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La costruzione dello Stato di biosicurezza in Italia (e altrove) – Prima parte: Lo svisceramento della democrazia: un progetto a lungo termine

di Peter
Cooke

Ospitiamo questo articolo che non rappresenta il nostro punto di vista ma che ci sembra utile per aprire un dibattito a sinistra sul pericolo di un controllo sociale sempre più stringente.

La nostra civiltà capitalista neoliberalizzata è entrata ormai in una fase di profondissima crisi. Gli avvenimenti drammatici della pandemia da Covid-19 possono essere interpretati come sintomi di questa crisi. Vanno esaminati infatti in un contesto non solo sanitario, ma anche politico. Lo scopo della serie di quattro articoli che si propone qui è quello di offrire una spiegazione coerente di un’emergenza politico-sanitaria che ha aperto, o svelato, divisioni profonde nella società occidentale, nel contesto di un sistema “democratico” che, in realtà, maschera – in modo sempre meno convincente – il potere praticamente incontestato di un’oligarchia globalizzata.

La tesi centrale proposta qui è che la pandemia ha offerto al sistema capitalista in crisi l’occasione per la rapida costruzione di un nuovo paradigma di governo in grado di controllare una popolazione globale – e soprattutto occidentale – sempre più turbolenta. È quest’ultimo un sistema tecnocratico e autoritario che, appoggiandosi sulle riflessioni di Giorgio Agamben, alcuni commentatori denominano ormai “lo Stato di biosicurezza”.

Il primo articolo della serie esamina la questione della “democrazia” occidentale come contesto politico della crisi sanitaria. Dopo aver spiegato la realtà profondamente oligarchica del sistema attuale creato sistematicamente durante quattro decenni di controrivoluzione neoliberista, esamina l’ideologia della tecnocrazia, cara all’élite globale, come forma di potere. Finalmente, offre una prima analisi della gestione tecnocratica dell’emergenza pandemica, focalizzandosi sul contesto italiano.

Gli avvenimenti degli ultimi due anni e mezzo sono stati profondamente traumatici. Dubito perciò che, nelle condizioni attuali, sia ancora umanamente possibile discutere il tema della pandemia Covid-19 con una vera e propria oggettività. Inoltre, ogni aspetto del fenomeno pandemico è stato politicizzato. In quasi tutti i paesi del mondo occidentale, sulla questione così importante della maniera in cui l’epidemia è stata gestita e rappresentata, la società si è spaccata. Non mi sembra possibile prendere una posizione neutrale a riguardo, tanto meno dopo aver cercato di approfondire il tema.

Ciò che segue, benché sia il frutto di molte letture e di lunghe riflessioni, è dunque necessariamente una interpretazione che rimane, almeno in parte, soggettiva. Inevitabilmente, è anche una interpretazione politica. Infatti, ciò che m’interessa capire soprattutto in questo sconcertante fenomeno politico-sanitario è come mai sia stato possibile, in un paese “democratico” come l’Italia, gestire un’epidemia in un modo così straordinariamente repressivo. Si può dire, in verità, che viviamo ormai in una democrazia liberale?

È fondamentale capire che, in realtà, la progressiva demolizione del sistema democratico occidentale del dopoguerra è un progetto a lungo termine che risale almeno agli anni 1970. Questo processo graduale di smantellamento e di svisceramento si è accelerato drammaticamente durante la pandemia, che ha fatto nascere ciò che molti non esitano a denominare “dittatura sanitaria”, benché molti altri respingono il termine con sdegno. In effetti, la gestione di questo avvenimento sanitario disastroso, in Italia e altrove, si è caratterizzata da una deriva liberticida che non solo ha sgomentato molti cittadini, infliggendo peraltro sofferenze notevoli a tantissime persone, ma ha anche aperto faglie profonde e dolorose nel tessuto sociale.

Troppa democrazia

Già dal 1975, gli autori del libro influente The Crisis of Democracy sostenevano che c’era “troppa democrazia”. Il sottotitolo di questo studio, commissionato a tre politologhi di destra, Michel Crozier, Samuel P. Huntingdon e Joji Watanuki, è assai esplicito: Rapporto sulla governabilità delle democrazie alla Commissione Trilaterale. Quest’ultima, importantissimo pensatoio oligarchico lanciato a Washington nel 1973, ha svolto, si sa, un ruolo di spicco nel vasto progetto capitalista della globalizzazione neoliberista.i Gli autori della Crisi della Democrazia non si sono limitati a analizzare il problema che rappresentava per i capitalisti nei paesi occidentali questo “eccesso di democrazia”, ma hanno anche proposto delle soluzioni che si sono dimostrate assai efficaci. I progetti di attacco alle democrazie ideati nel libro sono stati tradotti in tecnica ed applicati sistematicamente. I punti centrali della strategia anti-democratica attivata dagli anni settanta in poi si possono riassumere come segue:

  1. de-ideologizzazione della sfera politica;
  2. riduzione dell’interesse dei cittadini alla partecipazione democratica;
  3. trasformazione dell’individuo da cittadino in consumatore;
  4. dirottamento del dibattito politico su binari consentiti predeterminati;
  5. cooptazione dei sindacati;
  6. abbassamento del livello di educazione delle masse;
  7. controllo dei media.

Il risultato dell’attualizzazione di questo piano è stato lo svuotamento progressivo delle strutture democratiche al punto che quello che ne è rimasto oggi si è ridotto, praticamente, a una mera facciata, un guscio vuoto. Gli inediti e traumatici eventi politici e sociali degli ultimi due anni e mezzo sembrano indicare che l’oligarchia occidentale abbia deciso che il momento sia venuto di demolire – in modo controllato, beninteso – anche questa facciata.

La nuova oligarchia

Il fatto che la democrazia occidentale si sia trasformata, de facto, in oligarchia è riconosciuto ormai da non pochi commentatori politici. Descrivendo le tendenze oligarchiche odierne nel suo libro bestseller Capitalism in the Twenty-First Century, Thomas Piketty parla addirittura di “un processo in cui i paesi ricchi diventano la proprietà dei loro propri miliardari”1. “Il ‘Capitalismo di oggi è in realtà un’oligarchia di plurimiliardari che detengono il potere, assistiti da un organico di specialisti relativamente ben formati e pagati” spiega Kees Van der Pijl2. Nel suo libro del 2020, The System. Who Rigged It, How We Fix It (tradotto e pubblicato l’anno seguente in italiano), Robert Reich scrive: “Persino un sistema che si definisce una democrazia può diventare un’oligarchia se il potere finisce per concentrarsi nelle mani di un’élite imprenditoriale e finanziaria.” Reich riconosce che “L’America ha conosciuto l’oligarchia due volte prima d’ora.” La prima volta fu l’epoca della fondazione degli Stati Uniti (“Molti degli uomini che fondarono gli Stati Uniti erano oligarchi bianchi proprietari di schiavi.”); la seconda fu l’era di uomini spietati come J. Pierpoint Morgan, John D. Rockefeller, Andrew Carnegie, Cornelius Vanderbilt e Andre Mellon, i famigerati robber barons (“baroni della rapina”) dell’industrializzazione sfrenata della fine dell’ottocento e dei primi decenni del novecento. Fu il New Deal di Roosevelt, compiuto durante la Grande Depressione con l’obiettivo di scongiurare la minaccia di una rivoluzione, a porre fine all’oligarchia dei robber barons, instaurando un equilibrio (tutto relativo) tra il potere del capitale e le esigenze economiche e sociali dei lavoratori. “A partire dal 1980 circa”, continua Reich, “è emersa una terza oligarchia americana”3.

Reich si riferisce qui alla controrivoluzione neoliberista, lanciata infatti intorno all’anno 1980 con l’intento (più o meno mascherato) di disfare completamente il sistema del New Deal4. Questo processo è risultato inevitabilmente in una disuguaglianza del reddito e della ricchezza sempre più grande. Reich descrive la situazione economica negli Stati Uniti come segue:

Tra il 1980 e il 2019 la quota del reddito familiare totale del paese appannaggio dell’1% più ricco della popolazione è più che raddoppiata, mentre il reddito del 90% più povero è cresciuto pochissimo (tenendo conto dell’inflazione). La retribuzione media di un CEO è cresciuta del 940%, quella del lavoratore tipo del 12%. Negli anni Sessanta il tipico CEO di una grande azienda americana guadagnava circa venti volte più del lavoratore tipo; nel 2019 guadagnava trecento volte tanto.

