Riprendiamo da scenarieconomici.it –
Qualche anno fa, insieme ad altre persone, scrissi un libro dal titolo Guerra all’Acqua (ed. Rosenberg & Sellier). Era il 2016. La mia era una risposta alle previsioni e alle decisioni prese durante la COP21 a Parigi a Parigi. L’accordo sottoscritto dai leader di Stato e sbandierato ai quattro venti come soluzione a tutti i problemi ambientali fu un fallimento: non è stato rispettato e che non ha prodotto risultati concreti.
Nel libro si parlava dei problemi legati all’acqua, non in generale, ma come risorsa essenziale per la vita: dall’accesso limitato per molte popolazioni alle riserve di acqua dolce e soprattutto potabile. E anche dei problemi geopolitici legati alla gestione delle risorse idriche: le maggiori riserve di acqua dolce sono condivise tra due o più Stati. Una realtà che richiederebbe una regolamentazione sull’uso di questa risorsa fondamentale per la vita. In assenza di un qualsiasi accordo, appariva facile che le “guerre per l’acqua” sarebbero aumentate.
Qualche anno fa, insieme ad altre persone, scrissi un libro dal titolo Guerra all’Acqua (ed. Rosenberg & Sellier). Era il 2016. La mia era una risposta alle previsioni e alle decisioni prese durante la COP21 a Parigi a Parigi. L’accordo sottoscritto dai leader di Stato e sbandierato ai quattro venti come soluzione a tutti i problemi ambientali fu un fallimento: non è stato rispettato e che non ha prodotto risultati concreti.
Nel libro si parlava dei problemi legati all’acqua, non in generale, ma come risorsa essenziale per la vita: dall’accesso limitato per molte popolazioni alle riserve di acqua dolce e soprattutto potabile. E anche dei problemi geopolitici legati alla gestione delle risorse idriche: le maggiori riserve di acqua dolce sono condivise tra due o più Stati. Una realtà che richiederebbe una regolamentazione sull’uso di questa risorsa fondamentale per la vita. In assenza di un qualsiasi accordo, appariva facile che le “guerre per l’acqua” sarebbero aumentate.
Così è stato. Ad oggi, nessuno dei Paesi che si vantano di comandare il pianeta è riuscito a proporre regole serie per condividere questa risorsa fondamentale. Neanche le organizzazioni internazionali ci sono riuscite. E le guerre per l’acqua sono sempre più numerose. A confermarlo l’ultimo rapporto di Oxfam riguardante la disponibilità idrica in aree sempre più vaste e vulnerabili in Africa, Medio Oriente a Asia. Water-Dilemmas-Cascading-Impacts-of-Water-Insecurity-Briefing-Paper-EN.pdf (oxfamwash.org). Nel rapporto, si parla di “una crisi idrica di portata epocale”. con 2 miliardi di persone nel mondo che non hanno accesso adeguato all’acqua. Una situazione che potrebbe peggiorare: la popolazione mondiale che non ha accesso costante ad acqua potabile potrebbe raggiungere i 3 miliardi entro il 2050. Molte le conseguenze. Si stima che saranno 216 milioni i migranti climatici interni, dei quali almeno 86 milioni solo nell’Africa sub-sahariana. Un dato che potrebbe essere sottostimato: le previsioni delle Nazioni Unite parlano di un miliardo di profughi ambientali entro al fine del secolo. Eppure, nessuno si è preso la briga di definire “profugo ambientale”, quali sono i diritti di queste persone e cosa devono e possono fare i Paesi ospitanti.
“Il riscaldamento globale causato dalle emissioni di gas serra e dall’uso di petrolio, carbone e gas, sta portando ad una terribile crisi idrica globale, che deve essere affrontata prima che sia troppo tardi per tantissimi”ha dichiarato Paolo Pezzati, policy advisor sulle emergenze umanitarie di Oxfam Italia.“Quella che abbiamo di fronte è una delle più gravi minacce che l’umanità si trova ad affrontare e a pagarne il prezzo più alto sono già i Paesi più poveri e meno preparati, che paradossalmente spesso sono anche i meno responsabili delle emissioni inquinanti”.
Le risorse idriche saranno sempre più contese e questo potrebbe causare conflitti armati: “A livello globale si stima che negli ultimi 20 anni quest’ultimi siano quadruplicati, rispetto al periodo 1980-99”, dicono gli esperti di Oxfam.
Poche le misure adottate a livello internazionale per prevenire queste guerre. Anche dal punto di vista economico. Lo scorso anno, i Paesi donatori delle Nazioni Unite hanno finanziato appena il 32% dei 3,8 miliardi di dollari richiesti dall’Onu per garantire acqua pulita e servizi igienico-sanitari adeguati nelle aree di crisi più colpite.Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. In Pakistan non sono stati ancora risolti i problemi causati dalle esondazioni dei mesi scorsi che hanno devastato aree vastissime del territorio. A Pechino, in Cina, alcuni quartieri stanno collassando: il suolo sta cedendo al ritmo di quattro pollici all’anno a causa del prelievo esagerato di acqua dalla falda acquifera sottostante. Le conseguenze sono impressionanti: cedimenti del sistema ferroviario, delle strade e delle fondamenta di edifici, come ha confermato un team internazionale di scienziati. Nonostante la gigantesca falda acquifera della pianura della Cina settentrionale, Pechino è considerata la quinta città al mondo per stress idrico. È la prova dei pericoli conseguenza della cattiva gestione delle acque. Quello che sta accadendo a Pechino non è un caso isolato: lo stesso sta accadendo in alcune zone di Shanghai,a Città del Messico e in California. Qui, alcune zone della Central Valley sono scese di un metro (eil governo centrale, invece di pensare a risolvere questi problemi, pensa a produrre e vendere o regalare armi).
