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La dottrina israeliana dell’occupazione: Alon e il Libano

di Alessandra
Fiumara

Secondo le Nazioni Unite, in meno di 48 ore, l’esercito israeliano ha sparato ripetutamente contro le forze di pace UNIFIL a Naqoura (una piccola città di confine nel sud del Libano, dove l’UNIFIL ha sede dal 1978), ferendo due membri della forza, e contro una torre di guardia, ferendo altri due peace-keeper, venerdì.
L’inviato speciale degli Stati Uniti in Libano Amos Hochstein, il coordinatore della Casa Bianca per le infrastrutture globali e la sicurezza energetica, ha dichiarato ai media locali che gli Stati Uniti stanno lavorando “senza sosta” per un cessate il fuoco nel Paese e ha definito “inaccettabili”gli attacchi contro i caschi blu.
Il leader delle forze libanesi e del più grande blocco cristiano in parlamento Samir Geagea ha dichiarato che per poter raggiungere un cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah, l’elezione di un nuovo presidente credibile è cruciale, che possa impegnarsi ad attuare le risoluzioni internazionali, in particolare quelle del 1559, 1680 e 1701, in tutte le loro disposizioni”.
Le risoluzioni 1559 e 1680 del Consiglio di sicurezza, ricordiamo, chiedevano il disarmo di tutti i gruppi non statali. “L’esercito libanese e le forze di pace dovrebbero essere le uniche forze armate dispiegate nel sud del Paese” continua Geagea.
Come dichiarato dalla agenzia stampa nazionale NNA, un’ attacco israeliano ha preso di mira anche il famoso mercato di Nabatieh, un’importante città del Libano meridionale situata a circa 12 chilometri dal confine israeliano.
Gli attacchi ai caschi blu hanno creato rabbia in tutto il mondo, non sono ancora chiare le dinamiche, si sta indagando per poter avere dettagli più precisi.

L’esercito israeliano ritiene che l’area in cui si trova UNIFIL sarebbe piena di basi di Hezbollah, per cui ha chiesto all’UNIFIL di abbandonare le proprie postazioni, ma le Nazioni Unite hanno rifiutato di ritirarsi, pertanto continueranno ad essere presenti al Sud del Libano.

