Venerdì 30 aprile, il sito web del Ministero degli Esteri russo ha pubblicato un elenco di otto cittadini dell’UE a cui è stato vietato l’ingresso in Russia. L’elenco include anche David Sassoli, Presidente del Parlamento Europeo, e Vera Yuorova, Vicepresidente della Commissione Europea per i valori europei e la trasparenza.
La misura viene motivata come risposta alle sanzioni adottate dall’UE, nel mese di marzo, nei confronti di sei cittadini russi. Il 2 marzo, infatti, sono stati sanzionati quattro cittadini russi, tre funzionari e un magistrato – in relazione all’arresto e detenzione di Alexei Navalny – con la motivazione di essere “coinvolti in gravi violazioni dei diritti umani in Russia, compresi arresti e detenzioni arbitrari, nonché repressione diffusa e sistematica della libertà di riunione pacifica e di associazione e della libertà di opinione e di espressione”.
Il 22 marzo, altri due cittadini russi – un funzionario del Ministero dell’Interno della Cecenia e il capo di una unità speciale, nonché guardia del corpo del Primo Ministro ceceno – sono stati sanzionati dall’UE per le torture e la repressione a danno delle persone LGBTI e degli oppositori politici in Cecenia.
Va notato che questi provvedimenti sono stati adottati dal Consiglio UE – senza alcuna implicazione del Parlamento Europeo – a norma del regime globale di sanzioni dell’UE in materia di diritti umani, istituito il 7 dicembre 2020. Alle persone e alle entità colpite dalle sanzioni si applica il congelamento dei beni nell’UE, il divieto di viaggio nell’UE. È inoltre vietato a persone ed entità nell’UE di mettere fondi a disposizione dei sanzionati.
Lo stesso 30 aprile, i Presidenti del Consiglio Europeo, del Parlamento Europeo e della Commissione Europea, in una Dichiarazione congiunta, hanno fermamente condannato la decisione delle autorità russe, riservandosi “il diritto di adottare misure appropriate”. Anche altre personalità delle Istituzioni europee hanno commentato le sanzioni russe.
Probabilmente la misura del Ministero degli Esteri russo era in preparazione da giorni, ma viene comunicata proprio il giorno dopo che il Parlamento Europeo ha condannato la Russia per “il caso di Alexei Navalny, l’escalation militare ai confini con l’Ucraina e l’attacco russo nella Repubblica Ceca”, con l’approvazione di una Risoluzione, a seguito di un dibattito sulle stesse tre controverse questioni, che, durante la sessione plenaria del 28 aprile, il Parlamento ha avuto con Josep Borrell, Vicepresidente della Commissione Europea e Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza.
Su ciascuno dei tre punti oggetto della discussione – che, in questo momento, segnano una tappa cruciale nel progressivo deterioramento delle relazioni tra l’UE e la Russia – Borrell ha sottolineato le gravi responsabilità del Governo russo. Ha detto che non importa che le truppe russe si siano ritirate dai confini con l’Ucraina; non importa che Navalny abbia terminato lo sciopero della fame e sia ricoverato in ospedale; non importa che lo scoppio di un deposito di munizioni in Cechia – su cui è accertato il coinvolgimento dell’intelligence militare russa – sia avvenuto nel 2014. Ha tenuto a ribadire la ferma posizione dell’UE: “Non accetteremo tattiche intimidatorie e dobbiamo rispondere a esse se si verificano”. È arrivato a minacciare un attacco frontale alla Russia e alle sue intenzioni sull’Ucraina, alla quale l’UE conferma pieno sostegno. Ha, però, affermato che l’UE continuerà a mostrare disponibilità alla cooperazione e a migliorare le relazioni con i russi, a patto che essi dimostrino un’”autentica volontà di farlo”. Ha, infine pronunciato il motto che l’UE deve seguire nelle relazioni con la Russia: “Contenere, Coinvolgere, Respingere”.
Nel dibattito che è seguito, sono intervenuti 55 deputati. In generale, gli interventi della maggioranza parlamentare, ma anche dei Verdi/ALE e dei conservatori dell’ECR, sono stati in sintonia con i toni bellicosi di Borrell. Di fronte alle responsabilità della Russia – ora aggravate dalla chiusura delle attività della Fondazione di Navalny – “l’Unione non deve solo reagire, ma prevenire”. Finché la Russia non si ritirerà dalla Crimea e dall’Ucraina orientale, la normale cooperazione non sarà possibile. Chiediamo alle potenze europee di facilitare il pieno ingresso dell’Ucraina nella Nato. Né sono mancati i consueti appelli per bloccare il Nord Stream 2. Il Gruppo di Identità e Democrazia (I&D) è intervenuto su due registri diversi. Da una parte i deputati della destra nazi-fascista franco-tedesca, difensori d’ufficio della Russia e di Putin, e accusatori dell’UE per l’ingerenza sui diritti umani. Dall’altra gli italiani della Lega, pienamente in armonia con le tonalità prevalenti nel dibattito e nel Parlamento: “Non possiamo lasciare che dei capi di Stato del nostro vicinato mettano a tacere l’opposizione politica violandone i diritti naturali, civili e politici”, ha affermato Susanna Ceccardi.
