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Fattore K e fattore F

di Piero
Soldini

In tanti si continuano ad interrogare su come sia stato possibile che un politico di lungo corso è di grande scuola come Enrico Letta, possa aver commesso l’errore di rinunciare al l’alleanza con il M5s, sapendo che così facendo avrebbe consegnato il governo alla destra post fascista. Badate, la rinuncia poi non è avvenuta in conseguenza della crisi di governo, ma al contrario, la crisi di governo è avvenuta perché prima si era consumata la rottura fra PD e M5s. Tra chi si interroga, quelli più comprensivi vorrebbero giustificarlo con la richiesta di perizia psichiatrica, gli altri se la cavano dandogli dello sfigato perdente, ma, a mio avviso sono fuori strada. Letta ha dovuto scegliere se disobbedire alla regola storica discriminante del fattore K imposto da oltre oceano, la discriminante anti comunista nella accezione americana (sono comunisti tutti quelli che non si sottomettono agli americani) o consegnare il governo della “Nazione” alla Meloni, e Letta ha scelto, dal suo punto di vista, il male minore. Come è accaduto già tante altre volte nella storia. È accaduto con Craxi, poi con D’Alema, nonostante si sia impegnato molto per accreditarsi, poi con Bersani è successo ancora.

Ogni volta che il paese si è trovato ad un bivio storico in cui si poteva scegliere un’altra strada, una strada di sinistra, alternativa all’atlantismo ed all’iperliberismo capitalistico occidentale questa ipotesi è stata azzoppata con ogni mezzo e quasi sempre se non erano disponibili altre ipotesi si è ricorsi alla destra fascista e post fascista. Consolidare l’alleanza fra PD e M5s, non tanto come alleanza elettorale dopo la crisi, ma come alleanza di governo per condizionare Draghi o per farne a meno,prima, sulla base di una politica sociale più marcata ed una presa di distanza dalla guerra, dalle armi e dalla Nato, era un’opzione da evitare ad ogni costo. Non a caso Draghi nel suo discorso scarno e pragmatico (molto americano), di insediamento del suo governo, l’unico messaggio chiaro e valoriale che aveva voluto mettere in evidenza, peraltro anche passato quasi inosservato, fra i commentatori dei media nazionali, era stato proprio l’Atlantismo (non cera ancora la guerra in Ucraina) nel suo discorso di commiato il concetto è stato ulteriormente rafforzato in Transatlantismo. Quindi Letta, nonostante la retorica antifascista agitata in campagna elettorale, ha scelto consapevolmente la Meloni, altro che sfigato perdente, è stata la mossa vincente.

La Meloni potrà, come sta facendo, alzare la voce su welfare, diritti civili e sociali, imporre scelte che possono deturpare la nostra Costituzione e la nostra democrazia,  far pagare, per queste scelte, un prezzo alto ai ceti popolari ed alle nuove generazioni, potrà anche produrre, non so’ per quanto tempo, una qualche fascinazione da leader donna, giovane, con le palle, ma farà dormire sonni tranquilli, alla Nato, Al transatlantismo, all’europeismo funzionale  allo status quo del modello di potere ecomomico-finanziario unipolare dell’occidente. Dietro le suggestioni linguistiche del Nazionalismo è del Sovranismo, si nasconde il governo più eterodiretto della storia della nostra repubblica. Se poi pensate che questo primato sia un po’ esagerato, lo riconosco e correggo: eterodiretto come tutti quelli che lo hanno preceduto.

Pietro Soldini

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