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La lotta su due fronti

di Roberto
Musacchio

L’Unione Popolare italiana ha preso il via. Sala stracolma, anche se non grandissima, a Roma. In centinaia a seguire la diretta con il link che poi si moltiplica in rete. Ostracismo massmediatico come prevedibile. Scetticismo “alla Bartali” del “è tutto da rifare” che non manca su fb. Non a caso De Magistris aveva chiuso chiamando entusiasmo. Un po’ l’ottimismo della volontà di gramsciana memoria. La sua scaletta dà dei primi contorni all’impresa. Contro il Sistema, della guerra, dei dominanti, del neoatlantismo, per un’alternativa di governo che nasca da fuori ma non si disperda in settarismi minoritari. Già l’assemblea disegna un primo convergere di forze. Le parlamentari di ManifestA che hanno scelto di uscire dall’equivoco Cinquestelle per andare nella Sinistra che sta fuori. Riconoscimento che pure aver pagato con l’esclusione dal Parlamento oltre i propri errori anche il non seguire D’Alema in quella LEU che seppelliva il Brancaccio, alla fine pure trova un qualche riconoscimento utile a posteriori. Poi gli appelli di d’Orsi e Bevilacqua. Espressioni di movimenti, di sindacalismo combattivo, di Rossoverde non ornamentale, di cultura che resiste. E il riferimento esplicito alla NUPES francese con Manon Aubry a presenziare di persona e il giornale di France Insoumise a intervistare De Magistris come “Mélenchon italiano”. Per chi critica la “imitazione” la riflessione che propongo è che per transform da molto tempo la dimensione europea è quella fondamentale per ricostruire una Sinistra adeguata al nuovo campo di lotta. L’Altra Europa con Tsipras richiamava esplicitamente la centralità della lotta greca contro l’austerità e l’esigenza di condividere la battaglia. Ora NUPES è la lotta sui due fronti, contro le destre e contro il macronismo, che è indispensabile in una Europa sussunta nel neoatlantismo di cui entrambi i fronti avversi sono propugnatori. In Italia per altro convergendo nel draghismo e ormai cooptando su guerra e NATO di fatto anche Meloni. Non ci può essere dubbio interpretativo. NUPES nasce da una sinistra radicale fuori del sistema che ha combattuto la battaglia sui due fronti. Con risultati importanti. Ancora adesso presenta una mozione di sfiducia contro il governo voluto da Macron che non ha maggioranza. Non propone alleanze con esso. I recenti dati sull’elettorato del PD segnalano grandi affinità con quello macroniano. Ceti medio alti, ricchi, di età avanzata e più maschi che donne. Con una grande componente di cattolici praticanti. Un elettorato figlio di una politica e una politica figlia di un elettorato. Soprattutto una dirigenza politica tutta interna alla governance, da Maastricht al neoatlantismo. Impermeabile alle spinte sociali. Non solo per sordità ma per impossibilità. Pena “licenziamento”. Ormai le classi dirigenti dell’Europa occidentale sono a contratto con la governance ueista e neoatlantica e della NATO del suprematismo occidentale. Questa classe dirigente è una vera casta in franchising. Va sconfitta perché se provi a condizionarla ti distrugge. Il voto a Mélenchon e poi a NUPES è l’esatto contrario di quello del PD e di Macron. Giovane, di ceti deboli, di grandi aree urbane, di donne.

Naturalmente in Italia questo reinsediamento sociale non c’è. Ci hanno provato i Cinquestelle con risultati elettorali importanti ma con gli esiti politici che conosciamo, salvo il reddito di cittadinanza ottenuto per altro ai tempi del governo con la Lega.

Il problema non è andare o no col PD. Il problema è che quel partito che è restato ciò che mostra la sua politica e il suo elettorato pur passando da Bersani a Renzi a Letta, dunque per natura e a prescindere dai leader, va sconfitto. La NUPES è una forma di neo mitterandismo che nasce contro il macronismo, con una egemonia radicale che favorisce l’unità con comunisti, socialisti, verdi.

In Italia ormai c’è un qualunquismo dello scetticismo figlio di sconfitte brucianti. Soprattutto del rovesciarsi del caso italiano dal PCI al PD, il suo contrario. Certo anche di errori. Ma chi li ha commessi non è andato a finire nei consigli di amministrazione. Magari è settario ma ancora si sbatte. Sono i perseveranti di cui scrive Maggiani. Servono come il pane i giovani. Ma non rampanti o sardine meteore. Come si è detto: se non ora (con guerra, pandemia, clima devastato, crisi galoppante), quando?

Roberto Musacchio

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