Il primo ministro italiano Giorgia Meloni non è d’accordo con il ritiro delle forze di pace delle Nazioni Unite dal Libano, su richiesta unilaterale di Israele, e ha annunciato che visiterà il Libano venerdì. Meloni è il primo capo di Stato a visitare il paese dopo l’escalation tra Israele ed alti esponenti del gruppo militante libanese Hezbollah il 23 settembre, hanno affermato in parlamento – va sempre ricordato che il “Partito di Dio” ha propri deputati – che il ritiro della missione ONU costituirebbe un “grave errore”.
La situazione purtroppo sta peggiorando di giorno in giorno, ed è come se il racconto intitolato Alon e il Libano, destinato ai bimbi, figli dei coloni israeliani, scritto da Amos Azariah (colono e docente dell’Università di Ariel), si stia trasformando in realtà.
Nel libro infatti, si narra di un colono israeliano, che legge la storia a suo figlio, e spiega quanto sia bello il Libano, ma di come al momento non sia possibile andare a visitarlo perchè c’e’ il nemico libanese, per cui è molto pericoloso, ma il padre dice al figlio di non preoccuparsi perchè un giorno quel paese diventerà loro.
Nel frattempo ci sono stranieri che hanno cercato di resistere, scegliendo di restare in Libano, nonostante le bombe, sperando in un finale migliore, che sfortunatamente ancora non c’è stato, e che con il cuore a pezzi, sono stati costretti a lasciare il paese dei Cedri, come Marie.
È una donna di 45 anni, un’ artista parigina a cui 1 anno fa era stato proposto un lavoro a Beirut. Per la prima volta in vita sua, camminava sul suolo libanese, l’8 ottobre 2023, il giorno dopo dell’attacco di Hamas ad Israele.
Di questo paese non sapeva nulla. Né la sua storia, né della sua gente, né i suoi paesaggi. Neanche la sua cucina.
Molto spesso il bello è proprio non conoscere le cose, dice Marie, in modo tale da poterle scoprire ed apprezzarle. Non c’ è  felicità senza sorpresa.
Nonostante la sua famiglia e gli amici le dicevano che non era il momento giusto, lei sapeva che è proprio quando tutti tornano indietro che bisogna sempre andare avanti, e nel momento in cui tutti vanno nel panico in cui bisogna restare calmi.
Così, mentre tutti gli altri artisti stranieri, rimandarono il loro viaggio e gli spettacoli previsti, Marie saltò su un aereo diretto a Beirut, senza nessuna esitazione.
Non appena salita sull’aereo, le venne addosso una sensazione strana, ma nello stesso tempo bella, come se qualcosa di enorme e cosmico la stesse aspettando.
In Francia, nella sua terra natale, ultimamente si sentiva soffocata e apatica.
La sua anima era diventata grigia e senza gioia, come il cielo di Parigi. Era giunta alla conclusione che l’esistenza fosse solo una lenta, lunga e deprimente camminata in cui non c’era molto da fare. Fino ad allora aveva vissuto come se la vita fosse un conto di risparmio.
Poi ha scoperto il Libano. E la sua vita si è capovolta. Per sempre.
Il Libano l’ha rianimata come se fosse uscita da una sala di emergenza.
Le ha fatto amare di nuovo la vita, l’ha riconciliata con il genere umano.
Il Libano trasmette voglia di vivere di vita e di godere ogni singolo istante come se fosse l’ultimo.
Forse perché la vita laggiù è fragile, i libanesi sanno di vivere in un paese in guerra, e che possono morire da un momento all’altro, per cui vogliono vivere la loro vita intensamente.
Uno sconosciuto che incontri per strada può diventare tuo amico per tutta la vita. Dove in Francia, verso l’altro, c’è sfiducia, in Libano c’è curiosità. Dove ci sarebbe distanza, c’è fratellanza. Quella “fraternité” che costituisce un caposaldo della storia e della cultura transalpina non la respirava a Parigi. Beh, è una sensazione che Marie ha conosciuto solo in Libano. “Ed è anche meglio dell’amore”.
Marie continua affermando come tutto sia eccezionale in Libano. I suoi paesaggi, la sua gente, la sua storia. Il DNA libanese è incredibile. Nel bene e spesso nel male.
“Il Libano è una tragedia greca. Regolarmente colpita da un fulmine. Politico, economico, militare, mafioso, il Libano conosce tutte le maledizioni, a intervalli regolari e ripetuti. Come se lo stessero punendo per essere così bello”.
Oggi, Marie scrive in tutta chiarezza, senza romanticismo, senza versi, senza lusinghe, che si sente più libanese che francese. In futuro il suo desiderio è di ritornare a lavorare in Libano. Si sente in debito con il paese dei Cedri. Ha avuto più dolore a lasciare il Libano in guerra che trovare la Francia in pace, dice piangendo.
Marie conclude con forti e toccanti parole: “Libanesi, ancora una volta nella vostra storia, dovete essere forti e coraggiosi. So che siete stanchi, che volete la pace, abbiate cura di voi. Perché, ancora una volta, dovrete contare solo su voi stessi. Ma vi rialzerete perché voi vi rialzate sempre. Marie offre le sue modeste stampelle così potrete appoggiarvi su di lei. Non è molto, non è nemmeno pochissimo, ma è tutto quello che posso offrirvi.
Ti amo Libano. E chi ha camminato sulla tua terra ti ama e ti ricorda. Tornerò prestissimo, tra le bombe, per abbracciarvi ancora più forte delle volte precedenti. Perché con te è sempre più forte. E ancora, rideremo, piangeremo, condivideremo, festeggeremo, ci divertiremo, balleremo, ci ubriacheremo, vivremo perché questo è il Libano: la grande festa delle grandi emozioni”.

Alessandra Fiumara

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