editoriali

La crisi democratica italiana

di Roberto
Musacchio

È ora di dire le cose per quel che sono: in Italia c’è una profonda crisi democratica.

Una crisi che rende il nostro Paese un’anomalia in Europa, che meriterebbe di essere segnalata.

Il livello della rappresentanza, quantitativa e qualitativa, la sistematica esclusione di intere parti di cittadinanza, la sovrapposizione e il cortocircuito di sistemi istituzionali ed elettorali diversi, hanno prodotto non solo un guazzabuglio ma veri e propri vulnus dell’impianto costituzionale e degli stessi standard europei.

Si è arrivati a questo con 30 anni di strappi e forzature che non hanno pari in Paesi europei analoghi al nostro. A colpi di referendum e di modifiche parlamentari e costituzionali prive di qualsiasi organicità.

Si è arrivati a questo per una concomitanza di fattori.

Il primo è il modo del tutto subalterno con cui l’Italia è stata nel processo di edificazione dell’Unione Europea utilizzato da correnti politiche e soggetti di potere come un vincolo esterno.

Lo strappo del pareggio di bilancio in Costituzione e almeno un governo, quello Monti, del tutto figlio del vincolo esterno sono due passaggi fondamentali. Che naturalmente seguono l’atto originario dell’adesione a Maastricht che Guido Carli ben indicava come foriera di modifiche sostanziali e formali dell’impianto costituzionale.

Ma fin qui staremmo nel trend dei problemi e non delle anomalie.

Le anomalie stanno nell’aver fatto degli assetti costituzionali e istituzionali il terreno dello scontro di potere.

Possiamo individuare 4 filoni.

Quello maggioritario bipolare del PD inteso a fare della governance il perno della vita istituzionale e di se stesso il perno della governance.

Quello presidenzialistico, delle destre, che è riuscito a sfondare nei comuni e, soprattutto e più gravemente (perché assemblee legislative), nelle regioni. La legge regionale è stata apparecchiata da un esponente della destra presidenzialistica come Pinuccio Tatarella.

Quello del federalismo differenziato voluto dalla Lega.

Quello dell’antipolitica populista e dell’antiparlamentarismo, agito da settori dei poteri e poi assunto dal movimento Cinquestelle.

Queste quattro spinte, agendo sostanzialmente a valle di quella dominante della edificazione della UE come governance, hanno interagito al peggio, per pura competizione di potere.

Il risultato è quello che abbiamo di fronte oggi.

Un Parlamento colpito dalla campagna sulla casta e tagliato in modi da renderlo il meno rappresentativo e assai scarsamente funzionale (soprattutto il Senato) ai compiti del bicameralismo perfetto. Parlamentari eletti con leggi che li mortificano con i criteri previsti per le liste.

Un Parlamento che da anni viene schiacciato dall’attività di decretazione abnorme dei governi.

E dal prevalere degli indirizzi della UE.

Regioni in cui al presdenzialismo pensato da Tatarella, ed accettato da quasi tutti, si è poi sommato il taglio inverosimile della rappresentanza con consigli legislativi minimi che non hanno pari in Europa risultando inferiori spesso a quelli di un Paese di Visegrad come la Polonia. Lontanissimi dagli standard di Paesi come Germania, Francia, Spagna.

In più si sono fatte leggi elettorali escludenti, con soglie di sbarramento di stampo turco.

Presidenti forti per meccanismo di investitura, consigli deboli poco rappresentativi e dipendenti dai presidenti stessi. Un’aberrazione democratica anche rispetto ai regimi presidenziali normali.

Il caos determinato dalla modifica del titolo quinto e l’aspettativa di ulteriori poteri sostenuta dalle logiche presidenzialistiche e differenzialistiche ora trova nuovo alimento dal colpo dato al Parlamento col referendum.

La debolezza strutturale dei corpi intermedi partitici e l’assenza di una legge che ne garantisca l’esercizio democratico fa venire meno la loro funzione costituzionale.

Abbiamo ora un continuo strappare dei presidenti.

Una conferenza Stato Regioni che ha una maggioranza di 15 a 5 per le destre e in realtà un trasversalismo tra i 15 e i 5 su quasi tutti i temi sensibili, dal Mes alla riapertura degli stadi, dalle grandi opere ai soldi alle imprese, dalla sanità privata ai tagli alle tasse e, soprattutto, sulla richiesta dell’autonomia differenziata.

