Il primo turno delle elezioni legislative francesi si è chiuso con due dati politicamente rilevanti. L’alleanza delle sinistre e degli ecologisti (Nupes) ha prevalso, seppure di pochi decimali, sulla coalizione che sostiene il Presidente Macron (Ensemble) e l’astensionismo ha raggiunto un nuovo record storico.
Sul primo punto il dato è contestato perché il Ministero degli Interni francese ha fornito un quadro dei risultati che consente all’alleanza centrista di Macron di figurare al primo posto. Come ha scrupolosamente evidenziato Le Monde questo effetto è il risultato di qualche manipolazione nell’attribuzione del numero dei candidati presentati dall’alleanza delle sinistre. In particolare sono stati fatti sparire dal conteggio alcuni candidati dell’isola africana della Reunion. D’altra parte il Ministero degli Interni aveva annunciato che avrebbe presentato i risultati della Nupes suddivisi per singolo partito e solo un ricorso vincente al Consiglio di Stato ha imposto di considerare l’insieme dell’alleanza nel rendiconto finale.
Per valutare i risultati consideriamo pertanto la tabella presentata da Le Monde, anziché quella fornita dal Governo. La Nupes (France Insoumise, socialisti, comunisti, verdi e altre formazioni minori) ottiene 5.939.987 voti, pari al 26,11%, conquistando al primo turno 4 eletti. Ensemble (somma di Renaissance, ex La Republique en Marche, MoDem e Horizons, il partito di Edouard Philippe) ottiene 5.886.504 voti, pari al 25,88% e 1 solo eletto al primo turno. Rassemblement National raccoglie 4.248.626 voti, pari al 18,68%. Le Republicains (neogollisti) alleati all’UDI (conservatori moderati) ottengono 2.570.290 voti, pari all’11,30%. Reconquete (il partito di estrema destra di Eric Zemmour) ha ottenuto 966.097, pari al 4,25%. Tutte queste formazioni non hanno conquistato seggi al primo turno.
Un importante numero di altri candidati, variamente classificati, ha raccolto quasi il 15% dei voti. Di questi quelli classificati come gauche hanno raccolto 760.361 voti, pari al 3,34%, mentre l’estrema sinistra ha ottenuto 270.282 voti, pari all’1,19%. Sotto la prima voce si trovano soprattutto candidati socialisti dissidenti che hanno rifiutato un’alleanza nella quale la forza dominante è il movimento di sinistra radicale di Melenchon. Della settantina di candidati schierati solo una quindicina sono riusciti a qualificarsi per il secondo turno. Si tratta per lo più di circoscrizioni della Francia periferica nelle quali il radicamento locale ha prevalso sull’orientamento politico complessivo. Questo milione circa di voti raccolto da sinistra e estrema sinistra potrebbe costituire un bacino di riserva per la Nupes, ma ovviamente nulla è scontato.
Quasi 400 candidati della sinistra si sono qualificati per il secondo turno. Di questi 216 sono della France Insoumise (su 326 presentati), 76 sono ecologisti (EELV) su 100, 52 sono socialisti (su 70) e 32 del PCF (su 50). I sondaggi, da assumere con molta prudenza, prevedono un vantaggio al secondo turno per l’alleanza di Macron che però potrebbe perdere la maggioranza assoluta. Per la sinistra le previsioni oscillano tra i 150-190 seggi, insufficienti per portare Melenchon alla guida del governo imponendo un’inedita coabitazione (almeno negli anni più recenti) ma tali da triplicare la rappresentanza parlamentare attuale che si aggira sui 60 seggi, suddivisi in tre gruppi parlamentari.
All’interno della coalizione i sondaggi prevedono tra 96 e 115 seggi per La France Insoumise (contro i 17 attuali), che sarebbe di gran lunga la forza dominante. Entrerebbero in Parlamento in numero significativo i Verdi, tra i 20 e i 30 seggi. I socialisti che aderiscono alla Nupes ne potrebbero ottenere dai 24 ai 29, una forza analoga a quella ottenuta cinque anni fa. Più in difficoltà i comunisti ai quali vengono attribuiti tra i 10 e i 16 seggi. Nell’ipotesi migliore potrebbero ricostituire il proprio gruppo parlamentare, altrimenti dovrebbero sperare nell’apporto di qualche eletto di sinistra non allineato, come già avvenne dopo le elezioni del 2017. Ci sarà un radicale cambiamento anche nella natura degli eletti, non più politici di lungo corso che hanno gradualmente scalato la gerarchia elettorale, ma espressioni di movimenti e realtà sociali diverse e conflittuali.
