Presentazione
Il 18 gennaio 2020, Donald Trump, presenta il suo Piano di pace per il Medio Oriente, chiamandolo l’”Accordo del secolo”. In realtà l’Accordo è solo tra lui e il suo amico Benjamin Netanyahu, presente all’annuncio in pompa magna. Come si sa, il Piano consiste nell’annessione da parte di Israele di un’area rilevante dei Territori Occupati: la fertile Valle del Giordano (circa il 30% del territorio della Cisgiordania) e i 250 insediamenti israeliani ivi disseminati. L’annessione, che avrebbe dovuto aver inizio il primo luglio scorso, è stata bloccata su impulso di Trump, preoccupato di non aggiungere dossier controversi alla sua già difficile campagna per le elezioni presidenziali.
Ufficialmente, l’annessione è solo rimandata e non è detto che le tattiche elettorali di Trump non cambino da qui a novembre – per esempio se dovesse optare per un rafforzamento dello zoccolo duro del suo elettorato. Peraltro, Joe Biden, pur dichiarandosi contrario all’annessione, ha fatto rimuovere dal suo programma elettorale ogni riferimento all’”occupazione” israeliana; mentre, alla fine di luglio, i Democratici hanno respinto una Risoluzione, proposta da sostenitori di Bernie Sanders, che condannava l’”occupazione” illegale degli insediamenti e proponeva di condizionare alla rinuncia all’annessione gli aiuti militari USA a Israele. Tutto questo mentre Google e Apple cancellano la Palestina dalle loro mappe.
Nella realtà, l’annessione procede di fatto con le azioni illegali dei coloni volte ad allargare i territori degli insediamenti: assalti a villaggi palestinesi, aggressioni (persino uccisioni) a cittadini palestinesi, occupazione e distruzione di campi agricoli e uliveti, spesso con l’evocazione esplicita del “Piano Trump”, il tutto sotto la manifesta protezione dell’esercito israeliano. Mentre continuano senza tregua gli abbattimenti di abitazioni ed edifici pubblici palestinesi da parte delle autorità israeliane.
Contro il Piano Trump-Netanyahu, ovviamente respinto dall’Autorità Palestinese, si sono espressi i Governi e i Parlamenti di numerosi Stati membri dell’Unione Europea. L’Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza dell’UE, Josep Borrel, ha chiesto a Israele “di astenersi da ogni decisione unilaterale che comporti l’annessione…” affermando che “un tale passo non può rimanere senza risposta”. Ma, non è una posizione ufficiale dell’UE. Anzi, lo stesso Borrel non è riuscito a far approvare dal Consiglio dell’UE, una risoluzione di condanna dell’annessione, a causa dell’opposizione di sei Stati membri, tra cui Ungheria, Austria, Repubblica Ceca e Italia. Stessa storia al Parlamento Europeo. Mentre 1080 parlamentari (nazionali ed europei), di varie appartenenze politiche, provenienti da 25 paesi europei, sottoscrivono una lettera pubblica per fermare il Piano di annessione, il PE, nella seduta di giugno, approva la conclusione dell’Accordo UE-Israele sui servizi aerei. Si parla molto dell’influenza delle lobby ebraiche negli Stati Uniti, meno di quelle europee, altrettanto potenti; basta vedere l’ingombrante presenza di ciechi sostenitori, quando non veri e propri agenti, di Israele nei media italiani (carta stampata, TV, giornalismo online).
Per quanto riguarda i Paesi Arabi, dopo prese di posizione di molti Governi, oscillanti tra la condiscendenza, la reticenza e l’ambiguità, i Ministri degli Esteri della Lega Araba, nella riunione del 1 febbraio – grazie alla determinazione di Tunisia, Algeria, Iraq e, soprattutto, Giordania – sono riusciti a superare le divergenze e approvare una posizione di fermo rigetto del Piano Trump-Netanyahu, ma, sulla rottura delle relazioni con Israele, il presidente palestinese Mahmud Abbas è rimasto isolato.
Ai numerosi appelli per fermare l’annessione, da parte di partiti politici e del mondo associativo, provenienti da varie parti del mondo, se n’è recentemente aggiunto uno, tuttora in fase di sottoscrizione, promosso da personalità politiche di diversi paesi arabi, che merita particolare attenzione.
