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Libano: guerra tumorale metastatica

di Alessandra
Fiumara

Nella tarda serata di lunedì 21 Ottobre, gli attacchi aerei dell’esercito israeliano hanno distrutto diversi edifici, tra cui uno dei principali ospedali pubblici di Beirut chiamato Rafik Hariri, in onore dell’ex Primo Ministro libanese, uno dei leader più amati dalla fine della guerra civile, ucciso nel 2005 a causa di un attentato mirato. Il Ministero della Sanità libanese ha dichiarato che nell’attacco di lunedì, sono morte 13 persone, 57 sono state ferite, tra cui sette si trovano in condizioni critiche. L’esercito israeliano avrebbe dichiarato di aver colpito un obiettivo di Hezbollah, ma senza aver preso di mira l’ospedale stesso. I giornalisti dell’Associated Press hanno visitato martedì l’ospedale universitario di Rafik Hariri e hanno detto di aver trovato le finestre della farmacia interna rotte e il centro dialisi dell’ospedale che in quel momento era pieno di pazienti, distrutto.

Haala, ha riferito di  trovarsi in ospedale nel momento dell’attacco, fa dialisi tre volte a settimana, porta con lei i suoi due figlioletti e il marito ogni volta che può, non vuole restare da sola in quei momenti oscuri della sua malattia, ma questa volta ha rischiato grosso, non solo di morire lei a causa dell’attacco, ma di perdere anche i suoi cari. È triste dice, come si può morire in un ospedale a causa di una bomba? Gli ospedali non dovrebbero essere un luogo sicuro? E invece purtroppo no, Haala ha paura che tutti gli ospedali possano essere presi di mira dagli israeliani e fare la stessa di fine come quelli di Gaza. La guerra non permette di avere nessun tipo di scudo per difendersi, i civili vivono disarmati nella paura perenne che li logora internamente, in quei momenti non sai cosa sia giusto, cosa sia sbagliato, ed è proprio nel momento in cui si cerca di proteggere le persone che più amiamo che in un solo istante tutto può finire.

Haala non ha mai avuto paura di morire a causa della sua malattia, ma è terrorizzata di perdere la vita per un attacco aereo israeliano, una guerra che lei non ha voluto, ma che sfortunatamente ha scelto il suo amato paese dei Cedri, mentre parla con le lacrime agli occhi abbraccia i suoi due figli, definendoli le sue perle preziose che la sorreggono sempre. Haala ha sempre insegnato ai suoi figli che non importa quante volte si cade, ma la cosa più importante è riuscire sempre a rialzarsi, nonostante i momenti tragici e devastanti della vita. Il bene più prezioso è la salute, ma anche la pace continua…

“La dialisi mi tiene attaccata ad una macchina quattro ore a giorni alterni, mi porto tante cicatrici, sia nell’anima che nel corpo, ma le ferite più grandi al momento sono vedere come la mia terra venga distrutta ogni singolo giorno, la sofferenza nel perdere chi amiamo e il non riuscire a riconoscere le strade bombardate della mia Beirut”. Conclude l’intervista dicendo: spero di poter restare in vita fino al giorno in cui quest’orrore finirà, non voglio che i miei occhi si chiudano con la consapevolezza di lasciare un paese in rovina, la mia terra…la mia vita.

Il personale medico ha raccontato di come improvvisamente si è trovato nel bel mezzo del panico, dovendo soccorrere anche i pazienti feriti che arrivavano all’ospedale in seguito agli attentati avvenuti dall’altra parte della strada. Nel frattempo, il mediatore statunitense Amos Hochstein ritornato in Libano, come dichiarato da alcune fonti diplomatiche arabe, ha presentato ai funzionari libanesi un documento che richiede l’espansione della zona 1701 ad almeno due chilometri a nord del fiume Litani e un forte aumento del numero di peace-keeper dell’UNIFIL e delle truppe libanesi. Il documento di Hochstein come riferito da media libanesi locali, includerebbe anche la possibilità per l’UNIFIL di perquisire qualsiasi veicolo o, abitazioni in cui si sospetta ci siano armi e il diritto di effettuare pattugliamenti a sorpresa in qualsiasi area 1701 senza il permesso delle autorità libanesi. “Hochstein non ha portato alcuna condizione israeliana per un cessate il fuoco e non ha proposto nessuna delle condizioni riferite riguardo alla richiesta di Israele di avere libertà di movimento nel territorio e nello spazio aereo libanese in futuro”, hanno aggiunto le fonti. Inoltre altri attacchi israeliani avvenuti tra la notte di domenica e lunedì, hanno colpito almeno 15 filiali di al-Qard al-Hassan (istituto finanziario legato da Hezbollah) in Libano, in cui anche molti libanesi che non fanno parte del gruppo sciita, conservano i propri risparmi. Israele sosterrebbe che la banca sia utilizzata per finanziare gli attacchi e dichiara di aver emesso avvisi di evacuazione prima di colpirle. Amnesty International  ha criticato fortemente gli attacchi di Israele alle filiali, affermando che “probabilmente violano il diritto umanitario internazionale e che dovrebbero essere considerati come un crimine di guerra”, trattandosi di infrastrutture di civili, non utilizzate per scopi militari. Il portavoce di Hezbollah, Mohammad Afif, ha dichiarato martedì che Al-Qard al-Hassan ha preso tutte le precauzioni necessarie giurando di “adempiere ai suoi obblighi” nei confronti dei depositanti. Nonostante si continui a cercare una via diplomatica giusta per fermare questo terrore giornaliero, la guerra tumorale metastatica continua ad espandersi sempre di più in Libano come a Gaza.

Di Alessandra Fiumara

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