Dalla pagina facebook dell’autore e dal sito http://www.cobasscuolasardegna.it/ riprendiamo le informazioni relative alla marcia che si è svolta nel 2021 in Sardegna. –
Sas barant’ oras
una traversata della sardegna:
il quarantesimo parallelo in quaranta ore
tra enunciazioni di zone arancio, limitazioni di spostamenti e calendari di vaccinazione sono comunque riuscito a sperimentare una traversata della sardegna a piedi su percorsi prevalentemente montani, e quindi ora provo a renderne conto qui;
giuro che non lo faccio per vanteria, in quanto il proposito che mi aveva spinto era un proposito politico, che resta integralmente tale e del quale intendo rendere conto affinchè possa ripetersi; questo proposito deriva dall’impraticabilità, per quest’anno e per causa del covid, della marcia internazionalista di solidarietà con il popolo kurdo, che da anni si tiene a febbraio in francia sulla valle della mosella e che si snoda fino a strasburgo, al parlamento europeo; questo impedimento ha indotto molti di noi a inventare iniziative varie, per forza di cose di carattere locale, che possano portare in giro la conoscenza del problema, e la mia marcia è una di queste;
tuttavia vi è anche una elementare curiosità geografica nello svolgimento di questa specie di esplorazione, e se il gioco riesce si può essere in grado di proporne una replica di gruppo, geografica e politica, per la prossima primavera: le marce sono una potente arma conoscitiva ed emozionale, un’arma che non spara, non offende, e fa lievitare la comprensione, che è tutto ciò di cui la politicaccia corrente è drammaticamente mutilata;
ho iniziato la marcia il 21 marzo, per l’equinozio di primavera: il newroz che da millenni unisce i popoli mesopotamici e che i regimi oggi in auge, in primis quello turco, cercano con ogni mezzo di reprimere e cancellare; è per questo che alla prossima primavera, io spero, la marcia riprenderà;
io ho dovuto fare un’interruzione al terzo giorno, quando ero a metà del cammino, in quanto avevo raggiunto il limite dei chilometri di distanza dal mio paese di residenza e la regola arancio mi impediva di proseguire; poi è sopraggiunto il calendario delle vaccinazioni e la sospensione si è dilungata ancora, quindi ho poi potuto riprendere solo in prossimità del solstizio di giugno, che poi segna anche il mio compleanno, voilà;
la sardegna è ricompresa tra il parallelo 39, giù verso pula, e il parallelo 41, su verso golfo aranci; quindi il parallelo 40 la taglia esattamente a metà, correndo dall’isola di malu entu, a ovest, fino al maestoso picco di pedra longa, a est: cioè corre dalla costa di san vero milis alla costa di baunei; tra un parallelo e l’altro corrono in linea d’aria circa 110 chilometri, e questo evidenzia che l’isola è mediamente lunga circa 220; alla vista è larga in linea d’aria circa metà, 110 chilometri; ma sul terreno i chilometri sono evidentemente di più, una misura tra 140 e 180, che è quella probabilmente percorsa da me in 6 giorni;
il parallelo 40 è assolutamente speciale dal punto di vista planetario: dopo aver cinto la sardegna vola su elea, la città del filosofo parmenide sulla costa del cilento; poi bacia santa maria di leuca, traccia la vetta dell’olimpo, taglia la mesopotamia, taglia di netto il monte ararat, passa a samarcanda e pechino, torna di qua in california verso sacramento, traversa l’indiana e riprende l’atlantico dopo filadelfia, lambisce le azzorre, saluta madrid e poi torna qui, a capo mannu; è come il parallelo dell’angelo del signore, o l’angelo della storia;
tuttavia i nostri sentieri contorti, segnati dalla geografia e dalla storia, non presentano geometrie così perfette, e per poter prendere d’infilata la linea dei monti, cioè il montiferru, poi il ponte che attraversa il lago omodeo, il barigadu, il gennargentu e i supramonti, è ragionevole prendere una direttrice lievemente più a nord, diciamo in latitudine 40⁰05′;
