Le elezioni in Cisgiordania, Gaza, e Gerusalemme Est sono state l’argomento principale dell’audizione del Primo Ministro palestinese Mohammad Shtayyeh presso la Commissione Affari Esteri del Parlamento Europeo il 22 Aprile 2021. Una settimana dopo l’audizione, il Presidente Abu Mazen ha annullato le elezioni Palestinesi in conseguenza del fatto che Israele impedisce il voto a Gerusalemme est.
Le ultime elezioni si tennero nel 2006, anche per questo si trattava di elezioni importanti e attese. Le legislative erano previste il 22 maggio, le presidenziali il 31 luglio.
Nell’audizione è subito emersa la difficoltà ad organizzare le elezioni a Gerusalemme est impedite da Israele attraverso atti di repressione nei confronti dei candidati che tentavano di fare campagna (13 arrestati su 67), impedendo agli elettori di iscriversi nelle liste elettorali e negando l’accesso agli osservatori europei con l’argomento di non aver ricevuto una richiesta inviata già lo scorso febbraio e più volte sollecitata.
Anche la decisione del Presidente Abu Mazen ha suscitato non poche perplessità nel campo palestinese perché essa è stata assunta senza alcun dibattito, conferendo ad Israele un “diritto di veto” non solo su Gerusalemme est, ma sull’intero processo elettorale, sostengono i critici.
Quest’ultimo argomento, a causa dell’eterogenesi dei fini, porta a far coincidere le decisioni del Presidente palestinese con la preoccupazione – emersa anche nell’audizione – dei deputati più filoisraeliani, i quali, nel dibattito, non hanno nascosto di temere le elezioni per il rischio di una vittoria di Hamas e, in aggiunta, per il rischio della vittoria alle presidenziali di Marwan Barghuti, tutt’ora detenuto nelle carceri israeliane.
Per quanto riguarda il sostegno alle elezioni da parte dell’UE, il Primo Ministro Shtayyeh ha ricordato il recente incontro tra l’Alto Rappresentante per la Politica Estera Josep Borrell e il Ministro degli esteri palestinese. C’è da chiedersi se l’Europa – nonostante le assicurazioni ufficiali – abbia esercitato tutte le dovute pressioni su Israele per ottenere quello che nelle elezioni del 2006 era stato possibile e cioè il voto a Gerusalemme est e l’invio degli osservatori.
Evidentemente non è stato sufficiente, come, peraltro, si evince dal “reiterato appello” contenuto nella Dichiarazione di Borrell, dopo il rinvio delle elezioni.
Oltre alle elezioni, gli interventi dei deputati si sono concentrati sulla possibile ripresa dei lavori del Quartetto, nella prospettiva di una soluzione al conflitto: sugli Accordi di Abramo stipulati rispettivamente tra Emirati Arabi Uniti e Bahrein con Israele e USA ; sull’ipotesi, molto provocatoria, che l’attuale Giordania, visto la grande presenza di profughi palestinesi, possa in futuro divenire la Palestina; sulla praticabilità della soluzione dei due stati; sulla attuale situazione di apartheid che alcuni parlamentari non accettano come definizione; sugli sviluppi della procedura contro Israele di fronte alla Corte Penale Internazionale; sulla situazione della pandemia e, infine, sulla legge restrittiva che colpisce le attività della società civile.
A tutte queste questioni, il Primo Ministro ha risposto constatando i cambiamenti positivi già avvenuti con la nuova amministrazione americana la quale è tornata a far parte del “Quartetto negoziale” e ha sbloccato fondi per progetti a sostegno della vita dei palestinesi e per finanziare l’acquisizione dei vaccini, con 15 milioni di dollari che si aggiungono ai 20 milioni di euro dell’UE.
Sugli Accordi di Abramo, è evidente che i palestinesi non li riconoscano, ricordando che i 22 Paesi della Lega araba sono contro l’occupazione israeliana e che la Lega Araba, nella riunione dei Ministri degli Esteri del 1° febbraio 2020, ha rigettato l’Accordo.
Così come è da escludere qualsiasi cambiamento in Paesi indipendenti come la Giordania; la presenza di profughi non cambia la natura di uno Stato sovrano, altrimenti questo potrebbe valere anche per il Libano che ha una grandissima presenza di profughi siriani. Tutto ciò è assurdo.
Sull’apartheid, si tratta di una situazione non solo “de facto” ma anche “de jure”, e ha invitato a consultare giuristi europei indipendenti a questo proposito.
Sulla Corte Penale Internazionale ha invitato tutti a sostenerne la legittimità, non solo per il caso palestinese. Ha denunciato le pressioni politiche messe in atto da Israele ma si è detto fiducioso che possa prevalere il diritto e la giustizia.
Infine, sulla legge destinata alle ONG, ha detto che l’intento era quello di ottenere maggiore trasparenza ma che le parti che si prestavano ad esercitare controlli indebiti sono state congelate e non sono più in vigore.
La discussione può essere seguita sul video della riunione.