articoli, recensioni

In ricordo di Guido Sacconi

di Pasqualina
Napolitano

La sua è la storia di un “oscuro” parlamentare che ha lasciato il segno del suo passaggio nella storia difficile e tormentata della costruzione politica e istituzionale europea.
Non veniva dal nulla, ma da anni di impegno politico e sociale che, fin dai tempi dell’università, lo avevano messo alla prova fino a divenire un punto di riferimento per tanti altri.

Ho raccolto, a questo proposito, una bella testimonianza di Fulvia Bandoli che ricorda Guido come suo maestro, capace di motivare tanti giovani ad un impegno critico e consapevole proprio nel periodo in cui ricostruì la cellula universitaria del PCI di cui divenne segretario.
Lui, così schivo e riservato era capace di grandi e profonde relazioni umane e, in fondo, era quello che a lui interessava di più della politica, come emerge dal suo libro Storia di un politico controvoglia.
La chiave di tutto ciò sta nella bellissima prefazione di Bernardo Marasco che ci fa capire perché, anche suo malgrado, Guido diveniva un riferimento per tante e tanti attorno a lui, ed era proprio la capacità di dirigere senza comandare; di decidere senza violentare, coinvolgendo, condividendo e quel: “si parla con le persone e non alle persone” lo portò a mettere quella sua pazienza al servizio di imprese spesso ritenute da lui stesso impossibili.

Guido arrivò al Parlamento Europeo con il suo bagaglio di sperimentato dirigente politico e sindacale. All’inizio, visse con diffidenza l’allontanamento dai luoghi politici ritenuti più concreti e significativi, tuttavia, impiegò poco tempo a capire che, al contrario,  lì  risiedeva un potere legislativo decisivo su alcune materie quali l’ambiente e la salute a livello europeo e, di riflesso, anche mondiale, come la storia del Regolamento REACH, dimostra.
La Commissione Ambiente, al Parlamento Europeo è sempre stata una delle più impegnative e dure perché, innanzitutto, ha la maggior competenza legislativa che le deriva dai Trattati ed anche perché affronta materie per cui non basta una generica infarinatura politica, bisogna studiare, entrare dentro le questioni e capire gli interessi enormi che si mettono in moto attorno ad ogni decisione.
In aggiunta, nelle Commissioni, in genere, si è soli, certo insieme ad altri del proprio Gruppo, ma spesso, unici rappresentanti della propria delegazione nazionale; questo è il bello del Parlamento Europeo dove se sei capace, se gli altri, a cominciare dal tuo Gruppo, ti stimano e apprezzano il tuo lavoro, non vale alcuna gerarchia o “chi sei stato” nella vita politica precedente, vale quello che dimostri di saper fare.

Non a caso, per farmi capire, ho spesso definito il Parlamento Europeo il paradiso dei “peones” sentendomi io stessa parte di questa categoria.
Da “peone” Guido ha reso possibile quella che al momento dell’approvazione del Regolamento REACH, fu definito “uno dei più grandi cantieri della storia legislativa europea”.
Un Regolamento che ha rivoluzionato la chimica europea, portando l’UE all’avanguardia del mondo nella riconversione di un settore cruciale per la vita e la salute, sia dei consumatori che dei lavoratori.

Non è questa la circostanza in cui entrare nel merito di un provvedimento che ha riguardato circa 30.000 prodotti e sostanze utilizzate in queste produzioni, tuttavia, nel ricordare Guido, alcune cose è doveroso dirle: perché in Italia di tutto questo non si è parlato? Perché la politica con la P maiuscola ritiene queste questioni secondarie? Che cos’è allora la politica? E l’informazione?

Fortunatamente esiste una pubblicazione curata da Guido: REACHSTORY che documenta i quattro anni di lavoro che hanno consentito questo risultato; propongo, se esaurita, di ristamparla e farla conoscere al grande pubblico, soprattutto ai giovani.

Consiglio, poi, ai giornalisti, i quali hanno ritenuto la materia troppo tecnica per essere divulgata di rileggersi l’articolo de Le Monde, riportato nella pubblicazione citata, in cui, con parole comprensibili, si fissano i punti più importanti del provvedimento e cioè: 1) l’obbligo di sostituzione delle materie, man mano che la ricerca individua prodotti più innocui; 2) standard europei validi anche nelle importazione dei prodotti da Paesi extra UE; 3) inversione dell’onere della prova nel senso di trasferire all’industria e non alle autorità pubbliche l’obbligo di certificare il livello di rischio dei prodotti utilizzati.

Se “un vecchio sindacalista italiano” come l’articolista di Le Monde definisce Guido, è stato capace di legiferare su una materia così complicata, non dovrebbe essere, poi, così difficile per chi ha dimestichezza con le parole, riuscire a diffonderne almeno la sostanza.
In questi giorni, solo Lorenzo Consoli, giornalista di EU-NEWS, ha ricordato tutto ciò.

