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Fratelli d’Italia tra nuovo conservatorismo e vecchio neofascismo (2/2)

di Franco
Ferrari

Nella prima parte di questo articolo1 ci siamo proposti di abbozzare il profilo ideologico di Fratelli d’Italia, delineando il tentativo della leadership di questo partito di inserire alcune idee in continuità col neofascismo italiano dentro un più ampio contesto “nazional-conservatore”. Abbiamo inoltre provato a capire quale sia il profilo dell’elettorato del partito di Giorgia Meloni, pur con i limiti derivanti dal fatto che i dati disponibili si riferiscono ad elezioni nei quali il consenso (il 2018 e il 2019) era molto più contenuto di quanto non venga registrato dagli ultimi sondaggi che lo collocano ormai attorno al 17-18%.

Al fine di abbozzare il profilo di questo partito dell’estrema destra italiana o, se accettiamo la classificazione corrente di molti politologi, di uno dei due partiti alleati e rivali dell’estrema destra italiana (l’altro essendo evidentemente la Lega) ci occuperemo del contesto nel quale si può collocare e motivare l’ascesa di Fratelli d’Italia, l’azione intrapresa a livello internazionale e le priorità politiche espresse da FdI.

Il contesto e l’ascesa della Meloni

Quali sono gli elementi di fondo nel contesto italiano e internazionale che hanno favorito la crescita di consensi per Fratelli d’Italia? Se ne possono indicare alcuni fondamentali.

Innanzitutto la trasformazione del sistema elettorale da proporzionale a maggioritario, in coincidenza con la crisi verticale dei vecchi partiti di massa. Sulla base degli schemi ideologici presentati dai sostenitori del sistema elettorale maggioritario e bipolare, in questo modo si sarebbe garantita la possibilità dell’alternanza (concepita come strumento per la maggiore efficienza del sistema), ma anche il suo carattere centripeto. I due schieramenti si sarebbero combattuti per conquistare il voto dei settori di opinione moderati, quelli disponibili a trasferire la propria preferenza tra l’uno o l’altro competitore sulla base di un esame razionale delle proposte politiche in campo. Sarebbero stati emarginati i settori estremi più ideologizzati di entrambi gli schieramenti (quelli che Sartori definiva “anti-sistema”). In realtà si è assistito, per una serie di ragioni favorite e amplificate dal meccanismo elettorale, ad uno spostamento complessivo a destra di tutto l’asse politico. Mentre nel vecchio quadro politica (la cosiddetta “prima repubblica”) l’estrema destra neofascista era sostanzialmente emarginata, oggi le forze che si collocano al di fuori e contro il vecchio “arco costituzionale” (quei partiti che diedero vita alla Costituzione repubblicana e che sono ormai scomparsi da tempo), sono quasi maggioritarie.

Il centro-sinistra si è effettivamente spostato al centro (secondo il desiderio dei promotori del maggioritario), diventando punto di riferimento del ceto medio istruito, mediamente garantito e convergente con la grande impresa e la finanza, tagliando in questo modo le radici che lo collegavano ai ceti popolari e subalterni. Il centro-destra si è invece radicalizzato a destra riuscendo ad intercettare il disagio di larghi settori della società, trovandosi per un breve momento a competere coi 5 Stelle piuttosto che con il PD. Il fallimento delle prospettive di cambiamento che avevano sancito il successo dei 5 Stelle e il suo rientro in una logica bipolare ha consentito alla destra di recuperare gran parte dell’elettorato momentaneamente ceduto al partito di Beppe Grillo.

Sul piano ideologico, Fratelli d’Italia ha potuto beneficiare del lungo processo di progressiva banalizzazione del fascismo, avviato con la sua reinterpretazione storiografica effettuata Renzo De Felice, e la progressiva sostituzione dell’anticomunismo all’antifascismo come terreno comune della quasi totalità delle forze politiche parlamentari. L’assunzione della lettura neofascista del ruolo italiano nella guerra in Jugoslavia (con la giornata delle foibe, che dimentica e assolve il fascismo dai crimini commessi nelle terre di confine) o la votazione condivisa al Parlamento europeo da Fratelli d’Italia al PD, di una mozione che riscrive la storia del secondo conflitto mondiale come corresponsabilità comune di Unione Sovietica e Germania nazista, sono alcuni dei passaggi con i quali è stato ridefinito l’asse ideologico attorno al quale si muove il sistema politico. Né sembrano sufficienti le partecipazioni rituali alle scadenze celebrative o gli appelli a fermare il “pericolo fascista” in funzione elettorale e strumentale, per cambiare un indirizzo di fondo che ha consentito all’estrema destra italiana, a differenza di quanto ancora accade in paesi come la Francia o la Germania, di essere pienamente legittimata come forza interna al sistema.

