Il voto europeo richiede un’analisi politica che si discosti dal chiacchericcio mediatico per distinguere ciò che è sostanza da ciò che è superficie.
Sgomberiamo subito il campo dalle possibili tentazioni di usare i risultati elettorali per riaprire lo scontro interno a Rifondazione.
Intanto perché l’insuccesso di PTD è assai relativo: l’insoddisfacente 2,2%, con 523.240 voti è assai migliore dell’1,1% che prendemmo nel 2018 presentandoci come “Potere al Popolo”, dell’1,4% che prendemmo nel 2022 come “Unione Popolare” e anche dell’1,74 delle precedenti europee, quando eravamo insieme a Sinistra Italiana.
Ma soprattutto perché la scelta di condividere la proposta di PTD era del tutto obbligata. Era infatti impossibile ripresentarsi come UP (indisponibile a quel suicidio lo stesso De Magistris) e non fu proposto da nessuno di andare da soli alle europee con il simbolo di Rifondazione. Dunque avremmo dovuto “saltare un giro”? Cioè tacere in occasione delle elezioni europee, e proprio in tempo di guerra? Ricordo che l’assoluta mancanza di alternative era talmente vera ed evidente che alla fine del CPN che decise PTD, anche i/le compagni/e contrari non presentarono alcuna proposta alternativa ed espressero la loro afasìa addirittura non partecipando al voto. Discutere delle elezioni ci impegna sempre molto, troppo; ma forse sarebbe ora di convincerci che, dato il sistema elettorale attuale (segnato dal bipolarismo forzato, dal “voto utile” e dal dominio del mass media) le elezioni saranno l’ultimo ambito (e non certo il primo) della ripresa comunista.
Peraltro fra i risultati positivi di queste elezioni c’è una certa ricomposizione unitaria del corpo militante di Rifondazione che era pericolosamente diviso; tanti/e (non tutti/e) fra coloro che in passato si erano opposti al Segretario e alla sua proposta si sono impegnati da comunisti/e prima nell’impresa collettiva della raccolta delle firme e poi nella generosa campagna elettorale, da cui ci sono venuti rapporti e interlocuzioni preziosi, da non disperdere.
D’altra parte occorre prendere atto che questa vicenda chiude l’esperienza di UP, e la chiude nel modo peggiore, non solo per il comportamento del portavoce (rivelatosi tanto inferiore alle responsabilità che gli competevano) ma soprattutto per il comportamento dei compagni di PaP. Questi, dopo aver posto il più ostinato veto a qualsiasi ipotesi di alleanza con chiunque, hanno poi finito per dare l’indicazione del voto ad AVS, così contribuendo ad eleggere (oltre che due brave persone) anche degli europarlamentari che andranno in un gruppo (quello dei verdi, a guida tedesca) fra i più guerrafondai e atlantici d’Europa. Si ripresenta una lezione che già appartiene alla storia del movimento operaio, cioè che il settarismo va spesso a braccetto con l’opportunismo.
Ma tutto ciò appartiene ancora a ciò che definivo superficie. La sostanza è un’altra, e la sostanza è la guerra.
La guerra ridefinisce i rapporti economico-sociali a livello mondiale, per la volontà dell’ imperialismo USA-Europa di difendere ad ogni costo l’assetto unipolare con il ricorso alle armi, mentre livello degli Stati i costi della guerra drenano i fondi che servirebbero ai salari, a sanità, scuola, trasporti, transizione ecologica, etc.
La guerra è il frutto avvelenato del capitale finanziario e del cosiddetto warfare (che sostituisce il welfare), e la produzione di armi è l’unica spesa pubblica che il liberismo di guerra (dunque la UE) accetti, anzi incoraggi.
La guerra presenta inoltre il vantaggio di compattare i popoli, in obbedienza, attorno ai loro Governi; servirà molto tempo e purtroppo serviranno molti morti perché questa union sacrée interclassista su base nazionalista, e razzista, vada in frantumi (e affinché questo avvenga sarà indispensabile la chiarificazione politica comunista fra le masse).
Non c’è dubbio quindi che per i marxisti la guerra inter-imperialista in corso sia l’elemento sovraordinatore su cui concentrare tutta l’attenzione, come la lista PTD ha fatto. In questo abbiamo ottenuto qualche successo che va ben al di là dei voti presi e che non dobbiamo sottovalutare: senza PTD il tema della pace sarebbe stato del tutto assente e con la nostra campagna elettorale abbiamo dato vita alla più grande mobilitazione per la pace degli ultimi decenni.
A me sembra che emerga con chiarezza il terribile nesso che lega guerra e fascismo: la guerra genera fascismo e il fascismo genera guerra. Questo è un punto su cui occorre suonare un allarme.
Non è certo casuale che il Governo di guerra Meloni rilanci l’attacco alla democrazia costituzionale, con l’autonomia differenziata e con l’elezione diretta del duce (di questo si tratta). Intanto colpi sempre più duri sono già stati portati dal Governo al diritto di sciopero e di manifestazione, con una gestione a suon di manganelli delle piazze che ricorda Scelba, Cossiga (e Genova 2001), per non dire della messa in riga della Magistratura.
Il problema è che la nostra democrazia è stata già gravemente danneggiata, insomma il piano della P2 che ora si vuole portare a termine è stato già largamente attuato dai Governi di destra e di centrosinistra di questi decenni. Meloni aveva ragione quando, mostrando come esempio Toti (una gaffe!), ricordava che i sostenitori del presidenzialismo già hanno ottenuto l’elezione diretta dei sindaci e dei presidenti di regione (grazie al centrosinistra). Si aggiungano a questo: le leggi elettorali che, grazie all’abolizione della proporzionale (ancora grazie al centrosinistra), hanno permesso a Meloni e ai suoi di vincere, l’obbrobrio degli sbarramenti, la riduzione del numero dei parlamentari, l’umiliazione sistematica del Parlamento a colpi di decreti legge, etc.
L’astensionismo in continuo aumento (ormai superiore al 50%!) dimostra la crisi gravissima della democrazia italiana.
Si è insediato un modello “americano” della politica fondato sulla personalizzazione del capo o della capa e dei singoli candidati, che è il contrario della democrazia della Costituzione. Una campagna mediatica massiccia ha dimostrato (anche nelle ultime elezioni europee) di poter condizionare in modo decisivo il voto. Ma dobbiamo domandarci: chi controlla i mass-media che controllano e determinano il voto? Al posto dei partiti, cioè della democrazia organizzata permanentemente dal basso, ci sono i mass media del capitale, i giornali, le tv e i social (questi ultimi hanno solo l’apparenza della libertà ma sono ferreamente in mano al capitale e all’imperialismo).
La guerra arruola, senza riserve né pudori, l’intero apparato mediatico di con-formazione: propaganda, bugie, occultamenti, campagne di menzogne, linciaggi mediatici degli oppositori, e rivela la vera natura di un tale apparato mediatico, il suo essere, appunto, un’arma di guerra. E questo spiega la censura integrale che ha colpito la lista PTD.
Si ripresenta di fronte a questa generazione la lotta per la pace e la democrazia come la forma più alta di lotta rivoluzionaria.
Roma, 10 giugno 2024-06-11