficile, nonostante abbiamo ovviamente la nostra storia di resistenza. Io credo che quello italiano sia un popolo molto disimpegnato e molto disilluso a livello politico e sociale. Non crediamo più in concetti di comunità alternativi. Sicuramente non abbiamo nessun tipo di fiducia nei confronti della nostra classe politica e dirigente, e però questo, dal mio punto di vista, porta poi a un disinteresse, alla normalizzazione dell’inadempienza dell’inazione della politica… nel momento in cui diviene scontato che la classe politica è corrotta, che non funziona per molti aspetti, una democrazia non potrebbe essere definita tale. Il capolavoro della classe dominante avviene in modo definitivo quando si perde anche la capacità di indignarsi.
Bisogna inoltre aprire una critica alla sinistra, che rimane vicina solo in teoria alle proteste popolari, ma che ha il problema di non saper più arrivare al popolo. E da qui anche il bisogno di una mobilitazione di massa. La disobbedienza civile in sé è uno strumento potentissimo ed è tra quelli più funzionali se si vuole avere un cambiamento veloce effettivo. Se si sono abbandonate altre vie perché non davano i risultati sperati, bisogna arrivare a fare un’autocritica e quindi un esame di realtà. Per questo il nostro obiettivo è quello della mobilitazione.
Quali saranno i prossimi passi?
Tra pochi giorni inizierà un periodo di azioni ravvicinate che si concentreranno a Roma, sede delle istituzioni e che quindi sarà la protagonista. Lo vedrete tra poco, siamo più numerosi… si cresce e si migliora. Abbiamo aperto una nuova richiesta, che è quella del ‘fondo di riparazione’2 perché abbiamo ritenuto che fosse ciò che in questo momento è più necessario. Dopo gli ultimi giorni e lo scandalo dei fondi non stanziati dal governo, o solo in parte, in merito agli eventi climatici estremi che ci sono stati e che continueranno ad esserci, bisogna veramente entrare nell’ottica nella quale il nostro governo non ha nessuna intenzione di provvedere al danno ed è completamente incapace. Io sottolineerei la volontà nel ‘non agire per il collasso climatico’, perché sono convinta che si potrebbe fare molto di più. Le persone sono completamente abbandonate e bisogna reclamare.
E dal punto di vista invece, come dici tu di risposta politica, abbiamo continuato a essere repressi, criminalizzati anziché ascoltati, e questo non fa altro che sottolineare la necessità di andare avanti.
Quindi continuiamo e mobilitiamo le persone perché è evidente che, almeno per adesso, non c’è nessuna intenzione da parte della classe dirigente di anche solo considerare il problema. Anzi, la cosa veramente schifosa…posso dirlo? È quanto abbiamo visto nei media, da parte dei canali di informazione…che anziché aiutare, raccontando l’urgenza che stiamo vivendo e il collasso climatico, stanno invece seguendo il processo inverso, ovvero si sta cercando di sdoganare il negazionismo climatico. C’è sempre stata una percentuale di persone che aveva questa posizione, ma non era così scontato che dei conduttori della televisione o dei politici, direttori di giornali, prendessero tale posizione in modo così chiaro e diretto, parlando su canali seguitissimi facendo negazionismo climatico in prima serata… ed è veramente grave.
È chiaro che ci sia una responsabilità da parte dei professionisti e degli operatori dell’informazione e che si stia conducendo un’operazione di normalizzazione anche in questo caso. Ma pare che ci sia allo stesso tempo una difficoltà generale a comprendere che il futuro sarà diverso da quello ritenuto prima auspicabile. Il vostro gesto è infatti stato molto forte sul piano simbolico. Avete scelto il Senato. La denuncia riguarda anche un tradimento generazionale oltreché politico da parte delle istituzioni?
Non so se noi dall’interno lo viviamo come generazionale, perché il gruppo è molto eterogeneo, però sicuramente c’è un discorso da fare in ambito più generale. Perché sì, sappiamo che il movimento ambientalista è sempre stato sentito tantissimo in primis dalle generazioni più giovani, ma perché giustamente riguarda il futuro… si riconnette tantissimo all’idea che si può avere del futuro. E come si fa a vivere una vita degna di essere chiamata tale se non hai prospettive? Qualcosa poi che incide tantissimo… io, ad esempio, studio psicologia e noi sappiamo che dal punto di vista giovanile siamo veramente in un’epoca oscura. Il tasso di depressione, come dei suicidi non è mai stato così alto e non possiamo continuare a chiederci perché. Perché? Guardiamoci intorno… una persona che ha 17 anni, con tutto ciò che ha interiorizzato e tutto ciò che vede intorno a sé, in un clima di distruzione e devastazione senza prospettive, in che modo può vivere la sua vita nella società? Dalle sue interazioni più intime agli aspetti più sociali ed esternalizzanti? Tante volte quando ci confrontiamo con le persone che hanno sessanta o settant’anni vediamo come in nessun modo sembrino percepire l’urgenza… e non c’è sicuramente la stessa percezione delle modalità di resistenza. Tutto inizia da come si vive il problema e poi da qui il modo in cui lo si fronteggia, ovviamente. Noi abbiamo ben chiara la necessità di mobilitare la gente verso una questione legata al tempo, perché non c’è più tempo. Non c’è più tempo per le manifestazioni organizzate, per i convegni, non c’è più tempo nemmeno per la sensibilizzazione… anche perché noi, ricordiamolo, veniamo da trent’anni di sensibilizzazione ambientale.