Nel secondo turno ci saranno 272 scontri diretti tra macroniani e Nupes, in 113 casi si affronteranno Ensemble e Rassemblement National, e in 61 circoscrizioni il duello sarà tra un candidato della Nupes e un esponente del partito della Le Pen.
Le indagini sulla composizione dell’elettorato indicano che il voto per la sinistra è leggermente più femminile che maschile (25,9 contro il 24,2) a differenza di quello di Macron. È molto forte nelle fasce di età più giovani: 34,9% nella fascia 18-24, 30,2% nella fascia 25-34, 28,9% nella fascia 35-49, mentre declina in quella 50-64 col 23,3% e ancora di più tra gli ultrasessantacinquenni dove raccoglie il 16,8%. Al contrario di Ensemble che si ferma al 17,5 tra i 18-24enni per crescere progressivamente con l’età fino a balzare al 34,1% degli ultra sessantacinquenni.
Dati importanti ma che scontano il fatto che l’astensione è più alta proprio tra gli elettori più giovani. Nonostante questa campagna elettorale per le legislative sia stata volutamente e giustamente polarizzata da Melenchon per imporre una sorta di terzo turno dopo i due delle presidenziali, la partecipazione al voto è ulteriormente regredita. E questo indebolisce il peso elettorale, oltre che dei più giovani, dei settori popolari, sempre più distanti dal terreno della rappresentanza istituzionale. La stessa composizione sociale della Nupes conferma questo effetto dato che i candidati della sinistra ottengono il 27,1% nelle categorie agiate, il 26,2 nelle categorie popolari e il 22,7 tra gli inattivi.
L’operazione politica condotta da La France Insoumise, di raggruppare attorno a sé l’insieme delle sinistre superando vecchi conflitti e differenze di programma ancora rilevanti, ha ottenuto sicuramente un risultato positivo. Se non c’è stato un significativo incremento di voti rispetto a 5 anni fa, non si può ugualmente sottovalutare il valore politico della convergenza che si è ottenuta. Questa avviene su un programma molto dettagliato (650 proposte) e su contenuti radicali che rompono con il neoliberismo che ha caratterizzato le ultime gestioni socialiste.
Sulla carta il raggruppamento che sostiene Macron dovrebbe contare sulla riserva di voti rappresentata da quel 14% ottenuto dai Republicaines e da altri candidati di destra, mentre sempre sulla base di un calcolo teorico la riserva di Melenchon è più risicata e rappresentata dall’estrema sinistra e da chi ha votato per i socialisti dissidenti. Ma tra il primo e il secondo turno è possibile una fluttuazione anche significativa tra astensionisti ed elettorato attivo. Ed è difficilmente prevedibile il comportamento di almeno una parte dell’elettorato popolare che è confluito nel Rassemblement National. Tutti elementi che rendono difficile qualsiasi previsione sull’esito finale.
In ogni caso Macron pur avendo ottenuto la conferma per l’Eliseo grazie al meccanismo bipolare delle presidenziali ha perso un’importante quota di consensi. Il suo tentativo di bilanciare strizzate d’occhio all’elettorato di sinistra (ad esempio con la nomina a Primo Ministro di Elisabeth Borne con un pallido passato socialista) con politiche solidamente di destra non gli ha consentito finora di costruire un assise solida per il suo raggruppamento. Ha perso lo smalto della novità introdotta cinque anni in un sistema basato su due partiti sempre meno credibili (i socialisti da un lato i neogollisti dall’altro) e sul terreno il suo partito resta una realtà evanescente. Una certa retorica europeista che aveva dominato la prima campagna elettorale oggi si scontra con un’Unione Europea subalterna alla Nato e agli Stati Uniti nel conflitto in Ucraina e incapace di uscire dai dogmi neoliberisti per affrontare una prossima recessione economica. La sua campagna elettorale gioca soprattutto sulla paura “del caos” più che sulle proprie ragioni e proposte.
Un successo della Nupes potrebbe cambiare lo scenario in Francia e in Europa facendo entrare in campo un soggetto che si sottrae alla dialettica tra liberal-imperialisti e etno-nazionalisti, fronti che si alimentano a vicenda ma che sono incapaci di offrire una soluzione alle molteplici crisi che si vanno accumulando pericolosamente in Europa e nel mondo. Si aprirebbe uno scenario certamente complicato ma con almeno una ventata di aria fresca.
Franco Ferrari