A fronte un governo il cui presidente del Consiglio è passato da una maggioranza all’altra, il partito di maggioranza relativa, i Cinquestelle, è in crollo di voti, mentre il Pd per opportunismo connesso alla sua funzione di governance ha votato si a un taglio contro cui aveva votato tre volte.

Ma al di là della fase corrente, certificata dallo stop alla legge elettorale promessa per favorire il sì, è evidente che siamo all’incartamento strutturale. Col rischio di un impianto presidenzialista abnorme.

Col PD che preannuncia richieste di quadro per cercare di riordinare.

Che fare?

Innanzitutto evidenziare il disastro fatto e denunciare la crisi democratica.

È quello che noi proveremo a fare sollevando la questione degli standard europei.

Poi occorre che prevalga un’idea di quadro in connessione al ripristino della volontà costituzionale.

Si vuol fare una cosa seria?

Si prenda il modello tedesco in tutto e per tutto.

Il modello tedesco prevede ciò che riassumo.

Alle elezioni si presentano i partiti che sono normati per legge per garantirne i doveri democratici. Liste solo elettorali non si possono fare.

Il sistema è federale ma i laender hanno effettiva rappresentatività democratica. Non esistono parlamenti di laender di 20 eletti. Il minimo è 71.

Il sistema è tutto parlamentare ed è esclusa ogni elezione diretta presidenziale.

Lo Stato federale è l’esatto opposto dell’autonomia differenziata e presuppone uno Stato ordinamento chiaro senza strappi istituzionali.

La camera dei laender funziona secondo questo modello.

Durante la fase dell’unificazione vi furono deroghe allo sbarramento elettorale per consentire il riformarsi di partiti adeguati.

Io di mio penso che lo sbarramento sia comunque e sempre inopportuno e prenderei la legge elettorale che la Germania usa per le europee, che è proporzionale senza sbarramento.

Non sarà facile cambiare e per questo occorre rilanciare una vera lotta per ripristinare la democrazia.

Qui a seguire il confronto sulle rappresentanze legislative tra Italia, Germania, Francia, Spagna e Polonia.

Ma prima un confronto con l’Ungheria che colpisce.

Una delle prime cose fatte da Orban (rieletto primo ministro nel 2010) nel 2012 è fare una “riforma” che ha tolto dal nome la parola Repubblica e ha praticamente dimezzato il Parlamento.

Da notare che anche i consigli regionali sono di dimensioni “italiane” di una ventina di eletti. Ecco i dati.

Ungheria
Abitanti: 9.655.361
Camera: 199 (fino al 2011 erano 386. Tolta anche la dizione Repubblica)
Regioni (19): 381
Parlamentari europei: 21
Totale: 601

Brutte somiglianze.

Veniamo ora al confronto con i grandi Paesi che dicevo. Poi un riassunto del numero di abitanti necessari ad eleggere un parlamentare di camera bassa con l’Italia con la più alta. E infine dati di gran parte degli altri Paesi UE o ex come la GB. E una tabella dei Parlamenti di tutti i Paesi.

Germania
Abitanti: 83.019.200
Bundestag (Parlamento): 709 membri
Bundesrat (Camera dei Laender): 69
Parlamenti dei 16 Laender: 1.863
Parlamento europeo: 96
Totale: 2.737

Francia
Abitanti: 65.357.350
Camera: 577 seggi
Senato: 348
Regioni (18): 1.731
Parlamento europeo: 74
Totale: 2.700

Spagna
Abitanti: 47.431.256
Camera: 350
Senato: 262
Regioni (17): 1.198
Parlamento europeo: 59
Totale: 1.869

Polonia
Abitanti: 38.485.779
Camera: 460
Senato: 100
Regioni (16 Voivodati): 562
Parlamento europeo: 51
Totale: 1.173

Italia
Abitanti: 60.244.639
Camera: 620 ora; con il taglio 400
Senato: 325 ora; con il taglio 200
Regioni (20): 897
Parlamento europeo: 76
Totale: 1.918 ora. Con il taglio 1.575.

