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La pace a Roma

di R. Morea,
R. Musacchio

La grandiosa manifestazione per la pace di Roma con più di centomila persone è un fatto di enorme importanza.
Per l’Italia, dove a fronte di un governo di estrema destra e un centrosinistra sconfitto, diviso e screditato, viene avanti una grandissima reazione popolare grazie a sindacati, movimenti, sinistre e mondo cattolico che non hanno disperso il vecchio prestigioso patrimonio, ma anche per l’Europa, dove le scelte della commissione europea e dei governi, hanno cancellato un ruolo capace di mediazione con la Russia e con le altre nazioni, sottomettendosi al ruolo della NATO con l’aspirazione di assumere un ruolo di potenza per via militare a fianco degli USA.
Una reazione popolare alla guerra, a chi l’ha scatenata, Putin, ma anche a chi nulla fa per porvi termine, ai costi sociali che essa comporta.
Il prezzo di questa guerra lo pagano i cittadini europei, i benefici sono per i fondi di investimento, chi produce armi e le compagnie energetiche che continuano negli enormi incassi anche e soprattutto in tempo di guerra.

Alla manifestazione di Roma si è arrivati con una tessitura sociale preziosa. Con l’idea che il punto chiave della situazione sia imporre ciò che i potenti, Putin e la NATO per primi, non vogliono e cioè il cessate il fuoco e la trattativa.
Trattativa che, come ben scritto un testo firmato da molti prestigiosi ex diplomatici, partendo da un tavolo di negoziato e dal cessate il fuoco, preveda ritiri di truppe e di sanzioni, conferenza di pace e sicurezza per l’area, dare la parola alle popolazioni del Donbass sul proprio futuro. Tutto questo sotto la supervisione dell’ONU a garantire.
La piattaforma della manifestazione era “larga” ma determinata sul punto pace e trattativa.
L’articolazione degli schieramenti politici parlamentari non è facile da comprendere per chi, guardando un classico binomio governo/opposizione, pensa di poter dividere il campo in due.

Se guardiamo alle misure assunte fin qui in parlamento, tutti i partiti, escluse le parlamentari e i parlamentari della sinistra (Manifesta e Sinistra Italiana) hanno votato per l’invio delle armi e il sostegno alla guerra ucraina. Anche il movimento 5 stelle, che oggi scende in piazza, lo ha fatto ripetutamente, per non parlare del PD che si è disposto come alfiere del bellicismo europeo ed oggi si barcamena tra guerra e pace.
Nel campo dell’opposizione, il sostegno più convinto alla guerra viene dal neo-schieramento centrista liberista, formato dall’ex segretario del PD Renzi ed oggi leader di Italia Viva e da Calenda con una formazione denominata Azione, insieme alle scorse elezioni.
Proprio da questi è venuta l’idea di un contro appuntamento a Milano per la vittoria dell’Ucraina. Un vero fiasco con poche centinaia di persone. Imbarazzante la posizione del Partito Democratico presente in entrambe ma senza nessuna credibilità.

Le destre al governo sono state a casa. Ma dietro l’ultra-atlantismo a difesa del potere nordamericano, permangono contraddizioni interne che, sporadicamente, vengono in superficie per i rapporti “amichevoli” che sia Berlusconi sia Salvini, hanno, nel passato, intrattenuto con Putin.

La narrazione politicista dei mass media sulla giornata del 5 è più che altro sciocca e fastidiosa. Provando ad intestare la mobilitazione a questo o quel personaggio politico.

La grande manifestazione di Roma non era di Conte (che pure ha avuto il merito di starci subito). Tanto meno di Letta abbastanza patetico e contestato quando ha provato a parteciparvi. Non si può intestare neanche a chi come Unione Popolare, contro guerra ed invio di armi lo sono state da subito e da sempre. Né a chi con una lista congiunta ai verdi, che a livello europeo sono tra i maggiori sponsor della guerra ucraina, prova a mantenere Sinistra Italiana e gli stessi Verdi italiani in una posizione pacifista. Semmai potrebbe rivendicare qualcosa, e a ragione, Bergoglio. Tante le associazioni del mondo cattolico presenti in piazza.
Ma la piazza è stata soprattutto dei movimenti che l’hanno voluta e costruita attingendo ad un patrimonio prezioso che viene da lontano e può ancora salvarci. Intercettando un sentimento popolare che ancora oggi, a dispetto di una martellante campagna di propaganda, vede oltre il 60% della cittadinanza italiana contraria all’invio di armi e all’aumento delle spese militari.
È stata una piazza che reclamava la fine della guerra con la trattativa, della protesta contro chi ancora guarda alle armi e allo scontro armato come la risoluzione dei conflitti internazionali, di chi chiede di “mettere la Guerra fuori dalla Storia”, in una Europa che va dall’Atlantico agli Urali.
Una piazza che reclamava giustizia sociale contro la sottrazione di risorse economiche a favore delle spese militari urlando “giù le armi, su i salari”, fatta di persone normali, che sanno da sempre che in guerra c’è chi muore (i poveracci) e chi fa soldi (i mercanti d’armi). Era in egual misura, contro Putin, contro la NATO, contro tutti i dominanti in armi. Con tutti coloro che subiscono la guerra e le ingiustizie, ucraini, russi, palestinesi, curdi, cubani….

Oggi in Italia ci siamo ripresi lo spazio politico che per decenni aveva fatto parlare di caso italiano. Abbiamo fatto la più grande manifestazione pacifista e per la soluzione diplomatica d’Europa, dove tra le sedicenti classi dirigenti imperversa il bellicismo più insulso. In un Paese con le destre radicali al governo e il centrosinistra “squallido”, è il riapparire di quel movimento che da Comiso a Genova, dalla Jugoslavia, all’Iraq, all’Afghanistan, all’Ucraina ha cercato, e cerca, di impedire la catastrofe, a ridarci la dignità.

Roberto Morea e Roberto Musacchio

guerra, manifestazione per la pace
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