La disuguaglianza della ricchezza è esplosa ancora più rapidamente. Secondo una ricerca degli economisti Emmanuel Saez e Gabriel Zucman, negli ultimi quarant’anni la quota della ricchezza totale detenuta dallo 0,1% più ricco – circa 160,000 famiglie americane – è passata da meno del 10% al 20%. Oggi queste famiglie posseggono una ricchezza pari quasi a quella del 90% delle famiglie più povere messe assieme. L’intera metà inferiore della popolazione americana oggi possiede appena l’1,3% della ricchezza totale5.

La conseguenza necessaria di questa crescente disuguaglianza economica è stata una crescente disuguaglianza di potere politico. “Le grandi imprese, i CEO e un manipolo di persone estremamente ricche”, osserva Reich, “hanno più influenza di ogni altro gruppo paragonabile dai tempi dei baroni della rapina. A differenza del reddito o della ricchezza, il potere è un gioco a somma zero: più ce n’è a la vertice, meno ce n’è altrove”6. Per varie ragioni storiche, le condizioni economiche e politiche degli Stati Uniti rappresentano un caso estremo nel mondo occidentale, ma la tendenza verso una concentrazione sempre maggiore di ricchezza economica e di potere politico al vertice della società caratterizza tutte le “democrazie” occidentali. Essendo il neoliberismo un progetto essenzialmente oligarchico, una delle conseguenze inevitabili del suo sviluppo incontrastato nel corso degli ultimi quattro decenni è stata la distruzione quasi totale della democrazia rappresentativa e l’instaurazione di una potente oligarchia globalista.

La barbarie del neoliberismo 

È importante capire a che punto questa ideologia neoliberista, che ha smantellato progressivamente il sistema molto più equilibrato del New Deal, rappresenti una forma di violenza7. Il termine “neoliberismo” si riferisce a politiche economiche che promuovono la subordinazione integrante della società al capitale (“il mercato”). Sotto la sua maschera teorica, è una forma di raw capitalism (“capitalismo crudo”), un fenomeno fondamentalmente predatorio che cerca sempre di imporre la legge del più forte, noncurante degli effetti distruttivi delle sue azioni sul piano umano, sociale, ecologico, ecc.

Fa parte, in realtà, di quella barbarie del ventesimo e del ventunesimo secolo denunciata da Giuliano Pontara nel primo capitolo di L’Antibarbarie8. Naomi Klein descrive nel suo libro seminale The Shock Doctrine come le teorie estremiste del teorico americano del neoliberismo Milton Friedman furono applicate per la prima volta nel Cile, sulla scia del colpo di stato (fomentato dalla CIA) di Augusto Pinochet che nel 1973 rovesciò il governo socialista, democraticamente eletto, di Salvador Allende9. Le misure drastiche di privatizzazione, liberalizzazione del mercato e riduzione massiccia delle spese pubbliche proposte da Friedman (la classica ricetta neoliberista), che secondo lui sarebbero risultato, dopo lo “shock” iniziale, in “un miracolo economico”10, risultarono invece in una catastrofe economica – “una orgia di auto-mutilazione” per dirla con le parole del Economist11 – che devastò il paese e instaurò nella società cilena disuguaglianze enormi. Nel 1988, quando l’economia cilena si era finalmente stabilizzata, il 45% della popolazione era caduta nella povertà e il ceto medio era stato decimato. Nello stesso tempo, il decimo più ricco aveva visto crescere il suo reddito dell’83%12. Ancora oggi, il Cile rimane uno dei paesi più disuguali del mondo. La controrivoluzione neoliberista in Cile fu dunque un’operazione assolutamente spietata che risultò in un incremento di ricchezza massiccio per il segmento più ricco della società al costo dell’impoverimento delle masse. L’esperimento cileno si replicò in numerosi paesi.

Tristemente notorie rimangono le violenze fisiche orripilanti, commesse a vasta scala, che accompagnarono la controrivoluzione neoliberista sotto le dittature militari instaurate con il sostegno della CIA negli anni 1970 nell’America Latina e altrove. Lo stesso tipo di crimine di stato commesso sistematicamente nel Cile di Pinochet caratterizzò anche i regimi dittatoriali del Brasile e dell’Argentina, per esempio. Come osserva Klein, il sadismo, anche se ha avuto certamente la sua parte in questo disgustoso fenomeno, non basta a spiegare tutto un sistema di incarcerazione, tortura, assassinio e sparizioni. Poco prima di essere abbattuto dai militari, l’attivista argentino Rodolfo Walsh scrisse: “È nella politica economica di questo governo che scopriamo non solo la spiegazione dei crimini, ma anche un’atrocità più grande che punisce milioni di esseri umani con la miseria pianificata”13.

Le riforme neoliberiste imposte a partire degli anni ottanta nei paesi occidentali – negli Stati Uniti e nel Regno Unito in primis – rappresentano anche lì un processo fondamentalmente violento. Anche se non accompagnata dal sistema di violenza fisica spietata vigente nei regimi dittatoriali, nei paesi occidentali “democratici” abbiamo vissuto da quarant’anni una controrivoluzione brutale che ha avuto come conseguenza diretta l’instaurazione progressiva di una sempre più grande violenza economica strutturale. Perché il neoliberismo impone la povertà, e la povertà, come diceva Gandhi, è una delle forme peggiori di violenza.

Un potere sovranazionale anti-democratico

Nell’era della globalizzazione finanziaria e economica guidata dall’anglosfera, gli Stati individuali stanno perdendo sempre più la loro sovranità effettiva; ormai tutte le decisioni politiche ed economiche più importanti sono prese a livello sovranazionale in un contesto tutt’altro che trasparente. Si parla in questo senso dell’“internazionalizzazione dello Stato”14. In questo Stato internazionalizzato, i gestori del sistema monetario e finanziario (le banche centrali sovranazionali), le grandi corporations multinazionali e una rete di istituzioni private (fondazioni, pensatoi oligarchici, NGO, ecc.) esercitano un’influenza preponderante sui governi che nessun movimento politico è in grado di contrastare15.

Nel contesto europeo, il ruolo essenziale svolto dall’Unione Europea – che in realtà è una istituzione profondamente anti-democratica – è quello di imporre la volontà del cartello capitalista oligarchico. Ormai, gli stati europei hanno devoluto gran parte della propria sovranità a poteri tecnocratici non elettivi. Il risultato sconcertante dell’ascendenza incontestata dei poteri finanziari e commerciali apolidi – “la caste des banquiers commerçants” – è che, per citare la ricercatrice francese Valérie Bugault, “ormai gli Stati non sono più che gusci vuoti”16.

Mantenere la facciata democratica, l’illusione della democrazia, è da molto tempo una delle funzioni principali sia dei media mainstream sia dei politici. Già dal 1995, nel suo saggio The Unconscious Civilisation, John Ralston Saul metteva in luce la tendenza socioculturale a mascherare, nel linguaggio come nell’informazione, il vero sistema di potere che ha poco a che vedere con gli assunti legittimanti dei moderni ordinamenti occidentali: democrazia, trasparenza, rule of law. Il sistema di potere odierno è organizzato, invece, secondo principi di monopolio/cartello privato delle risorse primarie, di stretto controllo dell’informazione pubblica e di governo distante – sempre più distante – dalle popolazioni.

Si può “aggiustare” la democrazia?

Robert Reich crede che, malgrado l’instaurazione de facto negli Stati Uniti di una oligarchia sempre più ricca e sempre più influente, è ancora possibile ripristinare la democrazia. Secondo lui, è un sistema che si può “aggiustare”. È questo un ottimismo che, nelle circostanze attuali, può sembrare alquanto ingenuo.

Su questo punto, Rana Dasgupta, nella sua analisi accurata “The Silenced Majority: Can America Still Afford Democracy?”, è molto più pessimista di Reich17. Dasgupta esamina la crisi politica prolungata degli Stati Uniti nel contesto di tendenze storiche e economiche più vaste. La sua tesi centrale è che le condizioni economiche contemporanee non favoriscono più la permanenza del sistema democratico occidentale e che stiamo tornando alla situazione di potere capitalista oligarchico che caratterizzava l’epoca che precedeva la Rivoluzione Industriale. Si parla infatti, in questo contesto, di un fenomeno assai inquietante: il neo-feudalesimo18. È comunque essenziale capire che la democrazia è semplicemente il risultato di concessioni politiche e sociali che il lavoro a potuto strappare dal capitale in certe circostanze storiche.