Rapporto parlamentari abitanti Camere (senza Senato) in Europa

1/117 mila Germania
1/116 mila Francia
1/102 mila Regno Unito
1/151 mila Italia
1/133 mila Spagna
1/83 mila Polonia
1/59 mila Romania
1/115 mila Olanda
1/76 mila Belgio
1/36 mila Grecia
1/53 mila Rep. Ceca
1/45 mila Portogallo
1/29 mila Svezia
1/49 mila Ungheria
1/48 mila Austria
1/29 mila Bulgheria
1/32 mila Danimarca
1/28 mila Finlandia
1/36 mila Slovacchia
1/31 mila Irlanda
1/27 mila Croazia
1/20 mila Lituania
1/23 mila Slovenia
1/19 mila Lettonia
1/13 mila Estonia
1/11 mila Cipro
1/10 mila Lussemburgo
1/7 mila Malta

Rappresentanza legislativa complessiva di altri Paesi UE

Belgio
Abitanti: 11.046.000
Camera: 150
Senato: 60
5 strutture politiche regionali rappresentative per un totale di 313 eletti (50 partecipano al Senato)
Parlamento europeo: 21
Totale: 544

Austria
Abitanti: 8.859.000
Camera: 183
Senato: 61
9 regioni con 440 eletti totali
Parlamentari europei: 18
Totale: 702

Danimarca
Abitanti: 5.782.382
Camera: 179
5 regioni con 205 eletti totale
Parlamentari europei: 13
Totale: 397

Portogallo
Abitanti: 10.254.666
Camera: 230
6 grandi regioni ma la riforma costituzionale che riguarda il loro completamento (compresa elezione diretta rappresentanti) non è mai stata completata (anzi respinta in origine per referendum). Ciò che si avvicina di più alla rappresentanza regionale sono 308 municipi che eleggolno direttamente un totale di 2074 grandi consiglieri. A parte la situazione particolare di Madeira e Azzorre
Parlamentari europei: 21

Grecia
Abitanti: 10.771.530
Camera: 300
13 regioni per totale di 703 eletti
Parlamentari europei: 21
Totale: 1.024

Olanda
Abitanti: 17.200.671
Camera: 150
Senato: 75
12 regioni per un totale di 570 eletti (che poi eleggono al loro interno i 75 membri del Senato)
Parlamentari europei: 26
Totale: 821

Bulgaria
Abitanti: 6.981.981
Camera: 240
Regioni (28 provincie): 240
Parlamentari europei: 17
Totale: 497

Romania
Abitanti: 19.638.000
Semipresidenzialismo
Camera: 412
Senato: 176
Regioni (41 Judete): 1.600
Parlamentari europei: 33
Totale: 2.421

Slovacchia
Abitanti: 5.421.349
Camera: 150
Regioni (8): 416
Parlamentari europei: 14
Totale: 580

Svezia
Abitanti: 10.302.984
Camera: 349
Regioni (21): 1.696
Parlamentari europei: 21
Totale: 2.066

Repubblica Ceca
Abitanti: 10.553.843
Camera: 200
Senato: 81
Regioni (13): 665
Parlamentari europei: 21
Totale: 967

Irlanda
Abitanti: 4.761.865
Camera: 158
Senato: 60
Regioni (31 local goverments): 949
Parlamentari europei: 13
Totale: 1.180

Slovenia
Abitanti: 2.089.310
Camera: 90
Senato (corporativo): 40
Niente regioni elettive
Parlamentari europei: 8
Totale: 138

UK
Abitanti: 65.545.757
Camera: 650
Senato (Camera dei lord): 772
Scozia: 131
Galles: 60
Irlanda del Nord: 90
Totale: 2.003

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1 Commento. Nuovo commento

  • francesco capponi
    10/10/2020 1:10

    vista la debolezza e inadeguatezza constatata nei corpi intermedi, soprattutto i partiti politici ormai tutti i piena crisi e da riformare radicalmente in via legislativa per renderli conformi alla Costituzione, mi sembra problematica la scelta del sistema elettorale proporzionale (anche senza sbarramento, che è comunque una precondizione obbligata) perché allo stato attuale viene a conferire un potere eccessivo ai partiti inadeguati e da riformare. il principio della massima rappresentanza ai cittadini elettori sarebbe meglio raggiunto con collegi uninominali legati e al territorio e alle locali esigenze e istanze non tutte interpretate dai partiti e che infatti si esprimono anche in liste elettorali non diretta espressione dei partiti e in movimenti di opinione a sostegno dei tanti candidati dei tanti collegi che eleggono i singoli parlamentari….

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