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Insicurezza sul lavoro

di Antonello
Patta

Non c’è oramai quasi giorno in Italia in cui non si registrino morti sul lavoro, componendo un triste primato che produce indignazione civile e getta nella disperazione migliaia di famiglie ogni anno.
La strage quotidiana che avviene sotto gli occhi di tutti è condensata nelle nude cifre nell’ultimo report dell’Inail sugli infortuni sul lavoro degli ultimi 5 anni, dal 2015 al 2019.
Gli infortuni sono stati 642 mila all’anno con 380 mila lavoratori che ne sono stati vittime 2 volte e sono ben 192 mila le imprese che hanno registrato 2 casi. Il dato ancor più triste è quello sui morti: 1.072 morti in media all’anno, ben 3 al giorno. Nel 2020 i morti sono aumentati a 1.270, un terzo a causa del Covid; nei primi mesi del 2021 sono cresciuti rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
È altrettanto nota, per chi vuole vedere, la diffusione nelle aziende di condizioni di lavoro irregolari e illegali: su 10 mila aziende ispezionate l’anno scorso per verificare il rispetto delle norme di sicurezza sono state riscontrate irregolarità nel 79,3% dei casi.
È una strage silenziosa che non fa notizia, liquidata perlopiù con trafiletti nelle pagine interne dei giornali in cui i morti sono derubricati a livello di tragiche fatalità o di incidenti.
I casi come quello di Luana D’Orazio, che sembrano risvegliare l’attenzione, in realtà vengono trattati come casi umani, sfruttati in modo indecente ai fini dell’audience, ma oscurandone il nesso con la tragedia di cui sono parte e con le condizioni che la producono.
Quegli stessi media che poi non solo non si impegnano realmente in campagne di denuncia come il tema richiederebbe, ma oscurano quasi sempre le iniziative di chi prova a portare quel dramma all’attenzione del Paese.
Ma è l’ipocrisia della politica quella che non smette mai di stupire; quei rappresentanti dei partiti al governo che nei talk show si profondono in farisaici attestati di cordoglio e in nuove promesse d’impegno sulla sicurezza sono gli stessi che a due anni dall’istituzione di una commissione monocamerale sulla sicurezza e le condizioni di lavoro non l’hanno ancora costituita; sono gli stessi che hanno votato un recovery plan che semplicemente ignora la questione; sono gran parte di quelli che nell’ultimo governo Conte per ridurre le tariffe Inail alle imprese hanno ridotto gli investimenti per la sicurezza nei luoghi di lavoro.
Sono i rappresentanti dei partiti che hanno composto alternativamente i governi degli ultimi 10 anni e che hanno consapevolmente deciso i tagli che hanno prodotto le riduzione progressiva del personale degli enti preposti ai controlli della sicurezza nei luoghi di lavoro, del tutto insensibili alle scontate, tragiche conseguenze.
L’organico Inail dal 2010 a oggi è diminuito di 2 mila unità, più del 20% del totale e gli ispettori sono oramai ridotti a poco più di 200; i dipartimenti di prevenzione delle Asl, quelli cui spetta la funzione ispettiva nelle aziende, hanno visto i propri addetti ridursi dai 5 mila del 2009 ai 2 mila del 2020; conclude la poco onorevole serie l’andamento degli impiegati dell’ispettorato nazionale del lavoro con un organico ridotto da 6.500 a 4.500 unità, il 25% in meno del minimo necessario, appena sufficiente per i compiti amministrativi.
Determinare queste condizioni è come incentivare le imprese a fare lo stesso ragionamento che gli evasori fanno sul fisco: le possibilità di essere colti in fallo da un’ispezione sono così limitate che conviene rischiare e risparmiare sui costi dei dispositivi di sicurezza, forzare i ritmi di lavoro, assumere meno persone del necessario, non investire in corsi di formazione.
Non ci si può nascondere dietro l’ignoranza o la stupidità: è chiaro che i politici che hanno governato negli ultimi dieci anni sono non solo moralmente ma anche politicamente responsabili, al pari delle imprese inadempienti, della tragedia che colpisce quotidianamente la classe operaia del nostro Paese.
È dunque concreta la possibilità che dopo le promesse dei giorni scorsi tutto torni come prima, se dal mondo del lavoro non si leverà una ribellione, che si traduca in grandi lotte contro condizioni di sfruttamento in cui l’insicurezza è la norma per ripristinare il valore del lavoro e la dignità dei lavoratori sanciti dalla Costituzione.

lavoro, sicurezza sul lavoro
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