Oggigiorno, la classe operaia, e più generalmente il principio del lavoro, ha perso gran parte del suo potere contrattuale di fronte al capitale, grazie soprattutto allo smantellamento della produzione industriale – in gran parte trasferita in Cina e in altri paesi asiatici poco democratici – e alle nuove tecnologie digitali che stanno rendendo sempre più inutili gli operai, ma anche i professionisti. Allo stesso tempo sta emergendo una fusione di tecnologie capaci di distruggere le frontiere tra i mondi fisici, digitali e biologici. Si tratta della Quarta Rivoluzione Industriale cara a Klaus Schwab, il fondatore e direttore del World Economic Forum (WEF)19. Secondo un White Paper del WEF, nell’anno 2030, fra il 13 e il 23% della popolazione mondiale diventerà temporaneamente o permanentemente disoccupato20. Infatti, una parte sempre più grande della popolazione sta diventando economicamente e socialmente inutile per il sistema capitalista.

Se i popoli stanno diventando economicamente superflui per un’oligarchia capitalista internazionale che, in un modo sempre più evidente, controlla praticamente tutto, i popoli si trovano in una situazione pericolosa. Nello stesso tempo, la gestione di questi miliardi di persone “inutili” rappresenta per l’oligarchia un problema assai grande. Infatti, gli effetti cumulativi del processo di globalizzazione neoliberista, che ha prodotto non solo grandi incrementi di ricchezza, ma anche disuguaglianze economiche enormi, precarizzazione del lavoro a vasta scala e grandissima distruzione sociale, morale ed ecologica, si manifestano in un fermento sociale a livello globale senza precedenti.

Controllare il popolo con la paura e la sorveglianza

Questo problema è diventato sempre più urgente dopo il crollo economico del 2008 che non ha fatto altro che accelerare una lotta sociale a scala globale. Non solo questa catastrofe finanziaria ha fatto capire quanto fragile – per non dire insostenibile – fosse diventata l’economia occidentale finanziarizzata, questo late-stage financialised capitalism così squilibrato e instabile, in preda a una speculazione sfrenata e avventata a scala gigantesca ed una corruzione sempre più dilagante21 –, ma il salvataggio massiccio delle banche, i famigerati bailouts, nello stesso momento in cui milioni di disoccupati perdevano tutto, ha fatto capire al popolo che gli interessi del 99% dei cittadini contavano ben poco in confronto a quelli del 1% più ricco – l’oligarchia, precisamente. Dopo 2008, osserva Van der Pijls, “ogni record di fermento sociale è stato infranto”22. Contenere, impedire, reprimere, manipolare e sciogliere in tutti i modi i grandi movimenti di protesta – potenzialmente rivoluzionari – nati sulla scia del disastro del 2008 è diventato una delle priorità più importanti del sistema capitalista in crisi.

Un passo importante verso la costruzione di un nuovo sistema di governo in grado di controllare i popoli occidentali sempre più impoveriti, sempre più precarizzati e sempre più arrabbiati è stato già rappresentato dal War on Terror di George W. Bush, una “guerra” lanciata a seguito degli attentati terroristici del “9/11” nel 2001. Le stragi spettacolari compiute dall’Al Qaeda hanno offerto al regime di Bush l’occasione per giustificare l’invasione del Afganistan e dell’Iraq, rilanciando in questo modo l’industria militare prima di saccheggiare le risorse naturali di questi due sfortunati paesi. Non solo, ma 45 giorni dopo gli attentati dell’11 settembre, il governo americano passò il famigerato Patriot Act, una legge importante che ha limitato i diritti e le libertà dei cittadini americani con il preteso della necessità di difendere il Paese contro il terrorismo. In questo modo, ogni cittadino americano è divenuto, in realtà, sospettato23. Allo stesso tempo, il governo americano ha instaurato quel sistema illegale di sorveglianza di massa – il programma di “Total Information Awareness” – svelato più tardi da Edward Snowden24.

Paradossalmente, si può interpretare la “Guerra contro il terrore” come una forma di terrorismo di Stato. Come osservò Al Gore nel 2004, il terrorismo, che rappresenta la strumentalizzazione della paura per uno scopo politico, intende “travisare la realtà politica di una nazione suscitando nel popolo una paura massicciamente sproporzionata rispetto al vero pericolo che i terroristi sono in grado di rappresentare”. Secondo Gore, il corso precipitoso di Bush verso la guerra contro l’Iraq costituiva una forma di terrorismo. Bush aveva terrorizzato la sua propria nazione con l’avvertimento completamente ingannevole secondo cui “impiegando armi chimiche, biologiche, o, in futuro, anche nucleari, ottenute con l’aiuto dell’Iraq, i terroristi erano in grado […] di uccidere migliaia o centinaia di migliaia di persone in questo paese”. “Il presidente Bush e la sua amministrazione”, fece notare Gore, “ha fatto ingurgitare al popolo americano una paura dell’Iraq grandemente esagerata, una paura completamente sproporzionata in confronto al pericolo che quel paese rappresenta in realtà”25. Lo Stato americano aveva adottato una strategia terroristica nei confronti del popolo americano.

Siccome, dopo decenni di politiche economiche e sociali neoliberiste, il capitalismo non è più in grado di offrire alla popolazione un contratto sociale accettabile – anzi, il neoliberismo rappresenta la negazione del contratto sociale – governare con la paura è diventata una strategia centrale del mondo occidentale. Siamo entrati ormai nell’epoca dello stato di emergenza permanente, della guerra permanente: “La guerra è resa endemica”, spiega Jeff Halper, “poiché non è né possibile né desiderabile porre termine allo ‘stato di emergenza permanente’ […]. Pacificare l’umanità diventa l’unico modo di scongiurare la guerra, ma quell’impresa è diventata un progetto totalitario violento, senza fine”26. Torneremo alla questione del nuovo totalitarismo nel terzo articolo.

“Oltre la libertà e la dignità”

L’instaurazione di un sistema di sorveglianza statale dei cittadini è stata accompagnata – e facilitata – dall’emergere di un nuovo sistema economico che, in uno studio fondamentale, Shoshana Zuboff denomina surveillance capitalism – “il capitalismo della sorveglianza”27. Conviene però notare che sin dall’inizio la rivoluzione IT è stata formata dal paradigma del Total Information Awareness nel contesto di una guerra della classe dominante contro il popolo e che tutte le grandi ditte della Big Tech mantengono relazioni strette con il Pentagono28.

Il sistema del “capitalismo della sorveglianza”, sviluppato dai tech giants della Silicon Valley, con Google e Facebook in testa, si basa sempre di più non solo sullo sfruttamento economico (e politico) dei dati – di ogni genere – raccolti furtivamente dagli utenti, ma anche sulla manipolazione dei comportamenti del consumatore (e anche degli elettori). È questo un tipo di potere subdolo che Zuboff chiama instrumentarian. In questo ambito, le imprese tech approfittano, con una precisione sempre maggiore, degli strumenti creati dagli psicologi comportamentali, come il famoso o notorio B. F. Skinner, che s’interessano soprattutto del comportamento di gruppo, di gregge. Questi scienziati, infatti, svilupparono inizialmente le loro tecniche di manipolazione psicologica studiando gli animali. Non c’è, da questo punto di vista, alcuna differenza fondamentale tra il gregge animale e il gruppo umano; tutt’e due si possono dirigere dall’alto utilizzando metodi psicologici appropriati.

Secondo Skinner, nel suo famigerato libro Beyond Freedom & Dignity (Oltre la libertà e la dignità), il libro arbitrio e la libertà di scelta dell’individuo cari al liberalismo occidentale sono in realtà una semplice illusione e, per il bene comune, la società va gestita continuamente dagli scienziati utilizzando strumenti psicologici. È la sua una visione del mondo essenzialmente tecnocratica; a Skinner non piaceva per niente la democrazia.

Zuboff osserva con rammarico che quando il libro di Skinner uscì nel 1971 suscitò grande scalpore, mentre che cinquant’anni dopo, “La credenza che possiamo noi stessi scegliere il nostro destino viene assediato, e, in una inversione drammatica della situazione, il sogno di una tecnologia in grado di predire e dirigere il comportamento – per il quale Skinner subì tanto disprezzo pubblico – è diventato ormai un fatto fiorente. Adesso, questo obiettivo attrae un capitale immenso, il genio umano, l’elaborazione scientifica, interi ecosistemi di istituzionalizzazione, e il fascino che accompagnerà sempre il potere”29.

