Ricordate la carta dei valori europei promossa da una quindicina di partiti europei che si erano autodefiniti “patriottici” e che sarebbe stata sottoscritta da Giorgia Meloni e da Matteo Salvini?
Lungo la strada dell’eventuale unificazione si erano nel frattempo allontanati i tedeschi dell’Alternativa per la Germania, gli olandesi, gli svedesi e i rumeni.
Il giorno della diffusione della carta pochi hanno fatto rilevare che il testo è apparso solo sul sito del Rassemblement National di cui è attualmente leader Marion Anne Perrine Le Pen (detta Marine) e sul suo papier à lettre, che ha ora le sue gatte da pelare in vista delle presidenziali francesi del 10 aprile 2022 per arginare la concorrenza del saggista xenofobo Eric Zemmour che la tallona nei sondaggi e potrebbe far evaporare il suo sogno di andare al ballottaggio del 24 aprile.
Dal 5 luglio non ci sono stati segnali significativi di movimenti di patrioti da un gruppo all’altro nell’emiciclo del Parlamento europeo e gli unici patrioti di cui ha parlato la stampa francese sono stati quel del gruppo complottista guidato da Rémy Daillet-Wiedemann che avrebbe immaginato qualche giorno fa di organizzare un “colpo di Stato” (!).
È nota, del resto, l’idiosincrasia di Giorgia Meloni all’idea di unificare i suoi cinque deputati (orfani per ora di Carlo Fidanza) con i ventiquattro leghisti perché perderebbe in un sol colpo la leadership europea del partito dei conservatori e riformisti europei a cui è stata acclamata il 29 settembre 2020 prendendo il posto del ceco Jan Zahradil di cui pochi ricordano che fu sfortunato Spitzenkandidat alle elezioni europee del 2019.
Se la strada di un unico gruppo parlamentare delle destre o meglio dell’estrema destra è impervia lo è ancora di più quella di un unico partito europeo secondo le regole europee perché ciò vorrebbe dire lo scioglimento della alleanza di cui è presidente Giorgia Meloni.
Se poi andiamo a studiare attentamente i programmi dei partiti che avrebbero firmato la carta dei valori ci rendiamo conto che la FIDESZ di Viktor Orban, il PiS di Mateusz Morawiecki e Jaroslaw Kaczynski, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni e la Lega di Matteo Salvini sono come i quattro capponi di Renzo Tramaglino di cui Alessandro Manzoni scriveva: «Lascio poi pensare al lettore, come dovessero stare in viaggio quelle povere bestie, così legate e tenute per le zampe, a capo all’in giù, nella mano di un uomo (che vi chiediamo di immaginare nel ventunesimo secolo, n.d.r.), il quale, agitato da tante passioni, accompagnava col gesto i pensieri che gli passavan a tumulto per la mente. Ora stendeva il braccio per collera, ora l’alzava per disperazione, ora lo dibatteva in aria, come per minaccia e, in tutti i modi, dava loro di fiere scosse e faceva balzare quelle quattro teste spenzolate; le quali intanto s’ingegnavano a beccarsi l’una con l’altra come accade sovente tra compagni di sventura».
Se leggiamo le prese di posizione sovraniste dei governi polacco e ungherese da una parte e le pretese nazionaliste di Giorgia Meloni e Matteo Salvini – tuttavia spesso distinte essendo la prima all’opposizione e il secondo nella maggioranza europeista di Mario Draghi – vediamo che la difesa degli apparenti interessi di due patrie all’Est è inconciliabile con quella degli interessi all’Ovest su questioni che rappresentano l’essenza dell’Unione oggi come il bilancio, la politica estera, la politica migratoria, le regole del mercato, il commercio, la politica fiscale e la concorrenza e che questa inconciliabilità ci ricorda i quattro capponi di Renzo Tramaglino, che il sovranismo è certo nemico della sopranazionalità ma che è altrettanto nemico degli altri sovranisti.
Aspetteremo ancora a lungo la creazione di un unico gruppo dei patrioti nell’emiciclo del Parlamento europeo e ancora più a lungo la creazione di un partito europeo di estrema destra.
Articolo pubblicato da Linkiesta