E quindi voi avete fatto un’elaborazione rispetto a questo? Perché se da un lato l’azione immediata e urgente è necessaria, sul piano politico è sicuramente necessario un dibattito… anche se l’azione è impedita da certi interessi della politica. Come se ne esce?
Da qui infatti la necessità all’azione. Le compiamo perché se fosse stato così facile introdursi nel dibattito pubblico, non avremmo avuto bisogno di lanciare una zuppa su un vetro. A quel punto siamo stati invitati alle trasmissioni televisive e alle conferenze. Bisogna considerare anche questo. Ovvero che la nostra percezione della realtà è completamente mediata dalla trasmissione… dal modo in cui le notizie sono comunicate e questo fa tantissimo perché non abbiamo una percezione libera. E anche considerando lo stato della stampa italiana e non solo. Da questo punto di vista c’è molto lavoro da fare. Sulla narrazione che viene proposta.
In occasione dell’apertura del processo, il 12 maggio a Roma, tu hai fatto un discorso molto forte di fronte alla stampa, rompendo per così dire la quarta parete, parlando dell’umanità che appunto ci accomuna tutti e che ci deve portare ad una nuova coscienza, ad una riflessione e ad una critica… tutto questo non è uno show appunto, la vostra azione non è spettacolo e riguarda ciascuno di noi.
Sì, questa è in realtà una mia questione, direi per me fondamentale al di là anche dell’ambientalismo. È il problema della rappresentazione, della mancanza di autenticità. Siamo veramente molto lontani dall’essenza, dal cuore delle cose. Ed è qualcosa che invece dobbiamo riscoprire. Tantissime persone, al di là ovviamente della lotta per l’emergenza climatica e ambientale, sentono che c’è di più… ci sono più motivazioni dietro. Una di queste è il bisogno di raccontare la verità, ma più che altro di smettere di mentire. Ed è il motivo per il quale facciamo quello che facciamo. Cercare di squarciare veramente questa illusione dell’umanità che continua a regnare sovrana. Possiamo riuscire a cambiare la società nella quale sorridiamo mentre andiamo a fuoco. E ci sono persone che sono veramente turbate nel profondo dalla mancanza di collegamento tra la verità e quello che c’è intorno a noi e l’alienazione che viviamo su scala globale. E questo è un dramma interiore di tantissime persone che poi si rivede nella rappresentazione dei media, nella narrazione. Da qui viene il bisogno di fermarsi e vedere che è questo il più grande problema. Perché la crisi climatica certo non viene raccontata nel modo giusto: le persone non sono collegate perché non sono consapevoli di quanto è grave la situazione. Non è un mero problema di ignoranza, di non saper leggere le fonti giuste, eccetera. Ci siamo resi conto che quello che manca è la connessione emotiva al problema, nel senso che non sappiamo più connetterci a livello emotivo con la realtà. Ci sono tanti motivi per questo: il nostro cervello è fatto in modo tale da allontanarsi dalla gravità delle cose. Perché metabolizzare un concetto come collasso climatico, mi rendo conto, non è cosa da poco. Per questo quando parlo, e ovviamente non mi piace l’esposizione mediatica perché non è autentica essendo sempre una rappresentazione ulteriore, cerco appunto di andare al cuore delle cose, di parlare alle persone in modo diretto, cioè di toccare quella parte che tutti quanti noi abbiamo, perché tutti quanti sono terrorizzati, o lo sarebbero, all’idea di vivere un collasso del genere, con tutte le conseguenze che comporta.
Quindi bisogna veramente, in modo essenziale, andare a sottolineare i sentimenti legittimi di rabbia che tutti quanti noi abbiamo dentro. Abbiamo normalizzato una classe politica che di fatto è corrotta, e che non solo è corrotta ma che in modo attivo procura dei danni ai suoi cittadini. Se noi di Ultima Generazione ci assumiamo la responsabilità di quello che facciamo e accettiamo di venire processati perché non scappiamo e accettiamo le conseguenze delle nostre azioni, vogliamo ragionare insieme sulle responsabilità e le colpe anche di altre persone? Perché non è possibile che si inveisce contro chi compie queste azioni, mentre vengono completamente taciute le colpe e le azioni di chi ci governa, di chi viene pagato profumatamente per farlo e in nessun modo ci sta proteggendo. Noi non chiediamo altro se non di fare il loro lavoro, non chiediamo nulla più di questo in realtà.
Elena Coniglio
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Ci sono molti spunti interessanti, molte verità, molte scoperte per me, molta serietà. Di certo quando negli anni 80 noi, ma erano ancora in piedi i partiti extraparlamentari e i verdi, mentre il PCI era ingabbiato dalla logica sviluppata, avvolgevamo di carta igienica le ruspe che avrebbero dovuto costruire piccole dighe per abbattere colture orticole e avviare con l’acqua delle dighe monocolture, come la fa la Ferrero in Italia centrale, eravamo convinti ma pensavamo di avere un quadro meno disperato davanti. Però quando eravamo antinucleari, al tempo di Chernobyl, legavamo il no all’atomo al no al modello di sviluppo.
Un’altra cosa, molto pratica: non sopporto di vedere tante case, fabbriche, parchi, giardini, di cui non si conoscono i proprietari e vengono lasciati decadere, con perdita di salute collettiva. Fosse per me farei una legge per cui dopo 5 anni in cui si non si hanno notizie di proprietari, il terreno o fabbricato di dentano del comune.