ora quindi descrivo la traversata in 6 tappe, pressochè corrispondenti a quelle provate da me nei miei 3 giorni di inizio primavera e nei miei 3 giorni di prima estate; credo di avere camminato per almeno 160 chilometri in un tempo di circa 40 ore: una media di 4 chilometri orari indica che il percorso è complessivamente agevole nonostante i passaggi montani, e questo esige una breve spiegazione:
per quanto poco abitata, la sardegna è attraversata ormai da una rete sempre più fitta di strade campestri, tratturi carrozzabili e strade forestali: la conseguenza di questo ben di dio è che non solo i gloriosi sentieri di transumanza, ma anche il sistema viario di strade comunali e vicinali di un tempo è caduto inesorabilmente in abbandono e la macchia se lo è ormai in gran parte rimangiato; questo spiega, quindi, come un buon camminatore possa concedersi in un tale intreccio di sterrati e di piste un incedere relativamente veloce, al prezzo di una rinuncia obbligata ai tracciati e alle visioni di un tempo;
1: S’ARCHITTU – BADDE URBARA – TANCA REGIA : 8 ore
2: TANCA REGIA – PONTE OMODEO – STAZ. FORESTALE NEONELI : 8 ore
3: STAZ. FORESTALE NEONELI – LAGO TORREI – MONTE SPADA :
8 ore
4: MONTE SPADA – CORREBOI – STAZ. FORESTALE FUNTANA BONA: 6 ore
5: STAZ. FORESTALE FUNTANA BONA – FENNAU – STAZ. FORESTALE GENNA SCALAS: 6 ore
6: STAZ. FORESTALE GENNA SCALAS – BAUNEI – PEDRA LONGA: 4 ore;
tutti i punti tappa sono raggiungibili in auto e consentono facilità di pernottamento; in genere consentono varianti di percorso comunque interessanti; inoltre si incrociano centri abitati o strutture ricettive necessarie per i rifornimenti e per gli imprevisti; rinuncio qui a scendere in segnalazioni paesaggistiche particolari, perchè sarebbero innumerevoli, salvo il doveroso omaggio al punto centrale di tutta la linea: la magica roccia granitica di sa crabarissa, che sta esattamente nel mezzo e domina impassibile il giro di tutto l’orizzonte;
quindi non solo si può fare, ma non mi spiego come mai con tutta questa dovizia di strutture forestali, ameni paesini e strabilianti paesaggi non si sia mai provveduto a targare e rendere fruibile un tragitto simile;
non posso nemmeno, dopo tutta questa scrittura, descrivere le situazioni che mi sono capitate, piacevoli o ansiogene come in ogni passaggio su luoghi ignoti; solo una, di queste situazioni: a genna cruxi, ormai sulla statale orientale e quasi al termine della traversata, due allevatori di capre di urzulei mi hanno invitato al chiosco sulla strada, mi hanno chiesto di dove fossi e perchè mai andassi in giro con una roncola; poi mi hanno sollecitato a pranzare con loro e io, non potendo ricambiare in altro modo, ho chiesto loro che prendessero come dono la mia roncola, compagna fedele di tutti quei giorni; hanno accettato, e ci siamo salutati come persone felici
TUTTE LE STRADE PORTANO A LOSA: quarantena sarda sul quarantesimo parallelo
In realtà non stiamo vivendo una quarantena, ma qualcosa di meglio, poiché non siamo ingabbiati, e qualcosa di peggio, perché la pena dura ben più di quaranta giorni.
Andare da soli in giro è dunque un ragionevole compromesso con la situazione.
Purtroppo però chi di noi può farlo deve attenersi a un limite di trenta chilometri dal proprio luogo di residenza, e dunque trenta ad est e trenta ad ovest impongono comunque un limite definito, come in una colonia penale.
Tuttavia a me è capitato di iniziare nell’ultimo giorno di zona bianca, che corrispondeva al primo giorno di primavera.
Nutrivo un forte proposito e avevo anche una bandiera con me: attraversare la Sardegna sul quarantesimo parallelo, da ovest ad est, onorando il Newroz del popolo kurdo oggi di nuovo sotto attacco nella Siria del nord, e trovare il modo di parlarne.