La Dichiarazione/Appello chiede ai Governi ed alle forze politiche di superare le “tiepide dichiarazioni diplomatiche e proteste verbali” e di passare a misure concrete di sanzioni e boicottaggio nei confronti di Israele. In questo niente di nuovo rispetto alle posizioni prese dai partiti di sinistra in Europa e, in particolare, dal GUE al Parlamento Europeo. La novità sta nell’ambiente di provenienza dell’appello e nei suoi reali destinatari. La Dichiarazione/Appello è stata promossa da Lakhdar Brahimi, e vede tra i primi firmatari importanti e storiche personalità internazionali, tra cui Amr Moussa, ex Segretario Generale della Lega Araba, Ghassam Salamé, ex inviato speciale dell’ONU in Libia ed altri ex Primi ministri e Ministri degli Esteri di Paesi Arabi.
Lakhdar Brahimi è uno dei più fini negoziatori che la diplomazia internazionale abbia mai avuto. Un algerino ottantaseienne, proveniente dalle fila dell’FLN, ex Ambasciatore ed ex Ministro degli Esteri del suo Paese, artefice, per conto della Lega Araba, degli Accordi di Ta’if che misero fine alla guerra civile in Libano, Rappresentante Speciale delle Nazioni Unite in vari paesi attraversati da conflitti interni ed esterni; per ultimo, successore di Kofi Annan come Mediatore ONU in Siria. Incarico, quest’ultimo, da cui si dimette il 31 maggio 2014, dopo due anni di sforzi senza successo, in polemica con le potenze internazionali, burattinaie del conflitto. Altre volte aveva manifestato insofferenza nei confronti della politica degli Stati Uniti in Medio Oriente, soprattutto per quanto riguarda il destino dei Palestinesi, di cui è stato sempre uno strenuo sostenitore. Ma i suoi dissensi con la potenza americana non hanno mai influito sul credito di cui ha sempre goduto negli Stati Uniti. D’altra parte, non avrebbe mai potuto ottenere quei prestigiosi incarichi all’ONU, se gli USA non fossero stati consenzienti.
Questo suo rapporto ambivalente con gli Stati Uniti è una delle chiavi per capire il senso di questa Iniziativa contro il Piano Trump-Netanyahu. L’altra è il suo obiettivo, non dichiarato ma facilmente intuibile. Questa nasce a pochi giorni dal sensazionale Accordo di Normalizzazione delle relazioni tra Israele ed Emirati Arabi Uniti, che comporta l’inizio di relazioni diplomatiche e, di conseguenza il riconoscimento dello Stato d’Israele, per la prima volta, da parte di un Paese del Golfo.
Ufficialmente, l’Accordo si è fatto sullo scambio riconoscimento dello Stato d’Israele contro abbandono dell’annessione. Ma, in sostanza, si tratta di una finzione. Netanyahu può presentare questa rinuncia – di già acquisita per motivi esterni e interni, nonostante egli continui ad affermare che si tratti solo di un rinvio – come il prezzo da pagare per ottenere il riconoscimento, mentre da parte degli Emirati questo viene giustificato come un doloroso passo compiuto solo per difendere il popolo palestinese dalla minaccia dell’annessione. In realtà, l’Accordo è il primo punto di approdo di un lungo lavorio dei servizi segreti israeliani con i governi di vari stati arabi, pronubi gli Stati Uniti.
Negli ambienti diplomatici internazionali ci si aspetta che altri Paesi arabi seguano l’esempio degli Emirati, a cominciare dall’Oman, Bahrein, Sudan e la stessa Arabia Saudita. Ovviamente, questo rappresenterebbe una svolta verso la stabilizzazione del Medio Oriente, e questo spiega l’appoggio non solo di Trump ma anche di Biden. Una prospettiva che avrebbe, però una sicura vittima sacrificale: la Palestina.
È proprio contro questa prospettiva che si muove la Dichiarazione/Appello promossa da Lakhdar Brahimi, riproponendo lo stesso gioco di specchi dell’Accordo di Normalizzazione. Si chiede il ritiro del Piano di annessione ma in realtà l’obiettivo, peraltro ambizioso, è quello di provocare nel mondo arabo e in Occidente una reazione che blocchi la deriva innescata dagli Emirati. È il nobile tentativo di una élite politica e intellettuale araba, considerata moderata sia nei paesi arabi che in Occidente, di non dare per inesorabilmente perduta la causa palestinese. E proprio per questo che esso va apprezzato e sostenuto sottoscrivendo l’appello [1].
Dichiarazione
Noi sottoscritti, intellettuali arabi, ex responsabili politici, militanti dei diritti umani, accademici, giuristi, scienziati, artisti, ci rivolgiamo all’opinione pubblica mondiale e vi invitiamo a unirvi a noi sottoscrivendo a vostra volta questo documento.