Vi è infine il contesto socio-economico che ha visto prima affermarsi e poi entrare in crisi l’assetto neoliberista emerso come dominante tra gli anni ’80 e ’90. Questo modello di accumulazione capitalistica ha ridotto l’area dei beneficiari, accentuando le differenze sociali, e accresciuto le aree di incertezza e di precarizzazione. Questo disagio sociale è stato in misura significativa recuperato a destra anche se non si tratta sempre dei “perdenti della globalizzazione” 2. Più spesso sono coloro che temono il declassamento sociale derivante dai processi di ristrutturazione prodotti dalla globalizzazione, quella “classe medio-bassa confrontata al sentimento del suo declino e alla paura dell’avvenire”, come scrive Gilles Ivaldi3.

Il modello di sviluppo liberista ha prodotto anche una divaricazione tra aree economiche che crescono (e quindi mediamente ne godono dei benefici almeno come potenzialità) e quelle che restano stagnanti o regrediscono (classico esempio la “rust belt” americana). Se gli Stati Uniti sono elettoralmente divisi a metà tra repubblicani e democratici, si può verificare che le aree che votano democratico sono quelle più dinamiche, infatti producono il 70% del PIL degli Stati Uniti, mentre all’America trumpiana rimane il restante 30%. Dato che non coincide, occorre sempre ricordarlo, con l’orientamento di voto dei ricchi e dei poveri. I primi hanno scelto a maggioranza Trump, i secondi hanno scelto Biden (e quattro anni prima la Clinton). Si può verificare come il cambiamento di composizione sociale e l’uscita dalla stagnazione o dalla regressione economica (come è accaduto alla Georgia, al Nevada o all’Arizona) questi Stati tendono a cambiare campo politico. Lo stesso fenomeno di divaricazione tra aree in espansione e aree in declino si è potuto registrare nel voto per la Brexit, o nel voto in Polonia e in Ungheria, paesi nei quali la destra al potere ha il suo punto di forzo nelle aree periferiche.

Ci si può chiedere se questo schema si applichi anche all’Italia. Certamente non negli stessi termini. La Lega è forte in aree economiche dinamiche con una densa presenza industriale, anche se poi all’interno di queste è più radicata nelle aree periferiche. Vale probabilmente lo stesso (ma qui si procede per ipotesi) per il consenso elettorale di Fratelli d’Italia, che sembra radicarsi soprattutto nel mezzogiorno e in zone del Paese che soffrono o di una cronica arretratezza economica o che hanno perso peso per effetto dei processi di ristrutturazione industriale (una parte dell’ex zona rossa, Umbria e Marche).

Si può ritenere che l’impatto della contraddizione tra aree in espansione e aree in declino, funzioni diversamente per l’Italia, perché si registra nell’ultimo ventennio una stagnazione complessiva dell’economia. Il duplice successo del populismo (Lega e 5 Stelle) e dell’estrema destra (Lega e Fratelli d’Italia) possono essere in parte legati alla divaricazione tra l’Italia e le zone trainanti dell’Europa (in primo luogo la Germania). Il che ripropone in forme nuove una vecchia discussione sulla natura del capitalismo italiano e sul peso della sua eventuale arretratezza. Si può ritenere che quello che non era vero all’inizio degli anni ’60, in cui questa tesi sottolineava gli effetti del “miracolo economico”, potrebbe essere vero oggi. Avendo sempre presente che si tratta sempre di uno specifico intreccio tra punti alti e punti bassi.

Il richiamo alla dimensione socio-economica degli spostamenti di orientamento politico non vuole cancellare la dimensione ideologica e la capacità delle singole forze politiche di trasformare bisogni sociali (che sono anche di senso e di prospettiva e non solo di competizione per le risorse economiche) in domande politiche a cui far corrispondere offerta politica che una parte dell’elettorato ritiene convincente.

