Riprendiamo da avantionline.it l’articolo di Domenico Maceri – Se Rudy Giuliani sarà costretto a vendere la sua casa in Florida si aggiungerà alla lista dei “senzatetto”. Questa la giustificazione dei legali dell’ex sindaco di New York che è stato costretto a dichiarare bancarotta dopo il verdetto in Georgia secondo cui dovrà pagare 148 milioni di dollari di risarcimento a Ruby Freeman e Wandrea Moss. Giuliani aveva diffamato le due impiegate dell’ufficio delle elezioni in Atlanta accusandole di frode elettorale nel 2020. Le due impiegate infatti non fecero altro che il loro dovere ma per le ripetute accuse di Giuliani subirono minacce da parte di sostenitori di Donald Trump e furono costrette a cambiare casa.
Non potendo pagare, Giuliani ha fatto ricorso alla bancarotta che lo protegge in certa misura ma allo stesso tempo gli rende la vita difficile. I creditori includono anche il fisco statunitense ed altri individui per avere tentato di sovvertire l’elezione presidenziale a favore di Trump. Giuliani però ha anche altri guai. Lo Stato di New York gli ha sospeso la licenza di avvocato e il suo ex legale Robert Costello lo ha denunciato perché non lo ha pagato per i suoi servizi legali. È stato anche denunciato per diffamazione dalla Dominion Software, l’azienda la cui software è stata usata nel conteggio delle schede elettorali nell’elezione del 2020. La Dominion aveva anche denunciato la Fox News richiedendo 1,3 miliardi di dollari di risarcimento per diffamazione poiché per mesi i conduttori della rete di Rupert Murdoch avevano fomentato la falsità di avere assegnato voti a Biden che spettavano a Trump. Invece di andare al processo la Fox ha patteggiato un risarcimento di 787 milioni di dollari. L’ex sindaco della Grande Mela è stato altresì incriminato con Trump ed altri di avere sovvertito l’elezione in Georgia nel 2020. Si crede che potrebbe anche essere uno dei cospiratori non identificati nel caso della sovversione dell’elezione a Washington D. C. condotto dal procuratore speciale Jack Smith. Questo processo include Trump come accusato principale ma di questi giorni è in stallo per il ricorso alla Corte Suprema dell’ex presidente sulla sua immunità presidenziale.
Giuliani non è l’unico legale di Trump nei guai per avere collaborato alla cospirazione e adesso i nodi arrivano al pettine anche per loro. Sidney Powell, Kenneth e Jenna Ellis, altri tre legali dell’ex presidente sono incriminati ma loro hanno già dichiarato la loro colpevolezza per reati minori anche se dovranno testimoniare al processo in Georgia. John Eastman, professore di diritto e ex decano della Chapman University, è stato coinvolto anche lui nella sovversione dell’elezione. Proprio di questi giorni un giudice ha raccomandato che Eastman venga radiato dall’albo degli avvocati in California. La Corte Suprema del Golden State emetterà la decisione finale ma non sembra promettente per Eastman il quale è accusato di avere assistito Trump a bloccare l’insediamento di Joe Biden a presidente.
Michael Cohen, un altro avvocato di Trump, rappresenta un caso atipico perché si è pentito ed è divenuto feroce critico del suo ex assistito. Cohen fu uno dei più battaglieri difensori legali di Trump per 12 anni. Nel 2018 fece false dichiarazioni sulle attività finanziarie di Trump per costruire un hotel in Russia e eventualmente decise di collaborare con la giustizia. Inizialmente Trump lo stava aiutando finanziariamente e in altri modi poiché l’allora ministro della Giustizia Bill Barr era grande collaboratore di Trump. Nel 2018 Cohen si dichiarò colpevole di violazioni finanziarie elettorali, frode fiscale e frode bancaria, testimoniando di avere commesso questi reati per proteggere Trump. Fu condannato a tre anni di carcere e multato di 50mila dollari. Perse la sua licenza di avvocato ma iniziò a collaborare con la giustizia. Sarà infatti uno dei principali testimoni nel processo penale di Trump sulla frode elettorale legata alla pornostar Stormy Daniels che inizierà fra due settimane.
Trump continua ad avere i propri problemi legali che affibbia al suo avversario Biden, al suo ministro di Giustizia Merrick Garland e ai “corrotti” procuratori in Georgia e New York. A differenza di Giuliani e gli altri, però, l’ex presidente e portabandiera del Partito Repubblicano alle presidenziali di quest’anno, riesce ad usare la sua popolarità per pagare le sue spese. Non lo fa con denaro di tasca sua. Secondo il New York Times Trump ha speso più di cento milioni di dollari in spese legali, denaro che viene contribuito dai suoi sostenitori. Ovviamente non condivide questi contributi con i suoi ex avvocati che devono pagare le loro spese legali. Nel caso di Giuliani Trump ha fatto piccolissimi contributi ma non ha dimostrato entusiasmo per aiutare il suo ex avvocato. Il 45esimo presidente deve risarcire E. Jean Carroll e lo Stato di New York per un totale di mezzo miliardo di dollari nel caso in cui dovrebbe perdere gli appelli in queste due cause. Trump dunque si sta dando da fare. Nelle ultime settimane ha promosso scarpe da tennis per 400 dollari e la sacra Bibbia con la bandiera americana per 60 dollari.
Gli avvocati inguaiati per la sovversione dell’elezione decisero di partecipare alla “big lie”, la grande menzogna dell’elezione truccata fomentata da Trump, pensando che non vi sarebbero state conseguenze. Hanno infatti collaborato con l’ex presidente a fabbricare una realtà che si è scontrata con i contrappesi del sistema costituzionale americano e specialmente con il sistema giudiziario. L’artefice della “big lie” però è riuscito a tenere la giustizia a bada mediante la sua resilienza politica essendosi conquistata la nomination del suo partito. Infatti potrebbe sconfiggere Biden a novembre anche se i più recenti sondaggi riflettono leggeri miglioramenti per l’attuale inquilino della Casa Bianca. I pericoli più seri per Trump continuano ad essere i processi penali. Un’eventuale condanna gli farebbe perdere il 14% di consensi negli Stati in bilico, secondo un sondaggio del New York Times/Siena. Ecco un’altra ragione che spinge Trump a tentarle tutte per ritardare i processi fino a dopo l’elezione di quest’anno.