Le Nazioni Uniteprevedono un deficit idrico globale entro il 2030. Eppure, non si sta facendo nulla per cambiare questa situazione. Più di due terzi delle acque sotterranee consumate in tutto il mondo sono impegnate per scopi irrigui in agricoltura.Il resto fornisce acqua potabile alle città. Ma nessuno parla di trattamento delle acque reflue per uso irriguo (in Italia, lo prevederebbe la legge ma avviene solo in una percentuale infinitesima dei casi). Allo stesso modo, non si parla mai di consumi di “acqua virtuale”, la quantità e il tipo di acqua necessarie per produrre un certo bene.
In passato le falde acquifere servivano come riserva, per consentire a regioni e Paesi di superare periodi di siccità e inverni caldi privi di neve sufficiente a reintegrare fiumi e torrenti. Ora, invece, per soddisfare la sempre maggiore domanda idrica, i governi centrali e locali stanno attingendo acqua sotterranea in modo insostenibile. In Africa, Eurasia e nelle Americhe, ovunquepiù di quanto si dovrebbe. Alcune di queste riserve sono già state prosciugate. Le conseguenze anche in termini di danni economici saranno devastanti. Secondo Richard Damania, tra i principali economisti della Banca Mondiale, la crescita economica nelle zone più stressate del mondo potrebbe registrare un calo del sei per cento del PIL proprio a causa della mancanza di acqua. Per Damania,esemplare quanto avviene negli Stati Uniti: gli agricoltori stanno prelevando acqua a tassi insostenibili dalle High Plains o dalla falda acquifera di Ogallala.Via via che regioni e nazioni andranno incontro alla penuria idrica, si assisterà a un declino della crescita economica e a un’impennata dei prezzi dei prodotti alimentari che non faranno che aumentare il rischio di violenti conflitti e provocare ondate di grandi migrazioni.
In tutto il pianeta si sono già verificate guerre per l’acqua: in Yemen,Da anni le falde acquifere sono in crisi e,già nel 2009,si erano verificate sommosse a causa dell’acqua. In Giordania, che si affida alle falde acquifere come unica fonte d’acqua, lo stress idrico è aumentato dopo l’arrivo nel Paese di più di mezzo milione di rifugiati siriani.Tra Egitto ed Etiopia si è arrivati più volte vicini allo scontro armato a causa dell’utilizzo delle acque del Nilo.
Per Jay Famiglietti, a capo di uno studio che ha utilizzato i satelliti NASA per registrare i cambiamenti nelle 37 maggiori falde acquifere del mondo, “senza riserve idriche sotterranee sostenibili, la sicurezza globale è molto più a rischio”. “Dato che gli ambienti asciutti stanno diventando sempre più aridi, il ricorso all’acqua di falda sarà sempre più frequente. Le implicazioni sono semplicemente sconcertanti e devono essere discusse a livello internazionale”.
Le Nazioni Unite lo sanno bene: nel rapporto sullo sviluppo delle risorse idriche 2022,i ricercatori sottolineano che i conflitti riconducibili a cause come l’inquinamento e, soprattutto, l’esaurimento delle acque sotterranee,iniziati tra il 2000 e il 2019,sono aumentati di quattro volte rispetto a quelli tra il 1980 e il 1999.“Gli impatti dei cambiamenti climatici (ad esempio siccità e innalzamento del livello del mare), della produzione e del commercio di prodotti alimentari, dei conflitti e delle migrazioni sono solo alcuni esempi di processi e problemi che richiedono una politica coerente delle acque sotterranee a più livelli”, si legge nel documento1.
Tra il 2000 e il 2009, ne sono stati censiti 94. Tra il 2010 e il 2018, si è arrivati a 263”, si legge nel rapporto. “Se non si inverte questa tendenza, con l’aumentare della popolazione nelle zone povere del mondo (la popolazione africana, stimata oggi in circa un miliardo e 200 milioni di persone, è destinata a raddoppiare entro il 2050) e l’inasprirsi delle conseguenze dei cambiamenti climatici, in futuro sempre più conflitti saranno causati per guadagnare l’accesso all’acqua”.
Di Water Wars, guerre all’acqua, aveva già parlato Ismail Serageldin, ex vicepresidente della Banca Mondiale,nel 1995. “Se le guerre del XX secolo sono state combattute per il petrolio, quelle del XXI secolo avranno come oggetto l’acqua. Da Israele all’India, passando per la Turchia, sono numerosi i focolai che presto potrebbero sfociare in veri e propri conflitti armati”.
Gigi Riva, tra i più autorevoli inviati di guerra, nel commentare su l’Espresso il rapporto dell’Onu 2018, disse: “Da sette anni si combatte in Siria e accanto alle cause più conosciute (scontro etnico, religioso, di potere) bisognerebbe elencare anche la siccità. Negli anni immediatamente precedenti alla rivolta contro Bashar al Assad la mancanza di piogge e la minor portata dei fiumi, decimò i raccolti, costrinse un milione e mezzo di persone a cercare invano fortuna nei centri abitati”.
Sono passati cinque anni dall’articolo di Riva (e ancora di più dalla pubblicazione del nostro libro) e le “guerre all’acqua” sono una realtà sempre più diffusa. Da Israele all’India, passando per la Turchia, fino ad arrivare in Africa e poi oltre oceano, sono tanti i focolai che potrebbero sfociare in veri e propri conflitti armati. Il tutto in uno scenario geopolitico di cui nessuno sembra tenere conto: i grandi bacini di acqua dolce controllati da un solo Paese di contano sulle dita di una mano. Tutti gli altri sono condivisi tra due o più Stati. Basta una scintilla per far scoppiare una guerra. Non per il petrolio o per altre risorse naturali. Una Guerra per l’Acqua.