Secondo questa ipotesi, lo scenario politico italiano non può essere ricostruito a partire dalla rappresentazione di un conflitto tra i vincenti (il centro-sinistra) e i perdenti (il centro-destra) della globalizzazione. Se è in larga parte vero per i primi, i secondi rappresentano piuttosto i vincenti del ciclo socio-economico precedente che temono di venire declassati dal nuovo modello di accumulazione. Forse i soli i 5 Stelle sono stati per “l’espace d’un matin” la voce dei perdenti. Anche qui specificando che in questa categoria vanno inseriti non solo che si vivono in zone di arretratezza economica tradizionale (buona parte del sud), ma anche quelle fasce, soprattutto giovanili, che pur trovandosi in contesti dinamici, scontano i nuovi livelli di precarizzazione.

Fratelli d’Italia e la rete nazional-conservatrice globale

Il partito di Giorgia Meloni ha puntato sulla costruzione di una rete di relazioni internazionali sia in Europa che nel campo atlantico. I riferimenti principali sono principalmente quattro. Nell’est Europa il primo “partito fratello” è il PiS (Diritto e Giustizia) polacco, mentre nella vecchia Europa, la relazione principale è stata instaurata con il Partito Conservatore britannico. L’uscita di quest’ultimo dal Partito Popolare, e il rafforzamento dell’estrema destra populista e sovranista all’est aveva consentito di formare un gruppo conservatore di una certa consistenza. Ora indebolito per effetto della Brexit. Questo gruppo ha poi dato vita ad un partito di livello europeo, secondo i regolamenti previsti dall’Unione. La leader di Fratelli d’Italia è diventata la Presidente di questa formazione, acquisendo uno status importante nell’ambito del mondo “nazional-conservatore”.

Al di fuori dell’Unione Europea i due principali riferimenti sono il Partito Repubblicano degli Stati Uniti, il cui spostamento a destra precede la conquista della Presidenza da parte di Trump, e il Likud israeliano di Bibi Netanyahu, ultima incarnazione di quel “sionismo revisionista”, il cui fondatore Ze’ev Jabotinski non nascondeva di ispirarsi all’esempio mussoliniano4. Il rapporto sempre più stretto tra i governi israeliani di destra e partiti e governi al cui interno non mancano correnti antisemite più o meno carsiche (come nella corrente cattolica integralista polacca che trova espressione in Radio Marja5 o nella palese ambiguità della campagna ungherese anti-Soros) non deve sorprendere più di tanto.

Israele si considera oggi il quinto paese di Visegrad e la grande maggioranza delle forze parlamentari si considerano parte di questo fronte nazional-conservatore6. Quando si tratta di governi che difendono le politiche israeliane di occupazione dei territori palestinesi si è disposti a chiudere un occhio anche sulle tirate antisemite. Quando l’ambasciatore israeliano in Ungheria ha protestato pubblicamente per l’intonazione antisemita della campagna anti-Soros sostenuta dal governo di Orban7, è stato immediatamente invitato a stare zitto dallo stesso governo israeliano.

Il Partito Conservatore e Riformista guidato dalla Meloni è stato fondato nel 2009 e raccoglie l’adesione di oltre 40 partiti. Oltre quelli già citati si ritrovano per lo più partiti conservatori uniti a partiti apertamente collocati all’estrema destra come lo spagnolo Vox. Si registra quindi una convergenza tra forze di tradizione e ispirazione neofascista che cercano un nuovo ambito di legittimazione e forze conservatrici tradizionali che si sono radicalizzate a destra.

L’estrema destra non è riuscita a convergere su un solo gruppo al Parlamento europeo e a costituire un solo partito di livello europeo. La Lega di Salvini e il Rassemblement National di Marine Le Pen hanno dato vita al gruppo parlamentare Identità e Democrazia che a differenza dei Conservatori manca di una proiezione extraeuropea. Le linee di divisione delle due formazioni non sono sempre chiare. Hanno sicuramente pesato le relazioni con la Russia di Putin. Sia il Rassemblement (ex Front) National che la Lega hanno intrattenuto rapporti formali di amicizia con Russia Unita, il partito che sostiene il Presidente russo. Per ragioni storiche e ideologiche, i polacchi del PiS sono violentemente russofobi.

In questi giorni i vertici del partito transnazionale conservatore si sono schierati a favore dell’Ucraina e contro la Russia nel conflitto che si è riacceso tra i due Stati. Il sito di questa formazione riporta con evidenza lo slogan “la Crimea è Ucraina”, mentre i rivali di Identità e Democrazia restano orientati soprattutto sulle tradizionali tematiche anti-immigrazione e xenofobe, rafforzato dal recente arrivo del partito portoghese di estrema destra “Chega”.