Infine, per la cronaca, ricordo che l’agenzia europea ECHA (European Chemical Agency) con sede a Helsinki, istituita dal regolamento REACH, ha dedicato l’Aula Magna a Guido Sacconi.

Il suo impegno legislativo, poi, non finisce con REACH, perché Guido si è occupato in seguito anche dei livelli di emissioni delle automobili, altro dossier spinosissimo, concluso con successo ed ha presieduto la Commissione Parlamentare Speciale sul cambiamento climatico, questione drammaticamente attuale.

Per non cadere troppo nella retorica, cosa che Guido non ci perdonerebbe, voglio infine soffermarmi sul ricordo che ho di lui e sulle relazioni per lui molto importanti come quella con Bruno Trentin, che lui stesso descrive nei suoi scritti e che la contemporanea presenza al Parlamento Europeo aveva rinnovato.
Due persone introverse che Guido, raccontando l’episodio di un loro incontro a Firenze, descrive con l’immagine autoironica di “due rospi muti”. Un rapporto, il loro, fatto di poche parole e di grande stima tanto che a lui Guido dedica la pubblicazione sul REACH e, senza retorica, si sofferma sulla cosa che insieme alla politica, li univa di più: l’amore per la montagna.

Vi è poi la bellissima lettera che Guido alla fine della sua ultima legislatura dedica ai suoi collaboratori a cominciare da Cristina e Francesca, una lettera che rivela la sua concezione e la sua pratica della politica come  impresa plurale dove la forza e il coraggio per compiere cose impensabili viene dalla collaborazione e dalla condivisione degli obiettivi, l’esatto opposto dell’uomo solo al comando.

Nei suoi scritti trapela continuamente la critica al leaderismo che si avvale di un rapporto diretto e passivo tra cittadini e cosiddetti leader, a tutti i livelli, a cominciare dalle elezioni dirette nei Comuni e nelle Regioni.

No, Guido non era furbo come egli stesso dichiara; ne sono testimone diretta in una circostanza di cui, “a pericolo scampato” abbiamo riso, ma che segnò, forse, il momento  più drammatico della storia della nostra delegazione.  Vi era, infatti, il serio rischio, per una incomprensione con il Presidente del Gruppo socialista, che dovessimo scegliere tra il ruolo di Renzo Imbeni come Vicepresidente del Parlamento e quello di Giorgio Napolitano come Presidente della Commissione Costituzionale e, poiché l’elezione di Renzo era già avvenuta e quella di Napolitano era di là da venire, per aumentare il nostro potere negoziale, minacciai il Presidente Baron di rimettere in causa tutta la situazione.

Pasqualina Napoletano

La storia di un politico controvoglia

di Roberto Musacchio

«[Per il mio lavoro come presidente della commissione speciale clima ringrazio] soprattutto, il primo, Roberto Musacchio (vicepresidente), eletto nella lista Rifondazione Comunista, un eterno ragazzone romano, pieno di entusiasmo e di una gentilezza disarmanti. Come esige il gioco delle parti, lui, naturalmente, tendeva sempre a sostenere le posizioni più radicali, in linea con il suo gruppo, la GUE. Ma non rifiutava mai le mie mediazioni. Anzi le esaltava, quasi replicando lo spirito del caro, vecchio, centralismo democratico di origine PCI. Non solo. Ma quasi sempre sottolineava questo suo appoggio, intercalando più o meno così: “Come ha giustamente detto il mio presidente…”. E, spesso, mi consultava informalmente prima di chiedere ufficialmente la parola. C’era quasi da commuoversi».

Mi ha fatto un grande piacere leggere queste parole dedicatemi da Guido Sacconi in un suo libro che non sapevo avesse scritto, La storia di un politico controvoglia.
Ho appreso della sua morte con grande dispiacere.
L’occasione di leggere il libro mi ha riportato una persona molto bella come l’avevo “intuita”. Un vero riformatore, umano e capace. Di sé scrive che amava Garabombo l’invisibile, personaggio di Manuel Scorza e che alla fine invisibile lo era diventato. In realtà la sua vita è stata visibilissima. Dal ’68 fiorentino, arrivato da Padova, che fa fondando la sezione universitaria del PCI. Alla CGIL, poi FIOM, poi segreterie toscana e fiorentina. Poi segreteria del PdS. Parlamento europeo. Di cui parla delle cose importanti fatte, e le difficoltà per farle prima di intitolare l’ultimo capitolo “la sparizione”.
Il suo libro è, come lui, politico, umano, gentile ma arguto, competente e capace di trovare sintesi efficaci e positive. Guarda dentro, senza pregiudizi ma anche senza sconti, le persone, anche molto “famose”, che incontra. Serviva a fare ciò che doveva, ottenere risultati. Guarda, un po’ da fuori, tutti ed anche se stesso. L’invisibilità lo permette. Mi ci ritrovo perché ho sempre pensato che “fare politica” chieda molta comunità ma anche molta “solitudine”, responsabilità individuale. Grazie Guido delle parole che mi hai dedicato e di aver sempre tenuto conto, seriamente, di ciò che proponevo.
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