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La nuova sfida per Unidas Podemos

di Francesco
Campolongo

Nel solco di alcune riflessioni uscite in questi giorni e di grande interesse ho provato anche  ad interrogarmi sulla crisi elettorale di Unidas Podemos partendo da alcune necessarie premesse. Le elezioni  territoriali spagnole hanno dinamiche molto differenti, i risultati della coalizione in Galicia e nei paesi Baschi non sono rappresentativi del dato nazionale ma sicuramente indicativi di una tendenza.  La seconda premessa, assolutamente necessaria, è che Unidas Podemos rappresenta oggi l’unico partito della sinistra radicale al governo di un paese europeo, è stata capace di portare per la prima volta della storia della spagna post-franchista la sinistra al governo e di ottenere importanti risultati esercitando oggi un potere di veto sulle politiche neoliberiste del governo. L’analisi del suo declino elettorale, a mio parere, ci permette di analizzare nodi aperti per tutte le formazioni della sinistra radicale senza dimenticare tutto ciò fino ad ora raggiunto dal partito viola.

Podemos nasce e si sviluppa in una fase di precipitazione populista. Alcune trasformazioni populiste del campo della politica sono di lunga durata: la personalizzazione e ipermediatizzazione della politica, la crisi dei corpi intermedi, la voglia di comunità e l’insicurezza sociale prodotta  dalla scomparsa della comunità organizzata del lavoro sono dati ormai costitutivi del campo politico. In alcuni momenti, però, la crisi del sistema, la sua incapacità di dare risposte o essere ritenuto moralmente all’altezza, aprono una breccia nel sistema politico e favoriscono l’affermazione di attori outsider e populisti. Dopo la crisi del 2008 questa dinamica si è ripetuta in numerosi paesi d’Europa tra cui la stessa Spagna. Il partito viola è stato costruito per cogliere le potenzialità di quello specifico momento, organizzato per una guerra lampo che avrebbe dovuto portalo al governo nel brevissimo periodo, superando il bipartitismo. Così, Podemos si è configurato fin dall’inizio come un insieme dialettico di tensioni contradditorie: legato all’immaginario del 15 M ma con volontà di governo,  un programma di sinistra radicale in nome di un interesse trasversale, democrazia diretta e partecipata della rete assieme ad una leadership fortissima e senza contrappesi. Una macchina organizzativa leggera e personalizzata con il compito di incarnare la nuova politica e le aspettative altissime di chi si avvicinava alla militanza in quella fase. Queste contraddizioni hanno trovato un certo equilibrio nella fase densa di innumerevoli appuntamenti elettorali, perché sembrava naturale privilegiare la sfida istituzionale rispetto al resto, ma sono diventate molto più problematiche nel lungo periodo. Le elezioni del 2016, con il mancato superamento di Unidas Podemos sul Psoe, chiudono la fase della guerra lampo e si apre una fase di una guerra di posizione. Quel modello efficace per l’ascesa elettorale, capace di incarnare l’idea di rinnovamento e novità, dovrebbe cambiare per adattarsi ad una lunga guerra di posizione e alla terribile risposta del sistema, fatta di sistematiche campagne di diffamazione, ma qui iniziano i problemi.

Il primo problema è stata la gestione della pluralità interna ed esterna al partito. Una certa cultura maggioritaria interna all’organizzazione e l’assenza di organismi plurali e partecipati hanno favorito lo spostamento del dibattito sulla vetrina pubblica dei social, amplificando all’esterno i livelli dello scontro interno e restituendo l’idea di un partito simile agli altri. Ogni conflitto si è trasformato in uno scontro spesso insanabile. Anche la gestione della pluralità esterna al partito è diventata un problema. La sinistra spagnola è composta da numerose formazioni territoriali che assieme a Podemos hanno costituto le coalizioni in grado di conquistare numerosi municipi e imporsi anche a livello regionale. Queste coalizioni non hanno retto ai conflitti tra soggetti, alcune si sono sciolte (come in Galicia) oppure  hanno perso di mordente. Una parte della militanza di Podemos e delle varie coalizioni territoriali che veniva dal 15 M aveva elevate aspettative sulla qualità della vita interna ai partiti della “nuova politica” che rimasero presto disattese dinanzi all’asprezza dei conflitti e delle divisioni incontrate, favorendo il ritorno al privato di una quota importante dei militanti. Un primo nodo è, dunque, come coniugare democrazia e vivibilità interna con efficacia organizzativa ed elettorale?