Salvini ha cercato di riprendere l’iniziativa a livello europeo, sottraendola alla Meloni, con l’ipotesi di costituire un nuovo gruppo europeo che abbia nella Lega e nei partiti al governo in Ungheria e in Polonia le forze principali. Il Fidesz, partito guidato da Orban, è uscito dal Partito Popolare dal quale era stato sospeso per le politiche sempre più autoritarie (controllo della stampa e della magistratura) con le quali questo partito cerca di mantenersi al potere. L’iniziativa ha portato ad un incontro a tre che si è tenuto a Budapest a fine marzo. Il prossimo dovrebbe tenersi a maggio, forse a Varsavia8.

Oltre alla differente visione dei rapporti con la Russia, un altro tema che si ritiene possa creare differenze all’interno di questo potenziale nuovo schieramento riguarda la questione delle migrazioni. Se tutti sono per la chiusura delle frontiere esterne dell’Unione Europea hanno poi idee diverse per quanto riguarda gli spostamenti all’interno dell’Unione stessa. I paesi dell’est sono più favorevoli agli spostamenti all’interno dell’UE avendo forti comunità di migranti che si sono trasferiti all’ovest in cerca di lavoro.

In precedenti occasioni Orban aveva respinto l’idea di unirsi nello stesso gruppo con il Rassemblement National francese, preferendo avere come alleati partiti di governo e non forze di opposizione. Le differenze ideologiche fra i vari partiti del mondo sovranista e nazional-conservatore restano in gran occasionali e determinate da logiche di potere e dalla difficoltà di mettere in sintonia interessi nazionali spesso contrastanti. Per questo l’impresa salviniana sembra tutt’altro che semplice. Per lo schieramento della Meloni perdere l’adesione della Polonia sarebbe un grosso colpo, ma la partita nell’estrema destra italiana resta aperta.

L’agenda politica e le sue contraddizioni

Se per la Lega il tema posto come prioritario nell’agenda politica, almeno fino alla crisi dovuta al Covid19, era quello del blocco dell’immigrazione, per la Meloni e il suo partito è il tema posto in modo ricorente è quella della crisi di natalità.

Gli italiani fanno pochi figli e come invertire questa tendenza è la principale preoccupazione dei Fratelli d’Italia. Se la Nazione (o la Patria che è la sua definizione retorica) è il soggetto della storia, un corpo organico eterno, di cui gli individui sono solo una parziale incarnazione, essa deve esistere a partire dalla continuità biologica.

Senza figli la Nazione (così come è interpretata da Fratelli d’Italia) muore e questo determina una vera e propria ossessione per la demografia. Vengono quindi proposte una serie di misure economiche e sociali che consentano alle donne di avere più figli. Le singole proposte (di orientamento delle risorse del welfare o di garanzie per il reinserimento sul lavoro) non hanno in sé nulla di negativo, ma importante è il contesto ideologico nel quale vengono collocate. Non si tratta di rimuovere quegli ostacoli socio-economici che limitano la libertà di scelta nella procreazione, ma di affermare la superiorità dell’interesse della Patria sulla libera scelta individuale.

Collegato agli interventi finalizzati ad incrementare la natalità si trovano quelli repressivi e limitativi della libertà di scelta delle donne. Non potendo abrogare la legge che ha garantito il diritto di aborto, Fratelli d’Italia (insieme al resto della destra) promuove tutte quelle iniziative che cercano di condizionare o ridurre la libertà di scelta delle donne. Come si è visto nelle varie Regioni nelle quali i sostenitori della Meloni possono agire direttamente da posizioni di potere.  Queste politiche sono argomentate sia sulla base della logica del nazionalismo etnico che di quelle dell’integralismo religioso (la difesa della vita).

La necessità di incrementare la natalità si collega direttamente alle politiche finalizzate a bloccare l’immigrazione che, come abbiamo visto, viene interpretata come conseguenza di un complotto finalizzato alla sostituzione etnica dei popoli europei.  La Meloni aveva proposto di affondare la Sea Watch (nave di una ONG che aveva raccolto dei migranti nel Mediterraneo), in quanto nave pirata, se non fosse stata riconosciuta dall’Olanda di cui batteva bandiera9. Ha poi dovuto precisare che si sarebbe dovuto prima far sbarcare i sui “passeggeri”.