Dalla sorveglianza statale di massa e dal capitalismo della sorveglianza, con la sua crescente enfasi sulla modificazione del comportamento, non è molto grande il passo che conduce al sistema di Credito Sociale che si sta sviluppando attualmente in Cina. Lo scopo di questo nuovo sistema, spiega il sinologo Rogier Creemers, è quello di “utilizzare l’esplosione dei dati personali […] per migliorare il comportamento dei cittadini […]. Agli individui e alle imprese saranno assegnati punti in relazione a vari aspetti del loro comportamento – dove vai, che cosa compri e chi conosci – e questi punti saranno integrati in una base di dati comprensiva connessa non solo all’informazione governativa, ma anche ai dati raccolti da imprese private”30. Il nuovo sistema cinese sorveglia il comportamento “buono” e “cattivo” in varie attività finanziarie e sociali. Le ricompense e le punizioni sono assegnate automaticamente, allo scopo di plasmare il comportamento individuale e collettivo in modo di “costruire sincerità” nella vita economica, sociale e politica. “L’intenzione”, spiega Mara Hvistendhal, “è che ogni cittadino cinese sia seguito tramite una scheda compilata da dati provenienti da fonti pubbliche e privati”31.

A molti potrebbe forse sembrare inverosimile l’idea di instaurare un sistema simile nei paesi “democratici” del occidente, ma quello che vediamo svolgersi nella Cina governata dal repressivo Partito Comunista è la costruzione di una realtà inquietante che, secondo Zuboff, “ci permette di contemplare una versione di un nostro futuro definito dalla fusione comprensiva del potere instrumentarian con il potere statale”32. Il sistema di Credito Sociale non è altro, in realtà, che la realizzazione, tramite gli strumenti invasivi offerti dalla rivoluzione digitale, della visione tecnocratica di B. F. Skinner e dei suoi seguaci: una vita umana “oltre la libertà e la dignità”.

La tecnocrazia

A questo punto sarà opportuno aprire una parentesi sulla tecnocrazia. Dopo tutto, la gestione della pandemia da Covid-19 è stato un esercizio strettamente tecnocratico. Denunciata già dal 1933 in modo indimenticabile da Aldous Huxley nel suo romanzo distopico Brave New World, la tecnocrazia rimane un’ideologia importantissima. Anzi, il suo potere va sempre crescendo. La breve discussione che segue si basa in gran parte sugli studi fondamentali di Patrick Wood, soprattutto il suo libro più recente, Technocracy: The Hard Road to World Order33.

La tecnocrazia, intesa come ideologia, ha le sue radici storiche nello scientismo utopista del pensatore francese Henri de Saint-Simon (1760-1825). Saint-Simon afferma la superiorità dello scienziato, definito come “l’uomo che prevede”, su tutti gli altri uomini34. Lo scientismo, insieme alla sua progenie la tecnocrazia, funziona da surrogato della religione, sostituendo la fede in Dio con la fede nella Scienza e nella Tecnologia. La scienza, secondo questa visione del mondo, salverà l’umanità instaurando la nuova Utopia tecnocratica. Gli scienziati e i tecnocrati sono dunque i preti di questa pseudo-religione. Secondo loro, soltanto la scienza ha la capacità di risolvere tutti i problemi della società, e la scienza dev’essere applicata alla vita senza sentimentalismo – anzi, senza sentimenti. In questa visione essenzialmente materialista, la natura – e anche l’essere umano – non è altro che un complesso meccanismo; chi capisce il funzionamento del meccanismo ha il dovere di controllarlo. Il potere dev’essere messo nelle mani di un’élite tecnocratica – per il bene comune, s’intende – e qualsiasi opposizione a questa concentrazione di potere anti-democratica è considerata profondamente sbagliata e va combattuta in tutti i modi. Niente deve ostacolare la realizzazione dell’Utopia.

L’ideologia tecnocratica predomina nell’ambito dell’élite globale – Bill Gates offre un esempio perfetto di questa tendenza – e la sua visione profondamente anti-democratica è alla base di tutti i grandi progetti globali, come lo Sviluppo sostenibile, l’Agenda 21 e l’Agenda 2030. Ormai una tecnocrazia globalista domina le Nazioni Unite e l’Unione Europea e si dedica assiduamente a soppiantare la sovranità nazionale con il preteso di risolvere i problemi globali tramite l’imposizione di metodi tecnocratici centralizzati. Uno di questi problemi è quello delle pandemie.

Conviene osservare a questo punto che la tecnocrazia è essenzialmente una forma di potere e che s’intreccia ormai strettamente con gli interessi dell’oligarchia globalista. Anzi, si palesa sempre di più che la tecnocrazia sia diventata lo strumento essenziale che questa oligarchia sta utilizzando per esercitare il suo potere sul mondo.

Non dovrebbe dunque sorprendere che la pandemia sia stata gestita in modo tecnocratico. Nel suo saggio “Sulle ‘ragioni’ dell’emergenza”, pubblicato alla fine del libro recente di Mariano Bizzarri, Covid-19: Un’epidemia da decodificare, il filosofo Massimo Cacciari spiega che “l’ideologia della Scienza, fino a tonalità religiose, che Bizzarri denuncia, è parte integrante del sistema tecnico-economico-politico che sta dominando le nostre vite (e dunque nient’affatto qualcosa di meramente ‘sovrastrutturale’)”35. Questo sistema sta dominando infatti le nostre vite sempre di più e sta creando una realtà sempre più distopica. Perché, come avvertiva Huxley in Brave New World, i tentativi umani per creare l’Utopia – in questo caso l’Utopia tecnocratica – finiscono sempre per creare invece la Distopia.

La religione della scienza nella gestione della pandemia

Bizzarri denuncia un fenomeno inquietante che ha caratterizzato l’atteggiamento di molte persone durante l’epidemia da Covid-19:

È di moda che le persone di cultura medio-alta dichiarino di non essere “religiose” (se non apertamente atee), dicendo invece che ripongono la loro “credenza” nella scienza, parlando di questa come se sostituisse la religione. È curioso come sotto stress, soprattutto ora che il Covid ci ricorda che la morte esiste – nonostante ci si affanni a rimuoverne la presenza nelle nostre società epicuree ed edonistiche – riemerga il sentimento religioso in forme aberranti e deviate. La fede viene oggi risposta nella “scienza”, credendo che questa sia fonte di verità assoluta e univoca. In questo, la maggior parte delle persone non fanno che trasferire la ricerca della certezza dalla religione alla scienza36.

Anche Giorgio Agamben si preoccupa di questa aberrazione. In un libro importante, A che punto siamo? L’epidemia come politica, pubblicato nel 2020, il filosofo si domanda “Com’è potuto avvenire che un intero Paese sia, senza accorgersene, eticamente e politicamente crollato di fronte a una malattia?” L’Italia, infatti, ha abdicato “ai propri principi etici e politici”. “Come abbiamo potuto accettare”, scrive ancora Agamben, “soltanto in nome di un rischio che non era possibile precisare che le persone che ci sono care e degli esseri umani in generale non soltanto morissero da soli ma che, cosa mai avvenuta prima nella storia da Antigone a oggi, che i loro cadaveri fossero bruciati senza un funerale?” Il filosofo denuncia anche “la Chiesa, che, facendosi ancella della scienza ormai diventata la vera religione del nostro tempo, ha radicalmente rinnegato i suoi principi essenziali. La Chiesa sotto un papa che si chiama Francesco ha dimenticato che Francesco abbracciava i lebbrosi. Ha dimenticato che una delle opere della misericordia è quella di visitare gli ammalati. Ha dimenticato che i martiri insegnano che si deve essere disposti a sacrificare la vita piuttosto che la fede e che rinunciare al proprio prossimo significa rinunciare alla fede”37.

Infatti, la scienza, o piuttosto lo scientismo, è diventata “la vera religione del nostro tempo” perché l’intera storia dell’umanità ci insegna che gli esseri umani non possono vivere senza religione, senza fede, così che quando perdono la fede in una vera religione – o in una religione diventata falsa, corrotta e malvagia – si affrettano di creare una pseudo-religione, una nuova ideologia in grado di soddisfare il bisogno profondissimo di credere. Ho personalmente sentito dire da un italiano, cattolico praticante d’altronde, che si vanta di rispettare moltissimo le “verità della scienza”, che il vaccino era “un dogma della fede”. Ma la scienza – quella vera – non ha dogmi, li ha solo la religione.

