pensieri veloci

Guilty

di Maria Pia
Calemme

Derek Chauvin, agente di polizia, è stato riconosciuto colpevole di aver provocato la morte di George Floyd. La condanna verrà stabilita successivamente, come di norma nel diritto penale statunitense, e potrebbe superare i 40 anni, poiché l’accusa aveva formulato 3 diversi imputazioni, tutte per omicidio non volontario, e la giuria ha stabilito che Chauvin è 3 volte guilty.

È stato sottolineato unanimente che si tratta di una “prima volta” e che la Casa Bianca, nelle parole di Joe Biden, aveva invocato un verdetto di colpevolezza (per quanto dopo che la giuria si era ritirata per deliberare). Ma il presidente degli Stati Uniti non dovrebbe pronunciarsi sui processi in corso. Nessun politico dovrebbe pronunciarsi sui processi (o sulle inchieste) prima della loro conclusione, perché la giustizia penale amministra un terribile potere e non dovrebbe essere sollecitata a pronunciarsi in un senso o in un altro. E se alla Casa Bianca ci fosse stato Trump e avesse invocato l’assoluzione di Chauvin?

Faccio anche fatica a pensare a un verdetto di colpevolezza come a una vittoria per un movimento (Black lives matter, nel caso Floyd). Mi disturbano gli applausi nelle aule di tribunale italiane quando gli imputati vengono condannati a lunghe pene e le proteste quando non lo sono abbastanza (ma quant’è “abbastanza”?).

Non dico che il verdetto di colpevolezza per l’omicidio di George Floyd non significhi qualcosa. Ma cosa significhi mi è più difficile da comprendere. La “cultura” delle forze di polizia in un Paese che registra la “razza” nei propri documenti ufficiali cambierà per effetto di questa sentenza? Gli statunitensi neri si sentiranno meno in pericolo quando verranno sottoposti a un controllo di polizia? Gli agenti di polizia adotteranno comportamenti diversi per timore di una condanna? Gli Stati Uniti sono il Paese che più esemplarmente dimostra che la prevenzione secondaria non funziona: nemmeno la previsione della pena di morte influisce sul numero di reati. E i tassi di criminalizzazione indicano che altre giurie “di pari” condannano più neri e ispanici che bianchi.

 

Maria Pia Calemme

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