Per quanto riguarda il Gruppo della Sinistra-GUE/NGL, vi sono stati due interventi, ognuno dei quali, ha focalizzato uno solo dei due corni del problema. Mick Wallace, intervenuto a nome del Gruppo, ha relativizzato le responsabilità della Russia di fronte alle interferenze americane, come nel colpo di stato del 2014 in Ucraina, ma anche la minaccia militare della Russia, che spende per la difesa un terzo di quanto spendono gli Stati membri dell’UE, e un decimo della spesa militare degli USA. L’altro intervento, quello di Silvia Modig, si è concentrato sugli aspetti negativi della politica interna in Russia: violazione dei diritti fondamentali dei cittadini, aggressioni alla libertà dei giornalisti, corruzione e crimini dell’amministrazione. Ambedue gli interventi hanno invocato la scarcerazione di Navalny.
Nella replica, l’Alto Rappresentante Borrell non si è discostato dal taglio volitivo dell’introduzione. Si è soffermato sulle difficoltà economiche della Russia e su come queste la stiano spingendo verso un’alleanza strategica con la Cina, che, oltre a imprigionarla in una inevitabile dipendenza economica e tecnologica, la assimilerà sempre più in un mondo senza diritti. Quindi, noi e i barbari sembra dire Borrell. Indica due condizioni affinché il suo motto (Contenere, Coinvolgere, Respingere) abbia concreto seguito. La prima è l’unità e la coerenza degli Stati membri. Se questi prendono una posizione ferma a Bruxelles e poi tornano nelle loro capitali e sviluppano con la Russia relazioni opportunistiche contraddittorie, nessuna strategia europea sarà praticabile. Dice questo, facendo esplicito riferimento al Nord Stream 2. La seconda condizione è che i Paesi del Partenariato Orientale1 “debbono imperativamente riformarsi”.
Dopo questo dibattito i commenti, anche quelli più ufficiali, lasciavano trasparire soddisfazione per i severi accenti di fermezza nei confronti di Putin e della Russia. D’altra parte, l’allarme sicurezza per UE e NATO, a causa delle minacce provenienti dalla Russia, non è cosa nuova nel Parlamento Europeo, come traspare da uno Studio, del 2017, della Direzione Generale per le Politiche Esterne del Parlamento.
Sugli argomenti affrontati dal dibattito, i Gruppi PPE, S&D, Renew, Verdi/ALE e ECR hanno presentato una Proposta di Risoluzione Comune. Un’altra Proposta di Risoluzione è stata presentata da Mick Wallace a nome del Gruppo della Sinistra. Presentazione possibile, ai sensi del Regolamento del Parlamento, a seguito di una dichiarazione del vicepresidente della Commissione/Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza.
La Proposta di Risoluzione Comune (maggioranza) si muoveva sulla falsariga degli interventi di Borrell e degli stessi parlamentari appartenenti ai Gruppi che l’hanno sottoscritta. Oltre a chiedere il rilascio di Navalny, deplora i fatti relativi all’Ucraina e alla Repubblica Ceca; minaccia la Russia di pagare un prezzo elevato nel caso di una invasione dell’Ucraina; esprime solidarietà alle forze democratiche russe ma chiede alla Commissione di mettere in atto sanzioni anticorruzione; condanna la propaganda e la disinformazione russa e la sua “malevola diffusione nell’UE”; chiede alla Commissione di bloccare il Nord Stream 2; esorta l’Unione a rinserrare le fila nella NATO.
La Proposta di Risoluzione della Sinistra sembrava mettere d’accordo le preoccupazioni e i rilievi critici sugli aspetti trattati separatamente nel dibattito dai due interventi dei deputati della Sinistra. In primo luogo, essa cerca di contestualizzare la situazione relativa all’Ucraina, le esportazioni di armi e il sostegno militare da parte di soggetti terzi che vi hanno alimentato il conflitto, il ruolo pervasivo della NATO in Europa Orientale, la situazione di crisi nelle relazioni tra Russia e USA. Nell’articolato, si sostiene che non esistono soluzioni militari ai conflitti in atto e che occorre trovare soluzioni politiche; esorta le parti in causa a rispettare il Trattato di Minsk; chiede un embargo della vendita di armi a tutte le fazioni in conflitto; chiede a Russia, USA e NATO di porre fine alla loro politica di pressione militare; denuncia l’allargamento della NATO sino ai confini con la Russia; chiede l’avvio di negoziati per un nuovo sistema di sicurezza collettiva in Europa; invita l’UE e gli Stati membri a riprendere il dialogo politico con la Russia; invita le autorità russe a ritirare le accuse contro Navalny e a indagare sul suo avvelenamento; denuncia la riduzione dello spazio a disposizione delle voci critiche e della società civile in Russia.
Il 29 aprile, è stata posta in votazione, per prima, la Proposta di Risoluzione congiunta. Essendo questa stata approvata, la Proposta di Risoluzione della Sinistra è automaticamente decaduta. La Risoluzione è stata approvata con 569 voti a favore, 67 contrari e 46 astensioni. Tra i voti favorevoli, oltre a quelli dei Gruppi firmatari della Proposta approvata, vi sono anche quelli dei deputati della Lega (il Gruppo I&D si è diviso) ma hanno votato a favore anche tre deputati della Sinistra-GUE/NGL: Björk, Modig e Villumsen. I voti contrari sono stati espressi principalmente da deputati di I&D e dalla maggioranza di quelli della Sinistra; mentre 17 parlamentari dello stesso Gruppo si sono astenuti.
- I Paesi del Partenariato Orientale (Politica di Vicinato) sono: Bielorussia, Ucraina, Moldavia, Georgia, Armenia, Azerbaigian.[↩]