Riprendiamo da peacelink.it con lo stesso titolo questo articolo del 17 marzo 2022 che ha come incipit “A prevalere, nel sostegno all’una o all’altra parte in causa, sono ragioni strategiche, di sopravvivenza, o di posizionamento verso gli Stati Uniti” –
Il continente latinoamericano non è un attore rilevante nella crisi russo-ucraina e, a eccezione delle relazioni con Cuba, Venezuela e Nicaragua, la Russia non possiede di certo l’influenza degli Stati uniti sul Sudamerica, però l’America latina e la regione caraibica hanno rapporti sia con Mosca che con Kiev per quanto riguarda petrolio, gas, nickel, rame, ferro, grano, mais e molto altro.
Il conflitto in corso, le sanzioni imposte alla Russia e, più in generale, la chiusura dello spazio aereo alle compagnie russe, rischiano di danneggiare soprattutto il turismo dei paesi latinoamericani, già duramente colpiti dalla pandemia. Nel 2021, segnala Ramonet, i russi sono stati la principale fonte di affari in paesi come Cuba e Repubblica dominicana.
Dal punto di vista politico, come ha rilevato Oscar Laborde nella sua analisi dal titolo Latinoamérica: no debemos ser observadores sino actores, si evidenzia la necessità che, anche dall’America latina, crescano gli appelli per la pace, sull’esempio del governo argentino che ha chiesto un immediato dialogo tra le parti in causa.
Al tempo stesso, i governi dovranno cercare di capire quale ruolo assumere, di concerto con gli altri paesi della regione, per trasformarsi in un polo che tenga una posizione comune, obiettivo però assai difficile da raggiungere a causa delle enormi differenze, non solo di carattere politico, ma anche di una diversa visione più strettamente utilitaristica di ciascuno stato. Non a caso, la stessa Argentina, pur invocando il dialogo, si è guardata bene dal definire la guerra frutto dell’invasione russa.
Daniel Kersffeld, ricercatore Conicet, nel suo articolo Rusia – Ucrania – OTAN: un conflicto con impacto latinoamericano, afferma che gli Stati uniti e i suoi alleati non permetteranno comunque ai governi della regione di liberarsi dalla propria area di influenza, per quanto possano interessarsi al conflitto tra Russia e Ucraina.
Lo dimostra anche quanto avvenuto nei primi mesi del 2022. Lo scorso 27 gennaio, in occasione dell’insediamento di Xiomara Castro in Honduras, gli Stati uniti, tramite la vicepresidente Kamala Harris, hanno fatto capire che rafforzeranno la loro presenza in Centroamerica per evitare che il paese prosegua nei negoziati commerciali con la Cina. Inoltre, all’inizio di febbraio, Washington ha dichiarato di seguire molto da vicino il processo elettorale colombiano. Il primo turno delle presidenziali è previsto per il 29 maggio e il grande favorito sembra essere Gustavo Petro, ex sindaco di Bogotà e catalizzatore delle speranze della sinistra colombiana.
La guerra non era ancora iniziata, ma di fronte ad una crisi che poteva comunque farla presagire e distogliere l’attenzione degli Stati uniti dal continente latinoamericano, gli USA avevano comunque già messo in chiaro che non avrebbero gradito avvicinamenti tra i paesi centro e sudamericani e attori geopolitici che non conducessero alla Casa Bianca.
Se per gli Stati uniti è stato semplice condannare il viaggio del sempre più impresentabile Bolsonaro in Russia, dove il regime di Putin, lo scorso 15 febbraio, lo ha accolto come uno dei suoi soci strategici in America latina (del resto il “Messia nero” non ha mai ammesso la vittoria elettorale di Biden a scapito di Trump), più complesso diventa entrare a gamba tesa nei rapporti tra altri stati latinoamericani e Mosca. Ad esempio, l’Argentina e altri paesi si sono avvicinati alla Russia proprio durante la pandemia soprattutto per il vaccino Sputnik.
Il giornalista argentino Marcos Salgado, corrispondente di Telesur Tv, nel suo articolo América Latina y los efectos de la crisi en Ucrania, aggiunge che, se da un lato Venezuela e Nicaragua hanno intensificato le loro relazioni con Mosca perché, come è noto e facilmente immaginabile, ne va della loro sopravvivenza, due governi molto diversi tra loro, come quello dell’argentino Alberto Fernández e quello di Jair Bolsonaro, hanno fatto visita a Putin solo poche settimane fa poiché è anche l’economia a orientare le relazioni, soprattutto quelle commerciali, a livello geopolitico.
L’Ucraina è il terzo stato debitore del Fondo monetario internazionale dopo Argentina ed Egitto. L’alto grado di incertezza della politica economica, legato all’andamento della guerra, finirà per influenzare anche la posizione dei paesi latinoamericani di fronte al conflitto.
Al tempo stesso, non è un mistero che il Brasile, sia a direzione bolsonarista sia durante i suoi precedenti governi di centrosinistra, abbia preferito guardare alla Russia per bilanciare le ingerenze Usa nel continente.
In mezzo a tutto questo, purtroppo, restano i popoli, intrappolati in logiche di guerra volte soltanto a far prevalere i diritti dell’economia su quelli delle persone, in attesa di una pace che sembra essere ancora lontana.