Citiamo qui ancora le parole accorate di Mariano Bizzarri:

La ricerca scientifica è stata l’amore della mia vita. Ma ora, dopo più di quarant’anni vissuti in laboratorio e nelle corsie ospedaliere, mi sento tradito, sgomento come chi possa scoprire – solo a tarda età – di aver mal riposto il proprio affetto in colei, che come diceva De André “non lo amava niente”. Le decisioni pronunciate in nome della scienza sono diventate arbitri di vita, di morte, condizioni imprescindibili per consentire l’accesso a libertà che pure dovrebbero essere fondamentali. Tutto ciò che conta è stato influenzato dalla scienza, dagli esperti che la interpretano e da coloro che impongono misure basate sulle interpretazioni mediatiche, ritorte e stravolte nel contesto della guerra politica. Ovviamente, questa “scienza” nulla ha a che vedere con la Scienza, quella vera, che per sua natura rifugge dalle affermazioni assolute, dal trionfalismo, e avversa il sensazionalismo preferendo il più tormentato – ma assolutamente più onesto – rifugio del dubbio. Non che la situazione fosse idilliaca prima del Covid; ma oggi, le norme basilari che impongono alla ricerca scientifica onestà intellettuale, disinteresse, cauto scetticismo e disponibilità al confronto e alla condivisione dei dati sono apertamente e sistematicamente violate38.

Ciò che descrive qui Bizzarri, con tanta amarezza, è la strumentalizzazione politica della scienza. È la scienza messa al servizio della tecnocrazia. La scienza ufficiale, “la vera religione del nostro tempo”, è diventata uno strumento di oppressione, come lo era diventata per tanti secoli anche la religione ufficiale.

Le statistiche e la gestione tecnocratica dell’emergenza sanitaria

Offrirò nel secondo articolo un’analisi critica della gestione sanitaria della pandemia da Covid-19. Qui, invece, voglio sottolineare il modo strettamente tecnocratico in cui è stata gestita l’emergenza. In questa gestione le statistiche, i dati, hanno svolto un ruolo centrale. Si potrebbe dire infatti, senza esagerazione, che i dati costituiscono il sangue di quell’essere gigantesco è disumano che si chiama Tecnocrazia. Senza i dati, le cifre, le statistiche, non può vivere. I dati sulla pandemia – numeri di “casi”, “decessi”, “ricoverati”, ecc. – emessi costantemente dai governi e accettati, diffusi e commentati in modo totalmente acritico dai media, servivano a costruire nella mente della popolazione una situazione drammatica che potesse giustificare ingerenze senza precedenti nella vita dei cittadini, ingerenze che, de facto, li spogliavano dai loro diritti costituzionali. Ciò che conta, osservava già dal 1995 uno studioso della contabilità, non è che i dati siano affidabili, ma che vengano presentati in un modo che sembra neutrale e factual (basata sui fatti) in modo di non poter essere messi in discussione; i dati devono sembrare intrinsecamente veri39. Per la tecnocrazia, i dati sono fonte di potere.

In Italia, durante la prima fase della pandemia, la campagna ufficiale d’informazione aveva il compito d’influenzare nella popolazione la percezione della realtà, infondendo paura tramite la diffusione di dati mettendo in evidenza la gravità della crisi. Lo strumento principale di questa campagna è stato la conferenza stampa tenuta dal commercialista e revisore dei conti Angelo Borreli, capo dell’Unità di Protezione Civile, trasmessa ogni giorno alle ore 18 da tutti i canali di notizie televisivi. L’impatto di questi “bollettini di guerra” è stato grandissimo: secondo Auditel, nel mese di marzo 2020, quando il virus si stava diffondendo attraverso l’Italia, ben cinque milioni di persone guardavano la conferenza stampa ogni giorno40. Inoltre, i media italiani facevano costantemente riferimento ai bollettini, in programmi televisivi come “I Numeri della Pandemia” e anche nella stampa cartacea.

Durante la seconda fase della strategia pandemica ufficiale, le conferenze stampa erano tenute da Domenico Arcuri, il Commissario straordinario per l’emergenza epidemiologica (anche lui commercialista e revisore dei conti di primo livello), nominato dal governo il 18 marzo 2020. Arcuri si focalizzava soprattutto sui numeri dei decessi e dei ricoveri in terapia intensiva. Paragonava frequentemente la situazione ad una guerra. Il 18 aprile, per esempio, il Commissario spiegò che nella città di Milano durante la Seconda Guerra Mondiale, 2.000 civili furono uccisi dai bombardamenti, mentre il virus aveva preso la vita di 11.815 italiani in soli due mesi. Grazie allo stato di paura e d’incertezza fomentato dalla diffusione costante di statistiche allarmanti, gli italiani si sono adattati rapidamente alle nuove misure invasive ed a un tenore di vita molto diminuito41. L’utilizzazione delle informazioni numeriche è una strategia di legittimazione governativa di lunga data e si è dimostrata, anche in passato, molto efficace nel far accettare in modo acritico dalle popolazioni i dati forniti dai media42.

A che punto però tutti questi dati così impressionanti, diffusi in modo martellante dai media italiani, erano affidabili e significativi? Già dal 2 giugno 2020, Luca Ricolfi, Presidente e Responsabile scientifico della Fondazione Hume, esperto di analisi dati, affermava che “dei dati è stato fatto un uso folle” e che “la qualità dei dati della Protezione Civile è pessima”43. È importante osservare che questi dati erano sempre presentati senza alcuna contestualizzazione: per esempio, le cifre di decessi da coronavirus erano pubblicate senza alcun riferimento ai numeri di decessi normali nello stesso periodo dell’anno, e non venivano mai paragonate ai decessi provocati abitualmente dall’influenza stagionale.

Più grave ancora è il fatto – analizzato nel secondo articolo – che i risultati dei tamponi erano completamente inaffidabili, perché i test producevano automaticamente una certa percentuale di falsi negativi, ma soprattutto un’altissima percentuale di falsi positivi, cioè molte persone risultavano positive, ma non erano in realtà né infette né infettanti. Ma, nei dati ufficiali i “positivi” venivano sempre presentati come “casi”. Nello stesso tempo, i dati sui morti da coronavirus erano anch’essi inaffidabili, le cifre essendo sicuramente molto gonfiate dallo strano e innovativo sistema di conteggio che confondeva chi moriva di Covid con chi moriva con il Covid (cioè che testava positivo al tampone molecolare), un sistema che violava tutte le linee guida internazionali. La correlazione non è causazione44. Inoltre, i tassi di mortalità erano basati su una frazione cui elementi non erano conosciuti con precisione45.

La cifra più importante da capire in qualsiasi epidemia è quella del tasso di mortalità mediano. Nel luglio di 2020, dopo l’analisi di vari studi scientifici, l’epidemiologo eminente di Stanford, John Ioannidis, dimostrò che il tasso di mortalità mediano per Covid-19 era solo 0.27%, l’equivalente di una brutta influenza stagionale46. Il governo italiano non ha mai diffuso questa informazione essenziale. “Puoi fare molto coi numeri”, osservano gli scienziati tedeschi Sucharit Bhakdi e Karina Reiss, “Soprattutto, puoi spaventare la gente”47.

Stiamo parlando dunque della creazione di ciò che costituisce, in verità, un intero sistema di falsa contabilità. “Quella che stiamo vivendo”, scriveva Agamben ad aprile 2020, “prima di essere una inaudita manipolazione delle libertà di ciascuno, è, infatti, una gigantesca operazione di falsificazione della verità”48. Infatti, la manipolazione dei dati in Italia (e in altri paesi) durante la pandemia – denunciata ormai da molti scienziati – fa inevitabilmente pensare al detto inglese “Lies, damned lies and statistics”. Le statistiche, infatti, possono essere le peggiori delle menzogne. Nella tecnocrazia, le statistiche – vere o false che siano – svolgono soprattutto la funzione di influenzare la mente dei cittadini e di giustificare le misure, spesso oppressive, imposte dal governo. Non esito ad affermare che la campagna d’informazione ufficiale condotta in Italia durante la pandemia non sia stata altro che una campagna di pura propaganda degna di un regime totalitario, degna infatti dell’orwelliano Ministero della Verità.