Il secondo problema è stato la questione del governo. Podemos nasce con volontà di governo e maggioranza, convinto di poter costruire una maggioranza trasversale in grado di rappresentare la base per una nuova costituente politica e sociale. Fallito il tentativo di superare Psoe e Pp la coalizione di Unidas Podemos assume la prospettiva di governare come socio di minoranza nella coalizione di centro sinistra. Questo, se da una parte ha imposto una virata a sinistra nell’azione di governo del Psoe, dall’altra ha imposto una maggiore moderazione programmatica di Unidas Podemos e un cambio importante nell’immaginario iniziale. Il momento genetico di un partito, soprattutto a sinistra, diviene l’impronta culturale e identitaria che “perseguita” il partito per il resto della sua esistenza, ogni variazione sostanziale a questo bagaglio inziale è traumatico. Unidas Podemos non rappresenta più un’ipotesi maggioritaria contro la vecchia politica ma un partener minoritario di un governo di centro-sinistra. Tutto questo, inoltre, causa che gran parte delle cose positive del governo di coalizione vengano attribuite al partito principale dell’esecutivo mentre i conflitti vengano imputati Unidas Podemos. Il Psoe diviene cosi il principale referente del sistema politico e il garante della vittoria contro le destre. Il secondo nodo potrebbe essere rappresentato dalla differenza tra lotta per il consenso e lotta nel governo. La lotta per il consenso impone una netta e radicale rottura simbolica dagli attori partitici classici, innalzando di molto le aspettative di diversità nell’elettorato, ma l’esercizio del governo impone compromessi, accordi e il rispetto di procedure istituzionali che impongono una parziale normalizzazione dei rapporti inter-partitici che spesso mina l’immagina di radicale diversità. Inoltre, gli assetti istituzionali plasmati da anni di neoliberismo costituiscono vincoli interni ed esterni (nel caso europeo) all’azione riformatrice del governo. Come conciliare le aspettative trasformative sollecitate con i processi e le difficoltà del governo?

Infine, Podemos non è riuscita a risolvere un nodo fondamentale per tutta la sinistra politica e sociale attuale. Pensare che la mutazione delle condizioni materiali, simboliche e culturali delle persone che si vuole rappresentare e organizzare cambi e non debba cambiare l’organizzazione è un errore. Podemos ha compreso tutto questo ma ha pensato di puntare maggiormente sulla partecipazione online, fornendo strumenti telematici per una militanza leggera. Il problema è che per costruire contro egemonia non basta la capacità di comunicazione online, che è comunque condizione necessaria se pur non sufficiente, ma serve radicamento, costruzione di identità e un orizzonte di lungo periodo che attraversi l’immaginario militante. Un problema che non riguarda, evidentemente, solo Unidas Podemos ma che si configura come la grande sfida della sinistra attuale ovvero come costruire la partecipazione e l’impegno necessario per cambiare gli attuali rapporti di forza in una fase storica segnata dal ritiro nel privato e da una spoliticizzazione di massa? Un governo di sinistra non può che appoggiarsi al conflitto sociale per spostare vincoli e paletti che sembrano insormontabili, mentre il resto del sistema politico può scommettere sulla sfiducia e la passività. I nodi irrisolti di Unidas Podemos riguardano sfide aperte per tutti coloro vogliano ricostruire una prospettiva emancipativa di massa.

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