Il Labour consolida la svolta a destra anti-corbinista
Si sono tenuti nelle scorse settimane i due congressi annuali del partito laburista e di quello conservatore.
I conservatori escono dal loro congresso con un governo senza piani economici e sociali, che trova nella strizzata d’occhio populista alla classe operaia del Nord Inghilterra e nel patriottismo bieco l’ultimo rifugio.
Per i laburisti a guida Starmer si è confermata la svolta a destra anti-corbinista, in termini sia di ristrutturazione del partito, che di scelte politiche. Il tentativo di ricomporre una parvenza di unità interna, dopo le purghe contro i militanti di sinistra, è stato destabilizzato dalle dimissioni di Andy McDonald (ministro ombra per i diritti dei lavoratori), motivate dal rifiuto della segreteria di Starmer di appoggiare la richiesta sindacale di un salario minimo nazionale di 15 sterline (attualmente è di 8.91). La scelta di McDonald pare motivata non tanto da principi politici – anche nel recente passato l’esponente labour aveva assunto posizioni molto conservatrici sull’argomento, quanto da un clima di superamento della direzione Starmer che sta crescendo nel partito. Quest’ultimo sembra incapace di assumere l’iniziativa politica nei confronti dei conservatori di Johnson. Il livello di implosione del partito è stato recentemente evidenziato dalla notizia che – secondo alcuni fonti – i laburisti stanno spendendo più soldi per avviare cause giudiziarie nei confronti di membri dell’ala corbinista, che per attività di campagna politica.
Nonostante che il 54% degli elettori britannici interpellati dia un giudizio negativo sul governo Johnson, i sondaggi elettorali danno i laburisti al 34% contro il 40% dei conservatori (Politico.eu). E, questo, nonostante le accuse al governo di essere responsabile di una delle peggiori gestioni della pandemia in Europa, come dimostra ancora una volta la reazione caotica ai recenti dati che indicano più di 50.000 contagi al giorno e più di mille morti alla settimana in Gran Bretagna. Il 13 ottobre scorso due commissioni parlamentari hanno presentato un rapporto preliminare sulla gestione governativa della crisi pandemica. Nonostante che la presidenza di entrambe le commissioni sia conservatrice, queste hanno espresso giudizi molto severi sull’operato del governo, invocando al più presto un’inchiesta giudiziaria sull’azione governativa per le decine migliaia di morti che potevano essere evitate.
Uno sciopero generale non dichiarato
La penuria di carburante alle pompe di benzina ha tenuto banco per settimane e molti supermercati continuano ad avere gli scaffali vuoti per la mancata consegna dei prodotti (non di rado sugli scaffali le immagini dei prodotti sostituiscono quelli veri). La crisi di approvvigionamento di carburante e di prodotti ai supermercati ha causato nelle scorse settimane code chilometriche ai distributori, risse violente tra clienti in coda, e la scomparsa di beni quali pasta, carta igienica, zucchero, acqua minerale dagli scaffali. La causa principale è la mancanza di autisti delle ditte autotrasportatrici, carenza attualmente stimata attorno agli 85-100 mila posti di lavoro.
I settori politici neo-liberisti e pro-europeisti hanno avuto buon gioco nel criticare il governo della Brexit, indicando come crisi del genere nel resto d’Europa si siano risolte facilmente grazie alla libera circolazione dei lavoratori, perlopiù provenienti dagli Stati dell’Est Europa. Sennonché questo tipo di accuse mostrano un appeal politico assai ridotto, come indicano recenti rilevamenti statistici dai quali emerge che gli elettori pro-Brexit sono ancora, nella stragrande maggioranza dei casi, convinti di aver fatto la scelta giusta.
Boris Johnson ha risposto alle accuse con la retorica populista sfoggiata ampiamente al congresso del partito, sostenendo che quello che la Brexit ha creato è in realtà una situazione di mercato favorevole ai lavoratori di settori storicamente caratterizzati da bassi salari e alti livelli di sfruttamento, non solo il trasporto su strada, ma anche il settore alberghiero e della ristorazione. Il blocco dell’immigrazione, sostiene Johnson, è un’opportunità per negoziare migliori salari e condizioni lavorative con cui attrarre in questi settori nuova forza lavoro interna. Paragonata alla politica liberista dei partiti pro-europeisti del centro-sinistra, la posizione del governo ha un impatto più efficace sull’elettorato working-class; essa mira a consolidare il voto operaio del Nord Inghilterra, passato a destra nell’ultima tornata elettorale.