Politiche di incremento della natalità (in Italia volute anche da Italia Viva che ha insistito per l’approvazione del cosiddetto “Family Act”) vengono perseguite da anni anche in Polonia e in Ungheria, per altro senza riuscire ad invertire il calo demografico. Nell’Ungheria di Orban, il saldo demografico annuale continua ad essere negativo10. In dieci anni di governo della destra nazionalconservatrice la popolazione si è ridotta di 400.000 unità, su un totale di circa 10 milioni di abitanti. Non molto meglio in Polonia che ha visto chiudere in negativo il saldo degli ultimi 8 anni. Le varie dinamiche in atto in Polonia sono state esaminate in un recente articolo dal corrispondente da Varsavia dell’Economist11. Da queste tendenze emerge che anche in contributi per il mantenimento dei figli decisi dal governo polacco (analoghi a quelli da poco approvati in Italia) hanno determinato una leggera ripresa delle nascite solo nel breve periodo. Coppie che avevano già deciso di avere figli hanno semplicemente anticipato la propria scelta per garantirsi il contributo statale, prima di eventuali cambiamenti politici. Dopo un paio d’anni si è tornati al livello precedente. Interessante rilevare che anche un Paese che adotta la retorica anti-migranti, come la Polonia, debba ricorrere a forse due milioni di lavoratori provenienti dalla vicina Ucraina e da altri Paesi, mentre contemporaneamente un numero equivalente di giovani sono emigrati in Europa occidentale.

I governi di questi due Paesi a fronte del fallimento delle loro politiche demografiche hanno accentuato la repressione nei confronti del diritto di scelta delle donne, come ha denunciato l’ampio movimento popolare di opposizione, che ha avuto come protagoniste soprattutto giovani e ragazze, insofferenti nei confronti di un clima reso sempre più oppressivo dalle politiche del partito di maggioranza12.

Sul piano socio-economico Fratelli d’Italia, come risulta dalle tesi di Trieste del 2017, propone una politica di bilancio basata sul pareggio e rifiuta “la scorciatoia della spesa pubblica nazionale pagata in deficit con il pretesto di stimolare la crescita economica.” Si tratta di una visione che se al momento di essere scritta era in sintonia col pensiero delle élite, è stata in gran parte rimessa in discussione non solo dall’establishment economico ma anche da una parte del mondo politico conservatore.

FdI condivide la proposta della Lega definita come flat tax. La cosiddetta “tassa piatta” (ovvero identica per tutti i livelli di reddito), si contrappone all’idea inserita nella Costituzione della progressività della tassazione. Il partito della Meloni si ispira alla tesi secondo la quale riducendo le tasse alla parte più ricca del paese si determinerebbe una spinta alla crescita economica benefica anche per tutti. Si prevede anche di inserire in Costituzione un tetto alla pressione fiscale.

La combinazione di riduzione delle tasse per il ceto medio-alto, rifiuto della spesa in deficit e blocco dell’immigrazione, dal punto di vista economico appare come una perfetta ricetta per accelerare il declino strutturale dell’economia italiana. Questa strategia, se mai venisse perseguita, entrerebbe in contrasto con una parte consistente della stessa base sociale di Fratelli d’Italia nonché della Lega.

La carta sulla quale la Meloni punta per rilanciare l’economia italiana, in un contesto di difesa del “libero commercio” e di un’economia globale aperta, è la valorizzazione del “marchio Italia” dando per scontato che le “produzioni mature” non torneranno in Italia13.

Come si integrerà la valorizzazione del “marchio” (ovvero della valorizzazione commerciale dell’identità italiana) con un Governo che, secondo le convinzioni di Fratelli d’Italia, si propone di mettersi alla guida della lotta mondiale contro la “dittatura LGBT”, come da dichiarazione della Meloni al Congresso dei Giovani Conservatori14, o che si propone un conflitto ideologico con la Cina, in nome dell’anticomunismo, al punto da proporre, nel partito europeo, il boicottaggio delle olimpiadi invernali che si terranno a Pechino? 15 Recenti vicende di aziende italiane tendono a dimostrare che non sarà facile per aziende del nostro Paese che hanno come principali acquirenti quel ceto medio “globalista” tanto avversato da Fratelli d’Italia o quello destinato a diventare il più grande mercato di ceti emergenti del futuro, la Cina, essere associate a politiche ideologiche conservatrice o apertamente anticinesi16.