Una tecnocrazia sanitaria mondiale corrotta

Il tecnocrate si rappresenta sempre come “l’uomo della scienza”, un essere fatto di oggettività, disinteresse e neutralità politica. La realtà è diversa. E questa realtà è diventata estremamente importante dal momento che una tecnocrazia sanitaria ha assunto il potere sulla vita delle popolazioni. Marco Pizzuti non esagera quando scrive che “Nel corso della storia non era mai accaduto prima che i vertici della sanità mondiale potessero assumere il controllo delle nazioni fino al punto di poter sospendere i diritti fondamentali dei loro cittadini, impedire i funerali e separare le famiglie in base alle decisioni di comitati tecno-scientifici che sono la diretta emanazione degli interessi particolari dell’industria farmaceutica”49. La corruzione dilagante, sistemica, che imperversa ormai da tanti anni nel mondo farmaceutico-sanitario è un tema che sarà trattato più a lungo nel terzo articolo. Ci limiteremo qui ad osservare che l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ovvero il massimo organo della sanità pubblica a livello globale, non è forse in realtà l’autorità scientifica imparziale descritta dai canali d’informazione ufficiali.

Infatti, nel contesto dello svisceramento della democrazia esaminato qui, è essenziale capire che, al termine di un lungo processo di neoliberalizzazione delle istituzioni, ormai l’OMS rappresenta gli interessi di una oligarchia capitalista globalizzata. La sovranità dell’OMS è una sovranità derivata. “A causa della sua nuova dipendenza finanziaria [sorta negli anni 1990]”, osserva Van der Pijl, “cadde, come il nuovo ordine neoliberale nell’insieme, sotto il dominio del capitale, implementato dallo Stato internazionalizzato”50. Pizzuti spiega come l’ente riceve la maggior parte del suo budget – ben 4,6 miliardi di dollari su 5,6 – dalle donazioni volontarie provenienti da aziende e fondazioni private. L’autore aggiunge che “ben i tre quarti delle sue risorse finanziare provengono direttamente dall’industria farmaceutica e in particolare dai produttori dei vaccini”51.

Nel biennio 2016-2017, per esempio, le donazioni volontarie hanno rappresentato quasi l’87% del budget totale dell’OMS e il British Medical Journal ha documentato che solo nel 2017 l’80% di questi fondi era condizionato a una precisa agenda decisa dai donatori privati52. Già dal 2011 Il Sole 24 Ore denunciava la totale perdita di credibilità dell’OMS come ente pubblico: da almeno trent’anni, “l’OMS ha perso il controllo, prima delle proprie politiche e poi delle proprie finanze”, un cambiamento che “ha avuto inizio negli anni in cui le sorti del mondo venivano ridisegnate secondo il modello neo-liberista”. L’articolo illustra la perdita di controllo delle politiche sanitarie dell’OMS con l’esempio del “decennio dei vaccini annunciato da Bill Gates all’assemblea mondiale a maggio”53.

Tenendo conto del ruolo di primo piano svolto da Bill Gates durante la pandemia da Covid-19, non è indifferente sapere che sin dai primi 2000 il plurimiliardario ha iniziato a trasferire i suoi affari dal mondo del software al settore farmaceutico, comprando pacchetti di azioni delle più grandi case farmaceutiche; che, dopo gli Stati Uniti, la Bill & Melinda Gates Foundation è attualmente il secondo finanziatore in assoluto dell’OMS (con la GAVI Alliance, anch’essa fondata da Gates, che occupa il terzo posto); e che lo stesso Gates viene considerato dai dipendenti dell’OMS come il suo “amministratore delegato”. Gli interessi di Gates si focalizzano in particolar modo sui vaccini – che il miliardario ha riconosciuto come estremamente lucrosi – e sulle campagne di prevenzione sanitaria dell’OMS. Le donazioni importantissime di Gates consentono all’autoproclamato “filantrocapitalista” di decidere le priorità dell’OMS insieme a quelle dei governi colpiti dalle emergenze sanitarie54. Sono i desideri di Gates e delle case farmaceutiche che hanno realizzato “il decennio dei vaccini”.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità è ormai parte integrante di una tecnocrazia globalizzata gestita da un’oligarchia capitalista internazionale dedicata unicamente all’incremento costante dei suoi profitti e del suo potere. È questa una realtà assai inquietante per chiunque tenga ai valori liberali di democrazia e libertà o alla priorità della salute e del benessere dell’umanità intera sui profitti economici e sugli interessi politici dei pochi. Stando le cose così, forse non è tanto saggio fidarsi troppo delle direttive provenienti dall’OMS. Il neoliberismo trionfante ha provocato non solo una profondissima crisi economica, sociale e politica che sta travolgendo il mondo, ma una grandissima perdita di credibilità delle istituzioni pubbliche, che sono diventate in realtà delle Public-Private Parternships in cui il potere decisionale è ritenuto non dal pubblico, ma dal privato. Per dirla con altre parole, la sfera pubblica è stata divorata dalla sfera privata.

Un singolo episodio importantissimo servirà a far capire il modus operandi dell’OMS contemporaneo guidato dagli interessi del capitalismo oligarchico. Si tratta dello scandalo clamoroso – subito insabbiato – che La Stampa del 7 giugno 2010 chiamava “La grande truffa della ‘suina’”55. La “truffa” è stata scoperta e denunciata dal medico tedesco Wolfgang Wodarg, presidente dell’Assemblea parlamentare del Comitato sanitario del Consiglio d’Europa. Il 26 gennaio del 2010, l’OMS è stata invitata al Consiglio d’Europa di Strasburgo per rispondere alla mozione “Le false pandemie, una minaccia per la salute”56. Wodarg accusò l’OMS di aver terrorizzato il mondo con epidemie ingiustificate, l’ultima nella serie essendo quella suina del 2009: “Milioni di persone sono state vaccinate inutilmente, com’è possibile che l’OMS sia arrivata a promuovere una iniziativa così sciocca e costosa? Prima l’aviaria, ora la suina. Per l’OMS è una tragica perdita di credibilità”57. La Commissione Sanità accusò l’OMS di avere creato una “falsa pandemia”: “Il Consiglio d’Europa vuole sapere se l’OMS si è fatta condizionare dall’industria farmaceutica, che grazie alla pandemia ha registrato incassi record. Ma gli scenari pandemici annunciati non si sono avverati. Una bufala gigantesca o un errore di valutazione?”58

È interessante notare che il 4 maggio 2009, solo qualche settimana prima di dichiarare la pandemia dall’influenza suina A/H1N1, l’OMS aveva cambiato la sua definizione di pandemia, abbassando notevolmente le condizioni requisite: non era più necessario che un’epidemia si diffondesse rapidamente in molti paesi, che ci fosse un’assenza d’immunità o un’immunità inadeguata, o che ci fosse una quantità estrema di decessi o di malattie gravi; ormai bastava la diffusione di un nuovo virus, una quantità di malati superiore al normale – e la decisione di dichiarare una pandemia. Secondo Van der Pijl, il piano sul quale fu basato il cambiamento di definizione era stato scritto dall’IFPMA, un gruppo che promuove gli interessi dell’industria farmaceutica, insieme alla DCVMN, un’organizzazione dei produttori di vaccini per il mondo in sviluppo59.

L’OMS respinse le accuse di corruzione, che tacciò da “complottismo”, ma in seguito fu stabilito da un’indagine condotta dal Consiglio d’Europa che gli esperti dell’ente sanitario che avevano fatto alzare l’allarme al livello 6 (il massimo) avevano tutti gravi conflitti d’interessi dovuti ai loro legami con i produttori dei vaccini60. Non solo, ma il 19 maggio, tre settimane prima della dichiarazione della pandemia, una delegazione di trenta case farmaceutiche aveva visitato il quartiere generale dell’OMS a Geneva per consultare il Direttore Generale Margaret Chan61.

