In realtà non stiamo vivendo una quarantena, ma qualcosa di meglio, poiché non siamo ingabbiati, e qualcosa di peggio, perché la pena dura ben più di quaranta giorni.
Andare da soli in giro è dunque un ragionevole compromesso con la situazione.
Purtroppo però chi di noi può farlo deve attenersi a un limite di trenta chilometri dal proprio luogo di residenza, e dunque trenta ad est e trenta ad ovest impongono comunque un limite definito, come in una colonia penale.
Tuttavia a me è capitato di iniziare nell’ultimo giorno di zona bianca, che corrispondeva al primo giorno di primavera.
Nutrivo un forte proposito e avevo anche una bandiera con me: attraversare la Sardegna sul quarantesimo parallelo, da ovest ad est, onorando il Newroz del popolo kurdo oggi di nuovo sotto attacco nella Siria del nord, e trovare il modo di parlarne.
Each small candle.
Così in quel primo giorno ho marciato di fretta, poco meno di quaranta chilometri, dalla riva del mare a S’Archittu fino alla cima della montagna, punteggiata di antenne, fino al crocevia nuragico di Losa, tra Paulilatino e Abbasanta.
E’ stata davvero una bella giornata, ma nel primo pomeriggio su al monte ho schivato di fortuna una breve ma bruttina bufera di neve.
In sardo Losa è due cose: in minuscolo è la tomba, mentre in maiuscolo è da sempre il luogo di crocevia più importante di tutta l’isola, oggi segnato dallo snodo delle superstrade, dalle stazioni di servizio e dal nuraghe imponente e taciturno da tremila anni: in ambedue i significati, che tutte le strade portino a Losa è una specie di verità, sia geografica che esistenziale.
E poi inizia il tempo della riserva, col vincolo chilometrico sul terreno; quasi altri trenta chilometri per Turrana, sulla gola tra Ardauli e Sorradile e un magnifico piccolo santuario, e altri trenta ancora fino a Teti, con il Gennargentu ormai proprio davanti.
Di qui poi aspettiamo, aspettiamo che la quarantena velata e interminabile alla fine passi, perchè si deve continuare.
Tra Santa Vittoria e eti si erge il punto mediano del quarantesimo parallelo in Sardegna: si chiama Sa Crabarissa e si tratta di una formazione rocciosa in cui la morfologia del granito ha trovato la sua forma espressiva nella morfologia della fiaba.
La pietrificazione della figura femminile è un luogo ricorrente nelle saghe dei popoli: la punizione della moglie di Lot, solo per essersi voltata indietro nella fuga da Sodoma, ne è una specie di archetipo.
Si tratta di un retaggio psichico brutale e stupido: le donne hanno un’anima e nessuna anima sottostà ad alcuna pietrificazione.
E le rocce, a loro volta, assumono forme anche bizzarre e inquietanti ma assolutamente inerti e disanimate: è semplice.
E’ curiosa la traiettoria del quarantesimo parallelo.
In Sardegna di là da Sa Crabarissa la sua linea lambisce Monte Novo, che è la grande torre calcarea del Supramonte, e poi le Tombe dei Giganti sul Flumineddu a Fennau e la voragine del Golgo più in là, di nuovo sul mare.
Ma se per via immaginaria potessimo continuare oltre il Tirreno troveremmo Elea, sulla costa Lucana vicino a Capo Palinuro.
Elea fu l’acropoli di Parmenide e il tempio della grande metafisica greca.
E lì il timoniere Palinuro morì per incanto d’amore.
Ma se poi voli ancora più a est saluti Santa Maria di Leuca e oltre lo Jonio trovi l’Olimpo, il monte di tutti gli Dei.
E poi Ankara, e poi tutto il Kurdistan adagiato sui monti dell’alta Mesopotamia.
E poi Ararat, il monte alle cui falde approdò Noè dopo la furia del diluvio.
E poi Bukhara, Samarcanda e Pechino, e perfino Pyong Yang prima dell’oceano.
E di là ancora Sacramento, e i deserti dello Utah, del Nevada e del Colorado, Denver, Springfield e Philadelfia. E poi le Azzorre e Coimbra e Madrid.
E infine, infine, Losa di nuovo, dove torna ogni strada: e tutto senza confine.
Tutto senza confine.
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