Questo aspetto mette in evidenza una contraddizione di fondo, presente in Fratelli d’Italia come in altre forze nazionalconservatrici, tra difesa del capitalismo e tentativo di restaurazione di un assetto sociale considerato “tradizionale”. Questa visione sociale conservatrice si scontra con un meccanismo economico che si basa sull’individuo-consumatore dalla libertà illimitata (con il solo limite della disponibilità di denaro, anche in questo parzialmente superabile con l’indebitamento), e che contemporaneamente dovrebbe essere rinchiuso dallo Stato dentro la gabbia di relazioni sociali rigide.

Per altro anche la “tradizione”, come in genere avviene, è sempre una reinvenzione del passato finalizzata a costruire un’idea del presente. Per gli antimodernisti e pre o anti-illuministi, che qualcosa appartenga alla “tradizione”, essendo il “progresso” interpretato come un processo di allontanamento da una società perché basata su una verità di derivazione “divina”, serva a valorizzarlo, anche quando in realtà quella tradizione non esista. Si può citare il caso della difesa della “famiglia tradizionale”. Sui media è stato polemicamente rilevato che la Meloni convive senza essere sposata e quindi non sarebbe nella posizione migliore per difendere la “famiglia tradizionale”. La leader di Fratelli d’Italia ha risposto definendo come “tradizionale” la famiglia che fa figli, sempre per il già citato problema della crisi di natalità17. Ancora nelle Tesi di Fiuggi di Alleanza Nazionale le “unioni di fatto” venivano equiparate al divorzio come uno dei fenomeni negativi che colpiscono le famiglie e quindi da combattere. Come si vede la “tradizione” può essere facilmente ridisegnata per adattarla alla condizione personale di chi se ne fa portabandiera18.

Queste contraddizioni mettono in evidenza come la visione del mondo antimoderna sul piano sociale e dei valori (sintetizzata nella triade “Dio, Patria, Famiglia) e contemporaneamente di accettazione piena del meccanismo di accumulazione capitalistico (libero mercato, intangibilità della proprietà privata, Stato minimo) dei Fratelli d’Italia si traduca in una utopia reazionaria. Come tale irrealizzabile. Per fortuna.

  1. https://transform-italia.it/fdi-tra-nuovo-conservatorismo-e-vecchio-neofascismo-1-2/.[]
  2. Definizione sostenuta in particolare dal politologo svizzero Hanspeter Kriesi.[]
  3. Gilles Ivaldi, De Le Pen a Trump: le défi populiste, Editions de l’Université de Bruxelles, Bruxelles, 2019.[]
  4. https://www.jstor.org/stable/41857736?seq=1.[]
  5. https://www.adl.org/blog/radio-maryja-25-years-of-anti-semitism.[]
  6. https://www.institutmontaigne.org/en/blog/between-israel-and-visegrad-group-dance-illiberal-democracies.[]
  7. https://www.adl.org/blog/the-antisemitism-lurking-behind-george-soros-conspiracy-theories.[]
  8. https://www.euronews.com/2021/04/01/orban-salvini-and-morawiecki-form-new-right-wing-european-alliance.[]
  9. https://www.ilgiornale.it/news/politica/sea-watch-meloni-se-olanda-non-riconosce-va-affondata-1636770.html.[]
  10. (https://en.wikipedia.org/wiki/Demographics_of_Hungary.[]
  11. https://balkaninsight.com/2021/04/01/polands-population-imponderables/.[]
  12. https://transform-italia.it/intervista-ad-ailbhe-smyth/.[]
  13. https://youtu.be/Y4Vw1LN5X54.[]
  14. https://theconservative.online/article/meloni-ai-giovani-conservaorilavoriamo-per-alternativa-a-sinistra-globalista-e-difendere-identita.[]
  15. https://www.ecrparty.eu/article/ecr_party_calls_for_boycott_of_beijing_2022_olympics.[]
  16. L’inviato del New York Times ha raccontato come il primo comune polacco a dichiararsi “LGBT free”, decisione che dal punto di vista pratico ha determinato solo che l’unico gay dichiarato della cittadina si sia trasferito nella vicina Lublino, oggi sconti le conseguenze pratiche di questa identificazione la propaganda delle forze nazionalconservatrici (https://www.nytimes.com/2021/04/10/world/europe/poland-lgbt-free-krasnik.html).[]
  17. https://www.secoloditalia.it/2018/01/meloni-la-famiglia-tradizionale-e-quella-che-fa-figli-e-io-voglio-difenderla-video/.[]
  18. https://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:ws3qnPVyqTwJ:web.tiscali.it/riformistiandreolesi/Tesi%2520AN.doc+&cd=10&hl=it&ct=clnk&gl=it.[]
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