L’espropriazione dei diritti del popolo palestinese è arrivata a una svolta decisiva, poiché Israele procede verso l’annessione di vaste aree dei territori occupati, sulla base del piano Trump-Netanyahu, chiamato “l’accordo del secolo”. Questo piano israelo-americano – destinato a realizzare il sogno sionista di Theodore Herzl, quello del dominio su tutta la Palestina storica – viola i principi di autodeterminazione e pace, fondati sulla giustizia. Inoltre, evidenzia, più che mai, il sostegno assoluto degli Stati Uniti alla politica annessionista israeliana, ignorando il diritto internazionale e le Risoluzioni approvate dall’ONU durante diversi decenni.
La portata di questo piano si disvela alla luce della legge costituzionale israeliana del 2018 che afferma che “l’esercizio del diritto all’autodeterminazione nello Stato di Israele è un diritto esclusivo del popolo ebraico”. Estendendo la sua autorità su tutti i territori palestinesi, Israele nega – in teoria, secondo questa legge, e in pratica, secondo questo piano – i diritti inalienabili del popolo palestinese di esercitare la sovranità sul proprio suolo. Distrugge le basi di qualsiasi soluzione basata sul diritto internazionale ed estende a tutta la Palestina storica un sistema giuridico di discriminazione istituzionale, segregazione e disuguaglianza – inclusa l’emanazione di leggi specifiche per ciascun gruppo etnico della popolazione – e questo alla maniera dell’apartheid che imperversava in Sud Africa.
Il popolo palestinese, sotto occupazione a Gerusalemme, in Cisgiordania e a Gaza, in Israele nonché rifugiato o esiliato nella diaspora, nonostante le differenze politiche tra i suoi leader, serra i propri ranghi per resistere a questo piano e a tutte le violazioni dei propri diritti, commessi dall’occupazione militare israeliana. Esso gode ancora del sostegno dei popoli arabi che si oppongono alle politiche israeliane in Palestina e nel Golan, indipendentemente dalla reazione molto debole di alcuni governi al piano Trump-Netanyahu. Noi proclamiamo la nostra solidarietà con il popolo palestinese come con gli altri popoli arabi che considerano che la causa palestinese sia anche la loro.
Sosteniamo il diritto dei Palestinesi di utilizzare tutti i mezzi legittimi per resistere all’occupazione, all’oppressione e alla discriminazione, compreso il loro diritto di chiedere, a tal fine, misure internazionali di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni economiche e finanziarie. Si tratta di mezzi pacifici già utilizzati con successo dagli Irlandesi, Indiani e Sudafricani nelle loro giuste lotte contro il colonialismo, nonché dai neri negli Stati Uniti che oggi chiedono il boicottaggio delle istituzioni che li opprimono. Noi li sosteniamo e continueremo a difendere il diritto dei Palestinesi a utilizzare questi stessi metodi, e altri mezzi riconosciuti dal diritto internazionale, nella loro lotta contro l’annessione delle loro terre e la deprivazione dei loro diritti nazionali e politici, religiosi e civili.
Consideriamo che tutti i passi compiuti dal governo Netanyahu e dall’amministrazione Trump per realizzare il loro piano, condannato dalla stragrande maggioranza dei membri delle Nazioni Unite, siano illegali e illegittimi, nulli e da considerarsi non avvenuti. La comunità internazionale, tuttavia, non può accontentarsi di tiepide dichiarazioni diplomatiche e proteste verbali che non porranno mai fine all’espropriazione dei Palestinesi delle loro terre e dei loro diritti. Solo misure concrete di sostegno arabo e internazionale al popolo palestinese nella sua lotta per la libertà, la giustizia, l’uguaglianza e la sovranità nazionale, così come le sanzioni internazionali contro Israele, faranno arretrare Netanyahu e Trump, facendogli pagare caro il costo del loro piano che rappresenta una minaccia per la pace e la sicurezza nel mondo.
Noi sottoscritti ci impegniamo ad agire insieme e con altri in un processo legittimo per raggiungere una giusta soluzione al conflitto, nel rispetto dei diritti individuali, collettivi e nazionali dei Palestinesi.
Andrea Amato
[1] https://www.change.org/p/lakhdar-brahimi-initiative-about-annexation-مبادرة-الأخضر-الابراهيمي-بخصوص-الضم?recruiter=false&utm_source=share_petition&utm_medium=twitter&utm_campaign=psf_combo_share_initial&utm_term=psf_combo_share_initial&recruited_by_id=969.