Ho lavorato per oltre 20 anni al Ministero dell’ambiente prima di andare in pensione e prima ancora per altrettanti all’assessorato all’ambiente della Regione Lombardia. Nell’ultimo anno ero in forza presso il “Dipartimento per la transizione ecologica e gli investimenti verdi” articolato in quattro Direzioni generali: Economia circolare, Clima ed Energia, Crescita sostenibile e qualità dello sviluppo e Risanamento ambientale. Tale organizzazione del Ministero dell’ambiente era stata definita, con, procedure d’urgenza, attraverso due successivi Decreti del Presidente del Consiglio (il primo del giugno 2019 e il secondo del novembre 2019.
Molti di quelli come me, con questa lunga “militanza” ambientalista, da molti anni ritiene indispensabile un cambio di paradigma, (oltre che di passo) sul terreno della sostenibilità, che non può non essere affrontata tenendo conto dei suoi indissociabili aspetti: quello ambientale, quello sociale, e quello economico. In questa definizione di sostenibilità a mio parere due sono gli aspetti predominati (quello ambientale e quello sociale) mentre il terzo dovrebbe essere un corollario dei primi due.
Alla luce di tale approccio appare certamente necessario prevedere che le competenze sui temi ambientali non siano collocate in un Ministero a sé, come e stato sino a poco tempo fa, ma siano assunte in una logica di insieme che ne faccia un elemento strutturale di un nuovo modello economico.
Ciò può essere fatto in due modi: o con la creazione di un Ministero che assuma tutte le competenze di almeno 4 Ministeri (Ambiente, Sviluppo Economico, Agricoltura e Infrastrutture, o, forse meglio, con un Dipartimento presso la Presidenza del Consiglio in grado di dare regole, orientamenti ed indicazioni, sui temi della sostenibilità, a tutti gli altri Ministeri e amministrazioni dello Stato.
Alla luce di quanto detto, sembra quindi opportuno chiedersi, in cosa consiste il grande cambiamento introdotto dal Governo Draghi grazie alla strenua battaglia del Movimento 5 stelle?
Da ciò che appare al momento, in poche cose. In sostanza sembra che ci sia un piccolo spostamento delle competenze sul tema energia, dal Ministero sviluppo Economico a favore del “nuovo” Ministero per la Transizione Ecologica, che già aveva molte di tali competenze (come accennato all’inizio c’era da molti anni una Direzione “Clima Energia”.
Ma quello che più conta è indagare su quali reali cambiamenti di prospettive vi saranno in futuro.
Il modello economico/ produttivo sarà subordinato ad una visione nuova che tenga conto degli aspetti della sostenibilità ambientale e sociale o tutto rimarrà come ora? O, semplicemente, il tema della “GREEN economy” sarà un ulteriore modello pubblicitario per far fare guadagni alle grandi compagnie che continueranno, con una verniciatura di verde, con le politiche estrattiviste poco attente alle esigenze della natura e delle persone.
Un significativo esempio di quanto sopra è la pubblicità che sta facendo ENI (Eni è con te) dove vengono esaltate le iniziative ambientaliste della compagnia, quando in realtà le cose sono molto diverse. Infatti i danni prodotti da ENI arrivano ovunque: dalla Nigeria allo Zambia, fino alle coste del nostro Mar Adriatico. Uno dei progetti più recenti (e costosi) riguarda proprio le coste di Ravenna, dove Eni vuole costruire l’impianto di stoccaggio di CO2 più grande d’Europa. Simbolo di progresso? Assolutamente no! Similmente dicasi della recente pubblicità di AMAZON che dice che azzererà le emissioni di CO2 entro il 2040!
Quindi in attesa dei tempi, non certo brevissimi, per arrivare alla costituzione del nuovo Ministero (sei mesi, un anno?), dobbiamo chiederci, anche visti i precedenti del nuovo Ministro sui temi delle energie rinnovabili, del gas e del rapporto con le grandi compagnie, ci sarà un cambio di passo, l’affermazione di una nuova visione dello sviluppo? o semplicemente avremo un Ministero con una facciata più verde, ma più asservito alle logiche Confindustriali?