Analisti finanziari hanno calcolato che le case farmaceutiche guadagnarono più di sette miliardi di dollari quando i governi, allarmati inutilmente dall’OMS, comprarono vaccini dalle case farmaceutiche in grande quantità62. La maggior parte di questi stock fu buttata via. Gli esperti avevano gonfiato enormemente il rischio rappresentato dall’influenza suina A/H1N1, che in realtà era più debole dell’influenza stagionale. Sulla scia della dichiarazione ufficiale di pandemia, i media, i virologi e i governi del mondo occidentale avevano terrorizzato la popolazione con dichiarazioni allarmistiche sull’imminente morte di decine di milioni di persone, convincendo milioni a farsi vaccinare inutilmente. Quando la falsa pandemia fu sventata, i media lasciarono cadere nel vuoto questo gravissimo episodio di corruzione. “Il giorno dopo”, scrive Pizzuti, “come se niente fosse, i virologi scomparvero dai salotti televisivi e i grandi canali d’informazione iniziarono a parlare d’altro mentre le istituzioni governative di tutto i mondo si eclissarono senza prendere alcun provvedimento che potesse evitare il ripetersi di quanto accaduto”63.

Tutto quell’intreccio di conflitti di interessi, istituzioni sanitarie “catturati” dall’industria, esperti venduti e mass media che lavorano, non per informare le popolazioni, ma per servire gli interessi dell’oligarchia capitalista, è rimasto completamente intatto.

Covid 19 e la “Grande Trasformazione”

Siccome la “truffa” gigantesca della pandemia da influenza A/H1N1 è stata realizzata senza che nessuno fra gli implicati abbia mai dovuto pagare le conseguenze, è legittimo domandarsi perché questa operazione enormemente lucrosa non potesse ripetersi. È anche legittimo chiedersi se la pandemia da Covid-19 non sia stata, in realtà, la ripetizione, ad una scala molto più vasta, della stessa truffa, attuata questa volta con scopi non solo economici, ma anche politici. È questa una domanda che non pochi commentatori si sono fatti.

Non voglio esaminare a questo punto le teorie del complotto che sono state sviluppate a riguardo non solo nel mondo dei “complottisti” della Rete ma nelle pagine di libri seri e ben documentati64. Ciò che voglio sottolineare qui invece è che le politiche messe in essere durante l’emergenza sanitaria hanno comunque servito ad accelerare enormemente varie agende convergenti care all’oligarchia globalista. Nell’estate di 2020 Klaus Schwab, il presidente del World Economic Forum, a dato un nuovo nome a l’insieme di queste agende: il “Great Reset65.

Now is the time for a ‘Great Reset’” – “È ora il momento per un ‘Grande Reset’” – annunciò Schwab alla riunione annuale del World Economic Forum, a Davos (Svizzera), il 3 giugno 2020: “I governi dovrebbero attuare riforme attese da tempo che promuovono risultati più equi. […] Noi dobbiamo costruire basi completamente nuove per i nostri sistemi economici e sociali”66. Qualche giorno dopo, Kristalina Georgieva, il direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, pubblicò un discorso intitolato “Dal Grande Lockdown alla Grande Trasformazione”. Secondo lei, la serrata delle economie e le misure di repressione che avevano sospeso la libertà di movimento di milioni di persone, distruggendo allo stesso tempo centinaia di migliaia di piccole imprese e provocando fame e miseria nei paesi poveri e danni psicologici nei paesi ricchi, offrivano grandi “opportunità”, come la “trasformazione digitale” e la possibilità di muoversi verso una società eco-sostenibile67.

Le implicazioni poco rassicuranti di questa “Grande Trasformazione”, di questo “Grande Reset”, presentato al mondo come una nuova visione economico-sociale altruista, equa, e ecologica, benché promossa dagli stessi poteri capitalisti che hanno devastato e schiavizzato il mondo, sarà esaminata nel quarto articolo. Sottolineiamo qui invece che al cuore di questa trasformazione epocale è la Quarta Rivoluzione Industriale, strettamente legata ad un nuovo sistema di controllo sociale. Grandi passi verso la realizzazione di questi due fenomeni interconnessi sono stati compiuti nel corso della pandemia, con l’instaurazione su scala massiccia del lavoro a distanza, cioè il lavoro da casa tramite il computer durante i lockdown; l’instaurazione della didattica a distanza (DAD), e l’imposizione in alcuni paesi, come l’Italia, del “passaporto vaccinale” o “Green Pass” che, come vedremo nell’ultimo articolo, più che un sistema di controllo epidemiologico rappresenta un sistema digitale di controllo sociale.

Dagli sconvolgimenti epocali provocati dalla pandemia da Covid-19 sta emergendo un nuovo mondo. La realtà assai inquietante di questo mondo, di questo nuovo normale, sarà esaminata nel terzo e nel quarto articolo. Il secondo articolo sarà invece dedicato ad un’analisi critica della gestione sanitaria dell’epidemia. Perché la gestione è stata non solo sanitaria, ma anche, e allo stesso tempo, politica: nel nuovo paradigma che i governi occidentali stanno costruendo in fretta, il sanitario e il politico sono strettamente legati. La salute umana si sta trasformando in biosicurezza.