Each small candle.
Così in quel primo giorno ho marciato di fretta, poco meno di quaranta chilometri, dalla riva del mare a S’Archittu fino alla cima della montagna, punteggiata di antenne, fino al crocevia nuragico di Losa, tra Paulilatino e Abbasanta.
E’ stata davvero una bella giornata, ma nel primo pomeriggio su al monte ho schivato di fortuna una breve ma bruttina bufera di neve.
In sardo Losa è due cose: in minuscolo è la tomba, mentre in maiuscolo è da sempre il luogo di crocevia più importante di tutta l’isola, oggi segnato dallo snodo delle superstrade, dalle stazioni di servizio e dal nuraghe imponente e taciturno da tremila anni: in ambedue i significati, che tutte le strade portino a Losa è una specie di verità, sia geografica che esistenziale.
E poi inizia il tempo della riserva, col vincolo chilometrico sul terreno; quasi altri trenta chilometri per Turrana, sulla gola tra Ardauli e Sorradile e un magnifico piccolo santuario, e altri trenta ancora fino a Teti, con il Gennargentu ormai proprio davanti.
Di qui poi aspettiamo, aspettiamo che la quarantena velata e interminabile alla fine passi, perchè si deve continuare.
Tra Santa Vittoria e eti si erge il punto mediano del quarantesimo parallelo in Sardegna: si chiama Sa Crabarissa e si tratta di una formazione rocciosa in cui la morfologia del granito ha trovato la sua forma espressiva nella morfologia della fiaba.
La pietrificazione della figura femminile è un luogo ricorrente nelle saghe dei popoli: la punizione della moglie di Lot, solo per essersi voltata indietro nella fuga da Sodoma, ne è una specie di archetipo.
Si tratta di un retaggio psichico brutale e stupido: le donne hanno un’anima e nessuna anima sottostà ad alcuna pietrificazione.
E le rocce, a loro volta, assumono forme anche bizzarre e inquietanti ma assolutamente inerti e disanimate: è semplice.
E’ curiosa la traiettoria del quarantesimo parallelo.
In Sardegna di là da Sa Crabarissa la sua linea lambisce Monte Novo, che è la grande torre calcarea del Supramonte, e poi le Tombe dei Giganti sul Flumineddu a Fennau e la voragine del Golgo più in là, di nuovo sul mare.
Ma se per via immaginaria potessimo continuare oltre il Tirreno troveremmo Elea, sulla costa Lucana vicino a Capo Palinuro.
Elea fu l’acropoli di Parmenide e il tempio della grande metafisica greca.
E lì il timoniere Palinuro morì per incanto d’amore.
Ma se poi voli ancora più a est saluti Santa Maria di Leuca e oltre lo Jonio trovi l’Olimpo, il monte di tutti gli Dei.
E poi Ankara, e poi tutto il Kurdistan adagiato sui monti dell’alta Mesopotamia.
E poi Ararat, il monte alle cui falde approdò Noè dopo la furia del diluvio.
E poi Bukhara, Samarcanda e Pechino, e perfino Pyong Yang prima dell’oceano.
E di là ancora Sacramento, e i deserti dello Utah, del Nevada e del Colorado, Denver, Springfield e Philadelfia. E poi le Azzorre e Coimbra e Madrid.
E infine, infine, Losa di nuovo, dove torna ogni strada: e tutto senza confine.
Tutto senza confine.
1.
- Devo aggiungere qui un piccolo ringraziamento ad una classe di liceo di Ghilarza, che mi ha invitato in questa occasione per parlare della situazione kurda oggi. E quindi della repressione in Turchia, della guerra ai confini, del coinvolgimento italiano nella fornitura di armamenti per una guerra contro i civili, dell’uso degli sfollati di guerra come ostaggi di massa nei confronti dell’unione europea, della prigionia di Ocalan e di migliaia di perseguitati politici, dello sciopero della fame come forma estrema di resistenza, e infine di Helin Bolek, voce della band Grup Yorum, morta proprio un anno fa, il tre aprile, all’epilogo di uno sciopero della fame di 288 giorni: venerdì santo, Helin[↩]