Questa posizione di Boris Johnson cessa di essere una strategia politica e diventa pura demagogia populista quando si confronta con la realtà e le azioni concrete del governo. Il settore dei trasporti alimentari e di beni di consumo, per esempio, non può funzionare che in virtù di una situazione di bassi salari, a causa della pressione decennale delle grandi catene di supermercati tesa a massimizzare i profitti comprimendo al massimo i costi logistici. Di conseguenza la mancanza di autisti non ha generato finora nessuna crescita sostanziale dei salari o miglioramento delle condizioni di lavoro. D’altra parte, la crisi occupazionale dei settori trasporti e ristorazione/alberghiero è solo parzialmente dovuta alla Brexit: la chiusura delle frontiere alla libera circolazione dei lavoratori ha reso solo in parte più difficile dare soluzione ad una crisi causata da ben altri fattori. Questo è per alcuni aspetti provato dal fatto che l’offerta di 5.000 visti di lavoro nel settore dei trasporti avanzata dal governo ha ottenuto solo una ventina di domande come risultato.
La vera causa della crisi va ricercata nel fatto che il lavoro nel settore dei trasporti su strada ed in quello alberghiero e della ristorazione è particolarmente logorante e distruttivo della vita sociale di chi lavora. Durante il lock-down molti lavoratori hanno cercato attività alternative in settori quali le consegne domestiche o gli impieghi nei supermercati. Lavori molto meno stressanti in termini di orario e con condizioni lavorative meno pesanti. Con la fine del lock-down molti di questi lavoratori hanno deciso di non tornare alle situazioni lavorative precedenti. Il fenomeno è evidente in Gran Bretagna, ed in parte in altri paesi d’Europa; ancor più evidente è negli USA, dove un crescente numero di lavoratori semplicemente rifiuta il ritorno ad un lavoro che ha come normalità lo sfruttamento estremo.
Quella che sta bloccando i mercati non è quindi – come nella retorica di Johnson – una pura questione di domanda ed offerta, al momento favorevole ai lavoratori, ma una deliberata azione di classe, che Robert Reich (ex ministro del lavoro USA) sul quotidiano The Guardian definisce uno sciopero generale non dichiarato, un’astensione da certi lavori, shit jobs, per una rivendicazione collettiva di migliori condizioni di vita.
Una classe operaia in rivolta senza referente politico
La risposta padronale e del governo conservatore è quella tipica in questo scontro di classe: non un miglioramento dei salari o delle condizioni di lavoro, bensì un loro costante peggioramento. Il governo, come prima risposta alla crisi occupazionale, ha disposto l’aumento di 5 ore del tetto massimo settimanale di ore di guida dei conducenti di camion, estendendo dunque la possibilità di spremere ancor di più i lavoratori in attività (questo mentre gli Stati membri UE stanno dando attuazione al nuovo Regolamento sui tempi di riposo e di guida nel settore dei trasporti su strada in una prospettiva di tutela dei guidatori). Inoltre il ministero dei trasporti ha deciso, ai primi di ottobre scorso, di deregolamentare l’attività delle compagnie straniere di trasporti su strada nel territorio nazionale, finora limitata a due consegne settimanali per veicolo.
La Brexit, lungi dal proteggere il mercato del lavoro nazionale, come nella demagogia vuota di Boris Johnson, può essere derogata quando la classe operaia cessa di essere ubbidiente e i profitti padronali vengono messi a rischio, come in questo caso per permettere a compagnie straniere – che utilizzano contratti di lavoro di sotto tutela e pagano le tasse a governi stranieri – di rimpiazzare senza limiti le compagnie e i lavoratori nazionali.
Nel frattempo, la critica di Starmer al governo si focalizza quasi soltanto sul disagio dei consumatori per la mancanza di beni nei supermercati e di carburante alle pompe di benzina, ma non fa niente per rappresentare ed organizzare questa crescente resistenza operaia allo sfruttamento senza limite, su cui si è basata la crescita del Paese in questi ultimi dieci anni. Mentre il governo conservatore annuncia 2 miliardi di sterline di tagli ai servizi per il biennio 2021-2022 e il ritorno di fatto all’austerità, condanna centinaia di migliaia di famiglie alla miseria tagliando i sussidi, abolisce la cassa integrazione per Covid (che copre ancora un milione di lavoratori), mentre succede tutto questo, l’azione politica del Labour a guida Starmer continua per lo più a concentrarsi sul ceto medio urbano in condizione di disagio, trascurando i bisogni di una classe operaia in crescente attesa di risposte radicali.