Peter Cooke è professore in pensione dell’Università di Manchester

  1. Thomas Piketty, Capital in the Twenty-First Century, trad. A. Goldhammer, Cambridge, Mass., Harvard University Press, 2014, p. 463.[]
  2. Kees Van der Pijl, States of Emergency: Keeping the Global Populations in Check, Atlanta, Clarity Press, 2021, p. 43.[]
  3. Robert B. Reich, Il Sistema. Perché non funziona e come possiamo aggiustarlo, trad. Nazzareno Mataldi, Fazzi Editore, 2021, pp. 26-27.[]
  4. Cfr. Wendy Brown, Undoing the Demos: Neoliberalism’s Stealth Revolution, New York, Zone, 2015.[]
  5. Ibid., pp. 27-8.[]
  6. Ibid., p. 28.[]
  7. Fra gli studi fondamentali sul neoliberismo, si può citare per esempio i seguenti libri: Daniel Stedman Jones, Masters of the Universe: Hayek, Friedman, and the Birth of Neoliberal Politics, Princeton, NJ: Princeton University Press, 2012; Pierre Dandet e Christian Laval, The New Way of the World: On Neoliberal Society, Brooklyn: Verso, 2013; e Brown, Undoing the Demos.[]
  8. Giuliano Pontara, L’Antibarbarie: La concezione etico-politico di Gandhi e il XXI secolo, Torino, Edizioni Gruppo Abele/L’Unità, 2006.[]
  9. Naomi Klein, The Shock Doctrine: The Rise of Disaster Capitalism, London, Allen Lane, 2007, terzo capitolo.[]
  10. Milton Friedman e Rose D. Friedman, Two Lucky People: Memoir, Chicago, University of Chicago Press, 1998, pp. 593-594, cit. ibid., p. 81.[]
  11. Klein, The Shock Doctrine, p. 82.[]
  12. Pamela Constable e Arturo Valenzuela, A Nation of Enemies: Chile under Pinochet, New York, W. Norton, 1991, p. 219.[]
  13. Klein, p. 95.[]
  14. Robert W. Cox, Production, Power, and World Order. Social Forces in the Making of History, New York, Columbia University Press, 1987, cit. Van der Pijl, p. 22.[]
  15. Sul potere delle banche e dei manager delle multinazionali, conviene consultare soprattutto Giorgio Galli e Mario Caligiuri, Come si comanda il mondo, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2017.[]
  16. Valérie Bugault, Les Raisons cachées du désordre mondial, Alfortville, Éditions Sigest, 2019.[]
  17. Rana Dasgupta, “The Silenced Majority: Can America Still Afford Democracy?”, Harper’s Magazine, dicembre 2020; https://harpers.org/archive/2020/12/the-silenced-majority/.[]
  18. Cfr. Joel Kotkin, The Coming of Neo-Feudalism: A Warning to the Global Middle Class, San Francisco, Encounter Books, 2020.[]
  19. Klaus Schwab, “The Fourth Industrial Revolution: What it Means, How to Respond”, World Economic Forum, 14 gennaio 2016: https://www.weforum.org/agenda/2016/01/the-fourth-industrial-revolution-what-it-means-and-how-to-respond/.[]
  20. World Economic Forum, Resetting the Future of Work Agenda: Disruption and Renewal in a Post-Covid World, Geneva, WEF, 2020, cit. Van der Pijls, p. 43.[]
  21. Si veda per esempio Tom Burgis, Kleptopia: How Dirty Money is Conquering the World, London, William Collins, 2020.[]
  22. Van der Pjls, p. 45.[]
  23. Cfr. https://www.aclu.org/issues/national-security/privacy-and-surveillance/surveillance-under-patriot-act/.[]
  24. Glenn Greenwald, No Place to Hide: Edward Snowdon, the NSA and the Surveillance State, London, Hamish Hamilton, 2014.[]
  25. Marc Siegel, False Alarm: The Truth about the Epidemic of Fear, Hoboken, New Jersey, John Wiley & Sons, 2005, pp. 54-55.[]
  26. Jeff Halper, War Against the People: Israel, the Palestinians and Global Pacification, London, Pluto Press, 2015, p. 29, cit. Van der Pijl, p. 61.[]
  27. Shoshana Zuboff, The Age of Surveillance Capitalism: The Fight for a Human Future at the New Frontier of Power, London, Profile Books, 2019.[]
  28. Si veda Van der Pijls, terzo capitolo, e Yasha Levine, Surveillance Valley: The Secret Military History of the Internet, New York, Public Affairs, 2018.[]
  29. Ibid., p. 381.[]
  30. Rogier Creemers, “China’s Chilling Plan to Use Social Credit Ratings to Keep Score on its Citizens”, CNN.com, 27 ottobre 2015: https://www.cnn.com/2015/10/27/opinions/china-social-credit-score-creemers/index.html/.[]
  31. Mara Hvistendhal, “Inside China’s Vast New Experiment in Social Ranking”, Wired, 14 dicembre 2017: https://www.wired.com/story/age-of-social-credit/.[]
  32. Zuboff, p. 389.[]
  33. Patrick M. Wood, Technocracy: The Hard Road to World Order, Mesa, Arizona, Coherent Publishing, 2018.[]
  34. Henri de Saint-Simon, “Letters from an Inhabitant of Geneva to his Contemporaries” (1803), in: The Political Thought of Saint-Simon, Oxford University Press, 1976, cit. Wood, Technocracy, p. 11.[]
  35. Massimo Cacciari, “Sulle ‘ragioni’ dell’emergenza”, in Mariano Bizzarri, Covid-19: Un’epidemia da decodificare. Tra realtà e disinformazione, Milano, Byoblu Edizioni, 2022, p. 242.[]
  36. Bizzarri, p. 218.[]
  37. Giorgio Agamben, A che punto siamo? L’epidemia come politica [2020], Macerata, Quodlibet, 2021, p. 31-33.[]
  38. Bizzarri, pp. 218-9.[]
  39. C. Cooper, “Ideology, hegemony and accounting discourse: a case study of the national union of journalists”, Critical Perspectives on Accounting, 6/3, 175-209, cit. Valerio Antonelli et al., “Accounting for biosecurity in Italy under COVID-19 Lockdown”, Accounting, Auditing and Accountability Journal, 21 giugno 2021.[]
  40. “Sintesi mensile. Marzo 2020”: https://www.auditel.it/wp-content/uploads/2020/04/Sintesi-Mensile-Marzo-202-ts.cum-7.pdf/, cit. Antonelli et al.[]
  41. Cfr. D. Marinai et al., “Le abitudini al tempo del Coronavirus”, Giornale di clinica nefrologica e dialisi, vol. 32, no. 1, 2020, 69-72, cit. Antonelli et al.[]
  42. M. Sargiacomo, L. Ianni e J. Everett, “Earthquakes, exceptional government and extraordinary accounting”, Accounting, Organizations and Society, 43, 2015, 67-89, cit. Antonelli et al.[]
  43. Gianni Del Vecchio, “Luca Ricolfi: stiamo riaccendendo l’epidemia per salvare il turismo”, Huffington Post, 2 giugno 2020: https//www.huffingtonpost.it/entry/luca-ricolfi-stiamo-riaccendendo-lepidemia-per-salvare-il-turismo_it_5eede8a1c5b66c306d0d080a/.[]
  44. Si veda Sucharit Bhakdi e Karina Reiss, Corona False Alarm? Facts and Figures, London, Chelsea Green Publishing, 2020, p. 16.[]
  45. Carmine Cataldo, “COVID-19 in Italia: una percezione amplificata del rischio?”, Journal of Science, Humanities and Arts, 7 (2020), 1-15, cit. Antonelli et al.[]
  46. John Ioannidis, “The Infection Fatality Rate of COVID-19 Inferred from Seroprevalence Data”, preprint, medRxiv, 14 luglio 2020: https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2020.05.13.20101253v3;

    https://doi.org/10.1101/2020.05.13.20101253/.[]

  47. Bhakdi e Reiss, p. 120.[]
  48. Agamben, p. 43.[]
  49. Marco Pizzuti, Pandemie non autorizzate. I retroscena di un evento epocale che ha trasformato radicalmente lo scenario internazionale e la vita di tutti noi, Vicenza, Edizioni il Punto d’Incontro, 2021, p. 15.[]
  50. Van der Pijl, p. 146.[]
  51. Pizzuti, pp. 15 e 16.[]
  52. Ibid., pp. 19-20. Cfr. Charles Clift e John-Arne Rottingen, “New approaches to WHO financing: the key to better health”, BMJ, 22 maggio 2018: https://www.bmj.com/content/361/bmj.k2218/.[]
  53. Nicoletta Dentico, Adriano Cattaneo e Chiara Bodini, “Rispondere ai bisogni e non al potere dei soldi”, Il Sole 24 Ore. “Speciale Sanità”, 15-21 novembre 2011, cit. Pizzuti, pp. 17-19.[]
  54. Sulle realtà economiche dietro il “filantrocapitalismo” di Gates, si veda anche Robert F. Kennedy, The Real Anthony Fauci: Bill Gates, Big Pharma, and the Global War on Democracy and Public Health, New York, Skyhouse Publishing, 2021, p. 291, e Tim Schwab, “Bill Gates’s Charity Paradox”, The Nation, 17 marzo 2020: https://www.thenation.com/article/society/bill-gates-foundation-philanthropy/.[]
  55. “La grande truffa della ‘suina’. Il British Medical Journal: l’OMS ha gonfiato i rischi dell’influenza A per favorire l’industria”, La Stampa, 7 giugno 2010.[]
  56. Wolfgang Wodarg, “Motion for a Resolution and a Recommendation: Faked Pandemics – a Threat for Health”, 18 dicembre 2009: http://www.wodarg.de/english/2948146.html/.[]
  57. Pizzuti, p. 9.[]
  58. Ibid., pp. 9-10.[]
  59. Van der Pijl, pp. 149-150.[]
  60. William F. Engdhal, “European Parliament to Investigate WHO and ‘Pandemic’ Scandal”, Healthcare-in-Europe.com, 26 gennaio 2010: https://healthcare-in-europe.com/en/news/european-parliament-to-investigate-who-pandemic-scandal.html/; Adrian O’Dowd, “Council of Europe Condemns ‘Unjustified Scare’ Over Swine Flu”, BrMJ, 7 giugno 2010: https://www.bmj.com/content/340/bmj.c3033/.[]
  61. Van der Pijl, p. 150.[]
  62. Randeep Ramesh, “Report Condemns Swine Flu Experts’ Ties to Big Pharma”, The Guardian, 4 June 2010: https://www.theguardian.com/business/2010/jun/04/swine-flu-experts-big-pharmaceutical/.[]
  63. Pizzuti, p. 10.[]
  64. Si veda per esempio Bruce Fife, Plandemic: Exposing the Greed, Corruption, and Fraud Behind the COVID-19 Pandemic, New York, Barnes and Noble, 2020; Joseph Mercola e Ronnie Cummings, The Truth About Covid-19: Exposing the Great Reset, Lockdowns, Vaccine Passports and the New Normal, Vermont, Chelsea Green Publishing, 2021; Peter R. Breggin e Ginger Breggin, COVID-19 and the Global Predators: We Are the Prey, Ithaca, NY, Lake Edge Press, 2021; Van der Pijl, States of Emergency; Kennedy, The Real Anthony Fauci.[]
  65. Klaus Schwab e Thierry Malleret, The Great Reset, Forum Publishing, 2020: http://reparti.free.fr/schwab2020.pdf/.[]
  66. Klaus Schwab, “Now is the time for a Great Reset”, World Economic Forum, Davos, 3 giugno 2020, cit. Pizzuti, p. 515.[]
  67. Kristalina Georgieva, “From Great Lockdown to Great Transformation”, FMI, 9 giugno 2020: https://www.imf.org/en/News/Articles/2020/06/09/sp060920-from-great-lockdown-to-great-transformation/.[]
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